Fra ghigliottina, massacri, genocidi e guerre, si calcola che la Rivoluzione francese abbia fatto quasi due milioni di vittime. Eppure fin dalle elementari, nonostante che in Italia per decenni i ministri della pubblica istruzione siano stati dei cattolici praticanti e militanti, ci hanno ingannato presentandoci la Rivoluzione francese come una svolta epocale positiva in quanto precorritrice della modernità. Tutti coloro che hanno combattuto la visione antropologica e sociale della Chiesa Cattolica sono sempre stati fautori del mito positivo della Rivoluzione francese perché essa è in definitiva un anti-cristianesimo totalitario e da essa proviene l’ ideologia del liberalismo, socialismo, comunismo, sessantottismo e pannellismo… Il motore della Rivoluzione Francese fu in realtà l’odio, evidente in ogni suo episodio, stampato sul viso di ogni attore. Un odio che non si esauriva nel rigetto della legittima autorità, incarnata da Luigi XVI. Non si esauriva ...
... nemmeno nel più ampio rigetto dell’ordine allora vigente, cioè dell’ “Ancien Régime”, della sua mentalità, dei suoi valori e del suo tipo umano. Il motore della Rivoluzione francese fu un odio metafisico contro ogni gerarchia, un odio profondo, dirompente, viscerale contro ogni principio che potesse proiettare l’anima umana verso l’alto, cioè in definitiva verso il Dio dei cristiani. Questo odio ugualitario si scagliò con particolare ferocia contro il Sacro, contro cioè ogni elemento di trascendenza nella società, contro ogni immagine di Dio nel creato.
L’ostilità rivoluzionaria contro i re terreni saliva fino a voler colpire Colui che è “Re dei re e Signore dei signori”, Colui che è il fondamento di ogni gerarchia. “Io sono Re”, aveva detto Nostro Signore Gesù Cristo. E tutti i re dovevano essere decapitati. Nella Rivoluzione francese le chiese di Parigi furono saccheggiate e devastate e i preti assassinati ed espulsi dalla Francia. Notre Dame fu vandalizzata. Saint Denis praticamente distrutta. Ma forse nessun fatto mostra tanto questo odio verso il Sacro come la distruzione della Sainte Chapelle, vero gioiello del gotico, costruita da S. Luigi IX per custodirvi le reliquie della Passione. La Sainte Chapelle fu invasa da un’orda di rivoluzionari indemoniati che ne distrussero gli arredi e tutta la sua ricca decorazione.
I muri furono picconati per cancellare gli affreschi. L’organo fu demolito e portato via, le sedie del coro scomparvero, alcune vetrate furono smontate e vendute in Inghilterra. La grande teca dorata, che S. Luigi aveva appositamente commissionato per le reliquie della Passione, fu fusa e venduta a peso. Tutto quanto poteva sembrare di qualche valore monetario venne fuso e venduto. La grande guglia che sormontava la cappella fu fatta saltare in aria poiché, come dichiarò allora un giacobino, “la sua altezza è antidemocratica”. Ridotta in quel lamentevole stato, la Sainte Chapelle servì dapprima come club rivoluzionario, poi come magazzino e, infine, come archivio del tribunale. L’odio dei rivoluzionari non risparmiò nemmeno le sante reliquie.
Esse furono portate per strada in una parodia di processione religiosa nella quale le bestemmie sostituivano le preghiere e i gesti osceni gli atti liturgici. Alla fine, le sante reliquie furono “donate” ai vari capi rivoluzionari come “offerta sacrificale alla Repubblica”. La reliquia della Santa Croce fu bruciata. Quasi tutte scomparvero nel nulla. Il grande filosofo cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira nella sua magistrale opera “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione” che ogni vero cattolico dovrebbe meditare, afferma che l’azione profonda dell’Umanesimo e del Rinascimento fra i cattolici non cessò di estendersi in tutta la Francia, in un crescente concatenamento di conseguenze. Favorita dall’indebolimento della pietà dei fedeli – prodotto dal giansenismo e dagli altri fermenti che il protestantesimo del secolo XVI aveva disgraziatamente lasciato nel Regno Cristianizzato – tale azione produsse nel secolo XVIII una dissoluzione quasi generale dei costumi, un modo frivolo e fatuo di considerare le cose, una deificazione della vita terrena, che preparò il campo alla vittoria graduale dell’irreligione.
Dubbi relativi alla Chiesa, negazione della divinità di Cristo, deismo, ateismo incipiente furono le tappe di questa apostasia. Profondamente affine al protestantesimo, erede di esso e del neopaganesimo rinascimentale, la Rivoluzione francese fece un’opera in tutto e per tutto simmetrica a quella della Pseudo-Riforma protestantica. La Chiesa Costituzionale che essa, prima di naufragare nel deismo e nell’ateismo, tentò di fondare, era un adattamento della Chiesa di Francia allo spirito del protestantesimo. E l’opera politica della Rivoluzione francese fu soltanto la trasposizione, nell’ambito dello Stato, della “riforma” che le sette protestanti più radicali avevano adottato in materia di organizzazione ecclesiastica:
- Rivolta contro il re, simmetrica alla rivolta contro il Papa;
- Rivolta della plebe contro i nobili, simmetrica alla rivolta della “plebe” ecclesiastica, cioè dei fedeli, contro l’aristocrazia della Chiesa, cioè il clero;
- Affermazione della sovranità popolare, simmetrica al governo di certe sette, esercitato in misura maggiore o minore dai fedeli.
In conclusione chi conosce la verità sulla Rivoluzione francese, e non si lascia ingannare dai miti creati ad arte da certa storiografia marxista e anticattolica, e osservando con lucidità tutte le sventure che ne sono seguite per l’umanità può solo gridare: “Abbasso Marat, Danton e Robespierre!!!”.
Don Marcello Stanzione