Da:L'infallibilità e il Concilio Generale, studio di scienza religiosa ad uso della gente del mondo tradotto da Mons. Ferdinando Mansi (consultore della S. C. dell'Indice), Roma-Torino 1869, pag. 39-66.
Mons. Victor-Auguste-Isidore Dechamps (1810–1883)
Cap. IV.
L'oggetto preciso della infallibilità della Chiesa.
Abbiam di già provato, che una chiesa divinamente stabilita dev'essere infallibile, e che l'oggetto di questa infallibilità non è in generale che la conservazione del deposito della rivelazione. Ma bisogna spiegare più dettagliatamente, quale è l'oggetto preciso di questa infallibilità, e quindi ove trovasi, nella chiesa, il soggetto di questa infallibilità, l'organo divinamente costituito di questo insegnamento infallibile, il giudice senza appello delle controversie relative alla fede.
Intorno a questi due punti, come intorno a tutti gli altri, la chiesa, di cui la fede è apostolica, e sempre viva fin dalla sua origine, la chiesa la quale non ha che a rammentar se stessa per non sbagliare, non ha mai variato.
Facciamoci dunque a costatare per prima la sua dottrina intorno al primo punto, ossia intorno al soggetto preciso della sua infallibilità.
Avendo ricevuto la promessa della infallibilità solo per conservare il deposito della verità rivelata, la chiesa non è infallibile che in materia di fede, vale a dire nell'insegnamento della verità che bisogna credere [1]. Essa per questo stesso fatto è infallibile anche in materia di costumi, facendo parte della rivelazione, ed anche della verità stessa che bisogna. credere, la legge Evangelica, ossia la verità che bisogna praticare.
Ma la chiesa è dessa infallibile nell'insegnamento delle verità esplicitamente e formalmente rivelate?
Essa è infallibile nell'insegnamento delle verità chiaramente e certamente contenute nella rivelazione, o che appartengono implicitamente alla fede.
Essa è infallibile eziandio nell'insegnamento delle verità essenzialmente e inseparabilmente legate alla rivelazione, o che hanno con la medesima una necessaria connessione. I teologi esprimono la stessa cosa con altri termini, quando e' dicono che la chiesa è infallibile nell'insegnamento delle cose che si rapportano alla fede ed ai costumi, ma che vi si riferiscono per se stesse e prossimamente, e non già di una maniera accidentale e rimota: Per se et proxime, non autem per accidens et remote.
Se la chiesa fosse infallibile nell'insegnamento delle cose che hanno rapporto qualunque, anche rimoto, colla verità rivelata, sarebbe allora in tutte le cose infallibile, perchè nel vasto insieme dell'ordine naturale e soprannaturale, le verità tutte non ne formano che una agli occhi di Dio. Giammai la chiesa si è attribuita una simile infallibilità. Essa non ha mai confusa la scienza sagra con le scienze profane, la scienza delle cose divine con la scienza delle cose umane. Essa lascia il mondo, e tutto ciò che non è rinchiuso nella sfera della fede, in re fidei, come dice Bellarmino, alle dispute degli uomini, e non interviene la medesima per condannarne l'errore, che allorquando questo viene a toccare la verità rivelata. Ella favorisce così essa stessa la scienza, non potendo la verità contraddire la verità.
Ma quando è che una verità appartiene implicitamente alla fede? E quando una verità è essenzialmente ed inseparabilmente collegata con la rivelazione, per se et proxime?
Quando la Chiesa la giudica tale, lo che essa non manca mai di far chiaramente vedere.
Dovendo la chiesa vegliare e conservare la verità rivelata in tutta la sua purezza, è infallibile altresì nella condanna delle proposizioni, che feriscono, in differenti maniere, la fede ed i costumi, o che li mettono a repentaglio [2].
Essa conseguentemente è infallibile in materia di fatti dogmatici, e diciam di fatti dogmatici, perchè essa non pretende affatto infallibilità in materia di fatti puramente personali od istorici, la conoscenza dei quali dipende principalmente dalla testimonianza degli uomini, non avendo spesso simili fatti relazione alcuna nè prossima nè essenziale con la fede. Ma sonovi dei fatti che si appellano dogmatici, poichè essi vanno essenzialmente ed inseparabilmente collegati colla fede, per esempio il fatto dell'esistenza del tale errore nel tal libro. Se la chiesa non fosse infallibile nel giudicare un tal fatto, nulla le servirebbe il condannare l'errore, non potendo indicare con certezza, ove esso si trova. I pastori divinamente istituiti per pascere le anime della vera dottrina, sarebbero in tal caso nella impotenza di adempiere al loro officio, e Gesù glielo avrebbe confidato in vano.
La chiesa è altresì infallibile in ciò che riguarda il culto divino, e la disciplina generale, perchè il divin culto, e la disciplina generale hanno sempre dei rapporti intimi con la fede e con i costumi. Se la chiesa potesse in queste materie prescrivere o approvare cose contrarie alla fede ed ai costumi, o che non fossero loro conformi, precipiterebbe essa inevitabilmente le anime nell'errore, e invece di salvarle, le perderebbe. Ma ciò non può avvenire, avendole Gesù Cristo promesso di essere con lei sino alla fine dei tempi. La chiesa dunque è infallibile in materia di disciplina generale in questo senso, cioè che quello che da essa vien generalmente prescritto o approvato in questa materia, non può mancare di essere in armonia con la verità e colla morale rivelate.
Non possiamo far passaggio ad un altro soggetto, senza aver ben rischiarati gli spiriti illusi intorno alla natura ed alla portata delle definizioni della fede. S'immaginano costoro, che la chiesa, definendo un dogma, impone ai fedeli una nuova credenza. Non vi è cosa più falsa di questa. Una definizione di fede non è altro che una dichiarazione dogmatica di una verità contenuta nel deposito della rivelazione, e che ha fatto sempre parte della credenza della chiesa. La chiesa non inventa mai, essa giudica; e quando le si dimanda se la tale credenza fa parte del dogma, essa risponde. –– Se è l'eresia che nega, la sua risposta è un anatema; e se è la buona fede che trovasi in esitanza, la sua risposta è una consolazione. Così è avvenuto che in diverse epoche, l'eresia, ossia la debolezza dello spirito umano (perchè lo spirito è debole anche negli uomini grandi) è stata l'occasione delle dichiarazioni dogmatiche della chiesa, e che il cozzo degli errori, o delle opinioni ha fatto scaturire dalla rocca su cui essa è fondata, non già delle verità nuove, ma delle nuove dichiarazioni.
Non debbonsi confondere due cose cotanto differenti come quella del credere e del sostenere un dogma, dice il Conte de Maistre.
«La chiesa cattolica non è argomentatrice di sua natura; essa crede senza entrare in disputa, perchè la fede è una credenza per amore, e l'amore non ama affatto gli argomenti.
«Il cattolico sa bene che non può ingannarsi, sa di più che se egli potesse ingannarsi, non vi sarebbe più verità rivelata, nè sicurezza alcuna per l'uomo quaggiù in terra, poichè ogni società divinamente istituita suppone l'infallibilità, come egregiamente diceva l'illustre Malebranche.
«La fede cattolica non ha dunque bisogno, e questo è il principal carattere, il quale non è abbastanza rimarcato; essa non ha bisogno, ripeto, di riconcentrarsi in se stessa, interrogarsi intorno alla sua credenza, e dimandare a se stessa, perchè essa crede; essa non è molestata da questa inquietudine disertatrice che agita le sette. È il dubbio che produce delle opere: perchè dunque scrivere, essa che non ha mai dubbio?
Ma se si viene ad oppugnare un qualche dogma, essa allora esce dal suo stato naturale; cerca ed esamina i fondamenti del dogma messo in disputa; interroga l'antichità, crea delle parole speciali, di cui la sua buona fede non avea affatto bisogno, ma rese poi necessarie per caratterizzare il dogma, ed innalzare tra noi ed i novatori un'eterna barriera [3].
In questo modo souo state definite, e la Consostanzialità del Verbo contro l'Arianismo, e laTransostanziazione [4] contro i protestanti, definizioni che compendiano con un solo vocabolo l'immutabile credenza della chiesa intorno alla Divinità del Verbo, e intorno all'adorabile Sagramento dell'Eucaristia.
Non deve dunque porsi in obblio che la fede della chiesa precede alle definizioni dogmatiche, e che per essere vero fedele, non basta di credere solamente ciò che è definito contro l'eresia, nè di credere solamente quando è definito contro l'eresia: No, bisogna credere prima di tutto ciò che l'autorità della chiesa ci propone a credere come rivelato da Dio [5].
Del resto, Colui, la cui Sapienza sa far servire il male al progredimento del bene, sa fare altresì servire l'errore al progresso della verità, vogliam dire al progresso della scienza del dogma, dell'intelligenza della fede. Questo progresso esiste dice Pio IX, rammentando le parole di S. Vincenzo di Lerino: «Questo progresso esiste, ed è grandissimo, ma è il vero progresso della fede, non già il cambiamento. Bisogna che l'intelligenza, la scienza, e la saggezza di tutti come di ciascuno in particolare, delle epoche e dei secoli di tutta la chiesa, come degl'individui, crescono e fanno grandi, grandissimi progressi, affinchè più chiaramente si comprenda ciò che l'antichità venerava senza comprenderlo, affinchè le pietre preziose del dogma divino vengano elaborate, esattamente adattate, e ornate con saggezza, e si arricchiscano di grazia, di splendore, di bellezza: ma sempre nel medesimo genere, vale a dire nella medesima dottrina, nel medesimo senso, nella sostanza medesima, di modo che facendo uso di nuovi vocaboli, non si dicono pertanto cose novelle [6].»
La fede della chiesa è dunque un albero vivente. Quest'albero riceve tutto il vigore della sua vegetazione dalla verità rivelata, ma da questo succo divino nascono dei frutti senza numero, che, per esser sempre della medesima natura e sempre simili a se stessi, non lo son meno di una bellezza, e di un sapore sempre nuovi.
CAP. V.
Del soggetto o dell'organo della infallibilità della Chiesa.
Intorno a questo punto, come all'altro precedente, noi lo abbiam di già accennato, la fede cattolica non ha mai variato. Viva e intiera in tutte le chiese tale quale l'hanno loro lasciata gli Apostoli, essa non ha mai dubitato di se medesima. Ma quando essa si è veduta oppugnata dallo scisma e dall'eresia, le ha confuse mediante la sagra Scrittura e la tradizione.
La società cattolica riposa dunque in pace sull'autorità che Cristo le ha posto come base, e la chiesa insegnata, ossia l'universale dei fedeli, ascolta la chiesa insegnante per organo dei suoi pastori
Ma tutti quei che esercitano, in qualche grado, le funzioni del ministero apostolico, appartengono essi pel fatto medesimo alla chiesa insegnante, che tutti devono ascoltare, alla autorità dottrinale in materia di fede?
Nella città di Dio, come nelle altre città di questo mondo, le cause maggiori, quelle che interessano tutta intera la società, sono riservate alle autorità superiori. L'autore della grazia è lo stesso che quello della natura, e non è da far le meraviglie che i primi pastori, vale a dire i Vescovi, sieno stati costituiti maestri e giudici della fede nella sua chiesa, trovandosi le cause della stessa fede essere cause supreme.
Tale è la credenza di tutt'i tempi. Nei primi secoli, come nei secoli seguenti, la storia ci mostra i Vescovi di ciascuna chiesa alla testa dei presbiteri, dei diaconi, e dei semplici fedeli, vegliando alla conservazione della fede, e condannando tutti gli errori, senza ricorrere al suffragio di coloro che non sono rivestiti del carattere sacerdotale. I dottori della chiesa non hanno mai opposto all'eresia altro tribunale che quello dell'Episcopato unito al suo Capo, ed è un dogma cattolico che non solamente il Papa ed i Vescovi sono giudici infallibili delle controversie in materia di religione, ma bensì che essi soli sono i giudici della fede [7]. La chiesa ha definita questa verità fin da quando la vide oppugnata, e l'ha definita, come noi or ora lo dicevamo, mostrandola scritta nel nuovo Testamento, e attestata da tutt'i monumenti della tradizione.
Fu ai suoi Apostoli riuniti, al Collegio Apostolico, ai primi pastori della sua nascente chiesa che Cristo Gesù disse: «È stata a me conferita tutta la podestà in cielo ed in terra; Andate dunque istruite tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnando a loro di osservare tutto quello che io vi ho comandato: ed ecco che io sono con voi in ogni tempo sino alla consumazione dei secoli [8].» In queste parole del Salvatore divino havvi la comunicazione di una triplice podestà: della potestà dottrinale: Docete; della potestà sagramentale: Baptizantes; e della potestà del comando: Docentes servare omnia quaecumque mandavi vobis. E questa podestà di comando, Gesù la mostra altrove tutta intera, chiamandola potestà di legare e di sciogliere. In questa dunque racchiudesi tutto il potere spirituale: Magisterium, ministerium, imperium, tutta la potestà sagra ma specialmente la potestà dottrinale, ossia insegnante, che conferma e sostiene le altre due.
E quale podestà insegnante?
La podestà insegnante universale in materia di fede: Istruite tutte le genti. La podestà insegnante perpetua: Sino alla consumazione dei secoli. La podestà insegnante infallibile, vale a dire, poggiata sul soccorso infallibile di Dio: Ed ecco che io sono con voi sino alla consumazione dei secoli.
Così l'infallibilità è manifestamente promessa non solo agli Apostoli, ma benanche ai loro successori e non al Collegio Apostolico soltanto, ma al corpo episcopale eziandio.
E perchè i Vescovi soli sono i primi pastori e i successori degli Apostoli?
Perchè essi soli ricevono la pienezza del sacerdozio: Plenitudinem Sacerdotii, vale a dire il Sacerdozio con la podestà che lo perpetua per mezzo dell'ordinazione, la paternità spirituale con la fecondità divina.
La podestà d'ordine dunque ha dei gradi, e tutta intiera non fu data da Gesù Cristo che al carattere episcopale. Gli Atti e le Epistole degli Apostoli sono pieni di questa verità che noi troviam sempre viva in tutta la storia della chiesa.
Ma noi ci faremmo una idea completamente falsa della chiesa insegnante, se perdessimo di vista che la podestà degli Apostoli fu stabilita nell'unità mediante l'istituzione divina del centro medesimo di questa unità, o del primato di Pietro; e che la podestà dei successori degli Apostoli è mantenuta nell'unità per mezzo del sostegno del centro dell'unità cattolica, o meglio del primato del successore di Pietro. Senza Pietro non vi ha Collegio Apostolico, e non vi può essere corpo episcopale ossia della chiesa insegnante senza il Papa. La podestà d'ordine o del sagro ministero: Sacri ministerii fu senza dubbio la stessa negli Apostoli, e nel principe degli Apostoli, come la stessa è dessa nei Vescovi e nel Vescovo dei Vescovi; ma il primato di Pietro, e dei successori di lui è la suprema podestà di giurisdizione, ossia del governo: Iurisdictionis sive regiminis.
Noi non conosciamo cosa alcuna che condanna più altamente lo scisma e l'eresia, e al tempo stesso niente di più umiliante per l'uno e per l'altra al cospetto della duplice chiarezza della Scrittura e dell'istoria, che la negazione dell'unità dell'apostolato, e dell'Episcopato mediante il primato di Pietro e dei Pontefici romani loro successori. L'Oriente e l'Occidente acclamano ad una voce questo primato: i Concilii di Nicea, di Efeso, di Calcedonia, di Costantinopoli parlano del Successore di Pietro e della sua suprema autorità su tutta la chiesa, come altresì i Concilii di Lione, del Laterano, di Firenze e di Trento. –– S. Attanasio, S. Basilio, S. Gregorio di Nanzianzo, S. Giovan Crisostomo confessano l'autorità suprema del Successore di Pietro, come la confessano bensì S. Cipriano, S. Girolamo, S. Ambrogio, S. Agostino [9]. –– Si è dato mai un'altro Vescovo fuorchè il Pontefice Romano per Pastore supremo dell'Oriente e dell'Occidente?. Le chiese orientali ed occidentali riconobbero mai una altra podestà universale che quella del Successore di S. Pietro? Quando i Patriarchi di Costantinopoli si usurparono il titolo di Patriarchi ecumenici, e presero un tal titolo assai tardi, pretesero essi mai di estendere l'autorità loro sopra Roma? No, quando la podestà divien scismatica, essa prende il carattere della falsa madre giudicata da Salomone: essa si contenta d'una chiesa scissa. Lo si vede a giorni nostri nella Russia, in Inghilterra e altrove, come fu visto presso quei Greci che divennero infedeli all'unità. La storia ecclesiastica proclama dunque con evidenza ove trovasi l'unico Pastore dell'unico gregge di Gesù Cristo. Lo stesso ci vien mostrato dalla chiesa colla chiarezza medesima del Vangelo.
Apriamo questo volume divino, e illuminiamoci alla sua luce. Gesù Cristo a quello ch'egli ha eletto principe degli Apostoli dice: Tu sei Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cepha (che s'interpreta Pietro). Poco dopo gli assegnò la ragione di questo cambiamento; e fu nel giorno, in cui Pietro, fedele alla divina rivelazione, confessò esso il primo la divinità di Gesù Cristo: Tu sei Pietro, gli disse allora il Salvatore, e sopra questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno mai contro di essa [10].
La chiesa, questo edificio divino, che da nessuna cosa potrà essere rovesciata, questa ferma colonna della verità [11], sta poggiata su Pietro, come sulla sua base. Essa non ha pertanto altra base divina che Gesù Cristo: Fundamentum enim aliud nemo potest ponere praeter id, quod positum est, quod est Christus Jesus [12]. Ma anche Gesù Cristo solo si è quello che di sua mano divina pose la pietra angolare dell'Apostolato perpetuo: «Sopra questa pietra io edificherò.»
Le parole poi che sieguono immediatamente dichiarano di nuovo l'autorità suprema ai Pietro mediante un simbolo ammirabilmente chiaro:
A te darò le chiavi del regno dei cieli [13]: A chi si presentano le chiavi di una città, se non al Sovrano? E bene! In questa chiesa ch'Egli appella il regno de' cieli, in questo regno spirituale, ch'egli predice incrollabile, imperituro, a Pietro, e a Pietro solo, Tibi, ei consegna le chiavi, cioè la suprema podestà.
Ma la podestà di Pietro non è di altra natura che quella dell'apostolato, il quale è una podestà spirituale, ed ecco perchè Gesù Cristo, predicendo a tutt'i suoi Apostoli la prova delle persecuzioni, dice ancora a Pietro: Simone, Simone, ecco che Satana va in cerca di voi per vagliarvi, come sì fa del grano: ma io ho pregato per te, affinchè la tua fede non venga meno, e tu una volta ravveduto conferma i tuoi fratelli [14]. Gesù Cristo dunque promette in una maniera speciale al Capo della podestà insegnante la fedeltà infallibile: Ego autem [oravi] rogavi pro te, ut non deficias fides tua; è dunque la stabilità della pietra angolare che dà fermezza a tutto l'edificio: Et tu aliquando conversus confirma fratres tuos.
Una graziosa ed attraente parola di Cristo dopo la sua risurrezione dà compimento alla promessa fatta a Pietro, e gli conferisce la podestà suprema. Stando congregati Pietro e gli altri discepoli, si accostò loro Gesù, e volgendo la parola a Pietro gli disse: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu più che questi: gli rispose: Certamente, Signore, tu sai che io ti amo. E Gesù riprese: Pasci i miei agnelli.
Dissegli poi di nuovo per la seconda volta; Simone, figliuol di Giovanni, mi ami tu? Pietro rispose:certamente, Signore, tu sai che io ti amo. –– Dissegli: pasci i miei agnelli.
Gli disse per la terza volta: Simone, figliuol di Giovanni, mi ami tu? Si contristò Pietro, perchè per la terza volta gli avesse detto: mi ami tu? E dissegli: Signore, tu sai il tutto, tu conosci che io ti amo. Gesù dissegli: pasci le mie pecorelle.
In verità, in verità ti dico; quando eri giovine ti cingevi (la veste), ed andavi dove ti parea; ma, quando sarai invecchiato, stenderai le tue mani, ed un altro ti cingerà, e ti menerà dove non vuoi.
Or questo lo disse, indicando, con qual morte fosse per glorificare Dio. E dopo di ciò, gli disse:Sieguimi [15].
Gesù mostra a Pietro con queste parole ove va a condurre questo supremo officio, alla croce cioè del suo Divin maestro; ma questo officio supremo glielo impone manifestamente costituendolo Pastore non solo degli agnelli, ma delle loro madri ancora: non solamente di quei che ricevono il nutrimento, ma puranco di quei che lo danno; non soltanto dei fedeli, ma ancora dei medesimi pastori: Pasce agnos et oves.
Pietro dunque è il Pastore dei pastori, e la chiesa è fondata sull'unità dell'autorità per la gerarchia dei poteri di cui Pietro è divinamente stabilito il fondamento e il fatto: Petrum itaque fundamentum Ecclesiae Dominus nominavit [16].
Dignus certe qui in aedificandis in domo Dei populis lapis esset ad fundamentum, columna ad sustentaculum, clavis ad regnum [17].
Pietro ci si mostra ancora nella Scrittura santa come «il primo in tutte le maniere», dice il Bossuet: «il primo a confessare la fede; il primo nell'obbligo di mettere in pratica l'amore, il primo di tutti gli Apostoli, che vide Gesù Cristo risuscitato dalla morte, come esserne doveva il primo testimone avanti a tutto il popolo; il primo quando bisognò completare il numero degli Apostoli; il primo che confermò la fede per mezzo di un miracolo; il primo a convertire i Giudei; il primo a ricevere i Gentili; il primo da per tutto.... La podestà data a molti viene a soffrire una restrizione nel parteciparvi egli pure; mentre la podestà concessa ad un solo e sopra di tutti, e senza eccezione, porta seco la pienezza della medesima [18].
Ma Pietro non sarà il Capo e il fondamento della Chiesa che durante la sua vita?
Su questa Pietra io edificherò la mia chiesa, dice Gesù, e le forze nemiche, le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa.
E come sarebbe la chiesa immutabile, se il suo fondamento non lo fosse ?
Siccome Gesù Cristo ha manifestamente fondato la perpetuità dell'apostolato dicendo: «Io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli; così ha pure manifestamente stabilito, questo apostolato perpetuo della chiesa insegnante sopra l'incrollabile fondamento dell'autorità di Pietro, che non finisce se non coll'autorità apostolica: Super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam. L'autorità dunque di Pietro è sempre viva nei suoi successori, e la Sede di Pietro è sempre il centro dell'unità e dell'autorità della chiesa. Ma come dubitare del senso di simili testi? Non sono essi, ripetiamolo di nuovo, divinamente interpretati mediante il loro compimento? L'evidenza dei fatti nella chiesa non corrisponde forse all'evidenza delle parole dell'Evangelio, e non è doppiamente chiaro che la chiesa, come ne insegna il catechismo, è la comunità dei fedeli che professano la dottrina di Gesù Cristo, sotto l'obbedienza dei legittimi Pastori, e principalmente del nostro S. Padre il Pontefice romano, capo visibile della chiesa universale?
La chiesa insegnante alla quale fu promessa l'infallibilità è dunque il collegio apostolico, o gli Apostoli uniti con Pietro; è l'apostolato universale e perpetuo dei successori degli Apostoli uniti ai successori di Pietro; Sissignore, «Il corpo dell'Episcopato unito al suo Capo, è il luogo ove bisogna trovare il deposito della dottrina ecclesiastica, dice Bossuet [19].» «Tutti ricevono la podestà medesima, ei soggiunge, ma non tutti nel medesimo grado, nè colla medesima estensione... Gesù Cristo comincia pel primo e in questo primo ei forma il tutto, affinchè noi imparassimo che l'autorità ecclesiastica, stabilita primieramente nella persona di un solo, non sia ripartita o diramata che a condizione di esser sempre riportata al principio della sua unità, e che tutti quelli i quali dovranno esercitarla, debbonsi tenere inseparabilmente uniti alla cattedra medesima [20].
Separati da Pietro, i Vescovi non sono più nella chiesa, ma sono nello scisma; sono essi membri separati e disgiunti dal corpo della chiesa insegnante. Staccandosi dal corpo della chiesa, essi non le tolgono nè l'unità nè la vita; l'una e l'altra restano sempre ai membri uniti al loro Capo, al corpo unito alla testa.
La chiesa insegnante, cui fu divinamente promessa la infallibilità, è dunque l'Episcopato cattolico, o disperso, o congregato in un Concilio generale, e sempre unito al suo Capo.
Ma se la chiesa insegnante, non è infallibile che per la sua unione con Pietro; se i Vescovi separati dal Successore di Pietro non hanno promessa alcuna d'infallibilità, nè dispersi, nè riuniti in concilio; se la chiesa non può farsi crollare nella fede, perchè la pietra, su cui è fondata, è incrollabile; si domanda se Pietro ha ricevuto per esso, e per i suoi successori speciali promesse d'infallibilità. E questo è quello che ci resta di stabilire. Ma ci piace per prima richiamar l'attenzione dell'incredulità sopra un fatto di primo ordine, e fare in seguito rilevare l'ignoranza dei pubblicisti increduli sulla natura e sull'oggetto della infallibilità pontificia.
NOTE:
[1] In materia fidei, nempe in iis omnibus rebus quae revelatae sunt, et a Christo suis fidelibus ut credantur relictae, (Schouppe, S. I. De regula fidei, c. III. a. 3 pr. 1.).
[2] Quae sunt contra fidem vel bonam vitam, Ecclesia non approbat, nec tacet nec facit. –– (Sanctus Augustinus, ad inquisitiones Ianuarii, lib. II n. 35, iuxta Editionem Benedictinam, Epistola 55. –– (Migne, Patrologia Latina, tom. 33. col. 221.). –– Conferatur lib. 1. iuxta edit. Bened. Epist. 54.
[3] De Maistre, du Pape, Lib. 1. ch. I.
[4] Vocabolo ammirato e difeso da Leibnitz.
[5] Pio IX lo rammenta nel Breve del 21 Dicembre 1863 all'Arcivescovo di Monaco, in cui ei dice:Etiamsi ageretur de illa subiectione quae fidei divine actu est praestanda, limitanda non esset ad ea, quae expressis oecumenicorum Conciliorum aut Romanorum Pontificum, huiusque Apostolicae Sedis decretis definita sunt, sed ad ea quoque extendenda quae ordinario totius Ecclesiae per orbem dispersae Magisterio tamquam divinitus revelata traduntur, ideoque universali et costanti consensu a catholicis Theologis ad fidem pertinere retinentur.
[6] Breve del 17 Marzo 1856.
[7] Vedi il Card. Gousset, Della Chiesa. parte II. cap. 2 a. 1.
[8] S. Matth. XXVIII, 19, 20.
[9] Vi abbisognerebbero dei volumi per raccogliervi le parole dei Concilii e dei SS. Padri intorno a questo grande subbietto. Se scrivessimo per i teologi, li rimanderemmo alle grandi opere canoniche e teologiche, che riportano questo parole, ma siccome noi scriviamo per la gente del mondo, noi ci limitiamo ad indicar loro due opere scritte in francese su questa materia: la teologia dogmatica del Card. Gousset, Arcivescovo di Reims, e le Pape del Conte de Maistre. Queste due opere contengono citazioni a sufficenza estese dei Concili, e dei Padri intorno al primato di Giurisdizione, o la podestà suprema di Pietro e dei successori di lui.
[10] Matth. XVI, 18. [«Respondens autem Jesus, dixit ei: Beatus es, Simon Bar Jona, quia caro et sanguis non revelavit tibi, sed Pater meus, qui in coelis est. Et ego dico tibi, quia tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam.» Matth. XVI, 17-18 da: Biblia Sacra Vulgatae Editionisjuxta exemplaria ex Typographia Apostolica Vaticana t. IV (7a Ed.) Ratisbona 1899 pag. 21. N.d.R.]
[11] I. Tim. III, 15.
[12] I Cor. III, 11.
[13] Matth. XVI, 19.
[14] Luc. XXII, 31. 32.
[15] Ioann. XXI, 15. 19. [«Cum ergo prandissent, dicit Simoni Petro Jesus: Simon Joannis, diligis me plus his? Dicit ei: Etiam Domine: tu scis, quia amo te. Dicit ei: Pasce agnos meos. Dicit ei iterum: Simon Joannis, diligis me? Ait illi: Etiam, Domine: tu scis, quia amo te. Dicit ei: Pasce agnos meos. Dicit ei tertio: Simon Joannis, amas me? Contristatus est Petrus, quia dixit ei tertio: Amas me? et dixit ei: Domine, tu omnia nosti: tu scis, quia amo te. Dixit ei: Pasce oves meas. Amen, amen dico tibi: Cum esses junior, cingebas te, et ambulabas, ubi volebas: cum autem senueris, extendes manus tuas, et alius te cinget, et ducet, quo tu non vis. Hoc autem dixit significans, qua morte clarificaturus esset Deum. Et cum hoc dixisset, dicit ei: Sequereme.» Biblia Sacra Vulgatae Editionis... t. IV Ratisbona 1899 pag. 128. N.d.R.]
[16] S. August. s. 190. E. B. app. (Migne Patr. lat. t. 39. col. 2100).
[17] S. Aug. §. 203. E. B. app. (Migne ibid, col. 2123).
[18] Sermon sur l'Unité, part. I.
[19] Sermon sur l'Unité, part. 2.
[20] Sermon sur l'Unité, part. I.