sabato 24 settembre 2011

"Viva San Marco e l'Austria!" Vittoria di Lissa: ovvero i veneziani che hanno sconfitto l'Italia

                                Battaglia di Lissa ( 20 luglio 1866).


Il 20 luglio, storico anniversario della battaglia navale di Lissa tra la gloriosa marina veneziana fedelissima all'Impero d'Austria e la marina del neonato Stato italiano, è per i Veneti una vittoria da celebrare. Lo ricorda Ettore Beggiato, esponente del movimento Unione Nordest. “A Lissa il 20 luglio 1866 – sottolinea Beggiato - gli eredi della Serenissima (veneti, giuliani istriani e dalmati), ossatura della marina asburgica, sconfissero la marina tricolore (che brillava per la rivalità tra le tre componenti, sarda, siciliana e napoletana) che tanto baldanzosamente aveva affrontato la battaglia, forte della propria superiorità numerica e bellica”.

EQUIPAGGI DI FERRO. Secondo l'esponente di Unione Nordest, il detto “navi di legno con equipaggi di ferro contro navi di ferro con equipaggi di legno”, coniato per l'occasione, fotografa mirabilmente lo scontro navale, e aggiunge: “Le sconfitte di Lissa e di Custoza caratterizzarono la III guerra di indipendenza dell'Italia”. Campagna militare ben poco lusinghiera conclusa con l'umiliazione internazionale: l'Austria, sconfitta dalla Prussia, dovette abbandonare il Veneto che, però, non venne direttamente ceduto all'Italia: “Fu prima passato alla Francia e – ricorda Beggiato - da questa 'girato' ai Savoja proprio per rendere palese il 'prestigio' internazionale del regno tricolore in quegli anni”.

PLEBISCITO TRUFFA. “Per non parlare – conclude - di quel plebiscito-truffa (21-22 ottobre 1866) attraverso il quale il Veneto venne annesso al Regno d'Italia che rimane negli annali della storia come una delle votazioni più truccate, e che si tenne, tra l'altro, due giorni dopo che il Veneto era già stato 'passato' ai Savoia in una oscura stanza dell'Hotel Europa lungo il Canal Grande”.

Di seguito pubblichiamo l'interessante documentazione storica di Ettore Beggiato sulla Vittoria di Lissa.

20 LUGLIO 1866, PER I VENETI UNA VITTORIA DA RICORDARE!

“Navi di legno con equipaggi di ferro, contro navi di ferro con equipaggi di legno”.

BASE NAVALE. Lissa isola nel mare Adriatico è la più lontana dalla costa dalmata, conosciuta nell'antichità come Issa, più volte citata dai geografi greci. Fu base navale della Repubblica Veneta fino al 1797. Il "fatal 1866" iniziò politicamente a Berlino con la firma del patto d'Alleanza fra l'Italia e la Prussia l'otto di aprile.

AUSTRIA E PRUSSIA. Il 16 giugno scoppiò la guerra fra Prussia e Austria e il 20 giugno con il proclama del re l'Italia dichiarò guerra all'Austria; la baldanza degli italiani fu però prontamente smorzata poche ore dopo (24 giugno) a Custoza ove l'esercito tricolore fu sconfitto dall'esercito asburgico (nel quale militavano i soldati veneti). Fra il 16 e il 28 giugno le armate prussiane invasero l'Hannover, la Sassonia e l'Assia ed il 3 luglio ci fu la vittoria dei prussiani a Sadowa. Due giorni dopo l'impero asburgico accettò di cedere il Veneto alla Francia (con il tacito accordo che fosse poi dato ai Savoia) pur di concludere un armistizio. In Italia furono però contrari a tale proposta che umiliava le forze armate italiane e, viste le penose condizioni dell'esercito dopo la batosta di Custoza, puntarono sulla marina per riportare una vittoria sul nemico che consentisse loro di chiudere onorevolmente (una volta tanto) una guerra.

MARINA VENETA Gli italiani non potevano certo pensare di trovare sul loro cammino i Veneti, ossatura della marina austriaca. La marina militare austriaca era praticamente nata nel 1797 e già il nome era estremamente significativo: "Oesterreich-Venezianische Marine" (Imperiale e Regia Veneta Marina). Equipaggi ed ufficiali provenivano praticamente tutti dall'area veneta dell'impero (veneti in senso stretto, giuliani, istriani e dalmati popoli fratelli dei quali non possiamo dimenticare l' attaccamento alla Serenissima) (1) e i pochi "foresti" ne avevano ben recepito le tradizioni nautiche, militari, culturali e storiche. La lingua corrente era il veneto, a tutti i livelli.

ULTIMA VITTORIA. Nel 1849 dopo la rivoluzione veneta capitanata da Daniele Manin c'era stata, è vero, una certa "austricizzazione": nella denominazione ufficiale l'espressione "veneta" veniva tolta, c'era stato un notevole ricambio tra gli ufficiali, il tedesco era diventato lingua "primaria". Ma questo cambiamento non poteva essere assorbito nel giro di qualche mese; e non si può quindi dar certo torto a Guido Piovene, il grande intellettuale veneto del novecento, che considerava Lissa l'ultima grande vittoria della marina veneta-adriatica. (2) (Ultima almeno per il momento aggiungo io: cosa sono 130 anni di presenza italiana in territorio veneto di fronte ai millenni della nostra storia, dell'autogoverno veneto ?).

LINGUA VENETA. I nuovi marinai infatti continuavano ad essere reclutati nell'area veneta dell'impero asburgico, non certo nelle regioni alpine, e il veneto continuava ad essere la lingua corrente, usata abitualmente anche dall'ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff che aveva studiato (come tutti gli altri ufficiali) nel Collegio Marino di Venezia e che era stato "costretto" a parlar veneto fin dall'inizio della sua carriera per farsi capire dai vari equipaggi. La lingua veneta contribuì certamente ad elevare la compattezza e l'omogeneità degli equipaggi; estremamente interessante quanto scrive l'ammiraglio Angelo Iachino (3) : " ...non vi fu mai alcun movimento di irredentismo tra gli equipaggi austriaci durante la guerra, nemmeno quando, nel luglio del 1866, si cominciò a parlare della cessione della Venezia all'Italia."

I VENETI CON L'AUSTRIA. Né in terra, né in mare i veneti erano così ansiosi di essere "liberati" dagli italiani come certa storiografia pretenderebbe di farci credere. Pensiamo che perfino Garibaldi "s'infuriò perchè i Veneti non si erano sollevati per conto proprio, neppure nelle campagne dove sarebbe stato facile farlo!"(4).

MISERIE TRICOLORI. La marina tricolore brillava solamente per la rivalità fra le tre componenti e cioè la marina siciliana ( o garibaldina), la napoletana e la sarda. Inoltre i comandanti delle tre squadre nelle quali l'armata era divisa, l'ammiraglio Persano, il vice ammiraglio Albini ed il contrammiraglio Vacca erano separati da profonda ostilità. E la lettura del quotidiano francese "La Presse" è estremamente interessante: "Pare che all'amministrazione della Marina italiana stia per aprirsi un baratro di miserie: furti sui contratti e sulle transazioni con i costruttori, bronzo dei cannoni di cattiva qualità, polvere avariata, blindaggi troppo sottili, ecc.Se si vorranno fare delle inchieste serie, si scoprirà ben altro".(5)

GRANDE SUPERIORITA' NUMERICA. Si arrivò così alla mattina del 20 luglio. "La Marina italiana aveva, su quella austriaca, una superiorità numerica di circa il 60 per cento negli equipaggi e di circa il 30 per cento negli ufficiali. Ma il nostro personale proveniva da marine diverse e risentiva del regionalismo ancora vivo nella nazione da poco unificata e in particolare del vecchio antagonismo fra Nord e Sud".(6)

GRAVI PERDITE ITALIANE. E così in circa un'ora l'abilità del Tegetthoff ed il valore degli equipaggi consentì alla marina austro-veneta (come la chiamano ancor oggi alcuni storici austriaci) di riportare una meritata vittoria. Le perdite furono complessivamente di 620 morti e 40 feriti, quelle austro-venete di 38 morti e 138 feriti (7). La corazzata "Re d'Italia", speronata dall'ammiraglia Ferdinand Max, affondò in pochi minuti con la tragica perdita di oltre 400 uomini, la corvetta corazzata Palestro colpita da un proiettile incendiario esplose trascinando con se oltre 200 vittime.

VIVA SAN MARCO!!! E quando von Tegetthoff annunciò la vittoria, gli equipaggi veneti risposero lanciando i berretti in aria e gridando: "Viva San Marco!!!" (8). Degno di menzione è anche il capo timoniere della nave ammiraglia “Ferdinand Max”, Vincenzo Vianello di Pellestrina, detto “Gratton”, il quale agli ordini di Tegetthoff manovrò abilmente la nave per speronare ed affondare l’ammiraglia “Re d’Italia”, guadagnandosi la medaglia d’oro imperiale assieme a Tomaso Penso di Chioggia. Famoso è nella tradizione il comando che Tegetthoff diede a Vianello: “Daghe dosso, Nino, che la ciapemo!”. (9) Così si rivolse l'ammiraglio Tegetthoff a Vincenzo Vianello da Pellestrina, capo timoniere della nave "F. Max".

ARMI STRANIERE. Alla fine, nonostante le vittorie di Custoza e Lissa, il Veneto passò all'Italia. E a Napoleone III, imperatore dei francesi, non resterà che dire riferendosi agli italiani: "Ancora una sconfitta e mi chiederanno Parigi". (10) E Giuseppe Mazzini su "Il dovere" del 24 Agosto 1866: "E' possibile che l'Italia accetti di essere additata in Europa come la sola nazione che non sappia combattere, la sola che non possa ricevere il suo se non per beneficio d'armi straniere e concessioni umilianti dell'usurpatore nemico?"

Wilhelm von Tegetthoff (Marburgo, 23 dicembre 1827Trieste, 7 aprile 1871).