Vienna, 19 aprile 1859.
Signor Conte,Il Governo imperiale, come Vostra Eccellenza conosce, si è affrettato a consentire alla proposta del Gabinetto di Pietroburgo per riunire un Congresso delle cinque Potenze onde cercare di appianare le complicazioni sorte in Italia. Convinti tuttavia dell’impossibilità d’intavolare (con qualche probabilità di successo) deliberazioni pacifiche in mezzo al rumore di armi e preparativi di guerra, che continuano in un paese limitrofo, noi abbiamo domandato, che l’armata sarda fosse ridotta sul piede di pace, e congedasse i corpi franchi, o volontari italiani, come condizione preliminare alla riunione del Congrasso. Il Governo inglese trovò questa condizione così giusta, e così uniforme alle esigenze della situazione, che non esitò punto ad appropriarsela, dichiarandosi pronta ad insistere, d’unita alla Francia, pel disarmamento immediato della Sardegna, ed offrirle in ricambio, contro ogni attacco da parte nostra, una garanzia collettiva, alla quale, come ben s’intende, l’Austria avrebbe fatto onore.
Il Gabinetto di Torino, sembra aver risposto con rifiuto all’invito di mettere la sua armata sul piede di pace, ed accettare la garanzia collettiva promessale. Tanto più questo rifiuto ci rincresce profondamente, in quanto che, se il Governo sardo avesse consentito a questo attestato di sentimenti pacifici che gli si era chiesto, noi l’avremmo accolto come un primo sintomo della sua intenzione di concorrere da parte sua al miglioramento delle relazioni sventuratamente così tese tra i due paesi da qualche anno. In questo caso, ci sarebbe stato permesso di dare col traslocamento delle milizie imperiali stanziate nel regno Lombardo-Veneto, una prova maggiore, che esse non sono state ivi raccolte per fini aggressivi contro la Sardegna. La nostra speranza, essendo stata delusa, l’Imperatore mio augusto padrone, si è degnato ordinarmi di tentare direttamente uno sforzo supremo per fare che il Governo di Sua Maestà sarda abbia a recedere nella decisione nella quale sembra essersi impigliato. Tale è lo scopo di questa lettera.
Io ho l’onore di pregare di volerne prendere il contenuto nella più seria considerazione, e farmi sapere se il Governo reale consenta si o nò a mettere, senza indugio, la sua armata sul piede di pace, e licenziare i volontari italiani. Il porgitore della presente, al quale vi compiacerete dare risposta, ha ordine tenersi all’uopo a sua disposizione per tre giorni. Elasso questo termine, se non riceva risposta, ovvero, se questa non fosse soddisfacente, la responsabilità delle gravi conseguenze che trascinerebbe questo rifiuto, ricadrebbe interamente sul Governo di Sua Maestà sarda. Dopo avere esauriti invano tutti i mezzi concilianti per procurare ai suoi popoli la garanzia della pace, sulla quale l’Imperatore è nel diritto d’insistere, Sua Maestà dovrà, con suo grande rammarico, ricorrere alla forza delle armi per ottenerla.
Nella speranza, che il riscontro da me aspettato, sia conforme ai nostri voti, tendenti al mantenimento della pace, colgo questa occasione, signor Conte, per reiterarle le assicurazioni dalla più distinta considerazione.
Buol
Vienna, 19 aprile 1859.
Il conte Karl Ferdinand von Buol-Schauenstein (Vienna, 17 maggio 1797 – Vienna, 28 ottobre 1865).
A questo ultimatum, trascorsi tre giorni dalla consegna,
Cavour dava la seguente risposta:
Risposta di Cavour all’Ultimatum
Torino, 26 aprile 1859
Signor Conte,
Il Barone Kellersperg mi ha consegnato, ai 23 corrente, alle 5 e ½ di sera, la lettera che Vostra Eccellenza mi ha fatto l’onore di diriggermi, per dirmi, anome del Governo imperiale, di rispondre con un si, o con un nò, all’invito fattoci di ridurre l’armata sul pié di pace, e di sciogliere i corpi formati di volontarii italiani; aggiungendo, che, se a capo di tre giorni V. E. non ricevesse risposta, o se questa non fosse soddisfacente all’intutto, S. M. l’Imperatore d’Austria era deciso ricorrere alle armi per imporci con la forza le misure che formano oggetto della sua comunicazione. — La questione del disarmamento della Sardegna, che costituisce il fondo della domanda, che V. E. mi dirigge, ha formato l’oggetto di numerose negoziazioni tra le grandi Potenze e il Governo di Sua Maestà. Queste negoziazioni mettono capo a una proposta formulata dall’Inghilterra, alla quale hanno aderito la Francia, la Prussia e la Russia. La Sardegna, con uno spirito di conciliazione, l’ha acettata senza riserva, né secondi fini. Poiché V. E. non può ignorare né la proposta d’Inghilterra, né la risposta della Sardegna; così io nulla saprei aggiungere per far conoscere le intenzioni del Governo del Re, in quanto alle difficoltà che si opponevano alla riunione del Congresso.
La condotta della Sardegna in questa circostanza è stata apprezzata dall’Europa. Quali che possano essere le conseguenze da derivarne, il Re, mio augusto Signore, è convinto che la responsabilità ne ricadrà su coloro che sono stati i primi ad armare, che han rifiutato le proposte formulate da una grande Potenza e riconosciute come giuste e ragionevoli dalle altre; e che intanto vi sostituiscono una minacciosa intimazione.
Colgo questa occasione per reiterarle, signor Conte, le assicuranze della mia più distinta considerazione.
Cavour * [Annuaire des Deux Mondes, 1859, pag. 974].
Corollario alla risposta di Cavour
Alla risposta del Ministro sardo, troviamo un opportuno corollario nel secondo volume delle Lettere edite ed inedite di Cavour raccolte dal Chialla, ed è buono per la storia di qui recarlo.
Sotto la data di Parigi 12 aprile 1856, vale a dire durante il Congresso di Parigi per la pace, e tre anni prima che l’Austria mandasse il suo Ultimatum al turbolento Piemonte, il ministro Cavour scriveva al collega Rattazzi: e dopo di aver detto del favore incontrato presso Lord Clarendon a prò della rivoluzione italiana, e del disegno, fin d’allora stabilito, di far guerra all’Austria cogli aiuti stranieri di Francia e Inghilterra, proseguiva così:
"... Come però si tratta di questione di vita o di morte, è necessario di camminare molto cauti; egli è perciò che credo opportuno di andare a Londra a parlare con Palmerston e gli altri capi del Governo. Se questi dividono il modo di vedere di Clarendon, bisogna prepararci quetamente, fare l’imprestito di 30 milioni, e, al ritorno di La Marmora (era tuttora in Crimea) dare all’Austria un Ultimatum ch’essa non possa accettare, e cominciare la guerra * ["Lettere edite ed inedite di Camillo Cavour, raccolte ed illustrate da Luigi Chialla, ecc." Vol. II. pag. 371]." [...]