domenica 2 dicembre 2012

Da: Mons. Raffaele M. Coppola, Dei Concilii ecumenici in generale ed in specie del Concilio Ecumenico Vaticano, Roma 1869 pag. 7-28.

 

 


Mons. Raffaele M. Coppola

Protonotario Apostolico, membro dell'Almo Collegio dei Teologi di Napoli

I.

Che cosa sia il Concilio, e sue diverse specie.

Dovendo trattare del Concilio, conviene innanzi tutto dichiarare che s'intenda sotto questo nome. Lasciando stare quello che dicono i grammatici e gli eruditi, i quali dalla sola etimologia vogliono argomentare del suo significato, ricordiamo la definizione che ne dà l'Angelico Dottore, il quale dice, che Concilio vuol dire l'unione di giudici, i quali discutono e deliberano sopra cose da farsi [1]. Il Cardinale Giacobazzi, nella sua classica opera, de Concilio, dice che esso è un assemblea o riunione di diverse persone, disposte per l'autorità di un superiore, per trattare di comune accordo di cose necessarie [2]. Queste due definizioni ci sembrano generiche, e convenienti a tutti i Concilii, di qualunque natura essi siano.
L'origine di questo nome sembra che metta capo ai Romani, i quali si riunivano insieme per discutere sugli affari della patria. Chi ha qualche familiarità colla sacra Scrittura, non deve aver dimenticato, che anche presso gli Ebrei spesso occorreva un tal nome. Difatti leggiamo ne' Salmi del Concilio di empii e di malignanti, nonchè del Concilio o congregazione de' giusti [3]: e, per lasciare di altre cose, è risaputo che gli Apostoli, dopo di essere stati giudicati nel Concilio, ne uscivano gongolanti di gioia, perocchè erano stati fatti degni di soffrire qualche contumelia pel nome del Redentore [4].
Nel nostro caso, noi non vogliamo occuparci di tutte le maniere, onde può intendersi la parola Concilio, che presso i Greci dicesi Sinodo; e vogliamo solo con essa intendere una riunione di Prelati ecclesiastici, convocati dal legittimo Superiore in un solo luogo, per deliberare, previo il divino soccorso, e dopo maturo esame, sopra gravi interessi della Chiesa. Intanto codeste assemblee possono essere più o meno larghe; di che prendono diversa denominazione. Dapprima distinguonsi i Concilii in topici, o particolari; ed in generali, o ecumenici, dalla parola greca icumene, che significa terra abitabile; sicchè Concilio ecumenico vuol dire adunanza de' Vescovi e Pastori raccolti dai quattro punti cardinali del mondo. I particolari poi suddividonsi in tre specie, cioè 1. ne' diocesani, i quali più comunemente chiamansi sinodi, (nome che del resto può attribuirsi anche agli altri Concilii), e sono preseduti dal Vescovo,e composti dai principali ecclesiastici della diocesi. Codesti sinodi diocesani appena possono denominarsi Concilii, perchè in essi non v'è che il solo Vescovo, il quale abbia propriamente giurisdizione e diritto di far leggi pei suoi sudditi; e però, come nota Benedetto XIV, anticamente chiamavansi Presbiterio [5]. — Vengono in secondo luogo i Concilii provinciali, perciò che costituisconsi dai Vescovi della provincia ecclesiastica, con a capo l'Arcivescovo o Metropolitano. Essi, come ben si vede, sono più estesi del sinodo diocesano, ed hanno maggiore autorità. — In fine, tra i Concilii particolari il più largo è quello che dicesi nazionale, dacchè componesi dai Vescovi di tutta intera una nazione. composta di uno o più regni, sotto la presidenza di un Patriarca o di un Primate. — Noi non intendiamo dilungarci a parlare delle dette tre specie di Concilii particolari, ma sibbene dei soli Concilii generali, o ecumenici, nei quali sono chiamati per diritto divino i Patriarchi, gli Arcivescovi, ed i Vescovi di tutto quanto è vasto il mondo cattolico, uniti col Romano Pontefice, o da lui dipendenti. Oltre a ciò, vi hanno pure accesso e suffragio deliberativo, ma per privilegio, quei Cardinali di Santa Chiesa, i quali non fossero insigniti del carattere vescovile, nonchè i Generali degli Ordini religiosi e gli Abati esenti.

II.

Origine de' Concilii.

Per discorrere alquanto esattamente intorno alla origine de' Concilii, conviene risalire all'antico testamento. Gli Ebrei avevano il loro sinedrio, o gran concistoro, o Concilio, composto di settanta seniori, i quali avevano la potestà d'interpretare la legge e di fissarne il senso; e Dio stesso aveva ordinato a Mosè di stabilire questo concistoro. Difatti nel libro dei Numeri leggiamo: Ed il Signore disse a Mosè: Radunami settanta uomini de' vecchioni d'Israele, conosciuti da te, come anziani e maestri del popolo: e li condurrai alla porta del tabernacolo dell'alleanza, e farai che si fermino ivi con te. Ed io scenderò, e ti parlerò, e prenderò del tuo spirito, e lo darò a quelli, affinchè teco sostengano il peso del popolo, e non sii tu solo aggravato [6]. Similmente trovasi comandato nel libro del Deuteronomio [7].
In quanto al nuovo testamento, bisogna risalire sino alla fondazione della Chiesa, per riscontrare l'origine de' Concilii. I Protestanti non si accordano tra loro: taluni di essi non negano che i detti Concilii siano di origine divina; altri, per contrario affermano, essere di derivazione e di diritto puramente ecclesiastico. Noi tralasciamo quì le più o meno assurde e stravaganti opinioni del Bohemero, del Moshemio, di Ugone Grozio, e di altri della loro risma, le quali possono riscontrarsi nel Zalwein [8], e diciamo che Gesù Cristo istituì la sua Chiesa come colonna indefettibile e stabile sostegno di verità, e stabilì in essa un senato, cui diede una potestà suprema di magistero, d'impero, e di ministero. Per fermo, volendo Gesù Cristo somministrare a tutti gli uomini i mezzi di salvezza, e dar loro agio di venire alla cognizione della verità, era mestieri che arricchisse la sua Chiesa delle doti d'indefettibilità nell'esistere, d'infallibilità nell'insegnare, e di suprema autorità nel governare. Ma la Chiesa da chi mai è formata? Quella che dicesi docente, certamente ne' suoi primordii fu costituita dal Collegio degli Apostoli, con a capo san Pietro; e nel volgere de' secoli, dai successori dei medesimi e dal loro Capo supremo, cioè dai Vescovi, uniti e dipendenti dal Romano Pontefice. A costoro, nel governo della Chiesa, il divino fondatore della medesima promise la sua assistenza; e fedele alla sua parola, non gliene ha mai fatto patire difetto. Ma poichè noi in questo luogo non ci occupiamo che della origine dei Concilii, diciamo, che G. C. a questi precipuamente accennava allorchè diceva: Dove sono due o tre persone congregate nel mio nome, quivi io sono in mezzo di esse [9]. E conviene avvertire, che ciò disse in continuazione del medesimo discorso, in cui diede agli Apostoli la potestà giudiziaria.
Or con queste parole Gesù Cristo accennò proprio ai Concilii, come osservano san Giovanni Crisostomo, Teofilatto, Eutimio, ed altri. Di che i Padri del Concilio di Calcedonia, nella loro lettera a san Leone I; ed il Pontefice san Celestino, scrivendo al Concilio di Efeso, insegnano che nelle esposte parole evangeliche, Gesù Cristo accennò alla riunione de' Concilii, e promise la sua assistenza ai medesimi. Altre molte autorità noi potremmo recare in compruova di quanto abbiamo asserito, ma ce ne passiamo per solo amor di brevità, e rimandiamo i nostri lettori agli espositori delle sacrosante Scritture, e specialmente al Maldonato, al Calmet, all'A-Lapide [10]; nonchè alla dotta ed eruditissima opera del Catalano, di cui a piè di questa pagina vogliamo riportare la testimonianza [11].
A ciò affidati gli Apostoli, subito dopo l'ascensione del loro divino Maestro al cielo, cominciarono a radunarsi per diverse circostanze, e tennero varie assemblee, le quali da non pochi autori sono chiamate veri Concilii. Specialmente poi non si può disconoscere il Concilio tenuto in Gerusalemme, per giudicare sulla questione suscitata in Antiochia, intorno alla circoncisione, e ad altre cerimonie legali; se cioè dovevano obbligarsi ad esse i Gentili convertiti alla fede [12]. Sembra dunque che l'origine divina de' Concilii non possa richiamarsi in dubbio.

III.

Per qual motivo sogliono radunarsi i Concilii generali.

I Concilii generali non sogliono mai radunarsi, se non per negozii gravissimi ed ardui, che riguardano la Chiesa universale. Trattasi di obbligare i Pastori principali della Chiesa ad allontanarsi dalle loro sedi, e rimanerne assenti, probabilmente per un tempo non breve. Quelli tra essi, che sono lontani dal luogo della riunione, segnatamente se abitano l'altro emisfero debbono assoggettarsi a' penosissimi sacrifizii, di valicar mari sterminati e d'incontrar pericoli innumerabili. Ad obbligare dunque i Principi della Chiesa, in virtù di santa ubbidienza, a tanti disagi, debbono esservi ragioni di tal natura, da interessare la cristiana Università. Il dotto Giovanni Antonio Delfino, nel suo aureo opuscolo, De tractandis in Concilio oecumenico, al capo 2° discorre delle cause precipue, per le quali queste universali assemblee della Chiesa docente soglionsi convocare [13]. Sopra tutti poi, il celebre Cardinal Bellarmino, nel suo trattato intorno ai Concilii ed alla Chiesa, con molta limpidezza e precisione riassume i motivi precipui, che possono reclamare la convocazione di un Concilio ecumenico [14]. Noi siam paghi di avere accennate soltanto le fonti più sicure e copiose per coloro i quali avessero vaghezza di penetrare più addentro nello studio di questa materia, ma per non ingenerar noia colla soverchia prolissità alla maggior parte de' nostri lettori, diciamo, che le cause, che possono richiedere la convocazione di un Concilio generale, si riassumono in queste, cioè: 1.° condannare solennemente qualche eresia, 2.° reprimere qualche scisma, 3.° ovviare a qualche grave male, che sovrasti alla Chiesa 4.° finalmente estirpare, mercè di una provvida e salutare riforma, quegli abusi, che per condizione della umana natura, sempre proclive al male, col tempo sogliono man mano introdursi anche nelle più sante istituzioni. In somma, per dire ogni cosa in breve, crediamo di non poter far meglio, che riportare le parole dei Padri del Concilio di Costanza nella sessione 39. La celebrazione de' Concilii ecumenici, essi dissero, è il miglior modo di coltivare il campo della Chiesa. Essi estirpano i triboli e le spine delle eresie, e degli scismi; correggono gli eccessi, riformano le cose guaste, e restituiscono la fertilità e l' abbondanza nella vigna del Signore.

IV.

I Concilii ecumenici, sebbene assolutamente non siano necessarii, pure in qualche straordinaria circostanza lo sono.

Di via ordinaria la convocazione de' Concilii generali non è necessaria ed indispensabile. Noi sappiamo, che per alquanti secoli la Chiesa, anche senza codeste generali assemblee, ha potuto sussistere, e si è proceduto alla definizione di dogmi, alla condanna di diversi errori, ed alla promulgazione di leggi morali e disciplinari, senza che vi fosse stato bisogno che i Vescovi del mondo cattolico si fossero discostati un sol passo dalle loro residenze. È risaputo che le eresie di Cerinto, di Ebione, di Marcione, di Montano, di Sabellio, ed altrettali, furon tutte giudicate e condannate fuori Concilio. Per fermo i Vescovi dispersi per tutto il mondo, possono manifestare per altra via il loro giudizio, e quando esso è confermato dall'autorità del Romano Pontefice, la Chiesa dispersa non è meno infallibile di quello che sia la Chiesa riunita in Concilio generale. Oltre di che, non basta forse l'autorità del solo successore di san Pietro al quale Gesù Cristo ha detto: Io ho pregato per te, affinchè non venga meno la tua fede [15] per stabilire una verità, ovvero per condannare un errore, o finalmente, per governare la Chiesa? Di che, sant'Agostino scriveva contro i Pelagiani, i quali pretendevano di non poter essere giudicati e condannati, se non in un Concilio ecumenico: Voi parlate, diceva loro, quasi che nessuna eresia sia stata mai condannata, se non in una riunione Conciliare, mentre che è risaputo, che rarissimi s'incontrano i casi, pei quali siasi riconosciuto necessario il congregarli: e sono certamente molto maggiori di numero quelle eresie, le quali sono state profligate e condannate non sì tosto che sono surte, e subito sono state denunziate come esiziali a tutto il mondo [16].
Però, sebbene, generalmente parlando, i detti Concilii ecumenici non debbono riputarsi assolutamente necessarii, nulladimeno possono occorrere alcune circostanze particolari, nelle quali si riconosce il bisogno di convocarli. Potrebbe, a maniera di esempio, verificarsi il caso, in cui un errore siffattamente siasi propagato, da aver contaminata gran parte dei fedeli, e parecchi degli stessi pastori della Chiesa, come avvenne per l'eresia Ariana: — ovvero potrebbe accadere, che diverse persone si contrastassero il governo della Chiesa universale, e ne fosse derivato un orribile scisma; nè si potesse venire a conoscere chi fosse il Sommo Pontefice: in tali casi, non pure utilissima, ma necessaria dovrebbe riputarsi la convocazione di un Concilio ecumenico. Medesimamente avrebbero potuto introdursi tali abusi nella società cattolica, ecclesiastica, o civile, da non offrire altro mezzo per eliminarli, meno che con una generale riunione dei Pastori della Chiesa: in siffatta ipotesi, ed in altre che riuscirebbe troppo difficile il poter precisare, unico mezzo di salvezza sarebbe il convocare un Concilio ecumenico.

V.

Quali condizioni richiedansi, perchè un Concilio ecumenico, o generale, possa dirsi legittimo.

Tutti i teologi e canonisti cattolici si accordano per dire, che le condizioni richieste per la legittimità di un Concilio ecumenico siano tre, cioè 1. legittima convocazione, 2. legittima celebrazione, 3. finalmente legittimo compimento.

VI.

A chi spetti la convocazione del Concilio ecumenico.

Non vi vuole molto acume per comprendere, che a colui spetta convocare un' assemblea, il quale è capo dell'assemblea medesima. Di fatto, se deve riunirsi un Sinodo diocesano, l'intimazione non deve farsi, che dal Vescovo, il quale è capo di tutti coloro, che vuol raccogliere intorno a sè. Dicasi lo stesso del Concilio provinciale, la cui convocazione è devoluta al Metropolitano, perciocchè, ne' limiti prescritti dal diritto canonico, egli è capo di tutta la provincia ecclesiastica: e medesimamente può dirsi anche del Concilio nazionale. Ciò premesso, chi è il Capo di tutti coloro, i quali debbono costituire un Concilio ecumenico? Egli è senza dubbio il solo Romano Pontefice. Per fermo, la Chiesa si estende sopra tutto il mondo, dall'uno all'altro capo di esso: Ora nessuno ha diritto sopra tutti e due gli emisferi, all'infuori del solo Romano Pontefice, il quale comanda sopra tutti coloro, che formano l'eredità data dall'Eterno Padre al suo Figliuolo, cioè sull'Universo. Quindi è, che Gesù Cristo, pria di salirsene al Cielo, a Pietro, e non a Tiberio Cesare, lasciò detto: Pasci le mie pecorelle, ed i miei agnelli, cioè abbi diritto e giurisdizione, non solo sui semplici fedeli, ma eziandìo sui Vescovi. Di che è chiaro, che solo al Romano Pontefice è devoluto il diritto natio e proprio di convocare il Concilio ecumenico.
L'atto della citazione al Concilio ecumenico, osserva il più volte lodato Cardinal Giacobazzi, è un atto eminentemente giudiziario. Non può dunque emanare, se non da colui, il quale possiede nella Chiesa la potestà di giudice supremo: or questa potestà non l'ha, che il solo Papa: a lui dunque incontestabilmente compete un tal diritto. Nell'antico testamento, come emerge dal primo libro dei Maccabei al capo 14 , tra le altre prerogative, le quali, per consenso di tutto il popolo e dei Sacerdoti, furono riconosciute nella persona del Sommo Sacerdote Simone, vi fu questa, di avere cioè egli solo il diritto di convocare le assemblee. Or, non essendo il Sacerdozio della legge antica, secondo ciò che insegna l'Apostolo, se non un'ombra di quello del novello testamento, ne conseguita, che al solo Papa spetti la convocazione del Concilio ecumenico. Questa osservazione la fà il celebre Cardinale Torrecremata [17], e dopo di lui, il testè lodato Cardinale Giacobazzi [18]. Quest'ultimo consacra un libro intero ben lungo dell'aurea sua opera, per esaminare a chi spetti la riunione del Concilio, e dimostra, che i Canoni della Chiesa, la storia ecclesiastica, e l'autorità de' Santi Padri, concordano nell'asserire al Romano Pontefice codesta prerogativa [19]. Noi crediamo inutile il distenderci molto sopra questo capo, essendo chiara più della luce dei mezzogiorno cotesta verità, ed essendo ritenuto da tutti i cattolici, che un'assemblea generale de' Vescovi, riunita non per mandato e volontà del Papa, non merita il nome di Concilio, ma piuttosto quello di conciliabolo, e di scellerata conventicola e sinagoga di Satana: nulladimeno, non sarà fuori proposito, tra le molte testimonianze che potremmo raccogliere, riportarne solamente alcune, per confortare il nostro assunto. E ci piace ricordare dapprima il Concilio Alessandrino, il quale in una lettera al Pontefice Felice II, scriveva così: «Noi sappiamo, che nel gran Concilio di Nicea, per sentenza comune di tutti i Padri, fu solennemente riconosciuto, che senza il volere del Sommo Pontefice, non debbano celebrarsi i Concilii [20].» Similmente Papa Marcello, nella sua lettera ai Vescovi della provincia di Antiochia, ed il Pontefice Giulio I. nella sua prima lettera agli Orientali, si espressero colle medesime parole, e dissero: «È già gran tempo, dacchè è stato decretato nelle antiche a Costituzioni de' santi Apostoli, e de' loro successori, quello stesso che presentemente ritiene la Chiesa, non doversi cioè celebrare i Concilii senza la volontà del Romano Pontefice; per ciò che la Romana Cattedra gode di un primato sopra tutte le altre [21].» Finalmente, per tacere di altri, avendo asserito il Re Teodorico, che egli aveva convocato il Concilio Romano III, affinchè vi si giudicasse la causa di Simmaco Sommo Pontefice, i Vescovi furono solleciti a ricacciargli la parola in gola, facendogli osservare, che se il Concilio doveva celebrarsi, bisognava che la convocazione fosse fatta dallo stesso Pontefice, comunque accusato. E fu allora soltanto, che i Vescovi cedettero, quando lo stesso Re assicurò, che egli aveva operato col consenso del Papa; e non solo lo asserì, ma presentò loro le lettere autografe del medesimo Pontefice [22]. Quindi l'Angelico Dottore, nella sua Somma teologica, chiaramente insegna, che all'autorità del Sommo Pontefice è devoluto fare tutte quelle cose, che appartengono al governo dell'intera Chiesa, tra le quali egli mette specialmente la convocazione del Concilio generale [23]. I soli Luterani, e, dopo di essi, i Giansenisti, e gli altri loro seguaci, i quali meritamente temevano i fulmini spirituali, che dal Concilio potevano scagliarsi contro di loro, ad evitarli, osarono asserire, che sia prerogativa de' Sovrani temporali il convocare i Concilii ecumenici, quasichè i medesimi nella Chiesa di Gesù Cristo non fossero semplici pecorelle, nè più nè meno di tutti gli altri fedeli. Laonde non deve recar meraviglia, se ultimamente alcuni, i quali di cattolici non hanno voluto ancora disdire apertamente il nome, per procurarsi più facilmente il barbaro piacere di tormentare la comune madre, la Chiesa, avendo accettata l'eredità delle dottrine empie di Lutero, di Giansenio, di Febronio e di altri di simil risma, in un opuscolo evidentemente dimostrato di fabbrica italiana, manierato alla francese, di nuovo hanno messa in mezzo questa pretesa, che ai Principi laici si appartenga il diritto di convocare i Concilii.
Già, sin da tempi antichi i difensori di cotesta pretesa prerogativa del Cesarismo erano andati cercando col fuscellino qualche esempio di Concilii convocati dagli Imperatori. Inoltre si erano adoperati di appoggiare quei pochi fatti (esposti sempre a loro piacere) con qualche argomento di dritto, ed avevano posto in mezzo il preteso ius in sacra, che asserirono competere ai Principi laici; nè mancarono di trarre partito da alcuni assiomi, cavati delle loro fucine, cioè che: illius est religio, cuius est regio, e da altri di simil conio. Ora i recenti partigiani, de' Luterani, de' Giansenisti e de' Febroniani, cavando dai scaffali quei ferri vecchi, ed accomodandoli per le loro bisogne, ci son venuti a dire, che lo stato ha diritto di prender parte all'atto della convocazione del Concilio; che anzi esso stesso può prenderne l'iniziativa, e che deve anche intervenire per la fissazione del tempo e del luogo della riunione; e via di questo passo.
«Spectatum admissi, risum teneatis, amici!!!»
Noi non ci logoreremo a confutare cotesta sconciatura di opuscolo. Non diremo che il suo scrittore già si figura di trovarsi in Pietroburgo, dove il sinodo della Chiesa scismatica è convocata dallo Czar autocrata; ovvero s'immagina di stare in Inghilterra, dove il concistoro de' Vescovi Protestanti con mogli e figli, viene radunato, per ordine e comando della Regina, e sotto la sua direzione ed influenza. Intanto lo scrittore del ripetuto opuscolo (il quale non l'ha dettato certo per ispirazione dello Spirito Santo, ma di qualche ministro di stato, che vuole atteggiarsi a Canonico, anzi a Papa) quando ci è venuto a dire che lo Stato ha il dritto di convocare il Concilio ecumenico, di prenderne l'iniziativa, di intervenirvi per la fissazione del tempo e del luogo, e forse forse anche per istabilirvi i canoni conciliari, e munirli di sua altissima sanzione, avrebbe dovuto compiacersi d'indicarci di quale Stato egli intenda parlare; perocchè, se non ci fallisce la memoria, sembra che di codesti Stati, i quali si chiamano cattolici, oramai ne abbiamo quasi una serqua; e se essi non han saputo convocare un congresso di pochi Sovrani, non sappiamo come potrebbero accordarsi a convocare un Concilio ecumenico. Noi abbiamo de' Vescovi, i quali hanno diocesi nella Cina, nell'Indostan, nell'Oceania, nelle Americhe, ed in altre rimotissime contrade, i quali pure hanno diritto e debito di assistere ai Concilii ecumenici. Ora saremmo proprio desiderosi di vedere, come quei Prelati vorrebbero ubbidire ciecamente alla intimazione del Conte Menabrea, il quale si mostra tanto spasimante amico della Chiesa, da non esser contento, sino a che non le abbia cavato dal borsellino l'ultimo soldo, e non abbia obbligato l'ultimo Seminarista a lasciare lo studio della teologia, per andare nella caserma a fare gli esercizii militari col fucile o colla carabina!
Del rimanente quella penna d'oro di Monsignor Francesco Nardi, Uditore della Sacra Ruota, la quale sta sempre pronta, onde emendare per bene il latino e il volgare a chiunque ne avesse bisogno, già ha conciato a meraviglia pel dì delle feste l'opuscolista pseudo-francese, ed ha trionfalmente risposto ai suoi scerpelloni. In quanto a noi, distinguendo, come è di dovere, il fatto dal diritto, non neghiamo, che alcune convocazioni di Concilii ecumenici sieno state fatte da qualche Principe; ma vogliamo solo richiamare l'attenzione de' nostri lettori ad esaminare, in forza di quale autorità essi abbiano ciò operato. Certo essi nol fecero mai per diritto proprio, ma dei Romani Pontefici, i quali sicuri di avere in quei Principi un valido appoggio, ne li pregarono essi stessi, e posteriormente approvarono il loro operato, e vi aggiunsero la sanzione della loro autorità. Sedevano allora sui troni imperiali Sovrani assai benemeriti della Chiesa, i quali avevano contribuito all'incremento della religione Cattolica, e potevano difenderla da qualunque aggressione; anzi dippiù, spesse volte, a dimostrazione di devozione, si mostravano santamente ambiziosi di far le spese di viaggio e di vitto ai Vescovi, i quali dovevano recarsi a quelle generali assemblee. Qual meraviglia adunque, se i Pontefici stessi esortarono gli Imperatori a convocare i Concilii generali, e quando la convocazione aveva avuto luogo, la legittimarono colla loro autorità ?
Che poi gli Imperatori, se rare volte intimarono qualche Concilio ecumenico, non l'abbiano fatto, se non per consiglio, o col consentimento de' Romani Pontefici, e, per servirci di una frase di san Leone Papa, beatissimi Petri iure, atque honore servato [24], ciò è chiaro da quello che brevemente ci disponiamo a riferire.
1. In quanto al Concilio 1.° di Nicea, l'autore del libro Pontificale, nella vita di san Silvestro Papa, nonchè gli storici Rufino [25], Socrate [26], ed il Cardinal Baronio [27], assicurano, che Costantino imperatore concorse con san Silvestro Papa a convocarlo, e che il fece ex sententia Sacerdotum.
2. È fuori dubbio che il Concilio Costantinopolitano I non fu convocato dall'Imperatore Teodosio il vecchio, ma dal Papa san Damaso, per mezzo de' Vescovi san Gregorio di Nazianzo, e Nettario [28].
3. Quanto al Concilio Efesino I, non si può negare che gli Imperatori Teodosio II, e Valentiniano III ne furono i convocatori: però quei Monarchi non furono, che gli esecutori degli ordini del Pontefice san Celestino I, il quale, in una sua lettera a san Cirillo Alessandrino, apertamente il dichiara; e gli stessi Padri di quell'assemblea ecumenica, nella relazione che fece ora Teodosio Imperatore, non mancarono di confermarlo [29].
4. Altro Concilio ecumenico fu quello di Calcedonia. Ora una lettera di san Leone Papa all'imperatore Marciano, marito di santa Pulcheria, fa chiaro, che la convocazione fu fatta d'ordine Pontificio [30].
5. Viene la volta del Concilio Costantinopolitano II, e non vogliamo negare, che mentre Papa Vigilio lo desiderava, l'imperatore Giustiniano cercava di guadagnargli la mano, e col convocarlo, voleva farlo riuscire secondo i suoi disegni. Certo è però, che l'avveduto Pontefice tenne fermo, e non condiscese a legittimare l'assemblea, finchè l'Imperatore non ammainò le vele, e si ridusse a ragione [31].
6. Rimangono ora i tre Concilii ecumenici, cioè il Costantinopolitano III, il Niceno II, ed il Costantinopolitano IV. Questi vennero intimati dagli imperatori, Costantino Pogonato, Costantino Porfirogenito con Irene sua madre, e finalmente da Basilio il Macedone. Mentirebbe però per la gola, e mostrerebbesi ignorantissimo della genuina storia, chi volesse negare il pieno consentimento di Papa Agatone pel primo, del Pontefice Adriano I pel secondo, e di Niccolò I, nonchè del suo successore Adriano II per l'ultimo [32]. Ciò dei primi otto Concilii ecumenici: in quanto agli altri, gli stessi avversarii ci fanno il piacere di confessare, che da nessun altro furono convocati, che dai Romani Pontefici. E si figuri il lettore se i supremi imperanti l'avrebbero mandata buona ai Papi per non meno che dieci altri Concilii ecumenici, ove non fossero stati convinti del loro pieno diritto!
Del resto, potrebbe verificarsi qualche caso assai raro e straordinario, nel quale il diritto di convocare il Consiglio si devolvesse al Collegio de' Cardinali; allo stesso modo, come, vacando la Sede Pontificale, o Vescovile, la giurisdizione passa o nel detto Collegio de' Porporati, ovvero nel Capitolo: e questo potrebbe aver luogo principalmente quando regnasse qualche scisma, perchè due o più individui si contrastassero a vicenda il Papato, e non fosse sicuro chi sia stato eletto secondo i canoni. Tranne dunque questo, e qualche altro gravissimo caso, sempre il diritto di convocazione del Concilio ecumenico è di esclusiva prerogativa del Sommo Pontefice.

VII.

Persone, le quali debbono essere invitate al Concilio generale di dritto divino  persone che possono intervenirvi per privilegio.

Per trattare con chiarezza e precisione di questa materia, e dire quali persone debbono essere invitate al Concilio ecumenico, noi non sapremmo far meglio, che giovarci del metodo tenuto dal dottissimo Cardinal Bellarmino. La Chiesa, egli dice, è composta certamente di fedeli: ora questi fedeli possono essere o secolari, o ecclesiastici. Quanto ai secolari, essi possono essere o principi, o persone private. Per quello poi che riguarda gli ecclesiastici, essi vanno distinti tra coloro i quali sono Prelati, e coloro, che non lo sono.
Dopo l'anzidetta distinzione de' fedeli, giova eziandio osservare, che ai Concilii ecumenici alcuni sono necessarii, altri solamente riescono utili. Necessarii sono solamente i Vescovi, uniti col Romano Pontefice, o personalmente, o rappresentato dai suoi Legati. Per diritto natìo, costoro intervengono come veri giudici, e godono del voto, che dicesi deliberativo. Le persone poi, il di cui intervento suole riuscire utile pei detti Concilii, dividonsi in diverse classi. Alcuni vi sono invitati per giovare il sacro consesso coi loro consigli, esaminando e discutendo intorno alle materie, sulle quali poi i Padri debbono deliberare. Ai membri di cotesta prima categoria, i quali diconsi Consultori, è dato un suffragio semplicemente consultivo. Altri sono chiamati come officiali del Concilio; ed a questa classe appartengono i notari, e gli altri ministri, dei quali parleremo in prosieguo. Finalmente èvvi un ceto di persone, chiamate a decoro e difesa del Concilio.
I novatori pretendono che la Chiesa sia un assembramento, nel quale tutti i fedeli sono eguali. Se ciò fosse vero, sarebbe una babilonia, un caos, e non già una società ben ordinata da Gesù Cristo: essa non avrebbe dottori, e discepoli; persone che comandano, e persone che debbono ubbidire; ed, ammessa una volta questa empia teorica, la quale porterebbe con se il germe della distruzione, ne seguirebbe che nella Chiesa tutti sarebbero Pastori, tutti dottori, e non vi sarebbero più pecorelle e discepoli, contro quello che insegna l'Apostolo, cioè che Gesù Cristo diede alcuni Apostoli, altri poi profeti, altri evangelisti; questi pastori e dottori; ed in conseguenza i secolari, e precipuamente i Sovrani, non avrebbero nè più, nè meno diritto degli Ecclesiastici e de' Vescovi a prender parte ai Concilii generali.
La verità cattolica è, che quelli debbono esser chiamati di diritto divino al Concilio generale, ai quali solamente Gesù Cristo affidò l'incarico di pascere e governare la sua Chiesa, che è lo scopo pel quale il Concilio si raduna. Or questo sublimissimo ufficio fu dato ai soli Vescovi, successori degli Apostoli. Di essi Dio promise per Geremia, quando disse: Io vi darò Pastori secondo il cuor mio, i quali vi pasceranno colla scienza e colla dottrina [33]: ad essi solo fu detto: Pascete il gregge di Dio, che da noi dipende [34]; ad essi: Badate a voi, e a tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi per governare la Chiesa di Dio [35].
E veramente il dotto Cardinale Torrecremata osserva, che quelli necessariamente debbono esser chiamati al Concilio ecumenico, per trattarvi le cose, che si appartengono alla universalità del popolo cristiano, i quali sono stati costituiti principi e reggitori di esso popolo: or tali sono i Vescovi. — Inoltre nel Concilio ecumenico si propongono dogmi da doversi credere, e si stabiliscono canoni di riforma di costumi: ma coteste cose suppongono una giurisdizione; debbono quindi emanare da coloro, i quali ne sono forniti, cioè dai Vescovi. — Ancora un argomento. — Il Concilio ecumenico, segnatamente nella condanna degli errori, e di coloro che li professano, può considerarsi come un vero e proprio tribunale: si richiede dunque la potestà giudiziaria per potervi sedere. Ora una tale potestà da Gesù Cristo è stata affidata ai Vescovi, essi dunque per diritto divino, debbono essere chiamati al Concilio. — Da ultimo quelli soli debbono di necessità esser chiamati alle dette generali assemblee della Chiesa, dai quali, nella loro promozione, si è richiesto un giuramento solenne di dovervi intervenire, e contro dei quali, in caso di contumacia, sono state minacciate pene severissime: ma tali sono i Vescovi: ad essi dunque, quando sono in comunione colla Chiesa, non può negarsi il diritto di esser chiamati all'anzidetta ecumenica assemblea.
Di che, essendo stati veduti nel Concilio di Calcedonia alcuni non Vescovi, i quali eransi recati quivi da Alessandria di Egitto, i Padri ad una voce gridarono, che quella era adunanza di Vescovi, e che venissero esclusi tutti coloro, i quali non eran tali. I Santi Padri non fanno che attestare questa verità, e noi per amor di brevità, ci limitiamo solo ad accennarne alcuni nomi, come quello di San Cipriano [36], di Sant'Ilario [37], di Sant'Ambrogio [38], di San Girolamo [39], di Sant'Agostino [40], e di parecchi altri, i quali possono riscontrarsi nella citata opera del Bellarmino. Che se qualche volta sono stati ammessi al Concilio alcuni non Vescovi, essi, ancorchè adorni di regia, od imperiale dignità, vi hanno assistito, certamente nelle qualità, o di consultori, o di ministri, o difensori della ecumenica assemblea; ovvero come il discepolo, al quale si concede un posto nella scuola per apprendere, o finalmente come il reo ed i testimoni, che sono ammessi ne' tribunali, solo per essere ascoltati, o giudicati; senza però che mai abbiano potuto vantarsi di avervi dato il loro decisivo suffragio, e di avervi deliberato come giudici. I soli Vescovi dunque di tutto il mondo, per diritto proprio, debbono esser chiamati al Concilio ecumenico; e nessuno di essi può esserne escluso, quando non sia scomunicato. Di che, per lasciare degli altri, giustamente l'imperatore Teodosio il giovane scriveva ai Padri del Concilio Efesino, essere «illecito per chiunque non appartenga alla gerarchia de' Vescovi, ingerirsi nelle questioni ecclesiastiche
E qui crediamo opportuno dichiarare che i Vescovi in partibus, e i rinunziatarii, in virtù della loro consecrazione episcopale, hanno il diritto di sedere in Concilio ecumenico, e di emettervi il loro suffragio deliberativo. Noi abbiamo ciò dimostrato in una nostra dissertazione, la quale è stata pubblicata nel periodico Napoletano, la Scienza, e la Fede, ser. 3, vol. 4, ff. 353 sgg. Dopo di noi l'Ab. Maupied ha pubblicato un libro intitolato, le futur Concile ecc. Paris, rue Cassette n. 27, ann. 1869, nel quale ha difeso la medesima nostra tesi. È vero che l'egregio periodico la Civiltà Cattolica, nel quaderno 454, serie 7, vol. 5, pag. 459 sgg. nella rivista che fece dalla enunciata nostra dissertazione, sebbene ci facesse l'onore di scrivere sul conto di quel nostro lavoro cose abbastanza lusinghiere, pure dichiarò di non voler portar giudizio sulla controversia. Però dapprima quel periodico venne pienamente nel nostro sentimento, intorno al non esservi bisogno di altro invito pei Vescovi titolari e rinunziatarii, dopo la Bolla di convocazione, nella quale, chiamandosi tutti i Patriarchi, Arcivescovi, e Vescovi al prossimo Concilio, nè mettendosi distinzione tra i residenziali, e quelli denominati in partibus, s'intendono tutti compresi nell'invito. Ecco le parole testuali della Civiltà Cattolica: — «Checchè ne sia speculativamente del diritto divino all'invito, certo invitati, siccome ora sono di fatto, al Concilio anche i Vescovi titolari essi han voce decisiva, non già per concessione di privilegio, ma per diritto inerente all'Ordine, non già per autorità delegata, ma per autorità propria, non già come gli Abati ed altri per giurisdizione avuta solamente dal Papa per legge ecclesiastica, ma per autorità divina, benchè dipendente, ed anche originata nell'esercizio dal sommo Pontefice.» Del rimanente, se non erriamo, ci sembra di conoscere da buona fonte, che nel tempo, in cui stiamo dettando il presente opuscolo, alcuni di coloro, i quali avevano qualche dubbio intorno alla sola quistione speculativa, l'abbiano già deposto, e siano venuti completamente nel nostro avviso.
Abbiamo detto, che per diritto divino debbono essere invitati al Concilio i soli Vescovi. Questo però non esclude, che i Romani Pontefici possano accordare ad altri ecclesiastici il privilegio di poter sedere nell'adunanza generale de' Pastori della Chiesa, e darvi anche il suffragio deliberativo, se così credono. Di fatti un tale privilegio è accordato ai Cardinali di Santa Chiesa, i quali non si trovassero insigniti del carattere episcopale, sì perchè essi nei loro titoli Cardinalizii hanno una giurisdizione quasi vescovile; e sì perchè sono collaterali del Papa, e speciali sue membra. Medesimamente, oltre i Patriarchi ed i Primati, i quali hanno pure il carattere episcopale, vantano lo stesso privilegio di dare il voto deliberativo i Generali degli Ordini religiosi, e gli Abati benedetti ed esenti, mentre costoro anche esercitano giurisdizione sui loro sudditi.



Salmo XXI 17 (v. 16 nella Bibbia Martini): «[...] concilium malignantium obsedit me - una turba di maligni mi ha assediato.» Vecchio Testamento ecc. tradotto ed annotato da Mons. Antonio Martini, tomo X, Firenze 1784 pag. 104.
Salmo CX 1: «I. Confitebor tibi Domine in toto corde meo: in consilio justorum, & congregatione. I. A te darò laude, o Signore, con tutto il cuor mio: nel consesso de' giusti, e nell'adunanza.»
Mons. Martini commenta:
«Vers. I. A te darò laude, o Signore, ec. I Padri suppongono, che ella è la Chiesa di Cristo, che parla. Nel consesso de' giusti , e nell'adunanza. I giusti sono i fedeli detti anche santi, perchè specialmente chiamati alla giustizia, e alla santità: ma secondo la forza della voce Ebrea corrispondente a quella concilio  della nostra Volgata si distingue da molti il consesso de' giusti dall'adunanza de' giusti, essendo il primo una ristretta, o sia privata società: laddove l'adunanza dinota tutto il corpo intero della Chiesa riunito sotto de' suoi pastori. Dice adunque: celebrerò di tutto cuore le tue lodi sì nelle particolari, e ristrette adunanze, come in tutta la congregazione de' tuoi fedeli.» Vecchio Testamento ecc. tradotto ed annotato da Mons. Antonio Martini, tomo XI, Firenze 1784 pag. 180.
Atti V, 41. «Et illi quidem ibant gaudentes a conspectu concilii, quoniam, digni habiti sunt pro nomine Jesu contumeliam pati. - 41. Ed essi se ne andavan contenti dal cospetto del consiglio, per essere stati fatti degni di patir contumelia pel nome di Gesù.» Nuovo Testamento ecc. A. Martini tomo III. Firenze 1790 pag. 57-58
La Civiltà Cattolica, anno XX, serie VII, vol. VIII, Roma 1869 pag. 214:
Cose spettanti al futuro Concilio. II.: Rivista bibliografica: 2. Dei Concilii ecumenici in generale, ed in ispecie del Concilio vaticano, per Raffaele Coppola, Prelato Protonotario apostolico ad instar participantium, membro dell'almo Collegio dei Teologi di Napoli. Napoli, presso l'autore strada Orticello n. 42; pr. lira una. In 16.° gr. di pag. 146.
Questo trattatello, per esattezza di dottrina teologica e canonica e per copia di opportuna erudizione, non è secondo ad alcuno dei tanti libretti istruttivi per le persone colte, che abbiam letti ed annunziati sullo stesso argomento. Tre ne sono segnalati, tra gli altri dal ch. Autore nella prefazione; cioè il Catechismo ragionato del P. Franco, i Dialoghi del prof. Livizzani Cirelli, e l'Istruzione parimente a dialogo di mons. Rota. «Del resto, soggiunge mgr. Coppola, ad otto, dieci, o venti scrittori sul medesimo argomento, perchè non potrebbe aggiungersene un altro? Oltre a ciò, senza pericolo di vanità, possiamo assicurarti, che tranne le cose sostanziali (nelle quali conviene pure che gli autori sviluppino le medesime teorie cattoliche, se non vogliono spropositare); del rimanente in questo nostro libriccino troverai tante coserelle e notiziucce, che indarno cercheresti negli altefati [= suddetti, N.d.R.] opuscoli, i quali se non le contengono, non è certo per difetto di quelli, ma perchè sono stati scritti con altro scopo.» E per verità a noi sembra che anche dopo letti non pochi altri opuscoli, si leggera per volentieri ancor questo dalle persone colte, con nuovo profitto e con nuovo diletto.
L'Unità Cattolica, 22 Settembre 1869 Num. 219:
«Dacchè si è cominciato a parlare del Concilio Vaticano molti libri son venuti fuori e tra essi ve ne sono non pochi pregevolissimi; però ciascuno ha preso di mira alcuni punti soltanto e quivi si è fermato. Il libro che annunciamo ha esaurito la materia da tutti i lati. Sono 146 pagine nelle quali l'Autore con vasta comprensione ha saputo abbracciare, stringere e condensare quanto dagli antichi e dai moderni siasi scritto in volumi, in trattati, in opuscoli intorno ai Concilii. Scrittura più piena, più chiara, più dilettevole difficilmente può incontrarsi e si fa leggere con sommo piacere dall'Uomo di Lettere egualmente che dalla donna e dal fanciullo. Chi comincia ad assaporarne il primo periodo difficilmente s'induce a lasciare il libro se prima non l'abbia letto e riletto da capo a fondo. In trentacinque capitoli si trova quanto può dirsi sull'origine, sulla natura, sullo scopo, sui requisiti di un Concilio Ecumenico. Quindi ti descrive i diversi suoi componimenti, gli ufficiali, il luogo delle riunioni, la differenza che passa tra le Congregazioni e le sessioni, il luogo che ciascuno deve occupare, l'obbligo dell'intervento e le pene che s'incorrono dai contumaci e da coloro che frappongono ostacoli etc. Viene poi al Concilio Vaticano e ne descrive lo scopo, i vantaggi che se ne sperano. Quindi fa passaggio alla parte pratica e cerimoniale che tanto stuzzica la curiosità e fa vedere e toccare con mano l'aula del Concilio, l'apparato, le processioni, le diverse fogge dei riti pontificali, le cerimonie dell'apertura, della continuazione e della chiusura, tutto con dottrina erudizione ed aggiustatezza. Ma noi abbiamo detto che il libro è tutto succo e non riesce facile il riassumere quello che in esso si contiene.

Bisogna dunque leggerlo e siamo certi che i lettori troveranno che non ne abbiamo detto molto.»


«Serqua» = «gran quantità».

Ef. IV 11: «11. Et ipse dedit quosdam quidem (1 Cor. 12. 28.) Apostolos, quosdam autem prophetas, alios vero evangelistas, alios autem pastores, & doctores
11. Ed egli altri costituì Apostoli, altri profeti, altri evangelisti, altri pastori, e dottori, [...]»
Mons. A. Martini commenta:
«Vers. 11. Ed egli altri costituì Apostoli, ec. Novera i principali doni dati da Cristo alla sua Chiesa, o sia i diversi stati ed uffici, che furono da lui ordinati per l'edificazione del suo mistico corpo; e primieramente gli Apostoli, a' quali fu data la pienezza della grazia e della potestà per formare e governare il popolo di Dio. Agli Apostoli unisce immediatamente i profeti, come sopra III. 5. I. Cor. XII. 24. perchè questi , come abbiam già detto più volte, erano dotati di special grazia, e sapienza per la sposizione delle scritture e particolarmente dei libri profetici del vecchio testamento, onde utilissimo era il lor ministero, e per convincere gl'infedeli, e per confermare i neofiti nella fede. Evangelisti erano quelli, che avevano singolarmente il dono della predicazione, ed erano per lo più aiuti, e compagni degli Apostoli.
Pastori e dottori. Secondo s. Agostino un solo ufficio, e ministero significano queste due parole, che è quello de' Vescovi, i quali ottimamente vengono descritti col titolo di pastori, e dottori, perchè ad essi si spetta di pascere il popolo con la parola di Dio, e con la dottrina


Nuovo Testamento ecc. tradotto ed annotato da Mons. Antonio Martini, tomo IV, Firenze 1791 pag. 374-375.







NOTE:

[1] Concilium est, in quo iudices inter se conferunt de agendis, part. 2, quaest. 158, art. 4, ad 2.
[2] Dicitur in genere Concilium, coetus, congregatio, coadunatio, sive collectio personarum, in unum, auctoritate superioris disposita, ad tractandum communi intentione de rebus necessariis de Concilio, lib. 1.
[3] Ps. 110. v. 1. — Ps. 21 v. 17.
[4] Act. 5. 41.
[5] De Synod. dioecesan. lib. 1. cap. 1.
[6] Num. cap. II. v. 16.
[7] Deuter. cap. 17. v. 8.
[8] Principia iur. eccl. univers. tom. I, quaest. 3, cap. I. § VI.
[9] Matth. cap. 18, v. 20.
[10] In evang. Matth. cap. 18 v. 20.
[11] Conciliorum origo in nova lege, ex communi Sanctorum Patrum calculo, a Christe Domino deducitur, ut habetur Matth. cap. 18: Ubi sunt duo, vel tres etc. Cuiusmodi verba, ex antiquissima constantique traditione (quae regula est ad iudicandum certissima, quinam sit germanus sacrarum Scripturarum sensus) exponi consuevisse didicimus de divina in rebus fidei Conciliorum generalium auctoritate atque infallibilitate. — Sacrosancta Concilia oecumenica, prolegomenis et Commentariis illustrata, auctore Josepho Catalano, tom. 1. — Prolegom. cap. 3.
[12] Act. Apost. Cap. 15.
[13] Il detto opuscolo trovasi aggiunto, come appendice, alla celebre opera del Cardinal Giacobazzi, al vol. 18 della Collezione de' Concilii del Labbè.
[14] De Conciliis et Ecclesia lib. I. cap. IX et X.
[15] Luc. cap. 22 v. 32.
[16] Quasi nulla haeresis aliquando, nisi Synodi congregatione damnata sit, cum potius rarissimae inveniatur, propter quas damnandas necessitas talis extiterit: multoque sint, atque incomparabiliter plures, quae ubi extiterunt, illico improbari, damnarique meruerunt, atque inde per ceteras terras devitandae innotescere potuerunt. Lib. 4. ad Bonifac. cap. 12.
[17] Lib. 3 de potest. Pap. cap. 6 in princ. et vers. 5.
[18] De Concilio, lib. 3. Quis congreget Concilium.
[19] Unde in proposito, ad Papam spectat congregatio, inquit Isidorus, in quodam capite Canonum: ipse inquit: Synodorum vero congregandorum auctoritas Apostolicae Sedi commissa est; nec ullam Synodum generalem ratam esse credimus, sive legimus, quae eius non fuerit auctoritate congregata, vel fulcita: hoc auctoritas testatur Canonica; hoc historia ecclesiastica comprobat; hoc Sancti Patres confirmant. Card. Iacobatius, ubi supr.
[20] Scimus, in Nicoena magna Synodo ab omnibus Episcopis esse concorditer roboratum, non debere absque Romani Pontificis sententia Concilia celebrari — vide Catalani — Sacrosanct. Concil. oecum. tom. I. cap. VII.
[21] Dudum a Sanctis Apostolis, successoribusque eorum, in antiquis descriptum est tabulis, quae hactenus universalis Apostolica tenet Ecclesia, non oportere, praeter conscientiam Romani Pontificis concilia celebrari ... quoniam Sanctam Romanam Ecclesiam Primatum omnium Ecclesiarum esse voluerunt. apud Gratiam. Can. 9. cam. 3. quaest. 6.
[22] Vedi il sopra citato Catalani, nel luogo anzidetto.
[23] Et ideo ad solam auctoritatem Summi Pontificis pertinet nova editio Symboli, sicut et omnia alia, quae pertinent ad totam Ecclesiam: ut congregare Synodum generalem. — E poco più giù, soggiunge: Unde pertinet ad Summum Pontificem, cuius auctoritate Synodus congregatur, et cuius sententia confirmatur. 2. 2, quart. I. articolo 10.
[24] Epist. 47 ad Synod. Chalcedonens.
[25] Lib. I. hist. eccl. cap. I.
[26] Lib. 2. hist. eccl. cap. 25.
[27] Ad ann. 325. Annal. num. 25.
[28] Epist. I. Patr. Conc. Chalcedon. ad Damas. Pap.
[29] Ex litter. Caelestin. ad Cyrill. Alexandrin. — et ex relat. Concil. ad Theodos. imp. act. 3.
[30] Epist. Leon Pap. ad Marcian. imp.
[31] Epist. Vigil. Pap. ad Eutich. — et epist. Iustinian. ad Patr. 5 Synod. — Harduin tom. 3.
[32] Zaccaria in Antifebbronio vendic. — Muzzarell. de auct. Rom. Pont. — epist. I. Hadrian. ad Tarasium. — epist. Hadrian. II. ad Basilium — Harduin etc.
[33] Hierem. 3.
[34] I. Petr. 5.
[35] Act. 20. 28.
[36]  Ad Iubaianum.
[37] Lib. de Synodis.
[38] Epist. 32.
[39] Lib. 2. apolog. contr. Rufin.
[40] Epist. 119.