lunedì 31 dicembre 2012

Mons. Raffaele M. Coppola: Infallibilità dei Concilii ecumenici.

Da: Mons. Raffaele M. Coppola, Dei Concilii ecumenici in generale ed in specie del Concilio Ecumenico Vaticano, Roma 1869 pag. 69-90.
 
 

Mons. Raffaele M. Coppola

Protonotario Apostolico, membro dell'Almo Collegio dei Teologi di Napoli

CAPO XIX.

Infallibilità dei Concilii ecumenici, e sin dove essa si estenda.

Già più volte nel decorso di questo opuscolo abbiamo dichiarato, ed ora ci piace ripeterlo ancora una volta, che sotto nome di Concilio ecumenico legittimo intendiamo l'adunanza de' Pastori della Chiesa universale, i di cui decreti sono stati approvati dal Romano Pontefice. Ora, che cotesti decreti o definizioni, quando trattasi di cose riguardanti la fede, ovvero i costumi, siano irreformabili, e che il giudizio di un Concilio, inteso nel modo or ora descritto, sia infallibile, nessun vero cattolico vorrà metterlo in dubbio.
Il Cardinal Bellarmino dimostra dapprima questa verità colle testimonianze della divina Scrittura, e le divide in quattro classi. Mette in primo luogo quelle che riguardano i Concilii considerati in sè stessi: nella seconda categoria novera le testimonianze, colle quali dimostra che la Chiesa rappresentata nei detti Concilii non può errare: stabilisce nella terza quelle che riguardano l'infallibilità del Papa, dal quale i medesimi Concilii sono confermati: in ultimo luogo collega quelle autorità, dalle quali emerge, che i vescovi debbono tenersi in conto di pastori, condottieri, e dottori della Chiesa. — Noi, in tanta abbondanza di mèsse, non faremo che spigolare soltanto, siccome si addice alla natura di un opuscolo, e riassumeremo quello, che dal lodato autore viene esposto con maggiore diffusione ed ampiezza.
1.° Considerando i Concilii ecumenici, quali sono in sè stessi, evvi la promessa fatta da Gesù Cristo: «Dove sono due o tre persone congregate in mio nome, quivi io sono in mezzo a loro [1].» Le quali parole non debbono intendersi nel senso di Calvino, in guisa che anche letteralmente le decisioni di due o tre persone siano infallibili, ma unite colle altre parole precedentemente dette dal Redentore, quando parla dell'incorreggibile, il quale dev'essere denunziato alla Chiesa; ed ove anche alle ammonizioni della medesima si mostrasse contumace, debba considerarsi come un infedele. L'argomento dunque delle due o tre persone è un argomento che i filosofi chiamerebbero dal minore al maggiore, siccome osserva l'A-Lapide, commentando questo luogo. Se di fatto Gesù Cristo trovasi in mezzo di due o tre persone congregate nel suo nome, a quanto miglior ragione non si dovrà trovare in mezzo a tutta la Chiesa docente riunita in Concilio? Pertanto l'assistenza divina non si deve intendere promessa, se non a quella Chiesa, cui, secondo le parole dette dal Redentore nel medesimo discorso, deve essere denunziato l'incorreggibile, ed ai Pastori principali di essa, ai quali poco innanzi egli avea conferita la così detta potestà delle chiavi.
Inoltre l'assemblea conciliare, per godere della divina assistenza promessale, deve essere riunita nel nome di Gesù, e secondo i suoi ordinamenti; cioè deve comprendere i Vescovi uniti al loro Capo. Così la citata testimonianza è stata interpretata dai Padri del Concilio di Calcedonia, nella loro lettera al Pontefice san Leone: così l'intese il terzo Concilio di Toledo; ed i santi Pontefici Innocenzo, e Celestino, nonchè san Cirillo nella esposizione del simbolo Niceno [2].
Oltre a ciò, vi è l'altra testimonianza dell'Evangelo di San Giovanni [3], colla quale Gesù Cristo promette ai suoi Apostoli, e loro successori, che manderà lo Spirito Santo, il quale insegnerà loro ogni verità. E finalmente è notevole sopra tutto quello che dissero gli stessi Apostoli riuniti nel primo Concilio di Gerusalemme: «È paruto allo Spirito Santo, ed a noi [4].» Le quali parole annunziano l'assistenza dello Spirito Santo ai Concilii, tanto necessaria per la conservazione della Chiesa. Sono dunque infallibili le definizioni de' Concilii, considerati in se stessi, in ciò che riguarda la fede ed i costumi.
2.° Vengono in secondo luogo le testimonianze che dimostrano l'infallibilità della Chiesa docente, sia essa riunita in Concilio, sia dispersa in tutto il mondo. Questa Chiesa, edificata sulla pietra fondamentale, super hanc Petram, viene assicurata di non poter crollare, anche dietro gli urti delle potenze dello stesso inferno [5]. Il divino suo fondatore ha promesso di non privarla di sua assistenza sino alla consumazione dei secoli [6] ed essa viene denominata da san Paolo colonna ed appoggio di verità [7]. Ora non sarebbe edificata indefettibilmente sulla pietra stabile; non godrebbe della divina assistenza sino al declinare de' secoli; non sarebbe colonna ed appoggio di verità, se potesse cadere in errore. Adunque le definizioni della Chiesa docente, o dispersa o riunita in Concilio ecumenico, in ordine alla fede ed ai costumi debbono essere infallibili, ed irreformabili.
3.° In quanto alla infallibilità del Romano Pontefice, è assai celebre la testimonianza di san Luca, colla quale Gesù Cristo disse a san Pietro, ed in esso a tutti i suoi successori: «Io ho pregato per te, affinchè non venga meno la tua fede, e tu una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli [8].» Ora è appunto il Pontefice Romano, successore di san Pietro, cui è stata promessa l'infallibilità, segnatamente in ordine alla fede ed ai costumi, il quale approva i legittimi Concilii ecumenici. Dunque i canoni e decreti dei medesimi, in ordine alla fede ed ai costumi, sono infallibili.
4.° Vengono in ultimo luogo tutte quelle testimonianze della Scrittura, dalle quali emerge che i Vescovi debbono tenersi in conto di pastori, ai quali incombe preservare il gregge dai pascoli velenosi; come giudici, ai quali spetta insegnare. Chi ascolta voi, ascolta me [9]: Insegnate a tutte le nazioni. [10]. Or da queste, ed altre testimonianze non poche, consèguita, che se dobbiamo seguire i Vescovi e dottori, e lasciarci istruire da loro, almeno almeno essi non possono andar soggetti ad errore allorchè son riuniti nel nome del Signore, sotto la dipendenza del Romano Pontefice, e quasi con una sola bocca insegnano.
Sarebbe poi opera da non finirla più, se alle testimonianze bibliche volessimo unire quelle dei Santi Padri, i quali tutti, dal primo all'ultimo, dicono, che il giudizio di un Concilio ecumenico nelle cause di fede e di costumi sia ultimum Ecclesiae iudicium, il quale è irretrattabile; che sono eretici e scomunicati tutti coloro i quali non si uniformano a quei giudizii; che quei decreti sono divini, ed inspirati dallo Spirito Santo; che debbono ritenersi egualmente che i quattro Evangeli; e finalmente, che si debba piuttosto morire, anzichè discostarsi da essi.
Finalmente la stessa ragione deve convincerci di tale verità.La Chiesa ha un triplice uffizio, cioè 1.° di testimone, 2.° di giudice, 3.° di maestra. Come testimone deve assicurare colla sua autorità quelle verità, che ha apprese dà Gesù Cristo: come giudice, deve dirimere le controversie, e pronunziare sentenza sulle quistioni, che si riferiscono alle stesse verità: finalmente come maestra, ha il compito d'istruire i fedeli in tutto ciò che riguarda l'intemerata dottrina, e l'integrità de' costumi, e per tal modo li manoduce alla eterna beatitudine. Or se per un momento si togliesse di mezzo la dote della infallibilità accordata alla Chiesa docente, sia essa dispersa in tutto il mondo, sia riunita nei Concilii ecumenici, i fedeli tutti non sarebbero più in grado di conoscere la vera dottrina di Gesù Cristo; non avrebbero più a cui ricorrere nelle controversie; nè vi sarebbe più chi possa mandarli alla eterna beatitudine, proponendo loro le verità da credere e le cose da praticare.
Se dunque gli uomini non debbono essere quasi pargoli vacillanti, ed agitati da ogni vento di dottrina, egli è mestieri che la Chiesa sia infallibile nelle cose speculative, cioè riguardanti la fede, e nelle pratiche, che han per oggetto i costumi. Tale deve essere per corrispondere al fine, per il quale Gesù Cristo l'ha istituita, e le ha promesso la sua assistenza sino alla consumazione de' secoli; cioè per fornire agli uomini tutti i mezzi, onde pervenire alla cognizione della verità e conseguire la vita eterna. Ora, a raggiungere codesto nobilissimo e supremo scopo, due cose sono indispensabili, cioè la fede e le opere. La fede, perchè insegna l'Apostolo delle genti, che senza di essa è impossibile piacere a Dio [11]: le opere, perchè dall'Apostolo san Giacomo apprendiamo, che la fede senza le opere è morta [12]. Di che, se la Chiesa deve insegnare le cose che si debbono credere, e dare le norme del retto operare, è necessario che essa sia infallibile nell'una e nelle altre: altrimenti essa correrebbe pericolo di diventare maestra di errori, e potrebbe proporre vizii in vece di virtù.
Se non che, quale è poi l'organo della Chiesa? Non vi è dubbio che lo sia il Romano Pontefice, successore di san Pietro, cui disse Gesù Cristo: «Io ho pregato per te, onde non venga meno la tua fede, e tu una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli.» All'infuori delle testimonianze riguardanti la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia, noi non ne conosciamo altre più limpide e chiare di quelle, che riguardano questa prerogativa di san Pietro, e de' suoi successori. Egli, che è il principale Pastore, deve additare i pascoli al mistico gregge dei fedeli. Però deve ritenersi come egualmente certo, che anche i legittimi Concilii ecumenici siano un organo precipuo dell'infallibile magistero della Chiesa, riunendosi in essi tutti i possessori dell'autorità dottrinale; cioè il Papa, che la possiede individualmente, e sotto di lui, e con lui, i Vescovi dell'orbe cattolico, che la possedono collettivamente e solidalmente. E qui è da ammirare la sapienza e la bontà di Dio nell'ordinamento della sua Chiesa; nella quale, poichè non è sempre nè agevole nè conveniente riunire i Concili ecumenici, egli volle che per via ordinaria si potesse provvedere alla sua unità e conservazione col primato infallibile de' Romani Pontefici. Ma perchè poi previde che sorgerebbero alcune straordinarie circostanze, volle che avesser luogo anche i Concilii, non solo affinchè questi nei bisogni più gravi e straordinarii della Chiesa alleviassero al Pontefice il gravissimo suo carico; ma ancora perchè, oltre del dono dell'infallibilità, l'assemblea ecumenica, nella quale è adunato il fiore del senno cattolico e mondiale, offrisse, anche umanamente parlando, le più solenni guarentigie di verità, che si possano bramare; e per tal modo gli errori fossero più solennemente condannati, ed i fedeli più facilmente si piegassero a riverire gli oracoli di fede che vi sarebbero pronunziati, ed ad osservare le norme morali che vi si potrebbero additare. Se non che, l'infallibilità del Romano Pontefice e della Chiesa, o dispersa pel mondo, o riunita nei Concilii ecumenici, non si limita solo alle cose che riguardano la fede ed i costumi. Il fine di Gesù Cristo nell'istituire la medesima fu di conservare la religione da lui rivelata, e condurre gli uomini per mezzo di essa alla eterna beatitudine. Però ai Pastori della detta Chiesa egli diede il diritto, ed impose il dovere di custodire nei fedeli il deposito della fede, allontanandoli da ogni dottrina, che potesse in qualunque modo macchiarla, indebolirla, od anche spegnerla. Similmente diede loro il diritto ed il dovere di stabilire tutto quello che nei fedeli è necessario ed opportuno per rendere a Dio il culto conveniente, e per camminare rettamente secondo le massime ed i consigli della religione. Oltre a ciò, egli è indubitato che tutta la Chiesa, in quanto comprende tutti i fedeli, è infallibile nel credere, nè può prestare un culto falso o superstizioso, o seguire quello che allontana invece di avvicinare a Dio. Di qui è evidente che il Concilio ecumenico è infallibile, non solo nelle definizioni di fede o di costume, ma eziandio in tutto quello, che in qualche modo vi ha relazione, oppure che è connesso col culto da prestarsi a Dio, o coi mezzi che dobbiamo o possiamo seguire per giungere alla eterna felicità. Imperciocchè l'errore in tali materie aprirebbe la via all'errore nella fede stessa, o circa i costumi; ovvero non ci farebbe dare a Dio un culto conveniente, nè camminare nella via diritta; e metterebbe a pericolo la stessa Chiesa, specialmente la sua indefettibilità e santità. Quindi, checchè possa dirsi in contrario per alcuna delle seguenti materie, il Concilio è benanco infallibile. 1.° Nei fatti misti, che da taluni diconsi dommatici.
2.° Nel condannare qualche proposizione, non come ereticale, ma in qualunque modo alla fede ed alla Chiesa nociva, cioè come erronea, prossima all'eresia, falsa, scandalosa, temeraria, oltraggiosa, ovvero ingiuriosa, alla potestà della Chiesa, favoreggiatrice degli eretici, derogatrice ed offensiva dell'autorità della medesima Chiesa e dei Sommi Pontefici, e via dicendo.
3.° Nel dichiarare le verità, le quali, benchè primariamente e nella materia prossima non siano teologiche, ma filosofiche, politiche, sociali, istoriche ecc.; pure talmente si connettono colle verità rivelate, e colla professione cristiana, che la loro dichiarazione è spesso utile o necessaria. Questa dichiarazione può farsi, come in tutte le altre, sia coll'esporre la verità, sia col condannare l'errore opposto [13].
4.° Nello stabilire la disciplina universale della Chiesa.
5.° Nella canonizzazione dei Santi.
6.° Nell'approvazione delle regole degli ordini religiosi.

§. I.

E qui avendo accennato ai fatti dommatici, circa i quali la Chiesa è infallibile nei suoi giudizii, non sarà inopportuno il dichiarare che cosa intendasi sotto questo nome [14]. I teologi dicono, che un fatto collegato col diritto, ovvero un diritto fondato sul fatto, ovvero un fatto dal quale è determinato il diritto, dicesi fatto dommatico. Si distinguono poi codesti fatti, in quelli che da alcuni chiamansi meramente dommatici, e questi hanno luogo allorchè i detti fatti non si possono negare senza negare, in pari tempo, il dogma; in quelli che diconsi misti o medii, negando i quali, non si viene a negare apertamente il dogma, ma si apre la via ad errori contro la fede ed i costumi; e finalmente in fatti semplici, o personali, i quali non sono per nulla connessi col dogma. In quanto ai primi ed ai secondi, cioè ai meramente dommatici ed ai misti, non deve dubitarsi che la Chiesa docente, o dispersa, o riunita in Concilio, od anche il solo Romano Pontefice, sia infallibile. Non così pei fatti semplici o personali, i quali si possono asserire o negare senza detrimento della fede e dei costumi; e nel decidere i quali la Chiesa si serve di amminicoli soggetti ad errore, cioè delle testimonianze degli uomini. Nel decidere di questi ultimi fatti la Chiesa, sebbene abbia sempre una grande autorità, pure non gode del pregio della infallibilità.
La quale prerogativa dell'infallibilità della Chiesa, non solo ne' fatti che diconsi meramente dommatici, ma eziandio in quelli che vengono denominati medii o misti, trova il suo fondamento nelle sacre Scritture. Nell'Evangelo leggiamo che Gesù Cristo disse a san Pietro: Pasci le mie pecorelle, pasci i miei agnelli [15]. Ora per pascere si richiede, che il pastore allontani il suo gregge dai pascoli velenosi, e lo guidi ai salutevoli; la qual cosa soventi volte importa, in ordine al Romano Pontefice ed alla Chiesa, il diritto di giudicare degli anzidetti fatti dommatici e misti. — Inoltre apprendiamo dall'Apostolo delle genti, che Gesù Cristo altri costituì Apostoli, altri Profeti, altri Evangelisti, altri Pastori e dottori, per il perfezionamento de' santi, pel lavorio del ministero....; onde non siamo fanciulli vacillanti, e portati quà e là da ogni vento di dottrina, pei raggiri degli uomini, e per le astuzie onde seduce l'errore [16]. Che di più chiaro per dimostrare il diritto dato da Dio alla Chiesa, di giudicare se un fatto sia conforme, ovvero in opposizione col dogma o colla morale? Ma procediamo più innanzi. Il lodato Apostolo esorta per tal modo i Pastori della Chiesa, e dice loro: «Badate a voi stessi, ed a tutto il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi per pascere la Chiesa di Dio; e dopo poche parole soggiunge: Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi de' lupi crudeli, i quali non risparmieranno il gregge...; per lo che vegliate [17].» Che diremo delle esortazioni, che quel gran vaso di elezione fa al suo discepolo san Timoteo? «Verrà tempo, egli dice, che non potran tollerare la sana dottrina, ma secondo le proprie passioni, per prurito di udire, moltiplicheranno a sè stessi i maestri, e si ritireranno dall'ascoltare la verità, e si volgeranno alle favole. Ma tu veglia sopra tutte le cose [18]. O Timoteo, soggiunge altrove, custodisci il deposito, avendo in avversione le profane novità delle parole, e le contradizioni di quella scienza di falso nome, della quale alcuni facendo pompa, han deviato dalla fede [19]. Tieni la forma delle sane parole, che hai udito da me colla fede...; custodisci il buon deposito, per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi [20].» Se dunque non c'inganniamo, sembra che dalle addotte testimonianze scritturali emerga chiaramente, che la Chiesa deve esaminare alcuni fatti, e mettendoli, per così dire, dirimpetto al dogma, giudicare se sieno conformi od avversi ad esso: nel che consiste senza dubbio tutta la ragione del giudizio sui fatti misti, che da taluni diconsi dommatici.
Nei quali giudizii la Chiesa non può errare, e quindi è infallibile. Per fermo essa non solo deve considerarsi come testimone infallibile del deposito della rivelazione, la cui custodia venne a lei affidata da Gesù Cristo e dagli Apostoli; ma deve riguardarsi in pari tempo come giudice infallibile nel dirimere le quistioni, e come maestra, che non può andar soggetta ad errore nel ministero quotidiano. Ma non sarebbe nè giudice, nè maestra infallibile, se non fosse eziandio sicura di non poter errare nei fatti dommatici, nei quali il fatto è così strettamente connesso col dritto, che in niun modo se ne può fare estrazione. O dunque bisognerebbe negare alla Chiesa il potere di giudicare del detto dritto, il che nessun cattolico vorrà pur pensare; ovvero si dovrà convenire che essa, con giudizio altrettanto infallibile, quanto è quello con cui giudica del solo dogma, possa giudicare altresì del fatto che gli è collegato. Se questa prerogativa si negherebbe alla Chiesa, a lei non resterebbe più in tal caso alcun mezzo per allontanare i lupi dal gregge dei fedeli, e questi non saprebbero più qual dottrina abbracciare; se cioè quella della Chiesa, ovvero la contraria, che loro si propone dal nemico di ogni bene.
Del resto la Chiesa sempre ha usato di tale prerogativa, segnatamente nel condannare gli errori: anzi spesse volte ha inflitto anche delle pene contro i contumaci. Di fatto nel Concilio di Nicea condannò non solo l'eresia, ma la stessa persona, e gli scritti di Ario; in quello di Calcedonia condannò non solo l'eresia, ma la persona eziandio di Nestorio, ecc.
In questo luogo però ci piace avvertire, che la condanna degli errori può essere o specialmente a ciascuna proposizione, od anche come dicesi in globo: nell'una e nell'altra maniera la Chiesa è sempre infallibile. Non sarà anche inopportuno accennare qui di passata, che soventi volte la Chiesa, nel procedere alla definizione di alcuni fatti misti, o medii, o semplicemente dommatici che vogliansi dire; come anche nell'approvare e riprovare le dottrine delle quali or ora abbiamo parlato, stabilisce una argomentazione a modo di sillogismo, la di cui proposizione maggiore contengasi nella rivelazione; nella proposizione poi, che i filosofi chiamano minore, la Chiesa stessa fa l'applicazione del principio rivelato a quel determinato fatto sul quale vuole giudicare; e quindi ne deduce la conseguenza. Così, per esempio, dovendo procedere alla canonizzazione di un beato, essa stabilisce il principio evangelico, nel quale Gesù Cristo annunziò, che sono beati i poveri di spirito, i mansueti, quelli che soffrono persecuzione per la giustizia, ecc.: nel tempo stesso tiene presente l'altro principio, che cioè Dio sommamente santo e verace, non può concorrere a che si renda il culto ad un reprobo, con dei miracoli operati all'invocazione del medesimo, dopo seguita la sua morte. In seguito applica quei principii all'eroe, che vuole innalzare all'onore degli altari, e dice: Ma il tale, è stato veramente povero di spirito, ovvero mansueto, ovvero ha sofferto persecuzioni per la giustizia; e Dio ha operato miracoli alla sua invocazione, in compruova della sua santità e gloria ecc. — Di che finalmente conclude, che egli regna in cielo, e che può ricevere il culto dovuto ai santi. — Similmente dicasi, a maniera di esempio, se deve pronunziare sulla necessità del dominio temporale. La Chiesa mette per base il precetto dato da Gesù Cristo a san Pietro, ed in esso a tutti i Romani Pontefici, di pascere gli agnelli e le pecorelle, cioè governare tutti i credenti, siano vescovi, siano semplici fedeli. Quindi esamina le circostanze nelle quali versa, e dice: Ma nelle attuali circostanze riuscirebbe pressochè impossibile governare la Chiesa, se il Papa non avesse signoria temporale. E finalmente ne trae la conclusione, che codesta signoria, nelle circostanze nelle quali versiamo, è indispensabile. — Egli è dunque evidente, dagli esempii allegati, e da altri che potremmo aggiungere, che la Chiesa nel decidere di somiglianti fatti, i quali non si contengono chiaramente, e conceptis verbis nel deposito della rivelazione, pure procede sapientissimamente, ed alla rivelazione stessa si appoggia; mentre essa nelle sue definizioni e decreti, non opera di suo talento, ma, come abbiamo osservato in altro luogo del presente opuscolo, esamina, svolge, e sviscera, per così dire, il deposito della rivelazione a lei affidato, e quindi con magistero infallibile, e coll'assistenza promessale dallo Spirito Santo, vi riconosce quelle verità, che più o meno chiaramente, o almeno nei principii ed in massima, nella detta rivelazione sono contenute. Sviluppata per tal modo colla maggiore possibile precisione e chiarezza la troppo difficile teorica sui fatti meramente dommatici, e su quelli che diconsi misti, rimane evidentemente dimostrato che alla Chiesa compete l'infallibilità in tutto quello che concerne i medesimi fatti.

§ II. e § III.

Abbiamo accennato che il privilegio dell'infallibilità deve pure estendersi alla condanna di qualche proposizione, non come ereticale, ma in qualunque modo alla fede o alla Chiesa nociva, cioè come erronea, prossima all'eresia, falsa, scandalosa, temeraria, oltraggiosa, ovvero ingiuriosa alla potestà della Chiesa, favoreggiatrice degli eretici, derogatrice ed offensiva dell'autorità della medesima Chiesa, o dei Sommi Pontefici, ec. ec.
Parimenti abbiamo affermato la medesima infallibilità della Chiesa nel dichiarare le verità, le quali, benchè principalmente e nella materia prossima non siano teologiche, ma filosofiche, politiche, sociali, istoriche ec., pure talmente si connettono colle verità rivelate, e colla professione cristiana, che la loro dichiarazione è spesso utile o necessaria. Questa dichiarazione può farsi, come in tutte le altre, sia con esporre la verità, sia con condannare l'errore opposto.
I nostri lettori han potuto accorgersi che tutto, o quasi tutto quello che abbiamo dimostrato finora, de' fatti così detti misti, o dommatici, vale anche a convincerci della infallibilità della Chiesa nelle altre materie che poc'anzi esponemmo nei §§ II, e III.: anzi con maggior ragione, perchè più strettamente connesse col deposito della fede, colla regola de' costumi, e colla indefettibilità e santità di tutta la Chiesa.
Per fermo la Chiesa è certamente vindice e tutrice della verità, ed a lei è dato da Gesù Cristo l'incarico di custodire gelosamente il deposito della fede. Or l'uomo si può allontanare dalla verità interamente, professando l'errore con una aperta eresia; e può allontanarsene anche insegnando o favoreggiando tali teoriche, le quali, se non sono direttamente ereticali, lo sono però mediatamente o indirettamente; ovvero sono atte a corrompere e macchiare il deposito della rivelazione. Che si direbbe di colui, il quale avendo la missione di impedire che altri beva un velenoso liquore, gli vietasse solo di tracannarlo a lunghi sorsi, ma poi chiudesse un occhio, e gli permettesse di usarne in tale quantità, che se non gli cagiona subito la morte, basta però per recargli danni più o meno sensibili? Di che si vede, non esser sufficiente che la Chiesa sia infallibile soltanto nelle cose riguardanti la fede o i costumi, ma esser necessario che lo sia altresì nella censura delle proposizioni più sopra accennate. E perchè altro l'Apostolo insegna, essere stati posti nella Chiesa pastori e dottori, se non per impedire che noi
siamo portati quà e là da ogni vento di dottrina, per raggiri degli uomini, e per le astuzie onde seduce l'errore [21]? Ed è appunto astuzia onde seduce l'errore una proposizione, che non sia precisamente ereticale, ma erronea, temeraria, offensiva delle pie orecchie ec. Altre chiarissime testimonianze bibliche potremmo aggiungere per meglio confortare questa verità, ma ce ne passiamo, e per non ripetere quello che abbiamo già detto, e perchè non dobbiamo dimenticare, che scriviamo un opuscolo, e non una lunga trattazione. Ci riputiamo però in debito di osservare che la Chiesa ha fatto uso di tale sua prerogativa, a cominciare dal Concilio di Costanza, nel quale dopo maturo esame furono condannati parecchi articoli di Giovanni Wicleffo, e di Giovanni Hus, con apporsi alle medesime, rispettivamente, le note di erronee, scandalose, blasfeme ec.
Dicasi altrettanto dell'infallibilità della Chiesa nel dichiarare le verità, le quali benchè principalmente, e nella materia prossima non siano teologiche, ma filosofiche, politiche ec., pure talmente si connettono colle verità rivelate, che la loro dichiarazione è spesso utile o necessaria. Di fatto, se la Chiesa non avesse tale prerogativa, le riuscirebbe pressochè impossibile tutelare il deposito della rivelazione, e sarebbe lo stesso per lei, che aver l'obbligo di custodire un edificio e non lasciarlo crollare, dovendo intanto permettere, che progressivamente le vengano tolte di sotto le fondamenta e le basi.

§ IV.


L'infallibilità della Chiesa si estende altresì nello stabilimento della disciplina universale.
La disciplina ecclesiastica è la legge stabilita dalla Chiesa pei fedeli, intorno alle cose da praticarsi. Essa verte intorno al culto esterno cattolico, alla santità dei costumi, ed a quant'altro può riguardare la tutela della nostra santissima religione.
Se di fatto la Chiesa non può errare nelle cose riguardanti la fede e i costumi, essa per conseguente nel governo de' fedeli nulla può stabilire, che si opponga alla prima ed ai secondi. Altrimenti tutta l'unione dei fedeli sarebbe indotta in errore, per le leggi di disciplina universale, che si sarebbero prescritte dalla detta Chiesa, le quali, supposta la sua fallibilità, potrebbero essere non buone; lo che è un assurdo, come contrario all'indefettibilità e santità della medesima Chiesa: onde sant'Agostino diceva: Quod tota facit Ecclesia, id, an sit faciendum, disputare, insolentissimae insaniae est [22]. Così, per esempio, la Chiesa con legge di disciplina universale ha prescritto la comunione dei semplici fedeli, sotto una sola specie, insegnando che in essa vi è Gesù Cristo, non dissimilmente dal modo onde egli è sotto amendue le speci. Ora chi mai oserebbe affermare, che in questo precetto di disciplina universale la Chiesa non sia stata infallibile? Dicasi altrettanto di altri casi di disciplina universale. Che se talvolta la Chiesa nella materia di disciplina universale variabile reca qualche modificazione, ciò non lo fa perchè precedentemente erasi ingannata, ma perchè le mutate circostanze ne esigevano un cangiamento. Quindi la detta variazione non osta alla sua infallibilità, sia quando primitivamente stabilì quella legge disciplinare universale, sia quando posteriormente, per giuste ragioni, giudicò di derogarvi o modificarla. Anzi per l'ordinario mutasi in qualche punto la universale disciplina, per meglio tutelare la purezza del dogma, oscurato dalle dottrine degli eretici. Valgano per esempio le variate leggi disciplinari intorno all'uso del calice, nonchè relativamente all'unica o trina immersione nell'amministrazione del Battesimo ecc. [23].

§ V.

Deve ritenersi eziandio infallibile la Chiesa nel giudizio intorno alla canonizzazione de' beati.
La Chiesa nell'annoverare un beato tra i Santi, gli decreta un culto, il quale è medio tra quello di latria, dovuto solamente a Dio, e quello che dicesi civile. Questo culto dovuto ai santi dicesi dai teologi culto di dulia, a differenza di quello più nobile che si rende alla Madre di Dio Maria SS., che chiamasi di iperdulia. Or se la Chiesa potesse ingannarsi nel giudizio della canonizzazione, essa correrebbe rischio di fare onorare solennemente da tutti i fedeli come santo, e regnante con Dio nella gloria, uno il quale potrebb'essere reprobo, e trovarsi nell'inferno. Ora nè la Chiesa intera discente può essere indotta in errore circa cose riguardanti il culto, nè la Chiesa docente può andar soggetta all'inconveniente di prescrivere un tal culto a chi non lo merita, dichiarando all'universalità de' fedeli come modello di virtù da imitarsi, e come protettore in cielo uno, il quale per le sue colpe avesse meritato di esser dannato coi reprobi. O dunque la Chiesa dev'essere infallibile nella canonizzazione de' beati, ovvero altrimenti le porte dell'inferno sarebbero prevalenti contro di lei. Di che non è a dubitarsi, che Dio in tale giudizio assista la sua Chiesa, secondo la promessa fattale, e non permetta che ella cada in errore. Di qui è ancora, che Iddio stesso interviene anche coi miracoli, da lui operati alla invocazione di quel servo di Dio già uscito da questa vita, per assicurarne la santità. È vero che codesti miracoli sono deposti da testimoni, i quali potrebbero errare, ovvero anche maliziosamente ingannare. Ma dapprima la Chiesa non richiede un solo, ma più miracoli, per procedere alla canonizzazione; nè si appoggia alla testimonianza di un testimonio per ammetterli , ma ne richiede molti, ed usa tutte le più minute e possibili diligenze per assicurarsene. In secondo luogo Dio non permette giammai che tutti codesti testimoni errassero, o mentissero nel deporre di tali miracoli, perchè il loro errore o la loro menzogna riuscirebbe sommamente pregiudizievole alla Chiesa, come osserva l'immortale Pontefice Benedetto XIV [24]. E per conseguente il giudizio sulla canonizzazione essendo diretto dallo Spirito Santo, se anche tutti i testimoni mentissero, la Chiesa per la sua divina assistenza deve ritenersi, che non ammetterebbe la loro testimonianza.

§ VI.

Da ultimo la Chiesa gode pure della prerogativa dell'infallibilità nell'approvazione degli Ordini religiosi.
Un Ordine religioso è uno stato di uomini i quali tendono alla perfezione cristiana, per mezzo dei tre voti di castità, povertà, ed ubbidienza, e delle regole approvate dalla Chiesa pel proprio istituto. A promuovere codesta perfezione giova sommamente lo stato religioso, mercè del quale l'uomo consacra tutto sè stesso a Dio, cioè l'anima per mezzo del voto di ubbidienza, il corpo mercè del voto di castità, ed il possesso delle cose esterne mediante il voto di povertà.
La Chiesa quando approva un ordine religioso, altro non fa che dichiarare, che esso non solo nulla contenga che sia opposto ai precetti e ai consigli evangelici; ma che anzi ne promuove l'osservanza. Ora essa in ciò non può ingannarsi, perchè, siccome abbiamo già dimostrato, a lei spetta esporre e stabilire le regole dei costumi in conformità della Scrittura e della tradizione. Se per poco la Chiesa potesse in questa parte ingannarsi, essa correrebbe rischio di additare come via sicura, non solo per giungere al cielo, ma per aspirarvi con perfezione, quella che tale non sarebbe. Ora ciò riuscirebbe non solo a detrimento e rovina spirituale de' fedeli, i quali invece di trovar nella Chiesa una maestra di verità, troverebbero una guida menzognera e seduttrice; ma riuscirebbe eziandio a discredito della dottrina evangelica, ed a somma ignominia della Chiesa medesima.
Dopo di avere sviluppate le materie nelle quali il giudizio della Chiesa è infallibile, con quella parsimonia di pruove, che è richiesta dalla natura di un opuscolo, ma nel tempo stesso con chiarezza e precisione; ci rimane solo da aggiungere che quando la Chiesa ha pronunziato sopra alcuna delle descritte materie, i semplici fedeli debbono essere convinti, che quella maestra di verità nulla ha omesso di ciò che doveva tener presente, e quindi le si deve cieca ed illimitata sommissione: altrimenti ne seguirebbero gli assurdi, che la Chiesa stessa, la quale ci è stata data come guida sicura ed inerrante, potesse trascinare in errore; ed oltre a ciò, che i discepoli dovrebbero giudicare della maestra, ed i figli della madre. Per quello poi che riguarda i Concilii ecumenici, dei quali ci stiamo occupando, diciamo che le loro decisioni, se riguardano la fede e i costumi, al dire dei Padri, debbono tenersi nella stessa venerazione che i quattro Evangeli; e se trattasi di canoni di disciplina, o dei fatti dommatici, ed altre materie delle quali abbiamo non ha guari trattato, debbono sempre ritenersi, per usare la frase di sant'Agostino, come ultimum Ecclesiae iudicium; e quindi sono infallibili [25].
Prima di chiudere questo capitolo, non sarà inopportuno toccare leggermente la controversia, se mai una verità già definita dal Romano Pontefice come dogma di fede, possa di nuovo essere esaminata e definita in un Concilio ecumenico [26]. A prima vista sembra che no; perchè il giudicare sulla materia, dalla quale il Romano Pontefice già ha pronunziato il suo infallibile giudizio, importerebbe la libertà di poter dissentire da lui; ed allora ne seguirebbero molti assurdi. Però, meglio considerata la quistione, rimane evidente e chiaro, che ciò possa farsi. Di fatto alla vera ragione di giudizio non si richiede altro, se non di poter pronunziare una sentenza, dietro cognizione di causa: ex causae cognitione sententiam pronunciare, hoc ad rationem iudicii requiritur. Ora niuna cosa impedisce, che i giudici della fede possano di nuovo conoscere una causa già giudicata, per poter dare alla medesima, con una sentenza conciliare ecumenica, una maggiore solennità al cospetto dei fedeli. Nè poi la libertà, della quale gli stessi giudici debbono godere, importa il poter distruggere ciò che con infallibile autorità si è stabilito; con ciò sia che il potersi allontanare dalla verità non è libertà, ma abuso di essa. E qui non sarà inopportuno di aggiungere, col dotto Cardinale Orsi [27], che deve distinguersi una doppia inquisizione intorno alle cose di fede: la prima è quella che s'istituisce per conoscere la verità, la quale sia tuttora nascosta; l'altra dirigesi allo scopo, che a quella verità già conosciuta, e per così dire, cavata dalle tenebre, aggiungansi nuovi splendori. O, per dirla più chiaramente: il primo esame si fa affinchè la cosa dubbia diventi certa; e questo esame è necessario: il secondo poi, affinchè la cosa già certa diventi più certa; e questo esame è utile; anzi talvolta in certo modo necessario, per veder di far rinsavire i ribelli e i contumaci. Il lodato Porporato, a dimostrazione della sua tesi, reca in mezzo l'esempio di San Leone Papa, e concilia l'apparente opposizione delle sue parole quando tratta la quistione dell'eresia di Eutiche. Quel santo Pontefice dice, che il concilio non è necessario per condannare la detta eresia; ed in ciò dire accenna al primo genere d'inquisizione: mentre era sufficiente l'autorità di lui, colla quale già avea condannata quella eresia. Soggiunge poi che l'effetto di un Concilio generale è appunto, di abolire l'errore con un giudizio più pieno (pleniore iudicio); e con ciò accenna, come ciascuno può vedere, al secondo genere d'inquisizione e di esame. Rimane dunque chiaro, che se, a maniera di esempio , la Chiesa giudica opportuno di definire conciliarmente il dogma già stabilito, sull'immacolato concepimento della Vergine, o altra verità, sulla quale il Papa abbia già infallibilmente pronunziato, il potrebbe senza dubbio. Nella storia noi troviamo esempii, i quali appoggiano la nostra tesi; e sappiamo che gli errori di Eutiche, già condannati dal solo Romano Pontefice, furono esaminati di nuovo nel Concilio di Calcedonia, e di bel nuovo condannati. Oltre a ciò nello stesso primitivo Concilio di Gerusalemme non troviamo forse, che l'adunanza degli Apostoli giudicò sopra quello, di cui il loro principe san Pietro già aveva poco prima pronunziato il giudizio suo, innanzi che tutti gli altri parlassero [28]?

NOTE:

[1] Matth. cap. 18 e 20.
[2] Vedi Bellarmino. Controv. tom. 2, lib. 2 cap. 2.
[3] Cap. 16, vers. 13.
[4] Act. cap. 15, v. 28.
[5] Matth. cap. 16, v. 18.
[6] Matth. cap. 28, v. 20.
[7] I. Timoth. cap. 3, v. 15.
[8] Cap. 22, v. 32.
[9] Luc. 10.
[10] Matth. cap. ult.
[11] Hebr. cap. 11, v. 6.
[12] Jacob. I, cap. 20, v. 26.
[13] Vedi il nostro opuscolo ultimamente pubblicato nel periodico napoletano, intitolato: la Scienza e la Fede, nei quaderni 434 e 435.
[14] Sopra questo argomento si può leggere la classica opera, intitolata: Fatti dommatici, ossia della infallibilità della Chiesa nel decidere sulla dottrina buona o cattiva dei libri, di Gianvincenzo Bolgeni, volumi due. Brescia 1788, dalle stampe Bossini.
[15] Io. cap. 21, v. 15.
[16] Ad Ephes. cap. 4, v. 11.
[17] Act. cap. 20, v. 28.
[18] 2. Ad Thimoth. cap. 4, v. 3.
[19] 1. Ad Thimoth. cap. 6, v. 20.
[20] 2. Ad Thimoth. cap. 1, v. 13.
[21] Ad Ephes. Cap. 4, v. 14.
[22] Epist. LIV, alias CXVIII.
[23] Vedi Bolgeni, sui fatti dommatici ecc.
[24] Quidquid ex materiae ac testium qualitate pro fallibilitate desumitur, plene submovetur ex divina providentia, et Spiritus Sancti praesentia; quae in re tanti momenti errare, atque errori suae pondus auctoritatis adiungere non patietur. De Canonis. lib. I, cap. 44.
[25]  Epist. 162.
[26] Vedi il trattato de' Fratelli Ballerini: De vi ac ratione primatus Romanorum Pontificum — de potestate Ecclesiastica Summor. Pontif. ac Conciliorum generalium cap . II, § I. Num Romani Pontificis definitio, si praecessit ipsum Concilium generale, cogat Patres Concilii, ita ut non possint ab ipsa dissentire etc.
[27] De irreformabili Romani Pontificis in definiendis fidei controversiis iudicio, Tom. I. part. I. lib. I. cap. 15 art. 3.
[28] Act. cap. 15, v. 7.