venerdì 19 ottobre 2012

Da Sodalitium n° 64, Anno XXVI n. 3/2010-Recensione-Mons. Gherardini, Vaticano II ed ermeneutica della continuità

don Francesco Ricossa

La tesi teologica di Padre M.-L. Gué­rard des Lauriers, domenicano, già docente alla Pontificia Università La­teranense, detta Tesi di Cassiciacum, pren­de le sue mosse da un dato di fatto: l'inse­gnamento del Concilio Vaticano II, ad esempio la dichiarazione Dignitatis huma­nae persona è in opposizione di contraddi­zione col Magistero infallibile e irreforma­bile della Chiesa Cattolica Romana, ed è questa la causa principale della "crisi" che la Chiesa stessa sta traversando a partire da quel momento.


La dichiarazione Dignitatis huma­nae personae, è in opposizione di contraddizione col Magistero infal­libile e irreformabile della Chiesa Cattolica Romana, ed è questa la causa principale della "crisi" che la Chiesa stessa sta traversando. La nostra rivista, che difende la Tesi "guérardiana", non può che interessarsi a ogni nuovo fatto che riguardi i rapporti esistenti tra l'in­segnamento del Vaticano II e la Tradizione della Chiesa


È evidente pertanto che la nostra rivista, la quale dal 1985 abbraccia e difende la Tesi "guérardiana", non può che interessarsi a ogni nuovo fatto che riguardi i rapporti esi­stenti tra l'insegnamento del Vaticano II e la Tradizione della Chiesa, sia nel (vano) tentativo di trovarvi una conciliazione (cf commento al discorso di Benedetto XVI del 22/12/2005, in Sodalitium n. 59, o commento alla dichiarazione della Congregazione della Dottrina Fede sulla formula subsistit in in Sodalitium n. 62), sia quando al contrario si solleva il problema della contraddizione.
L'anno che si è chiuso non è stato avaro da quest'ultimo punto di vista. Persino l'Osservatore Romano ha recensito positi­vamente la riedizione (o meglio, le riedizio­ni, poiché ne sono uscite due in contempo­ranea) del volume di Romano Amerio, Iota unum [1] il cui sottotitolo -perifrasi di un'opera di Bossuet contro i protestanti - è significativo: "studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX". Poche pa­role, queste ultime, che esprimono nel con­tempo la forza e la debolezza del saggio di Amerio: parlando di variazioni, il filosofo di tendenza rosminiana [2]ammette e dimostra che il Vaticano II e l'insegnamento post-conciliare non sono in continuità bensì in rottura con l'insegnamento della Chiesa cattolica[3];attribuendo però queste varia­zioni alla Chiesa Cattolica, invece, offende senza rendersene la Chiesa stessa dimo­strandola falsa, il tutto per salvaguardare la legittimità di Paolo VI e dei suoi successori. Non a caso, nell'apologetica di Bossuet, le variazioni delle "chiese" protestanti dimo­stravano non essere esse la vera Chiesa di Cristo; parlare di variazioni della Chiesa Cattolica equivale implicitamente (e invo­lontariamente, penso, nel caso di Amerio) a mettere sullo stesso piano la Chiesa Cat­tolica e le sette protestanti.
La stessa nota positiva, e la stessa critica radicale, dobbiamo muovere alle ultime opere di Mons. Brunero Gherardini, che sono almeno tre [4], anche se oggetto di questa recensione è solo la prima: Concilio Vaticano II Un discorso da fare (Casa Ma­riana Editrice, Frigento, marzo 2009). Mi accosto "con timore e tremore" alla figura di Mons. Gherardini, soprattutto nelle criti­che che non posso non muovergli. Una con­seguenza deplorevole infatti dell'attuale crisi d'autorità (nella Chiesa Cattolica, e anche al di fuori di essa) è la dispersione del gregge del quale è stato percosso il Pa­store, per cui ogni pecorella del gregge si erge a Maestro nella Chiesa di Dio, pur senza averne missione, autorità e, sovente, capacità. L'ultimo ignorante, come ai tempi della riforma luterana, oggi discetta di dog­mi che ignora, interpreta la Scrittura, si cre­de teologo, vuol insegnare al prete la litur­gia, non crede all'infallibilità del Papa, ma alla propria... Non vorrei pertanto io stes­so, che non sono teologo, commettere lo stesso errore nel criticare Mons. Gherardini, che teologo lo è, e teologo serio [5], di quella scuola romana e tomista della glorio­sa Pontificia Università Lateranense diretta da Mons. Piolanti, che annoverò tra i suoi docenti Padre Guérard des Lauriers e Mons. Spadafora. Senza la rivoluzione del Vaticano II, gli studi teologici di Mons. Gherardini avrebbero dato i loro frutti ma­turando al sole del magistero pontificio e della Roma cattolica; così non fu, e dopo aver cercato di giustificare il Vaticano II per quarant'anni, arrampicandosi sugli specchi, secondo l'espressione da lui stesso utilizzata (p. 163), Mons. Gherardini cerca di spiegare ai lettori e soprattutto a se stes­so, l'inspiegabile, ovvero la contraddizione in atto tra l'insegnamento conciliare e post­conciliare e quello della Chiesa. Perché questo è il tema, lo status quaestionisdel suo libro: bisogna leggere i documenti con­ciliari secondo la criteriologia classica. Le possibili soluzioni sono le seguenti:
"o la continuità del Vaticano II con la li­nea del tradizionale insegnamento cattolico,
o il suo dissociarsene.
o la misura della continuità e dell'even­tuale discontinuità" (p.45).
Questo è il problema. Si tratta di "verifi­care se ed in che misura il Vaticano II si col­leghi, effettivamente e non solo attraverso le sue dichiarazioni, con le dottrine esposte o conciliarmente o dai singoli Pontefici, o dal ministero episcopale, e trasmesse dalla Tra­dizione alla vita stessa della Chiesa" (p. 57);"il Vaticano II s'iscrive o no nella Tradizio­ne ininterrotta della Chiesa, dai suoi inizi a oggi?" (p. 84);"il problema è e resta quello di dimostrare che il Concilio non si mise fuori dal solco della Tradizione" (p.87) poiché la continuità non dev'essere"decla­mata, bensì dimostrata" (p.255).

La questione posta da Mons. Gherardini è già in sé stessa, in nuce, una risposta.

Abbiamo visto la questione che si pone Mons. Gherardini. La pone a sé stesso. La pone ai lettori. La pone ai teologi. La pone, soprattutto, a Benedetto XVI.


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Mons. Brunero Gherardini

Ma porsi questa domanda consideran­dola aperta a una delle tre soluzioni, rite­nendo cioè possibile la soluzione che impli­ca una rottura tra l'insegnamento conciliare e quello della Chiesa include già una rispo­sta negativa per il Vaticano II. Infatti Mons. Gherardini si pone e non ignora la domanda decisiva:
"qualcuno (...) si è chiesto se un Conci­lio Ecumenico possa incorrere in errori con­tro la Fede e la Morale. (...) Il mio parere è che ciò possa verificarsi, ma nel preciso mo­mento in cui si verifica, ilConcilio ecume­nicocessa d'esser tale"(pp. 22-23) e, ag­giungiamo logicamente noi, ha già cessato d'esser tale, se lo è mai stata, l'autorità che lo ha promulgato "nello Spirito Santo"!
Ma a questa conclusione l'autore non vuole arrivare... Per far ciò (salvare cioè la legittimità dei "papi" conciliari), egli do­vrebbe far sua "l'ermeneutica della conti­nuità" del Concilio stesso, che si dichiara in continuità con la Tradizione (pp. 53-57), di J. Ratzinger (da Rapporto sulla fede del 1985 al Discorso alla Curia del 22 dicembre 2005, cf p. 86) seguito da Marchetto (p. 13), Lamb e Levering (p. 26) ecc., in opposizio­ne ai sostenitori della rottura [siano essi modernisti, come Alberigo (p. 15), Melloni ecc., o "tradizionalisti" come Amerio, Dör­mann (p. 14), gli autori della Fraternità San Pio X, totalmente ignorati la Lettre à quel­ques évêques oLucien].
Un cattolico che riconosce l'autorità del Concilio Vaticano II, e dei Pontefici che lo hanno promulgato e sostenuto - come Mons. Gherardini -non potrebbe neppure mettere in dubbio "l'ermeneutica della con­tinuità",dandola per scontata a priori e da difendere semmai a posteriori contro gli av­versari della Chiesa, siano essi modernisti o tradizionalisti. Ma non è questa la soluzio­ne che abbraccia Gherardini, almeno: non in tutto il suo libro. Per lui, non basta soste­nere l'ermeneutica della continuità, occorre dimostrarla: dimostrazione tutt'altro che evidente, e finora assolutamente mancante, se non con parole "che lasciano il tempo che trovano"(cf pp. 26-27, p. 51, p. 52).
Qual è allora la risposta di Mons. Ghe­rardini: continuità o rottura? Non lo sa neanche lui...

Le contraddizioni di Mons. Gherardini, e i suoi dubbi

La contraddizione è il segno più eviden­te dell'errore. Leggendo Mons. Gherardini si è colpiti dalle continue contraddizioni del suo pensiero a proposito del Vaticano II, accusato e difeso, dichiarato in continuità o in rottura con la Tradizione, a volte nella stessa pagina del suo libro, a distanza di po­che righe. Non penso che tali contraddizio­ni siano frutto di mancanza di rigore specu­lativo dell'autore, quanto di confusione e timore nell'affrontare una materia così gra­ve nelle sue conseguenze.
Mons. Gherardini non sottace, ma sin­ceramente confessa, i dubbi che l'attana­gliano e i compromessi intellettuali ai quali si è dedicato per 40 anni. Teologo fedele al­la dottrina tradizionale della Chiesa, volle accettare la nuova dottrina del Vaticano II: dovette allora convincersi, per poi convin­cere i suoi allievi, uditori e lettori, di una continuità con la Tradizione che non lo persuadeva affatto: si arrampicava sugli specchi (p. 163). "Parlai -confessa -di continuità evolutiva per scongiurare un tale sospetto (di rottura tra Vaticano II e Tradi­zione, n.d.a.)e trovare, mediantequesta formula,la possibilità d'agganciare il Vati­cano II, con lasua originalità e creatività, al­la precedente Tradizione.Confesso però chemai ho cessato di pormi il problemase ef­fettivamentela Tradizionedella Chiesa sia statain tutto e per tutto salvaguardata dall'ultimoConcilio e se quindi l'ermeneu­tica della continuità evolutiva sia un suo in­negabile pregio e si possa dargliene atto"(p. 87). Gherardini dubita di sé stesso, quindi. L'autocritica concerne ad esempio la di­chiarazione sulla libertà religiosaDignitatis humanae personae: "Il Vaticano II era da poco terminato quando, nella mia qualità d'Ordinario d'Ecclesiologia e Decano della Pontificia Università Lateranense diressi l'elaborazione d'una tesi di laurea su 'La Libertà religiosa nel Vaticano II'. Il candi­dato era un giovane sacerdote, intelligente e docile, oggi Vescovo in Austria. Attraverso di lui (...) mi fu possibile per la prima volta tentarel'allacciamento della dirompente di­chiarazione DH con l'insegnamento tradi­zionale della Chiesa. Sì, bisognava arram­picarsi sugli specchi, ma l'impresa non mi parve intentabile. Oggi, sulfamoso decreto conciliare, avrei qualche dubbioin più diquanti non ne avessi allora" (p. 163). Non sappiamo se l'autore si rende conto della sua responsabilità nell'aver taciuto per tan­ti anni dei suoi dubbi (e solo ora, dopo 40 anni "romper i ponti del silenzio" p. 25) e persino avallato queste dottrine, come fece ad esempio con la Nuova Messa, che oggi critica (p. 154-161) (anche se magari cele­bra, malgrado i soliti "problemi"che gli su­scita) mentre «nell'ottobre del 1984 don Piero Cantoni, che nel 1981 aveva lasciato la Fraternità San Pio X per accettare Vaticano II e Nuova Messa conseguì la licenza in Sa­cra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense con una ricerca su "Novus Or­do Missae" e Fede Cattolica, sotto la guida del professor Brunero Gherardini» (A.Morselli).
Lo studio di don Cantoni, diretto da Mons. Gherardini, e stampato prima dalla rivista del card. Siri, Renovatio,e poi nel 1988 dalle edizioni Quadrivium, aveva lo scopo di dimostrare la perfetta ortodossia del nuovo messale, e servì e serve ancora a questo scopo. Mons. Gherardini e i suoi apologeti nella Fraternità San Pio X forse se ne sono scordati, ma noi no. Padre Gué­rard des Lauriers, per aver scritto il "Breve Esame critico del Novus Ordo Missae"nel 1969 fu privato della cattedra alla Latera­nense, mentre nel 1984 Mons. Gherardini patrocinava tesi di laurea alla Lateranense in difesa della Nuova Messa, malgrado i"problemi" che essa gli poneva; ma "la car­riera val bene un incensazione" (p.16). Non me ne voglia Mons. Gherardini per questa critica, rivolta a certi suoi interessati adula­tori piuttosto che a chi, come lui, manifesta con sincerità i travagli dell'animo suo.

Sic et non: il Vaticano II in rottura con la Tradizione

Abbiamo parlato di contraddizioni; in effetti Mons. Gherardini afferma che il Va­ticano II è, e non è, in rottura con la Tradi­zione della Chiesa. Vediamo innanzitutto il "non è". Gherardini critica senza dubbio "lo spirito del Concilio", il "postconcilio", i "teologi postconciliari": in questo la sua posizione non andrebbe oltre l'ermeneutica della continuità di Ratzinger, il tentativo di gettare la croce sul solo Rahner, tentativo portato avanti da De Mattei (amico di Gherardini), Padre Cavalcoli (Karl Rahner. Il Concilio tradito. Fede e cultura), Mc Inerny(Vaticano II Che cosa è andato stor­to?Ed. Fede e cultura) et similia [6].In realtà, Mons. Gherardini afferma molto di più. E non solo perché accusa molti teologi ricompensati dopo il Concilio con la Porpo­ra cardinalizia (de Lubac,Congar, von Bal­thasar, Danielou: ad es. p. 90) e ricorda co­me Rahner sia stato recepito dal "magiste­ro" (p. 100). La critica di Gherardini si por­ta esplicitamente sul Vaticano II, sul "ma­gistero" o il governo conciliare e post-con­ciliare, su Roncalli (ad es. pp. 31, 74, 149­151, 191), Montini (ad es. p. 131, 149, 150, 156-157), Wojtyla (p. 56, 73, 107, 156-157) e persino Ratzinger (cui allude a p. 98). "Co­me sia possibile un'ermeneutica della conti­nuità attese tali premesse(quelle poste da Giovanni XXIII stesso, n.d.a.) non riesco a capire"(p. 151). Sono i testi stessi del Vati­cano II o i documenti "ufficiali" a essere criticati. Ve ne è un elenco impressionante: la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lu­men Gentium (p. 98, p. 203 sul nuovo con­cetto di appartenenza alla Chiesa, in aperto contrasto con l'enciclica di Pio XII Mystici Corporis, pp. 204-205) inclusi gli attuali tentativi di interpretarla in conformità alla Tradizione (p. 21-22); quella sulla Rivela­zione, Dei Verbum, accusata di falsare il concetto di Tradizione (pp. 118, 120, 125­126, 128); contro la Riforma liturgica, che riduce il Sacrificio della Messa a una Cena (p. 159) fino a parlare di un "gravissimo er­rore" (p. 160); contro Gaudium et spes(pp. 36, 69, 190, con l'accusa di "aniropoceniri­smo idolatrico"; pp. 200-201 con le accuse di naturalismo e sincretismo, fino a confon­dere la Chiesa con l'umanità); contro una serie di testi e decisioni ufficiali accusati di relativismo (pp. 93-95), quali la comunione in mano, il permesso della communicatio in sacris,l'efficacia salvifica delle confessioni acattoliche e dell'ebraismo, la deriva giu­deocristiana, l'accettazione dell'anafora di Addai e Mari priva di consacrazione, la confusione del Dio trinitario con quello di ebrei e musulmani, il culto dell'uomo; con­tro la dichiarazioneDignitatis humanae sul­la libertà religiosa che falsa l'idea stessa di Fede (l'assenso personale previsto da DH 3, cf p. 97, critica originale e interessante), è causa prima "del deprecato relativismo" (p. 170); contro l'ecumenismo di Unitatis Re­dintegratio edi Giovanni Paolo II (pp. 106­107);Unitatis redintegratio, connessa con Lumen Gentium, viene dichiarata contraria alla dottrina di Pio XII: c'è, tra le due dot­trine, "un abisso"e non c'è "ermeneutica della continuità" (p. 205). Sul "piano quali­tativo"(non meglio definito)"nessun vin­colo esiste" tra la dottrina cattolica e l'ecu­menismo di UR: "Il dialogo, così come lo si èteorizzato e lo si mette in pratica, è la ne­gazione d'ogni continuità. Dinanzi asé ha un nuovo inizio e ne è lo strumento una Chiesa nuova, non più 'cattolico-romana', ma quella del concilio Ecumenico Vaticano II. Una unità non più legata alla medesima Fede, agli stessi sacramenti e al Sommo Pontefice nella realtà della suasuccessione a Pietro, ma quella allargatadal ConcilioEcumenico VaticanoII. Una nuova regula fidei e un nuovo ipse dixit: il Concilio Ecu­menico Vaticano II"(pp. 211-212).
Particolarmente articolato e contraddit­torio il pensiero di Gherardini sulla libertà religiosa (cap. VII, pp. 163-188), il quale comunque conclude parlando del fatto ine­ludibiledi un "magistero sdoppiato" (leggi: contrario se non contraddittorio) pur am­mettendo che ciò non sarebbe possibile ("Due magisteri allora? La domanda non dovrebbe nemmeno essere posta, perché il magistero ecclesiastico è di naturasua uno e indivisibile, quello creato da Nostro Signore Gesù Cristo") :il fatto però è che "la diver­sitàè sostanzialee pertanto irriducibile. Diversi risultano quindi irispettivi conte­nuti. Quelli del precedente Magisteronon trovano continuità sviluppo inquel­lo di DH"(pp. 187-188). Incompatibili con la dottrina sono le teorie su comunione "piena e non piena" (pp. 205-214) e sulla "gerarchia delle verità" (pp. 214-215). Leg­gendo UR "si ha l'impressione o che si vo­glia conciliar l'inconciliabile -fedi almeno nell'essenziale, diverse e tra loro irriducibili - o che si siaperso il contatto con la verità assoluta-la Parola di Dio rivelata, cioè Dio stesso nella suarivelazione - e tutto sia veri­tà e ogni verità possacoesistere con le altre, sul piedistallo d'una medesima dignità e re­latività" (p.215). Lo "stupefacente consen­so" coi luterani sulla dottrina della giustifi­cazione, tanto caro a Ratzinger, per Ghe­rardini invece ha dato ragione a Lutero sul punto fondamentale della sua eresia (p. 218). Poco parla del rapporto con le religio­ni non cristiane, giacché a questo tema, e a quello dell'ecumenismo, è interamente de­dicato il libroQuale accordo fra Cristo e Beliar? Il titolo dice già tutto...

Sic et non: il Vaticano II in continuità con la Tradizione

Una lettura parziale di Un discorsoda fa­re porta quindi alla conclusione: il Vaticano II non è in continuità ma in contrasto con la Tradizione e la dottrina della Chiesa. In altri passaggi del medesimo libro, a volte nella stessa pagina, l'Autore sostiene però l'esatto opposto: "il cavallo di Troia non fu propria­mente il complesso dei documenti conciliari"(p. 19) anzi, "sotto molteplici aspetti -lo rico­nosco io pure con fermezza e convinzione- il Vaticano II fu davvero un grande Concilio. Non si è lontani dalla realtà se si riconosca inesso il segno, eloquente e paradossale, dello Spirito Creatore che passa,irrorandoli, lungo i solchi della storia e della Chiesa"(pp. 34­34). Le scusanti sono continuamente invoca­te (ad es. pp. 73,75) e la continuità è esplici­tamente affermata: "L'appellarsi pertanto al Concilio per avallar il radicale ribaltamento delle posizioni dottrinali, disciplinari, liturgi­che e pastorali della Chiesa preconciliare è sostanzialmente infondato" almeno diretta­mente (p. 74); questo vale anche per Digni­tatis Humanae, la dichiarazione sulla libertà religiosa [7],libertà religiosa che Mons. Ghe­rardini confonde erroneamente con la dot­trina tradizionale sulla libertà dell'atto di Fede (ad es. pp. 171-173) per giungere così a dichiarare DH in continuità col magistero precedente: "astrattamente parlando, DHnon fa unagrinza: ripete un insegnamento che, nella sua sostanza, fu sempre quello del­la Chiesa: il credere 'sponte libenterque fiat, cum nemo credat nisi volens" (p.182; cf p. 178). Anche nel tanto deprecato decreto sull'ecumenismo, UR, per Mons. Gherardini"tutto ben ponderato e solo formalmente par­lando si dirà allora che ilvincolo con ilpas­sato èinnegabile tanto quanto il suo caratte­re evoluiivo..."(p.211).

Imotivi del sic et non:altrimenti si cade nelsedevacantismo

Come spiegare tante oscillanti contraddi­zioni? L'autore stesso ci dà una chiave inter­pretativa: "unVaticano II fuori e contro la Chiesa sarebbe stato non solo un assurdosto­rico-teologico, ma anche un elemento afa­vore deic.d. sedevacantisti e di quanti -con argomenti diversi -ne seguon l'avventato giudizio sulla non autenticità ecclesiale dell'ultimo Concilio e quindi sulla suaman­canza di autorità ecclesiale. Qualcuno non s'esimeva nemmeno dal parlare di Papi ille­gittimi e d'usurpazione della sede petrina. In effetti l'ermeneutica della rottura non metteva solo qualche freccia in più all'arco del posi­concilio(cioè degli ultraprogressisti, n.d.a.):allontanava dal Concilio stesso. (...) Non va­le neanche la pena perciò di spendere qual­che altra parolain unanon necessaria di­mostrazione del VaticanoII come vero e autentico Concilio Ecumenico e quindi co­me un fatto -e che fatto! -inequivocabil­mente ecclesiale, attinente alla vita, alla Fedee alla storia della Chiesa" (p. 80). Non c'è bi­sogno di dimostrare... Mons. Gherardini af­ferma ma non prova, proprio come rimpro­vera di fare, egli stesso, ai sostenitori dell'er­meneutica della continuità! (la continuità dev'essere "non declamata, bensì dimostra­ta", p. 255). Eppure abbiamo visto che Mons. Gherardini stesso ha dimostrato l'er­meneutica della rottura (cf quanto detto pri­ma) ed ha affermato che un Concilio può fallire ma, in questo caso, "il Concilio ecu­menicocessa d'essere tale" (p.22-23).


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Mons. Brunero Gherardini ad una cena
presso il Lions club di Prato

 

Può accadere, quindi, anzi è accaduto, ma Mons. Gherardini non può ammetterlo, neppure a sé stesso: bisogna evitare l'ermeneutica della rottura "dalle possibilitàinterpretative del Vaticano II. Anzi, di qualunque Concilio. E chi in buona fede insistesse nel proporla, senz'accorgersene si metterebbe almeno ma­terialmente al di fuori della Chiesa. Poiché proprio questo fu e continua ad essere l'atteg­giamento non solo dei 'sede vacantisti; ma anche d'altri oppositori" cioè i lefebvriani [8],nonché degli ultramodernisti (p. 85). Co­me facciano, gli "altri oppositori" al Vatica­no II, cioè i lefebvriani, messi al di fuori del­la Chiesa, ad esultare per il libro che stiamo recensendo, è un mistero! Infatti, il rifiuto di tutta la critica "tradizionalista" (inclusa quella della Fraternità San Pio X) al Vatica­no II in Mons. Gherardini è netta (p. 22, 26, 33 ecc.): i sostenitori della "tesi di Cassicia­cum-Papa formaliter/materialiter" si auto­giustificherebbero con le loro contorsioni mentali, è vero, ma anche con i lefebvriani Gherardini picchia duro:"in realtà, la reite­rata accusad'illegittimità per ogni pontefice eletto dopo Pio XII altro non è che puro deli­rio, privo d'aggancio storico e dibase teolo­gica. Edelira delpari chi, pur riconoscendolegittimo ogni successore di quell'immorta­le Pontefice, gli neghi incondizionata obbe­dienza per gli esiti negativi verso i quali le sue deviazioni e quelle del Vaticano II avrebbero condotto e condurrebbero la Chiesa"(p. 33). Che poi scrivere più libri di critica ai tanto lodati "Papi" conciliari e al "magistero" del Vaticano II e del postconcilio, come fa Mons. Gherardini, sia un atto di "incondi­zionata obbedienza" e non lo esponga al de­lirio di cui sopra, è tutto da dimostrare.

Il metodo per arrivare al sic et non: la falli­bilità del magistero conciliare

Sì, avete letto bene: non INFALLIBILI­TA, come sarebbe normale, ma FALLIBI­LITÀ. In questo, Mons. Gherardini è senza dubbio lefebvriano. Come conciliare infatti le critiche fatte al "magistero" stesso da Mons. Gherardini, e la sua strenua obbe­dienza (pena il delirio) dell"`autorità" che ha così errato nel suo insegnamento, e da più di 40 anni erra? I lefebvriani risposero fin dal principio con la tesi del magistero "pastorale non dogmatico". I più recenti teologi della Fraternità e delle comunità amiche vanno oltre: una vera Autorità (Pa­pa, Vescovi, Concilio) non insegna più da oltre 40 anni poiché, essendo liberale e mo­dernista, non intende insegnare [9].Non è questa la tesi di Mons. Gherardini. Per lui il Vaticano II è non solo "magistero supremo ordinario", come fu dichiarato ufficialmen­te, ma addirittura - come normalmente per un Concilio- "magistero solenne" (pp. 52, 85, per DH p. 165), ovvero la massima espressione del magistero. Nonostante ciò, il Vaticano II non è dogmatico (pp. 49-51) ma pastorale (pp. 23, 58-65, benché non si capisca cosa voglia dire: pp. 47 e 63) ma so­prattutto né infallibile, né irreformabile, né vincolante (p. 51) benché lo si debba acco­gliere come magistero solenne (p. 52): capi­sca chi può! La stessa cosa Mons. Gherardi­ni disse a suo tempo delle canonizzazioni dei santi ecc.: il motivo? Poter non accettare - e persino poter criticare - un insegnamen­to ufficiale della "Chiesa" e del "Papa" sen­za essere costretto a mettere in dubbio la le­gittimità del "Papa". Poco importa per le contraddizioni e lo svilimento del magistero ecclesiastico, il quale fallibile, riformabile e non vincolante sarebbe inutile e fuorviante.

Perconcludere: luci e ombre diun libro

Ci scusiamo con Mons. Gherardini per le punte polemiche di questo articolo, e per le eventuali mie incomprensioni. Il suo li­bro, e quelli seguenti, richiedono un'attenta risposta in medio Ecclesiae. Esso si rivolge innanzitutto a Benedetto XVI, e si conclu­de infatti con una "supplica" allo stesso (pp. 253-257). Non risultano finora risposte, se non, come alcuni hanno fatto notare an­che su Si si no no, dei fatti ecumenici che sono sostanzialmente un fin de non recevoir e una porta chiusa alle osservazioni accora­te del teologo della scuola romana.
Tra i "tradizionalisti" (infelice etichetta) l'accoglienza è stata più positiva. Negativa da parte di alcuni sedevacantisti e di alcuni ambienti della Fraternità San Pio X (Saint-­Nicolas di Parigi), positiva da parte della maggioranza della Fraternità: Mons. Fellay, l'abbé du Chalard of course,don Pagliarani e la Tradizione cattolica, Sì sì no no (che qualifica il saggio di Mons. Gherardini co­me "magistrale"). I primi presentano il li­bro come una difesa dell'ermeneutica della continuità; gli altri come un'ammissione dell'ermeneutica della rottura e una prova del fatto che le cose stanno cambiando se non addirittura sono cambiate.
Mi pare che la nostra risposta debba es­sere più articolata e complessa, come lo è il libro che abbiamo recensito.


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Uno dei libri di Mons. Brunero Gherardini

 
Mons. Gherardini ammette, in effetti, anche se con molte contraddizioni, l'esisten­za di un'opposizione tra la dottrina del Vati­cano II e quella della Chiesa. Il suo saggio è stato presentato e quindi in un certo modo avallato da due vescovi, seppurmaterialiter, quello di Albenga e quello di Ceylon; quello di San Marino ha presentato invece la riedi­zione di Romano Amerio; il primo libro di Mons. Gherardini è stato edito da una con­gregazione religiosa (i Francescani dell'Im­macolata). Certo, come abbiamo visto, la denuncia del Vaticano II è limitata e con­traddittoria, però esiste. Essa può essere perciò usata, almeno, come argomento ad hominem,per dimostrare che il problema esiste, e che porlo non è... un delirio! Di più. Mons. Gherardini scrive: Concilio Ecu­menico Vaticano II. Un discorso da fare.Ov­vero: la domanda sull'ortodossia del Vatica­no II è un dovere (p. 17) urgente e impre­scindibile, il più importante per la Chiesa. È vero. Mons. Gherardini auspica un chiari­mento: anche noi, benché le modalità di questo chiarimento siano diverse, cosa da non poco! Ci auspichiamo che Mons. Ghe­rardini, dei teologi al suo seguito, dei vescovi materialitersi pongano questo problema, lo approfondiscano, e possano giungere alla chiarificazione necessaria che includerà co­me abbiamo già avuto occasione di scrivere una modalità simile a quella utilizzata per chiarire ma anche per condannare il sinodo di Pistoia. Questo è il lato positivo del libro (e dei successivi), a condizione che l'analisi critica, cioè, non si fermi qui. Se crediamo nell'indefettibilità della Chiesa, e la Tesi di Cassiciacumci crede, e ogni cattolico ci deve credere, non possiamo non sperare anche in un ravvedimento di alcuni - non necessaria­mente tutti -di coloro che hanno aderito al Vaticano II ed ai suoi errori, anche tra colo­ro che occupano le sedi episcopali.
Se invece il libro di Mons. Gherardini e altri simili è visto come punto d'arrivo e non come punto di partenza, o come un saggio "magistrale" al quale dovremmo ac­codarci, o come la prova che il "pontifica­to" di J. Ratzinger è restauratore della Tra­dizione, allora il nostro rifiuto e la nostra condanna di questa manovra è totale e de­finitiva. Il tentativo di certe case editrici, di certe congregazioni religiose, di certi rap­presentanti vecchi e nuovi del c.d. "Tradi­zionalismo", di farci accettare in qualche modo il modernismo del Vaticano II sotto forma di "riforma della riforma" che lasci in vita la riforma, deve essere decisamente denunciato e combattuto.
In una parola, va bene che modernisti e liberali si spostino verso la verità (purché non si fermino a mezza strada); non va be­ne che i cattolici vadano loro incontro spo­standosi verso il modernismo e il liberali­smo fosse pure "cattolico". Il problema del­le contraddizioni interne del Vaticano II non è nostro -di coloro cioé che rifiutano il neo-modernismo -ma loro, di coloro che lo hanno accettato; che alcuni di essi si ponga­no dei dubbi, è positivo; che noi si debba far loro compagnia e mettere in dubbio ciò che è certo, è un discorso... da evitare.

NOTE:

[1] La prima edizione di Iota unumrisale al 1985, per i tipi dell'editore Ricciardi (dal 1938 appartenente al noto banchiere Mattioli). Le edizioni torinesi Lin­dau, ne hanno curato, nel giugno del 2009, la riedizio­ne, con una postfazione di Enrico Maria Radaelli. L'edizione Lindau di Iota unum èstata presentata a Roma il 30 ottobre 2009, presso la Biblioteca Angeli­ca, dal prof. Radaelli, da Mons. Livi, da don Nitoglia e da Francesco Colafemmina. Iota unum èstato però ri­stampato (aprile 2009) anche dalla casa editrice vero­nese (di cui in una nota seguente) Fede e cultura, con prefazione di Mons. Luigi Negri, Vescovo di San Mari­no. Fede e cultura è anche l'editore di due opere di Mons. Gherardini. Il catalogo delle edizioni Lindauè molto interessante: abbondano gli autori del "tradizio­nalismo" più o meno ratzingeriano egli scritti anti­musulmani (Del Valle, Bat Ye'or,i foglianti, C. Panel­la, G.Meotti e G. Israel ecc.) e filo-ebraici. Un mar­chio però delle medesime edizioni Lindau, dal 2000, èL'età dell'Acquario, specializzato nella pubblicazione di testi massonici, esoterici, teosofici e New-Age. Sa­rebbe interessante capire chi sono i responsabili delle (almeno apparentemente) contraddittorie scelte edito­riali della piccola casa editrice torinese. Una prima ri­sposta l'abbiamo trovata nel constatare che Ezio Qua­rantelli, direttore editoriale di Lindau, èanche diretto­re responsabile di Confini. Temi e voci dal mondo del­la cremazione, pubblicazione della Fondazione A. Fabretti (noto massone risorgimentale) della Socrem (Società per la cremazione). Ucci ucci, sento odor di massonucci! Premesso che credo al 100% alla buona fede dei cattolici che collaborano con Lindau (non è facile trovare un editore per chi, come noi, è privo di mezzi), penso che le considerazioni di questa nota pos­sano essere utili per diffidare, in futuro, di chi si serve di noi e per cercare di capire quale possa essere even­tualmente la strategia del nemico nel promuovere paradossalmente autori e libri cattolici.
[2] Secondo Mons. Livi, Romano Amerio si inseri­sce in una corrente di "pensatori come Pascal, Ar­nauld,Buffler, Reid, Vico, Jacobi, Kierkegaard, Bal­mes, Newman e Rosmini, tutti pensatori anti-cartesiani e anti hegeliani, ma non anti-moderni". Il rosminiane­simo di Amerio è dichiarato, anche se Rosmini fu con­dannato dalla Chiesa e poi riabilitato da Ratzinger (cf Sodalitium, n. 53 p. 34); un bell'esempio di "variazioni della Chiesa Cattolica (sic) nel XX secolo".
[3] Che, di per sé e speculativamente, Iota unumnon si inserisca nella corrente "ratzingeriana" dell' "ermeneutica della continuità" non è una nostra opi­nione, ma è tesi difesa dall'Amerio stesso e dai suoi discepoli, come il professore Enrico Maria Radaelli:«L'interrogativo di fondo posto da Amerio in Iota unum -e nel suo séguitoStat Veritas, uscito postumo nel 1997 a cura di Enrico Maria Radaelli - è il seguen­te: "Tutta la questione circa il presente stato della Chie­saè chiusa in questi termini: è preservatal'essenza del cattolicesimo? Le variazioni introdotte fanno durare il medesimo nella circostanziale vicissitudine oppurefan­no trasgredire ad aliud? [..] Tutto il nostro libro è unaraccolta di prove di tale transito" (p. 626 e, nella Post­fazione, p. 689). E ancora: "La Postfazione a Iota unum,sintetizzando tutta la tesi del libro, mostra che le ermeneutiche sul concilio Vaticano II oggi sono tre: la prima: è l'ermeneuticasofistica estrema della "scuo­la di Bologna" (Dossetti, poi Alberigo, oggi Melloni) e in generale di tutta la "nouvelle théologie" (Congar, Daniélou, De Lubac, Ranher, Schillebeeckx, von Bal­thasar ecc.); è ateoretica; essa promuove e spera la dis­continuità e la rottura delle essenze tra Chiesa prece­dente e Chiesa seguente il Vaticano II sotto la coper­tura delle equivocità testuali; la seconda:è l'ermeneu­tica sofistica moderata dei Papi che hanno promosso, attuato e poi seguito il concilio; è anch'essa ateoretica; al contrario però della prima, che peraltro la formò e produsse, essa studia in tutti i modi di dare continuità tra essenza post e pre conciliare, cercando di piegare al senso della Tradizione le anfibologie e le equivocità testuali di cui sopra; laterza: è l'ermeneuticaveritativa di Amerio e, in genere, di tutti i sospinti (ma solo do­po il concilio) nel cosiddetto "tradizionalismo"; è teo­retica, dunque inconfutabile e, nella misura in cui si appoggia alla Tradizione, vincolante; essa riscontra e denuncia nel Vaticano II il tentativo di rottura e di discontinuità con l'essenza; va aggiunto, peraltro, che l'irrealizzabilità di tale tentativo è da tutti i resistenti al concilio (all'infuori dei cosiddetti "sede vacantisti") per fedeassolutamente creduta e da Amerio, come vi­sto sopra (primo paragrafo) e come evidenziato nella Postfazione (§ 3 b, p. 698), anche solidamente dimo­strata, di modo che il Trono più alto e tutta la Chiesa ne tornino al più presto a beneficiare» (E. M. Radael­li). Le ultime parole di questa lunga citazione eviden­ziano le contraddizioni di Amerio: il Vaticano II rom­pe -essenzialmente - con l'insegnamento della Chie­sa, ma -rifiutato il "sedevacantismo"- se ne attribui­sce l'insegnamento alla Chiesa stessa, in contraddizio­ne pertanto con sé stessa. E allora non è il "sedevacan­tismo" (o perlomeno, la Tesi di Cassiciacum) a negare quanto "per fede deveessere assolutamente creduto" (ovverosia, l'indefettibilità della Chiesa: le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa) ma i "tra­dizionalisti" che negano la vacanza della Sede, siano essi seguaci di Amerio o di Mons. Lefebvre, secondo i quali è la Chiesa Cattolica che, subendo una variazio­ne essenziale, è e non è nello stesso tempo la stessa di prima. Per cui, se speculativamente Amerio si oppone al Vaticano II (e non solo ad abusi o fraintendimenti del Concilio) nella prassi, per tutta la sua vita, al con­trario di Mons. Lefebvre, accettò le sue riforme (inclu­sa quella liturgica), la sua disciplina, la sua gerarchia.
[4] Brunero Gherardini, Quale accordo tra Cristo e Be­liar? Osservazioni teologiche sui problemi, gli equivoci ed i compromessi del dialogo interreligioso, Fede e cul­tura, Verona, aprile 2009 e, dello stesso autore, Ecu­mene tradita, Il dialogo ecumenico tra equivoci e passi falsi, Fede e cultura, settembre 2009.
[5] Così un suo editore, Fede e cultura, presenta Mons. Gherardini: "BruneroGherardini (Prato, 1925), sacerdote (1948), laureato in teologia (1952) con specializzazione in Germania (1954-55), già cattedrati­co della Pontificia Università Lateranense e decano del­la Facoltà Teologica, canonico della Basilica di S. Pie­tro in Vaticano dal 1994, Direttore responsabile della Rivista Internazionale "Divinitas" dal 2000, per un trentennio consultore della Congregazione perle Causedei Santi, ha scritto oltre 80 volumi e varie centinaia d'articoli. Centro della suaricerca, la Chiesa. Collate­ralmente ma in funzione complementare, ha approfon­dito la figura e l'opera di Lutero, la Riforma, l'Ecume­nismo, la Mariologia e la teologia spirituale. È unadel­le voci italiane più note anche all'estero". Possiamo ag­giungere che Mons. Gherardini fu postulatore della causa di beatificazione di Pio IX. Al contrario di Ame­rio, Mons. Gherardini non è rosminiano, ma tomista, seppur della scuola (che pretende aver riscoperto il "tomismo originale" e conciliarlo con Kierkegaard) del padre stimmatino Cornelio Fabro. Padre Guérard des Lauriers non condivideva l'interpretazione che Fa­bro dava del pensiero di San Tommaso.
[6] Una parola sulla casa editrice Fede e Cultura di Verona, da non confondersi con l'associazione Fede,Cultura e società di don Guglielmo Fichera. F&C non è l'editore del libro qui recensito, ma delle opere sus­seguenti di Mons. Gherardini: vale la pena- come per le ed. Lindau- di interessarsi all'altro editore, con Lindau e in concorrenza a Lindau- di Romano Ame­rio. La casa editrice è nata solo nel 2005, ma in pochis­simo tempo ha preso un posto di primo piano tra le case editrici vicine al "tradizionalismo". La linea non è affatto quella della "ermeneutica della rottura" ma quella della "ermeneutica della continuità", in pieno sostegno a J. Ratzinger e al Motu proprio Summorum Pontificum, auspicando esplicitamente la Riforma del­la riforma. La casa editrice si presenta e si riconosce in una citazione di "san" Josemaria Escrivà di Balaguer, ed ha come "Protettore" il "Beato" Antonio Rosmini (condannato dalla Chiesa), "campione della libertà in­tellettuale e responsabile culturale". Gli è dedicata una collana. Ne deduco che a F&C sono "cattolici li­berali". Sono anche decisamente favorevoli al Giudai­smo e allo Stato di Israele, malgrado Mons. Gherardini! Tra i "link" amici del direttore della casa editrice, Giovanni Zenone (Premio Attilio Mordini, figura anch'essa nota ai nostri lettori), figura al primo posto, con tanto di bandiera israeliana, il sito di "Israele.net", portale di Israele in italiano. Uno dei li­bri dello stesso Zenone, Il chassisismo. Filosofia ebrai­ca, pubblicato con prefazione di Massimo Introvigne (ben noto ai nostri lettori) descrive la setta giudaica come "splendido capitolo della religiosità e del pensie­ro umano" e magnifica il pensiero di Martin Buber. In campo filosofico, al seguito del suo maestro Mons. Li­vi (già citato a proposito delle ed. Lindau) G. Zenone ha scritto Maritain, Gilson e il sensocomune, elogian­do l'umanesimo integrale maritainiano e mettendosi nella linea di pensiero pascaliana. Gli "amici" racco­mandati sono- tra gli altri - Cristianità, AlleanzaCat­tolica (Introvigne collabora a F&C e a Lindau),Le­panto (che ha diritto a una collana), i discepoli di Pli­nio Correa de Oliveira, i carismatici di Mediugorje... tutto un mondo che certamente non può essere consi­derato opposto al Vaticano II, ma che è la "destra" dello stesso. Quanto a Mordini, non stupisca la simpa­tia per Israele di un "premio Mordini" (che militò, du­rante la guerra, come volontario nell'esercito tedesco) giacché Mordini considerava l'ebraismo e l'islam reli­gioni sorelle del cristianesimo e, come Evola, ammira­va la Cabala (cf FRANCO CARDINI, L'intellettuale disor­ganico,Aragno ed., Torino, 2001, pp. 9, 57-59; F. CAR­DINI, prefazione a "Francesco e Maria" di A. Mordini, Cantagalli Siena 1986, pp. 8-9); su tutto l'ambiente cf. il sempre attualeCostruiremo ancora cattedrali: l'eso­terismo cristiano da Giovanni Cantoni a Massimo In­trovigne, inSodalitium, n. 50, pp. 17-34)
[7] Mons. Gherardini -nelle pagine forse peggiori del suo libro - giunge al punto di far sua la critica che DH e il Vaticano II fanno alla prassi della Chiesa, con­siderata "non conforme" anzi "contraria" "allo spirito evangelico" (cf DH 12; Gherardini p. 170). Così Cristo avrebbe combattuto l'intolleranza precristiana (sia quella pagana che quella veterotestamentaria) anzi sa­rebbe stato egli stesso vittima dell'intolleranza, mentre"alcuni uomini di Chiesa agirono con lastessa intolle­ranza che aveva condannato a morte Gesù; ad essi allu­de DH 12 nel rilevarne la mancata obbedienza all'Evangelo. La pace religiosa di Costantino (313), an­che solo per 'lo spazio di un mattino', aveva, sì, privile­giato la Chiesa, ma a carissimo prezzo: l'intolleranza contro eretici e pagani. Una tale intolleranza non corri­spondevaall'insegnamento dell'Evangelo, né a quel­lo spirito evangelico sul quale la tradizione patristicaandava già modellando lo standard dell'esistenza cri­stiana..." (p.171). Dopo aver condannato le conver­sioni forzate operate da Carlo Magno (transeat, p. 171), Gherardini fa di san Tommaso un campione del­la tolleranza (confusa con la libertà dell'atto di fede, p. 172) per poi aggiungere incredibilmente: "Diversa­mente infine la pensarono anche alcuni Papi":i colpe­voli di intolleranza antievangelica sarebbero stati Pao­lo IV (con l'istituzione del ghetto), Gregorio XIII (con l'obbligo per i Giudei di ascoltare le prediche cristia­ne), l'Inquisizione, che fu "tutt'altro che equilibrata" (p. 172). Benché postulatore della causa di Pio IX, maldestramente da lui difeso (p. 175-177). Mons. Ghe­rardini si dimostra -in queste pagine - per quello che è: un cattolico liberale.
[8] Preciso che utilizzo il termine "lefebvriano" nel senso, non polemico o dispregiativo, di seguace delle dottrine e della spiritualità di Mons. Lefebvre; come si parla di domenicani, francescani, ignaziani, salesiani, tomisti, scotisti ecc. In questo senso il termine non de­signa solo i membri della Fraternità San Pio X.
[9] Di due cose, l'una. O le "autorità" conciliari non intendono insegnare, e questo in maniera abitua­le, oppure intendono insegnare. Nel primo caso, non intendono realizzare oggettivamente e abitualmente il bene e il fine della Chiesa, né assumere le funzioni es­senziali dell'Autorità, per cui non sono e non possono essere l'Autorità; nel secondo caso insegnando l'erro­re manifestano di non avere l'infallibilità, la divina as­sistenza, ma soprattutto e più chiaramente ancora "l'essere con" ("Io sarò con voi...") promesso da Cri­sto, e quindi non possono essere l'Autorità. In ogni ca­so, non sono l'Autorità.