Con questo articolo, dedicato a Santo Stefano Protomartire e pubblicato durante la sua Ottava, Lorenzo Roselli inizia la sua collaborazione a Radio Spada.
Inauguro questa rubrica dedicata ad un Santo particolarmente interessante del mese, con il Protomartire della fede cristiana: Stefano. Ho scelto questo Santo non solo perché celebrato immediatamente dopo il Natale, ma perché vedo nella sua figura uno spunto di riflessione riguardo la nostra coscienza di cristiani, a parer mio da ribadire specie durante l’Avvento. E siccome intorno a me vedo una fibrillazione natalizia del tutto estranea a quella cristiana, fatta di tanti addobbi ma poca sostanza, trovo nella figura di Stefano un ottimo monito per ricordarci cosa celebra il Cristianesimo rispetto a quel che celebra il Mondo.
Le note biografiche riguardanti il Protomartire, in realtà, non abbondano. Ci è del tutto ignota la provenienza quanto la data di nascita (riconducibile comunque agli inizi del I secolo), mentre ci è dato sapere il luogo e l’anno di morte (Gerusalemme, 36 d.C.) grazie alle modalità di esecuzione citate negli Atti degli Apostoli. Stefano fu lapidato secondo le usanze ebraiche, senza intercessione alcuna del governo romano, il che ci riporta all’anno di instabilità seguito alla deposizione di Pilato. Stefano era con tutta probabilità un ebreo dalla profonda cultura ellenistica, dotato di un’eccellente capacità oratoria, che ovviamente non era gradita ai farisei. Divenuto diacono si inimicò particolarmente un gruppo di ebrei liberti (discendenti di ebrei schiavizzati da Pompeo e successivamente liberati) che, con l’aiuto di diversi demagoghi, fecero portare Stefano di fronte al Sinedrio con l’accusa di aver “sobillato” contro la Legge mosaica. Il processo fu chiaramente una farsa, essendo lo stesso Sinedrio interessato a togliere di mezzo i più influenti seguaci di Cristo. Negli Atti Stefano ci lascia con un’ultima orazione; un’invettiva rivolta contro i sacerdoti che lo mandavano a morire per sete di potere: <<O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata.>> A quel punto la vita terrena di Stefano non si prolungò per molto, fu infatti trascinato dai farisei in preda alla furia fuori le mura di Gerusalemme e lapidato sotto gli occhi compiacenti di un certo Saul di Tarso (meglio conosciuto con il nome romano “Paolo”), principale promulgatore della Fede in Cristo, poco prima della sua conversione in Damasco. Mentre veniva linciato dalla folla, però, Stefano non perse il suo zelo accettando con straordinaria serenità il suo martirio, ed infatti gli Atti riportano le sue ultime parole prima del colpo fatale: <<“Signore Gesù, accogli il mio spirito, Signore non imputare loro questo peccato. >>
Dopo il linciaggio popolare (non trattandosi di una vera esecuzione, dato che il Sinedrio non riuscì a pronunciare nulla, né avrebbe avuto comunque l’autorità di farlo) sembra che i resti di Stefano furono sepolti ad opera di qualche cristiano presente al drammatico evento.
Al martirio seguirono diverse persecuzioni contro la comunità cristiana di Gerusalemme, guidate probabilmente anche da Saul (Paolo), che culminarono nella definitiva scissione tra la Sinagoga e la nascente Chiesa cristiana. Il sangue di Stefano fu però semente di cristiani (come direbbe Tertulliano) che, soprattutto tramite proprio uno dei martirizzatori di Stefano, Saul, iniziarono a diffondersi nell’Asia minore ed in Grecia. Secondo una tradizione che sa molto di leggenda, il corpo di Stefano fu ritrovato da un certo Luciano, sacerdote che, dopo una visione, individuò la sua sepoltura nei pressi di Gerusalemme. Susseguì quindi una ricca proliferazione di reliquie in epoca tardo antica e medievale.
Prendendo ad esempio Stefano allora, che ha dato la vita perché oggi potessimo (almeno in Occidente) gridare liberamente il nome di Cristo, esortiamo ed esortiamoci ad essere cristiani nella buona e nella cattiva sorte, nelle cose grandi ed in quelle piccole. Perché essere cristiani realmente, non significa essere nella convenzione ma andarvi brutalmente contro, magari anche vivendo questo periodo di Avvento in maniera totalmente diversa rispetto alla società, cercando di vivere questa celebrazione più alla luce della nostra Fede che nello scintillio di un po’ di decorazioni.
Lorenzo Roselli
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