Firma della pace di Zurigo siglata tra il 10 e 11 novembre 1859.
8 AGOSTO - A Zurigo, si apre la conferenza di Pace per dar seguito all'Armistizio di Villafranca. L'Austria aveva posto il veto alla partecipazione del Regno di Sardegna (lo abbiamo già letto quanto poca considerazione aveva Francesco Giuseppe per gli italiani e soprattutto per Cavour) ma Napoleone III riesce a far ammettere anche i plenipotenziari del regno sabaudo. Che sono però pesci fuori acqua. Non possono decidere nulla, e nulla ribattere. Sul tavolo restava ben in evidenza quello che aveva firmato Vittorio Emanuele a Villafranca. Altro non potevano dire, nè fare, ed era perfino superflua la loro presenza.
I preliminari della pace essendo già stabiliti tra gli Imperatori di Francia e Austria, non rimaneva più che procedere alla conclusione di un Trattato solenne. Era stata scelta la città di Zurigo in Svizzera, volendola così premiare della neutralità da essa mantenuta durante la guerra.
Dei tre Stati dunque interessati, rappresentavano la Francia il Conte Bourqueney e il March. di Banneville, l’Austria il Barone di Meysembug e il Conte Karoly, il Piemonte il Cav. Desambrois. Questi doveva chiedere che le fortezze di Mantova e Peschiera restassero unite alla Lombardia; e che questa non passasse al Piemonte alcuna parte del debito austriaco; fosse rispettato il così detto voto delle popolazioni della Italia centrale; alla Sardegna spettasse la direzione militare e diplomatica nella Confederazione Italiana; al Re di Sardegna venisse restituita la Corona di ferro: tali erano le istruzioni sabaude date al Desambrois.
Ma poi l’8 agosto riunitosi i plenipotenziarî per la prima volta, l’inviato sardo si astenne dall’intervenire alle conferenze che poi si tennero solo tra i plenipotenziarî francesi ed austriaci, nelle quali venne stabilita la cessione della Lombardia che l’Austria faceva alla Francia, dalle mani della quale doveva poi riceverla il Piemonte; per il che tra i soli plenipotenziarî di Francia e d’Austria doveva pattuirsi la cessione, e, fatto l’accordo tra i due Imperi, rimaneva solo al Piemonte libero di accettare o rifiutare il dono della Lombardia.
Intanto venivano pubblicati da parte dell’Austria e della Prussia i documenti diplomatici relativi alla questione della mediazione, una delle cause che avevano prodotto il repentino cessare della guerra, mediazione che da quei documenti appare proposta dalla Francia per mezzo dell’Inghilterra, e dopo che questa e la Russia ebbero dichiarato, non meno chiaramente della Prussia: non aver esse avuta nessuna parte nella proposta della mediazione che arrestò improvvisamente i combattenti forzandoli a deporre le armi. In seguito sarebbe sembrato che la buona intelligenza tra l’Austria e quelle Potenze dovesse rinascere, od almeno non dovessero più ripetersi da parte sua i lamenti del sofferto abbandono. Era quasi certo che l’Austria si mantenesse nei sentimenti espressi nel manifesto imperiale, e che le relazioni tra Prussia e Austria ne rimanessero piuttosto raffreddate.
Infatti parecchi giornali austriaci, fra i più importanti, letti gli accennati documenti, ne traevano per conseguenza che l’Austria fosse stata tradita dalla Prussia. La Gazzetta Austriaca diceva, che la Prussia non concesse altro all’Austria, che l’offerta della sua mediazione: cosa altrettanto facile ma inutile. E a far capire la inanità dell’offerta, chiedeva se la Prussia sarebbe stata contenta dell’Austria nel caso, che essendo le sue province Prussiane o quelle di Posen invase dal nemico, l’Austria si contentasse di impedire che l’Alemagna le venisse in aiuto; offrisse però la sua mediazione pregando umilmente il nemico di concedere quelle province a qualche principe secondogenito della casa di Prussia. La Gazzetta di Vienna poi affermava che l’esercito prussiano non per altro era stato posto in stato di guerra, solo per contenere l’Annover, la Sassonia, la Baviera e il Wurtemberg pronti a difendere la corona austriaca. Purtroppo fin d’allora era nei disegni della frammassoneria (Prussia e C.) la distruzione del Cattolico Impero degli Asburgo a profitto dei Luterani Hohenzollern: si faceva di tutto per indebolirlo.
Ma ecco cosa si decise al trattato. Ignorando del tutto i Sabaudi. Loro dovevano solo leggere e basta. E attenersi alle disposizioni.
Trattato di Zurigo
"Art. 1. Vi sarà per l’avvenire, pace ed amicizia tra Sua Maestà l’Imperatore de’ Francesi, e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria, come ancora tra i loro eredi e successori, i loro Stati e sudditi respettivi.
"Art. 2. I prigionieri di guerra saranno immediatamente resi da una parte e dall’altra.
"Art. 3. Per attenuare i mali della guerra, e per una derogazione eccezionale, alla giurisprudenza generalmente consacrata, i bastimenti Austriaci catturati, che non poterono ancora essere oggetto di una condanna da parte del consiglio delle catture, saranno restituiti.
"I bastimenti e carichi saranno restituiti nello stato in cui si troveranno, nel momento della consegna, dopo il pagamento di tutti gli sborsi e di tutte le spese alle quali avranno potuto dar luogo la condotta la guardia e l’istruzione delle dette catture, come ancora del nolo dovuto ai catturatori; e in fine, non potrà essere reclamata alcuna indennità per ragione di catture colate a fondo o distrutte, non meno che per i sequestri operati sulle mercanzie, che erano proprietà nemiche, quando anche esse non fossero state ancora oggetto di una decisione del consiglio delle catture.
"È ben inteso d’altra parte che i giudizi pronunziati dal consiglio delle catture sono definitivi, ed attribuiti agli aventi diritto.
"Art. 4. Sua Maestà l’Imperatore d’Austria rinunzia per sé e per tutti i suoi discendenti e successori, in favore di Sua Maestà l’Imperatore de’ Francesi, ai suoi diritti e titoli sulla Lombardia, ad eccezione delle fortezze di Peschiera e di Mantova, e dei territori determinati dalla nuova delimitazione che restano in possesso di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica.
"La frontiera, partendo dal limite meridionale del Tirolo, sul lago di Garda, seguirà il mezzo del lago fino all’altezza di Bardolino e di Manerba; ove essa raggiungerà in linea retta il punto d’intersecazione della zona di difesa della piazza di Peschiera con il lago di Garda.
Questa zona sarà determinata da una circonferenza il cui raggio calcolato a partire dal centro della piazza, è fissato a 3,500 metri, più la distanza del detto centro alla spianata del forte il più avanzato. Dal punto d’intersecazione della circonferenza così disegnata col Mincio, la frontiera seguirà il Thalweg della riviera fino alle Grazie, si estenderà dalle Grazie in linea diretta, fino a Scarzarolo, seguirà il Thalweg del Po fino a Luzzara, punto a partire dal quale non è nulla cambiato ai limiti attuali, tali quali esistevano prima della guerra.
"Una commissione militare istituita dai Governi interessati sarà incaricata di eseguire il disegno sul terreno nel più breve termine possibile.
"Art. 5. Sua Maestà l’Imperatore de’ Francesi dichiara la sua intenzione di rimettere a Sua Maestà il Re di Sardegna i territori ceduti in virtù dell’articolo antecedente.
"Art. 6. I territori ancora occupati, in virtù della convenzione dell’8 luglio passato, saranno reciprocamente evacuati dalle Potenze belligeranti, le milizie delle quali si ritireranno immediatamente al di là dei confini determinati dall’articolo 4°.
"Art. 7. Il nuovo Governo della Lombardia prenderà a carico suo i tre quinti del debito del Monte Lombardo-Veneto.
"Egli si accollerà egualmente una parte del prestito Nazionale del 1854, fissato tra le alte parti contraenti a quaranta milioni di fiorini (moneta di convenzione).
"Il modo di pagamento di questi quaranta milioni di fiorini, sarà determinato in un articolo addizionale.
"Art. 8. Una commissione internazionale sarà immediatamente istituita per procedere alla liquidazione del Monte Lombardo-Veneto, la divisione dell’attivo e passivo di questo stabilimento si effettuerà prendendo a base la ripartizione di tre quinti per il nuovo Governo, e di due quinti per l’Austria.
"Dall’attivo del fondo d’ammortizzamento del Monte e della sua cassa di depositi consistente in effetti pubblici, il nuovo Governo riceverà tre quinti, e l’Austria due quinti; e quanto alla partita dell’attivo, che si compone di beni rustici o di crediti ipotecarî, la commissione effettuerà le ripartizioni tenendo conto della situazione degli immobili, in maniera da attribuirne la proprietà, per quanto sarà possibile a quello dei due Governi sul territorio del quale saranno situati.
"Quanto alle differenti categorie di debiti iscritti, sino al 4 Giugno 1859, sul Monte Lombardo-Veneto, ed ai capitali messi a interesse nella cassa dei depositi del fondo d’ammortizzamento, il nuovo Governo si obbliga per tre quinti, e l’Austria per due quinti, sia di pagare gl’interessi, sia di rimborsare il capitale, conforme ai regolamenti fino ad oggi in vigore. I titoli di credito di sudditi Austriaci entreranno di preferenza nella quota dell’Austria che, in termine di tre mesi, a datare dallo scambio delle ratificazioni, o piuttosto se può farsi, trasmetterà al nuovo Governo di Lombardia quadri specificati di questi titoli.
"Art. 9. Il nuovo Governo di Lombardia succede ai diritti ed obblighi risultanti da contratti regolarmente stipulati dall’amministrazione austriaca per gli oggetti d’interesse pubblico concernenti specialmente il paese ceduto.
"Art. 10. Il Governo Austriaco rimarrà incaricato del rimborso di tutte le somme versate dai sudditi Lombardi, dai Comuni stabilimenti pubblici e Corporazioni religiose, nelle casse pubbliche austriache, a titolo di cauzioni, depositi e consegne. Egualmente i sudditi austriaci, Comuni, stabilimenti pubblici e Corporazioni religiose, che avranno versato somme, a titolo di cauzioni, depositi o consegne nelle casse della Lombardia, saranno esattamente rimborsati dal nuovo Governo.
"Art. 11. Il nuovo Governo di Lombardia riconosce e conferma le concessioni delle vie-ferrate, accordate dal Governo Austriaco sul territorio ceduto, in tutte le loro disposizioni, e per tutta la loro durata, e segnatamente le concessioni risultanti da contratti conchiusi in data del 14 Marzo 1856, 8 Aprile 1857, e 23 Settembre 1858.
"A partire dallo scambio delle ratificazioni del presente Trattato il nuovo Governo è surrogato a tutti i diritti e a tutte le obbligazioni che risultavano per il Governo Austriaco, dalle concessioni succitate, in ciò che concerne le linee di vie-ferrate situate sul territorio ceduto.
"In conseguenza, il diritto di devoluzione che apparteneva al Governo Austriaco circa quelle vie-ferrate, è trasferito al nuovo Governo di Lombardia.
"I pagamenti che rimangono a farsi sulla somma dovuta allo Stato dai concessionarî, in virtù del contratto del 14 Marzo 1856, come equivalente delle spese di costruzione di dette ferrovie, saranno effettuati integralmente nel tesoro austriaco.
"I crediti degli intraprendenti di costruzioni e dei fornitori, egualmente che le indennità per espropriazioni di terreni, riferentisi al periodo in cui le vie-ferrate in questione erano amministrate per conto dello Stato e che non sarebbero stati ancora saldati, saranno pagati dal Governo Austriaco, e, per quel tanto che essi sono tenuti, in virtù dell’atto di concessione, dai concessionarî a nome del Governo Austriaco.
"Una convenzione speciale regolerà, nel più breve termine possibile, il servizio internazionale delle vie-ferrate tra i paesi rispettivi.
"Art. 12. I sudditi lombardi domiciliati sul territorio ceduto col presente trattato, godranno, durante lo spazio di un anno a datare dal giorno dello scambio delle ratificazioni e mediante una dichiarazione antecedente dell’autorità competente, della facoltà piena ed intera di asportare i loro beni mobili con franchigia di diritti, e di ritirarsi, con le loro famiglie, negli Stati di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica; nel qual caso la qualità di sudditi austriaci sarà loro mantenuta. Essi saranno liberi di conservare i loro immobili situati sul territorio della Lombardia.
"Eguale facoltà è accordata reciprocamente agli individui originarî del territorio ceduto di Lombardia, stabiliti negli Stati di Sua Maestà l’Imperatore d’Austria.
"I Lombardi che profitteranno delle presenti disposizioni non potranno essere, a motivo della loro scelta, inquietati, né da una parte né dall’altra, nelle loro persone o nelle loro proprietà situate negli Stati rispettivi.
"Lo spazio di un anno è esteso a due anni per i sudditi originarî del territorio ceduto della Lombardia, che all’epoca dello scambio delle ratificazioni del presente Trattato si trovavano fuori del territorio della Monarchia Austriaca. La loro dichiarazione potrà essere dalla rappresentanza austriaca la più vicina, o dall’autorità superiore di una provincia qualunque della Monarchia.
"Art. 13. I sudditi Lombardi che fanno parte dell’armata Austriaca, ad eccezione di quelli che sono originarî della parte del territorio lombardo riservato a Sua Maestà l’Imperatore d’Austria col presente Trattato, saranno immediatamente liberati dal servizio militare, e restituiti ai loro focolari.
"Resta inteso, che quelli fra di essi che dichiareranno di voler restare al servizio di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica non saranno per nulla inquietati per ciò, sia nelle loro persone, sia nelle loro proprietà.
"Le medesime garanzie sono assicurate agli impiegati civili originarî della Lombardia che manifesteranno l’intenzione di conservare le funzioni che occupano al servizio dell’Austria.
"Art. 14. Le pensioni, tanto civili che militari, regolarmente liquidate, e che erano a carico delle casse pubbliche della Lombardia restano pagabili ai loro titolari, e se vi ha luogo, alle loro vedove ed ai loro figli, e saranno pagate nell’avvenire dal nuovo Governo di Lombardia.
"Questa stipolazione si estende ai pensionati, tanto civili che militari, come ancora alle loro vedove e figli, senza distinzione di origine, che conserveranno il loro domicilio nel territorio ceduto, e gli stipendi dei quali, soddisfatti fino dal 1814 dal passato Regno d’Italia, sono allora passati a carico del tesoro austriaco.
"Art. 15. Gli archivi contenenti i titoli di proprietà e documenti amministrativi e di giustizia civile sia relativi alla parte della Lombardia il cui possesso è riservato a Sua Maestà l’Imperatore d’Austria col presente Trattato, sia alle province Venete, saranno rimessi ai Commissarî di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica, appena si potrà fare.
"Reciprocamente, i titoli di proprietà, documenti amministrativi e di giustizia civile concernenti il territorio ceduto, che possono trovarsi negli archivi dell’Impero Austriaco saranno rimessi ai Commissarî del nuovo Governo di Lombardia.
"Le alte parti contraenti si obbligano a comunicarsi reciprocamente, sulla domanda delle autorità amministrative superiori, tutti i documenti e informazioni relative agli affari concernenti ad un tempo la Lombardia e la Venezia.
"Art. 16. Le corporazioni religiose stabilite in Lombardia potranno liberamente disporre delle loro proprietà mobili ed immobili, nel caso che la nuova legislazione, sotto la quale esse passano, non autorizzasse la conservazione dei loro stabilimenti.
"Art. 17. Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi si riserva di trasferire a Sua Maestà il Re di Sardegna nella forma consacrata dalle transazioni internazionali, i diritti ed obbligazioni risultanti dagli articoli 7, 8, 9 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 del presente Trattato, come ancora dall’articolo addizionale menzionato nell’articolo 7.
"Art. 18. Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria si obbligano a favorire con tutti i loro sforzi la creazione di una Confederazione tra gli Stati Italiani, che sarà posta sotto la presidenza onoraria del S. Padre, e lo scopo della quale sarà di mantenere l’indipendenza e l’inviolabilità degli Stati confederati, di assicurare lo svolgimento de’ loro interessi morali e materiali e di garantire la sicurezza interna ed esterna dell’Italia con l’esistenza di un’armata federale.
"La Venezia, che rimane posta sotto la corona di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica, formerà uno degli Stati di questa Confederazione, e parteciperà agli obblighi come ai diritti risultanti dal patto federale, le cui clausole saranno determinate da un’assemblea composta dei rappresentanti di tutti gli Stati Italiani.
"Art. 19. Le circoscrizioni territoriali degli Stati indipendenti dell’Italia, che non presero parte nell’ultima guerra, non potendo esser cambiate che col concorso delle Potenze che hanno presieduto alla loro formazione e riconosciuta la loro esistenza, i diritti del Gran Duca di Toscana, del Duca di Modena e del Duca di Parma sono espressamente riservati tra le alte parti contraenti.
"Art. 20. Desiderando veder assicurati la tranquillità degli Stati della Chiesa e il potere del S. Padre, convinti che questo scopo non potrebbe essere più efficacemente ottenuto che con l’adozione di un sistema adattato ai bisogni delle popolazioni e conforme alle generose intenzioni già manifestate dal Sovrano Pontefice, Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi e Sua Maestà l’Imperatore d’Austria uniranno i loro sforzi per ottenere da Sua Santità, che la necessità d’introdurre nell’amministrazione de’ suoi Stati le riforme riconosciute indispensabili sia presa dal suo governo in seria considerazione.
"Art. 21. Per contribuire con tutti i loro sforzi alla pacificazione degli spiriti, le alte parti contraenti dichiarano e promettono che, nei loro territorî rispettivi e nei paesi restituiti o ceduti, alcun individuo compromesso all’occasione degli ultimi avvenimenti nella penisola, di qualsiasi classe o condizione, non potrà essere inquisito, molestato o turbato nella persona o nella sua proprietà, a cagione della sua condotta o delle sue opinioni politiche.
"Art. 22. Il presente Trattato sarà ratificato, e le ratificazioni saranno scambiate a Zurigo nello spazio di quindici giorni o più presto se si può fare. In fede di che i plenipotenziarî rispettivi lo hanno firmato e vi hanno apposto il sigillo delle loro armi.
"Fatto a Zurigo, il decimo giorno del mese di Novembre dell’anno di grazia 1859.
"Firmati (L. S.) Bourqueney
(L. S.) Banneville
(L. S.) Karoly
(L. S.) Meysembug."
Articolo addizionale al Trattato firmato, tra la Francia e l’Austria, a Zurigo, il 10 Novembre 1959.
"Il Governo di Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi si obbliga verso il Governo di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica di effettuare, per conto del nuovo Governo della Lombardia, che glie ne garantirà il rimborso, il pagamento di quaranta milioni di fiorini (moneta di convenzione) stipolati dall’articolo 7 del presente Trattato, nel modo e alle scadenze qui appresso determinate:
"Otto milioni di fiorini saranno pagati in argento contante, mediante un mandato pagabile a Parigi, senza interessi, nel termine di tre mesi, a datare dal giorno della firma del presente Trattato e che sarà rimesso ai plenipotenziarî di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica al momento dello scambio delle ratificazioni.
"Il pagamento di trentadue milioni di fiorini restanti, avrà luogo a Vienna, in argento contante e in dieci versamenti successivi ad effettuare, di due in tre mesi, in lettere di cambio su Parigi, in ragione di tre milioni duecento mila fiorini (moneta di convenzione) ciascuna. Il primo di questi dieci versamenti avrà luogo due mesi dopo il pagamento del mandato di otto milioni di fiorini, come sopra stipolato. Per questo termine, come per tutti i termini seguenti, gli interessi saranno contati al cinque per cento, a datare dal primo giorno del mese che seguirà lo scambio delle ratificazioni del presente Trattato.
"Il presente articolo addizionale avrà la medesima forza e valore come se fosse inserito parola per parola al Trattato di questo giorno.
"Esso sarà ratificato in un solo atto, e le ratificazioni saranno scambiate nel medesimo tempo.
"In fede di che i plenipotenziarî respettivi hanno firmato il presente articolo addizionale e vi hanno apposto il sigillo colle loro armi.
"Fatto a Zurigo, il decimo giorno del mese di Novembre dell’anno di grazia 1859.
"Firmati (L. S.) Bourqueney
(L. S.) Banneville
(L. S.) Karoly
(L. S.) Meysembug."
Il trattato di pace era dunque compiuto, e si sarebbe detto che per uno spazio più o meno lungo di tempo dovessero riposare le armi e il bel sorriso della pace fiorire sul volto dei travagliati popoli italiani. Ma invece quel trattato sembrò quasi una scintilla per appiccare fuoco alle polveri da far saltare in aria, non solo il resto d’Italia, ma grande parte della stessa Europa. Infatti mentre gli uomini autorevoli, (molti della massoneria), tenevano esternamente il broncio, in cuor loro gioivano, ben sapendo come il trattato di Zurigo altro non fosse che un debole ostacolo al raggiungimento della unificazione d’Italia e del fine ultimo della setta, la distruzione del Papato; gli organi dei partiti di azione si mostravano non solo malcontenti, ma vogliosi e pronti a nuove guerresche imprese.
Però non erano solo i noti organi rivoluzionarî che agitavansi per agitare, lo stesso Governo Sardo senza molti riguardi, in quella che con una mano sottoscriveva il Trattato, con ambedue apparecchiava nuove imprese. Così si venivano raccogliendo fucili per la nuova guerra che nessun uomo onesto immaginava o credeva possibile in quel momento; e non si trattavano di poche migliaia di fucili da servire per uno scopo qualunque di ordine interno o di sicurezza contro ulteriori invasioni possibili di stranieri nemici, ma se ne voleva un milione. È poi da notare come questa idea fosse tutta cosa del famoso Garibaldi, il quale con febbrile attività scriveva lettere per ogni dove per aprire sottoscrizioni per acquistare questi fucili.
Il Lombardia, paese nuovo, fu presa sul serio la cosa, e il municipio di Milano si sottoscriveva per 100 mila lire. Non così al di là del Ticino, nelle antiche provincie piemontesi, dove le popolazioni si mostravano talmente stanche di questi giuochi liberaleschi, che non si osò nemmeno proporre la sottoscrizione: della quale cosa lagnavasi il Diritto, deplorando codesta specie di dissenso tra Piemontesi e Lombardi. Mazzini poi, senza esservi neppure invitato da alcuno faceva l’offerta di 200 lire, aggiungendo alla sottoscrizione alcune parole che tutti i giornali sotto gli occhi del Governo Subalpino furono solleciti di pubblicare: "Le armi, diceva egli, sono tutto per noi. È necessario che affratellandosi rapidamente in questa soscrizione, gli Italiani rivelino virili propositi e si separino finalmente da quell’indecoroso cinguettio di ottimisti codardi, che aspettano libertà e patria da una decisione di conferenze ipotetiche fra Regnanti stranieri".
[...]. Il Generale Da Bormida, Ministro Piemontese per gli affari esteri, portatosi in Francia e abboccatosi con Napoleone III a S. Cloud, ritornava a Torino con la lettera del 20 di ottobre [...], colla quale l’Imperatore dei francesi dichiaravasi vincolato dagli accordi di Villafranca, e aggiungeva essere necessario stare ai patti tracciando un programma di ordinamento d’Italia da sostenersi in un prossimo Congresso. La lettera Imperiale pubblicata pel primo dal Times, fu riprodotta da tutti i giornali del movimento, i quali però a coro dichiaravano, non doversene tener conto, doversi invece procedere innanzi con fermezza e ordine, stante che l’ordine salva le nazioni, e ripetevano il programma Napoleonico della liberazione d’Italia dall’Alpi all’Adriatico, quale unica logica che scioglie ogni questione.
Intanto Garibaldi era chiamato improvvisamente a Torino, ed aveva parecchi colloquî col Re. Si pretese allora che questi desse all’eroe dei due mondi consigli e ordini conformi alla lettera di Napoleone III; ma invece s’intendevano insieme per fare da sé.
L’attitudine del Garibaldi avendo commosso il Gabinetto delle Tuileries, il Governo piemontese lo richiamò dall’Italia centrale. Recatosi a Nizza sui primi di dicembre, passava a Savona, dove in una allocuzione annunziò pubblicamente una prossima riscossa. Quindi si portava a Genova nelle vicinanze della quale si trattenne, per essere pronto ad ogni occorrenza. Intanto a fine di essere più libero e indipendente nell’agire si dimetteva dal comando delle bande, lasciando ad altri il penoso incarico di scioglierle.
Ricapitoliano alcune date. — L’11 di Luglio si stabilivano tra i due Imperatori i preliminari di pace a Villafranca; l’8 di Agosto si adunavano i plenipotenziarî a Zurigo, per il Trattato solenne; il 20 Settembre Mazzini scriveva a Vittorio Emmanuele di osare, e rompere il Trattato prima di concluderlo; il 20 di Ottobre Napoleone scriveva a Vittorio Emmanuele perché si osservasse la pace; il 10 Novembre si sottoscriveva il Trattato di Zurigo; intanto Garibaldi veniva chiamato a Torino e si incontrava con Vittorio Emmanuele, e il 23 dello stesso mese dirigeva ai suoi compagni d’armi il suddetto proclama, vero squillo di guerra con cui si rispondeva al trattato di pace.