Il Crocefisso, Cristo, dovrebbe stare appeso ai nostri muri (e NON SOLO sui muri), per il semplice motivo che è Re. Re per diritto di natura perché ci ha creati, Re per diritto di conquista perché ci ha redenti (come diceva Papa Pio XI nell’enciclica “Quas primas” che istituiva nel 1925 la festa di Cristo Re). Non un segno meramente identitario (quasi si potesse separare l’effetto: “cio che si è” dalla Causa “cio per cui si è”) ma di appartenenza sostanziale, non solamente un “simbolo di amore universale” ma anche una spada che separa e divide, non un mero oggetto di devozione privata (dove una visione caricaturale e minimalistica della Religione vorrebbero confinarlo) ma un simbolo di Autorità e Sovranità per tutti i singoli e per tutta la società (nel suo aspetto sia meramente sociale che politico). Quindi qualsiasi “battaglia per il Crocefisso”, quando non fosse una mera posa elettoralistica o peggio una strumentalizzazione neoconservatrice, che ignorasse questo fondamentale presupposto, risulterebbe errata in partenza, dal momento che tra il rigettare la Croce e misconoscerla in una visione meramente privatistica, poetico-sentimentale e postmoderna (quasi che la distinzione tra il Vero e un falso culto non sia un fatto eminentemente PUBBLICO e POLITICO), non corre de facto alcuna differenza.
“Non vogliamo che Costui regni su di noi”, “Non abbiamo altro re che Cesare”: queste frasi risuonano oggi come duemila anni fa risuonavano nel Castro Pretorio, ma a pronunciarle non vi è più la judaica turba, fanatizzata e aizzata dai suoi supremi rappresentanti, ma una ben più nutrita schiera di malvagi professionali, di superuomini protervi e ignoranti, di opportunisti meschini, di disinformati blindati di certezze e di pavidi e distratti di tutte le coloriture. È sempre l’ora di Giuda e di Barabba, ieri come oggi. E allora chi Vi difenderà, o Signore?
Alcuni ci provano, mettendosi accanto e all’ombra di questa Croce e sperando nella pietà di Chi vi sta, regnante e trionfante come su un Trono di Passione e di Vittoria.
“Non vogliamo che Costui regni su di noi”, “Non abbiamo altro re che Cesare”: queste frasi risuonano oggi come duemila anni fa risuonavano nel Castro Pretorio, ma a pronunciarle non vi è più la judaica turba, fanatizzata e aizzata dai suoi supremi rappresentanti, ma una ben più nutrita schiera di malvagi professionali, di superuomini protervi e ignoranti, di opportunisti meschini, di disinformati blindati di certezze e di pavidi e distratti di tutte le coloriture. È sempre l’ora di Giuda e di Barabba, ieri come oggi. E allora chi Vi difenderà, o Signore?
Alcuni ci provano, mettendosi accanto e all’ombra di questa Croce e sperando nella pietà di Chi vi sta, regnante e trionfante come su un Trono di Passione e di Vittoria.
Redazione A.L.T.A. (in concomitanza con Radio Spada).