La Civiltà Cattolica, anno XLIII, serie XV, vol. I (fasc. 1002, 7 febbraio 1892) Roma 1892, pag. 641-657.
R. P. Raffaele Ballerini S.J.
ATEOCRAZIA DEL LIBERALISMO
I.
Più il sistema dottrinale e politico del liberalismo si rivela e si svolge nell'Europa, e meglio, a chi ne studia gli andamenti, si rende manifesta la sua natura despotica e disumana: per lo che, dopo i suoi trionfi di cento anni fa nella Francia, mai come ora non è apparso evidente, che per esso la libertà è un mero velame che nasconde la più abbominevole delle tirannidi.Ecco quattro fatti, che si sono susseguiti l'uno all'altro, nel breve corso di appena due mesi e questa verità confermano a meraviglia.
Nella Francia, i cinque Cardinali Arcivescovi pubblicano insieme una dichiarazione, colla quale espressamente aderiscono alla forma repubblicana di Governo, che ivi da venti anni è stabilita; e consigliano i cattolici ad accettarla, salvi però sempre i diritti di Dio e della coscienza, violati da leggi irreligiose; e ne adducono per ragione, che l'ateismo non è e non può essere costitutivo essenziale di nessuna forma di Stato, sia pure repubblicano.
Quale sia stata l'accoglienza che il liberalismo, non solamente francese, ma europeo, ha fatta a questo atto sì opportuno e sapiente, non è mestieri narrarlo. Si può dire che tutti quanti i giornali, suoi portavoce, sono scoppiati in un grido di scandalo, quasi che il ripudio dell'ateismo pubblico fosse il più atroce dei delitti sociali.
Nella Prussia vien dal Governo proposta al Parlamento una nuova legge scolastica, la quale mette per fondamento della istruzione elementare la religione, e quindi il culto di Dio: ed il gran cancelliere conte Caprivi, nel sostenerla, afferma rotondamente che la guerra, tra il Governo che propone la legge ed i partiti che l'avversano, è guerra del cristianesimo contro l'ateismo.
Apriti cielo! Come se questa intimazione di guerra all'ateismo prenunziasse la distruzione della intera civiltà, il liberalismo di tutta la Germania e degli altri paesi si è levato, con un tale assordimento di proteste e di schiamazzi, che per ogni parte se n'hanno tuttora le orecchie intronate!
Poco appresso; il Ministro della guerra nell'Impero Austro-Ungarico spaccia una circolare ai comandanti dei corpi dell'esercito, colla quale ordina che alle milizie si conceda maggior agio e più tempo di praticare i doveri verso Dio, che sono quelli della religione.
E di nuovo che ne sorge? Uno scatenamento d'ire liberalesche contro quel Ministro, dipinto per offensore dei diritti dell'ateismo, quasi fossero i più preziosi fra i conquistati dalla moderna libertà.
Finalmente il 20 febbraio si pubblica una Enciclica del Papa Leone XIII all'Episcopato ed al laicato cattolico di Francia, che, confermando i concetti espressi nella dichiarazione dei Cardinali, distingue i poteri costituiti dalla legislazione; e mentre conforta ad accettar quelli, come sono di fatto, eccita a combattere in questa tutto ciò che contraria il diritto di Dio e la coscienza cristiana.
Il liberalismo, come atterrito da quest'atto papale, gli si avventa contro con assalti variamente maligni, nè dissimula il suo spavento, che il Papato, con quella distinzione, cerchi arrestare il progresso della civiltà.
Questo furore di voler imposto il predominio dell'ateismo ha strappato al Temps di Parigi, tuttochè protestantico e democratico, il lamento che, con troppa sfacciataggine, il liberalismo pretenda intronizzare, nel nome della libertà, un'Ateocrazia, la quale al senso dei popoli ripugna.
Il vocabolo è bene scelto, quantunque nuovo. Ma a cose nuove si avvengono termini nuovi. Per oltre un secolo, dai così detti filosofi e dai liberali si è imprecato al dispotismo della Teocrazia. Giusto è che s'illustri l'ateocrazia, la quale, per amore di libertà, ora le si vuole surrogata.
II.
Il terrore che, anche al presente, il liberalismo d'ogni grado si affanna di eccitare negli animi volgari col vocabolo di teocrazia, e l'orrore che affettatamente ne ispira, son cose note, perchè comuni e cotidiane. Basta lo spauracchio di questa parola e de' suoi derivati, a far sì che si accatti odio ad uno Stato, ad una legge, ad una disposizione qualsiasi di Governo. Ma chi, fra tanta confusione dei linguaggi, ingerita dal magistero pubblico della stampa, arriva a formarsi un concetto di quello che l'odierno liberalismo intende per teocrazia?
Per sè, propriamente, questo vocabolo significherebbe Governo di Dio, e solamente allora si avvererebbe, quando Iddio per via diretta intervenisse nel politico reggimento di un popolo, dettandogli leggi e regolandone la vita civile, per mezzo d'uomini, da sè, con immediata missione, designati. Ciò avvenne presso gli ebrei, massimamente al tempo nel quale fu retto da giudici, che Dio a questo fine suscitava, conferendo loro in nome proprio il potere. Fuori di questo special caso, la vera teocrazia non ha giammai avuto atto in questo mondo.In altro senso più lato fu detto teocratico il Governo sacerdotale, quale ab antico si esercitò nell'Oriente, ed in ispecie sopra i popoli dell'India e dell'Egitto.
Più tardi, e con significato molto improprio o proprio soltanto larghissimamente, fu chiamato teocrazia il Regno di Cristo, mediante la Chiesa, nelle genti cattoliche, in quanto vi domina l'intelletto e la volontà dei governanti non meno che dei governati: di modo che la sua legge, promulgata e mantenuta da' suoi legittimi ministri, si abbia per fondamento e regola suprema di ogni legislazione ed ordine sociale. In sostanza, si amò dar nome di teocratici a tutti i Governi cristiani, che sussistevano ed operavano sotto i morali influssi del Vangelo, insegnato dalla Chiesa. Or a questi influssi ed ai dettami evangelici, dalla Chiesa proposti a tutte le società battezzate ed ai loro ordinatori, più particolarmente il liberalismo applicò e seguita ad applicare la qualificazione di teocrazia; con ogni sorta di sofismi e di bestemmie ingegnandosi di mostrarla avversa ai diritti della civiltà, ed alla libertà degli Stati. Nel che ha sempre avuti ed ha concordi i così detti regalisti, pe' quali teocratica era ed è la Chiesa, quando, in cambio di preferire lo Stato a Dio, mette Dio sopra lo Stato.
Se non che non senza ragione si porta alle stelle il progresso nella libertà. In omaggio dunque a tale progresso, il liberalismo più moderno ha pensato di allargare anco maggiormente il senso della formidabile parola; e a dirittura ha promulgato, essere teocrazia ovunque è un'autorità che riconosca Dio, sia pure indipendentemente dalla Chiesa cattolica, sia pure nel giro della semplice natura; e l'idea di Dio si arroghi d'introdurre negli ordinamenti sociali di qualsiasi fatta.
Quindi per teocratica abbiam udito riprovarsi la dichiarazione dei Cardinali francesi, che escludono l'ateismo dalla essenza del Governo repubblicano: per teocratico beffeggiarsi lo schema di legge scolastica di Prussia, che prescrive per base dell'educazione puerile il timor santo e la pietà verso Dio: per teocratica la circolare del ministro austro-ungarico, che suggerisce la pratica della religione nell'esercito dell'Impero: per teocratica l'Enciclica del Papa, che insegna le leggi empie doversi combattere dai cattolici, sotto qualsiasi foggia di Governo.
Nei tempi anteriori ai nostri, la teocrazia si additava unicamente, qual mostro spaventevole, nei Governi di paesi cattolici: ma ora, gran mercè del progresso, si fa vedere altresì in quelli di paesi luterani, calviniani, anglicani; e dovunque si dà un onore al nome augusto di Dio e peso ai suoi comandamenti.
Ed affinchè questo bando di Dio da ogni appartenenza dell'umano convitto potesse presentarsi ai popoli sotto una forma accettabile, si è falsato il senso della parola laico e delle sue derivazioni, opponendola a tutte le altre parole che in qualsiasi maniera includessero un concetto di religione: cioè dire si è mascherata la realtà dell'ateismo, sotto l'involucro di un civico laicismo. E siccome l'aperta e sociale professione dell'ateismo avrebbe fatto sgomento al volgo, che conserva ancora fede, o avanzi di fede cristiana; perciò si è ricorso all'artifizio della laicità: ed in nome della progredita libertà si è tentato di porre l'ateocrazia laicale, in luogo della religiosità cristiana. Per riuscire poi nell'intento, si combatte ora la guerra che il gran cancelliere Caprivi ha definita, con verità pienissima, guerra dell'ateismo contro il cristianesimo; e si combatte svariatamente sì, ma generalmente da tutto quanto il liberalismo, e non meno in Germania ed in Austria e nella Spagna e nel Belgio, di quello che si faccia in Francia ed in Italia.
III.
Adagio un poco; rispondiamo noi subito. E per cominciare dalla fine, noi protestiamo di rispettare tutte le persone rispettabili, ma d'impugnare tutti i sistemi, qualunque ne sia la denominazione, quando abbiano radice nell'errore o nell'empietà; giusta la massima: Diligite homines, interficite errores. Perciò, lasciando in disparte le persone, che possono essere quelle che piace, noi sosteniamo che il liberalismo di qualsiasi colore, se procede a regola di logica, deve terminare appunto nell'ateocrazia, la quale ne è l'ultimo corollario, chi voglia andar sul filo della sinopia.
Ed ecco il perchè. Ogni grado, avvegnachè tenuissimo, di liberalismo, suppone teoricamente come certo il diritto nell'uomo di sottrarsi in qualche modo a Dio, o in sè, o nell'autorità sua da altri rappresentata. Senza ciò, il liberalismo non avrebbe ragion d'essere, e molto meno di stare in contrapposto colla Chiesa, rappresentante Iddio sulla terra; nè il liberale, per quanto temperatissimo, si disferenzierebbe dal cattolico schietto; nè si vede a qual fine, segregandosi dai cattolici schietti, s'intrupperebbe con gente, che da Dio e dalla Chiesa, in molto o in poco, si professa aliena. Ripetiamo che non si tratta delle persone singolari, nè delle disposizioni di cuore o di cervello in cui possono trovarsi. Dove non è uno zinzino almeno di presunzione, che a Dio in qualche cosa si può resistere, sarà grulleria, sarà frivolezza, sarà iattanza, ma non sarà liberalismo. E questo spiega il logogrifo del liberale, che tale si vanta in pubblico ed in privato, ma nondimeno va alla messa, fa la santa pasqua ed è divoto della Madonna. Stultorum infinitus est numerus: nè ci è altro da aggiungere.
Posto ciò, vale a dire, posto che ogni grado di vero liberalismo racchiude necessariamente un qualche grado di ribellione a Dio, ne segue che logico, ossia ragionevole, è solamente quel liberale, che di passo in passo finisce col negare Dio e con Dio ogni religione.
Imperocchè, si badi bene a questo dilemma e si consideri: o Dio è Signore assoluto dell'uomo, perchè suo Creatore; ed allora l'uomo tutto ed in tutto deve dipendere da lui, come così nitidamente lo ha espresso il Concilio Vaticano, nella prima delle sue dommatiche costituzioni [1]: o l'uomo ha diritto di togliersi, anco in un minimo che, dalla soggezione debita a Dio; ed allora il diritto di Dio cessa di essere supremo ed assoluto; il che è un dire, che Dio non è più Signore dell'uomo, in quanto ne è Creatore; in somma Dio non è più Dio.
Di fatto il liberalismo dialettico per quale ragione scende fino all'ateismo? Perchè nega un Dio personale, infinito, onnnipotente essere autore dell'universo e dell'uomo che ci vive dentro.
Anni fa, due professori liberali delle nuove scuole d'Italia essendo saliti, dalla stazione della ferrovia di una città di Toscana, nel compartimento di un treno, ov'era solo soletto un terzo viaggiatore; ed essendosi messi fra loro due a disputare di filosofia, il terzo silenzioso udì l'uno dire all'altro: – Amico, guardati dall'ammettere mai nella natura una sola causa finale; giacchè se tu ne ammetti una sola, per necessità devi finire con ammettere la infallibilità del Papa. E, da par suo, ragionava giusto.
Come ciò? Potrà dimandarsi. Il come è manifesto. Se si ammettono nella natura le cause finali, per esempio, se si ammette che l'aria è fatta per tener in vita i viventi, e l'acqua per abbeverarli e la luce per illuminarli, cosa di cui il più rozzo bifolco non ha dubbio nessuno; se una sola di queste innumerevoli cause finali si ammette, bisogna ammettere che dunque la natura non è opera del caso, ma di una mente ordinatrice; e però di Dio. Se si ammette un Dio creatore ed ordinatore della natura, bisogna ammettere il miracolo, cioè che il Dio creatore possa derogare alle leggi, ch'egli ha fissate alla natura. Se si ammette il. miracolo, fa d'uopo ammettere Cristo Dio-Uomo, il suo Vangelo, la sua Chiesa, il suo Vicario in terra; e conseguentemente il magistero infallibile delle verità di fede e di morale, onde lo ha dotato. Ed ecco come quel tal professore, che negava il vero palpabile per aderire all'assurdo manifesto, nella sua demenza ragionante, discorreva bene.
Il diritto di Dio sopra l'uomo non è violabile, nè divisibile: o è per sè stesso tutto quello che è, o non è: con menomarlo, o dividerlo, si distrugge; come si distrugge la verità di un teorema algebrico, alterandone la formola che lo esprime. Questo fa il liberalismo. Si arroga di restringere, a suo libito, il diritto di Dio. Se glielo riconosce per un verso, glielo nega per un altro. Quindi, a rigore di logica, glielo leva tutto.
Noi concediamo inoltre, che l'ateocrazia odierna è sistema. concepito, congegnato e deliberato nel segreto delle sètte massoniche. Ma la ragione è ancora in questo, che le sètte massoniche professano il liberalismo, non annacquato, nè dimezzato, come tanti poveri di spirito; ma puro, pretto e intero, come si vuole da chi mira ad annientare nel cristianesimo tutto l'ordinamento cristiano della società, che è il fine pratico ed ultimo del giudaismo, reggitore universale della massoneria. Onde benchè sia vero che non ogni liberale è massone, è vero però che ogni massone è liberale, per quanto la intelligenza delle cose gli consente di esserlo; giacché il liberalismo è sistema scaturito dalla massoneria.
IV.
Di qui la rabbia furente di separare, non pure la Chiesa dallo Stato, ma Dio dall'umano consorzio, per mezzo del laicismo. Tutto dev'essere laicizzato, ossia ateizzato: il Governo, la famiglia, le leggi, le scuole, la beneficenza, le opere pie, le pubbliche costumanze. E poichè questa cacciata di Dio da ogni attinenza col vivere civile e domestico, soggiace ad insuperabili impedimenti, per ciò s'imponga colla forza: e questa forza tirannica si giustifichi col titolo di libertà.
Di fatto col titolo di libertà il massonismo giudaico sostiene, nella Germania e nell'Austria, il dovere che ha lo Stato di svellere Dio e Cristo dal cuore dei fanciulli e dei soldati cristiani. Forsechè, verbigrazia, il Voigtherr non si boriava di rendere omaggio alla libertà, quando testè, nel Consiglio municipale di Berlino, scagliandosi contro la nuova legge scolastica, a piena bocca asseriva: «il meglio essere che lo Stato sbandisca ogni istruzione religiosa dalla coltura popolare e giovanile, poichè l'incredulità è la migliore delle fedi, e l'ateismo ed il socialismo hanno da avere il trionfo?»
I due paesi d'Europa, nei quali la massoneria ha goduto e gode licenza più sciolta di sfogare la sua libidine di ateismo, o meglio di teofobia, sono indubitatamente la Francia e l'Italia. Quivi il suo regno è incontrastato, poichè tiene il pubblico potere nelle mani, e non ha per ora da temere, se non gli eccessi medesimi della sua baldanza. Ma sono essi pure i due paesi, in cui l'ateismo si vede eretto ad istituzione dello Stato, l'ateocrazia vi domina, quanto la legale violenza il comporta, e la laicità ne pervade e penetra tutto intero l'organismo.
Per ciò che è possibile in paesi ancora cristiani, vi si ha Governo senza e contro Dio, legislazione senza e contro Dio, tribunali senza e contro Dio, scuole senza e contro Dio, connubio provocato a contrarsi senza e contro Dio, e persino il funere privilegiato di plausi, quando è senza e contro Dio. In Italia si conservano tuttora, negli atti pubblici, la formola del Re per grazia di Dio, e nella Costituzione l'articolo primo determinante la religione dello Stato: ma si conservano piuttosto come monumento storico, che come argomento di qualsiasi credenza. In somma, tutto ciò che parte dallo Stato e con lo Stato in qualche maniera si connette, ha l'impronta dell'ateismo, in quel modo che prima aveva l'impronta divina del cristianesimo. Il blasfemo Non est Deus, che l'empio, secondo la santa Scrittura, proferiva in cuor suo, ora si viene attuando nei due paesi, e vi si attua per via di una legalità la più tirannica che sia stata mai.
In ambidue i paesi, la massoneria ha tolto a simbolo politico di ateismo la patria, immedesimandola l'uno nella sua Repubblica contro Dio, l'altro nella sua ricostituzione contro il Papato. Conseguentemente per pubblici nemici della patria si è studiato di far passare e di trattare, quanti combattono l'ateismo nella Repubblica e l'anticristianesimo nell'italico assetto. Questi, perché credenti in Dio, perchè fedeli alla Chiesa, perché irreconciliabili coll'empietà, sono assoggettati ad arbitrii di odiosa eccezione, o se non altro, avuti in sospetto ed in ispregio.
Ma per non allargarci di soverchio intorno alla lunga serie delle leggi, più o meno ateistiche nella sostanza o nello scopo, introdotte dal governante liberalismo massonico nei due paesi, a danno delle libertà più sacre, volgiamo l'occhio a quelle che concernono le scuole.
È ancora gran differenza tra Francia ed Italia, per questo rispetto, a cagione del divario grande che corre fra le reciproche lor condizioni religiose, economiche e morali. Tuttavia identico è il principio stabilito in amendue gli Stati. La istruzione, nelle scuole elementari del popolo, dev'essere obbligatoria, gratuita e laicale, cioè ateista. D'onde il legale costringimento nei padri di famiglia, che non possono fare in altro modo, di metter i figliuoli nelle mani di maestri e di educatori, che faccian loro ignorare Iddio ed anche bestemmiarlo. Nelle logge massoniche di Francia, dove si apparecchiano tutte le proposte, che poi si trasformano in leggi ateocratiche dello Stato, si è stretto il giuramento di fare di tutto, acciocchè l'idea stessa di Dio sia estirpata dall'anima dei fanciulli, laicamente istruiti. Al quale effetto, si hanno per proibiti i libri d'ogni sorta, ove s'incontri il solo nome santo di Dio; e poco fa si mise all'indice di tali libri un volumetto di premio, unicamente perchè in una sua pagina si leggeva, che il mondo era stato creato da Dio.
Nè pago il liberalismo colà dominante di violentare in tal modo, a nome sempre della libertà, la coscienza d'innumerabili famiglie cattoliche, le sforza per di più a cavar denari, per concorrere alla diffusione ed al consolidamento dell'ateismo fra le giovani generazioni. A conti fatti, ogni alunno delle scuole elementari dello Stato viene a costare 300 franchi, e 600 franchi vi costa ogni alunno delle liceali. E tal è la bugiarda gratuità dell'insegnamento.
Nell'Italia, ridotta ai cenci ed alla limosina dal liberalismo, esso, per propagare l'ateismo colle scuole, non può scialarla a tal segno. Ma, nella sua miserabilità, smunge pure quanto può i cittadini, ed imita l'archetipo francese. E troppo lo sanno i Municipii più poveri, che debbono strappare di bocca il pane agli affamati, per alimentare maestri che insegnino, colla stessa gratuità che in Francia, l'ateismo agli adolescenti.
Come nello spirito e nei mezzi posti in opera, così nel fine, l'ateocrazia repubblicana di Francia rassomiglia all'ateocrazia monarchica d'Italia, nella guisa stessa che al giumento adulto rassomiglia il giumento puledro.
V.
– Sì, gridano i suoi gerofanti ed accoliti, il pensiero è libero per ciascheduno, e libero in tutto e per tutti, così in religione, come in politica.
Che se lor si replica: – E sia: dunque liberi voi di pensare che Dio è un mito, ma liberi anche gli altri di pensare che è la Realtà infinita; che cosa vi rispondono? Vi rispondono che questo è un domma, ed il domma distrugge la libertà.
E se si soggiunge: esser loro liberi di pensare che l'esistenza di Dio sia soltanto un domma, e non anco una verità naturale ed il domma distrugga libertà, ma dovere pur esser liberi gli altri di pensare diversamente; o non osano replicare, o vi gittano in viso le leggi della civiltà e del progresso, che ripudiano i dommi.
Se non che, stupendamente ripiglia un valoroso giornale che ci viene sott'occhio mentre appunto scriviamo queste pagine, «il libero pensiero è per natura sua obbligatorio, come tutte le altre libertà inventate dalla rivoluzione. Togliete l'obbligatorietà al libero pensiero, negategli il dommatismo su cui si regge, e la causa de' liberali è spacciata. È domma per essi che lo Stato deve essere laico, ossia ateo, che la famiglia dev'essere costituita laicamente, che la morale non ha da far nulla colla religione, che quindi la scuola non può essere se non laica, che ogni cittadino ha l'obbligo di vivere come se la religione fosse una cosa inutile alla società, alla educazione dei figliuoli, alla santità della famiglia. Oramai in tutto il mondo il vocabolo liberale non significa più la scuola di coloro, che vogliono la libertà, ma la setta degl'increduli. Tuttociò che voi fate contro la Chiesa è atto di liberalismo; qualsiasi dottrina anticristiana è scienza liberalesca; ogni legge opprimente il cristianesimo è legge liberale. Spogliare, indemaniare, confiscare, sopprimere, incarcerare, proibire, sequestrare, tutto è liberalismo, purché sia diretto contro i cattolici e le opere loro.»
Tal è la libertà, posta in vigore e in onore dal liberalismo. Esso vi concede sì la libertà di pensare, ma purchè pensiate a modo suo. Se pensate contrariamente, a modo vostro, voi siete un nemico della civiltà, degno del vitupero o anche del capestro. In una parola, è la libertà che obbliga a vivere, nell'opera e nel pensiero, servo degli errori e delle nequizie del liberalismo. È la libertà di non poter godere di nessuna libertà.
Perciò, bene conclude il soprallodato giornale: «Il liberalismo è la grande impostura del secolo XIX. Si può quasi dire anzi ch'esso è il massimo inganno ordito alla umanità, da che il mondo esiste. Non mai di fatto nessuna tirannide, prima d'ora, ebbe l'audacia d'invocare la libertà, per opprimere tutte le libertà dell'uomo. Dalla culla fino alla tomba, la rivoluzione lega l'uomo con catena sempre più dura. Colle imposte gli toglie la libertà di godere i suoi beni; colla coscrizione gli toglie la libertà della vita; colla dissacrazione del matrimonio gli toglie la libertà della famiglia; colla scuola laica gli nega la libertà di educare i figliuoli; con leggi di ogni fatta fa schiava l'umanità al Dio-Stato, crudele, insensibile, inesorabile, padrone delle anime e dei corpi [2].»
Al qual proposito Monsignor Perraud, Vescovo di Autun in Francia, ottimamente ha descritto con poche parole la tirannica ateocrazia, che colà il massonismo aspira ad insediare, sotto colore di libertà repubblicana: «La Repubblica, cosi egli, divenuta un domma, in quanto afferma la sua irreconciliabile opposizione, non solamente alle idee ed ai sentimenti che scaturiscono dal Vangelo, ma alle prime verità altresì della religione naturale e della metafisica spiritualista; un domma che attinge dalla massoneria materialista ed atea, e della quale pretende costituir la base della nostra legislazione; tal è la forma in cui oggi si presenta, e vuole sovraporsi ad una nazione libera e cristiana, un Governo pel quale il potere non è nulla, se non giova a stabilire e conservare il dominio intollerante di una setta, che non conta per nulla le usurpazioni religiose dell'uomo, e intende spegnerle nell'individuo, nella famiglia, nella società [3].» `
Dato che Satana in persona dovesse prendere il governo dei popoli, non potrebbe avere nè sistema più accomodato all'odio suo di Dio e dell'uomo, nè ministri più idonei del liberalismo e dei liberali. Per conseguenza l'ateocrazia del liberalismo si riduce ad un aperto satanismo.
VI.
Ma per quanto assurda sia la stabilità dell'ateocrazia liberalesca nel cristianesimo, troppo reale ne è l'effetto di una corruzione nei costumi e di un avvilimento negli spiriti, che riconduce pian piano la società alla servile barbarie del gentilesimo.
E questo è punto degnissimo di ponderazione. La società non può davvero essere schiava sotto il dominio di uno solo, ma unicamente sotto quello di molti. Il dominio di uno solo può degenerare in despotismo, non mai in signoria propriamente detta. Questa invece si esercita dai molti, stretti insieme, cioè dalle oligarchie.
Un uomo solo non può riferire a sé tutto l'utile che si ritrae dai beni sociali, nè maneggiare tutti gl'individui, quali macchine animate pel suo benessere. Gliene mancherebbe la capacità, ancorchè ne avesse il volere; ed i soggetti gli si opporrebbero, senza che egli avesse la forza di resistere. Anzi si osserva che il dominio di uno solo, di un dittatore, di un imperatore, è stato comunemente il mezzo più naturale di affrancare un popolo caduto nel servaggio.
Non così ove più sieno i dominatori. Questi possono assai bene tenere il resto della società in condizione di serva, quando le cupidigie di ciascheduno sieno legate con quelle di molti, facendo tra loro una specie di compromesso, in danno e in onta degli altri tutti. Ciò accadeva nelle antiche Repubbliche pagane, le quali in sostanza non erano se non che oligarchie, o vaste signorie di una moltitudine, quando più quando meno ampia, sopra una turba sterminata di schiavi. Quello che ora chiamiamo popolo, gemeva in qualità di servo, ordinato a ben del padrone. Cittadini non erano se non i pochi, i quali partecipavano al reggimento dello Stato. Così Atene, Corinto, Roma, ci mostravano in alto un pugno di straricchi e di gaudenti, armati di tutti i privilegi; e in basso una fitta mandria di servi, bersaglio e strazio di tutte le miserie. A tale profondo d'ingiustizia avea menato le genti la corruzione pagana, sottratta alla religione del Dio vero!
Il liberalismo, diretto da' giudei, scristianizzando ed imbestialendo i popoli battezzati, si affanna colla sua ateocrazia di rigittarli nel profondo di quest'abisso, dal quale la sola Chiesa di Cristo li aveva sollevati.
Noi da una parte abbiamo un abbrutimento morale, causato appunto dalla sottrazione della società al culto di Dio, che fa ribrezzo anche ai men delicati in materia di onestà. Persino il Radical di Parigi l'altro giorno deplorava che, sotto gl'influssi dell'ateismo legale, non si avesse più probità, non si avesse più lealtà, non si avesse più giustizia, non si avesse più disciplina: ed in Italia si fanno le disperazioni, che la scuola laica prepari ogni anno ben centomila giovani minorenni al carcere od alla galera. Questo imbestiamento è frutto necessario dell'ateocrazia messa in trono.
Da un'altra parte noi abbiamo un continuo crescimento di potenza e ricchezza ne' giudei, che, conquistata l'uguaglianza civile, si sono intrusi da per tutto, e spadroneggiano da per tutto, segnatamente nelle logge della Massoneria, che da loro hanno vita, impulso e vigore. Questa loro nazione, sempre straniera e nemica dei popoli cristiani, nel cui seno si è accovacciata, col pervertimento dell'empietà, li viene soggiogando, poichè mai i popoli non sono così vili, come quando sono corrotti; e coll'assorbimento dei capitali e dei patrimonii che accumula, affamandoli se li assoggetta, se li compra e se li incatena. Con ciò il giudaismo ha speranza di potere fra non molto costituire tra essi tante oligarchie, o Stati a foggia di Repubbliche, nelle quali i principi d'Israello ingrassati e saginati del sangue dei cristiani, diventino signori; e le turbe cristiane, gli artisti, i mercatanti, i lavoratori della campagna e tutti i derubati dalle usure e latrocinii loro, siano i servi da loro calpestati, a vendetta dei secoli di spregio e di umiliazione, in cui dalla cristianità sono stati tenuti.
Or chi studia bene l'avviamento per cui son messe le società civili d'Europa, e la strapotenza finanziaria e politica che in esse, coll'aiuto delle sètte massoniche, il giudaismo dispiega, si avvedrà che all'eseguimento di questa, la quale pare utopia, si va di buon passo; e si avvedrà pure che all'effetto della medesima utopia giova in immenso il liberalismo, il quale, sonando di condurre colla sua ateocrazia i popoli a libertà, li gitta in quella vece schiavi sotto i piedi degli ebrei.
Tuttavia non è da negare che l'ateocrazia de' nostri giorni, se molto vale ad ingrandire la padronanza de' giudei tra i cristiani oppressi o rinnegati, vale più a rafforzare l'esercito dei socialisti; i quali, rotto ogni freno e vinta la forza delle armi che li contiene, facilmente troncheranno il filo delle speranze oligarchiche d'Israello; e gli faranno forse pagare, della sua ateocrazia, un fio di poco men tremendo di quello, che Tito fece pagar loro pel deicidio, sotto e dentro le mura di Gerusalemme.
Quale dei due casi sia probabilmente per avverarsi, è malagevole prevedere. Ma non erra per sorte chi congettura, che l'ateocrazia corruttrice del liberalismo giudaico troverà la sua pena in quelli stessi che, per averli schiavi, esso ha corrotti. E dopo che i seminatori di vento, in odio a Dio ed al suo Cristo, avranno raccolta tempesta, sopra le ruine della loro ateocrazia si seguiterà a leggere il Christus vincit, regnat et imperat, che nessun braccio umano potrà mai cancellare.
NOTE:
[1] Quum homo a Deo, tamquam Creatore et Domino suo totus dependeat, et ratio creata increatae Veritati penitus subiecta sit, plenum Deo intellectus et voluntatis obsequium fide praestare tenemur; cioè in volgare: Essendo l'uomo, tutto quanto è, dipendente dal suo Creatore e Signore; ed essendo la ragione creata onninamente soggetta alla Verità increata, siamo tenuti a prestare, colla fede, pieno ossequio d'intelletto e di volontà a Dio rivelante.[2] L'Unità Cattolica di Torino, num. dei 18 febbraio 1892.
[3] La République devenue un dogme, en tant qu'elle affirme son irréductible opposition, non seulement aux idées et sentiments qui prennent leur source dans l'Evangile, mais encore aux vérités premières de la réligion naturelle et de la métaphysique spiritualiste; un dogme qu'elle emprunte à la franc-maçonnerie matérialiste et athée et dont elle prétend faire la base de notre législation, telle est bien à cette heure la forme sous laquelle se présente et veut s'imposer à une nation libre et chrétienne un gouvernement pour lequel le pouvoir n'est rien, s'il ne sert à établir et à maintenir la domination intolérante d'une secte, qui ne tient aucun compte des aspirations religieuses de l'homme et entend ne leur laisser aucune place ni dans l'individu, ni dans la famille, ni dans la société. Discussion Concordataire.