giovedì 20 dicembre 2012

La Monarchia sacra Parte Quinta: La Monarchia sacra e i Vescovi : I Carolingi e le nomine episcopali (sec. VIII-IX)


San Carlomanno
Frontespizio del Fvldensivm Antiqvitatvm Libri IIII. di Christoph Brouwer, rappresentante san Bonifacio a sinistra e Carlomanno a destra
 


I maestri di palazzo carolingi, cresciuti in potenza all’ombra della decadente di- nastia regnante, estesero in modo abnorme l’influenza della potestà temporale sulle elezioni episcopali. La situazione andò migliorando solo dopo il 740, quando Carlomanno (Concilio di Leptinnes, 743) e Pipino (Concilio di Soisson, 744), Principi fondamentalmente reli- giosi, ristabilirono la prassi consueta, impegnandosi a procedere alle nomine episcopa- li, senza aver prima udito il parere dei Vescovi, dei nobili e del clero diocesano. Carlomagno, su invito di Papa Adriano I, promulgò un capitolare, in cui accor- dava al clero dell’Impero la libertà d’elezione, fatto salvo il diritto reale di ratifica. Di fatto, però, il grande sovrano spesso vi interveniva, sia per troncare una troppo lunga vacanza, sia per prevenire i dissensi, sia per togliere terreno alle ambizioni e agli intri- ghi di potenti fazioni. L’azione del Sovrano s’esercitava attraverso i missi dominici, i quali presenzia- vano alle nomine. Costoro, solitamente un laico ed un ecclesiastico, dovevano vigilare sull’osservanza dei canoni e reprimere le intromissioni degli ambiziosi, mettendo in guardia gli elettori da scelte simoniache. «Che nessuno -  recita un discorso di un inviato imperiale – faccia una scelta ispirata dall’adulazione, dal timore, dalla speranza d’una ricompensa o d’amicizia. Non dovete scegliere un padrone, ma un sacerdote, non un tiranno, ma un vescovo». I Papi stessi invocano l’intervento dei missi imperiali, come fa Giovanni VIII, che chiede a Carlo il Calvo l’invio di un messo straordinario a Laon per sorvegliare la corretta elezione dell’Ordinario. I missi, così, assunsero un’importanza decisiva nel- le nomine episcopali. Per loro tramite la monarchia sacra, sul finire del secolo IX, esercitava un’in- fluenza incontrastata nella scelta dei nuovi vescovi, confinando in secondo e terzo piano gli antichi attori dell’elezione, clero diocesano e fedeli laici. Anche i confratelli nell’episcopato dovevano tener conto di tale condizione. Quando, infatti, si diffuse la prassi che, alla dipartita dell’Ordinario, fosse inviato un suo confratello in qualità  di ‘visitatore’, scelto dal metropolitano, per condurre e pre- siedere la nuova elezione, costui, alla medesima epoca, era sempre designato secondo il volere della Corona. Durante quest’epoca, infine, si assiste ad un’ulteriore modifica del corpo eletto- rale. Emerge, infatti, quale vero ed esclusivo attore dell’elezione episcopale, il clero della Chiesa cattedrale, i canonici, i quali, a poco a poco, divengono gli unici rappre- sentanti, tanto del rimanente clero cittadino, quanto di quello del contado, come del popolo dei fedeli. Questa semplificazione, ovviamente, favorì ancor più l’azione quasi incontrastata della monarchia sacra.