sabato 10 settembre 2011

Manifesto di S. M. l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I° D'Asburgo-Lorena.

Francesco Giuseppe I° D'Asburgo-Lorena  (Castello di Schönbrunn, 18 agosto 1830Castello di Schönbrunn, 21 novembre 1916).



"Ai miei popoli!
"Io ho dato l’ordine alla mia fedele e valorosa armata di porre un termine alle ostilità commesse già da una serie di anni dal limitrofo Stato di Sardegna, ed in questi ultimi tempi giunte al colmo a pregiudizio degl’incontrastabili diritti della mia Corona e dell’inviolata conservazione dell’Impero a me affidato da Dio.

"Con tale determinazione ho adempiuto un grave, ma inevitabile dovere di Sovrano.

"Tranquillo nella mia coscienza, posso sollevare lo sguardo a Dio onnipotente e sottopormi al suo giudizio.

"Pieno di fiducia, rimetto la mia risoluzione alla sentenza imparziale dei contemporanei, e delle generazioni future; del consenso dei miei popoli fedeli sono pienamente sicuro.

"Allorché già più di dieci anni fa lo stesso nemico, violando ogni diritto delle genti e gli usi della guerra, senza che gli fosse dato un qualsiasi motivo, soltanto allo scopo d’impadronirsi del Regno Lombardo-Veneto, ne invase col suo esercito il territorio; allorché fu per ben due volte sconfitto dal mio esercito dopo glorioso combattimento, esso si trovò in balìa del vincitore; io gli usai tutta la generosità, e gli porsi la mano per la riconciliazione.

"Io non mi sono appropriato nemmeno un palmo del suo territorio, non ho leso alcun diritto spettante alla corona di Sardegna nel consorzio della famiglia dei popoli europei; non ho pattuita alcuna garanzia onde prevenire la rinnovazione di simili avvenimenti; io ho creduto di trovarla soltanto nella mano conciliatrice che gli stesi e che venne accettata.

"Alla pace feci il sacrifizio del sangue versato dal mio esercito per l’onore ed il diritto dell’Austria.

"La risposta a tanta moderazione, di cui non havvi altro esempio nella storia, fu l’immediata continuazione delle ostilità, un’agitazione sempre crescente d’anno in anno, ed afforzata coi mezzi più sleali contro la pace ed il benessere del mio Regno Lombardo-Veneto.

"Ben sapendo quanto io debba al prezioso bene della pace pei miei popoli e per l’Europa, tollerai con pazienza quelle ostilità rinnovate.

"Essa non si esaurì, allorché avendo io dovuto prendere negli ultimi tempi estese misure per la sicurezza del mio Stato italiano, costrettovi dall’eccesso delle mene rivoltose intraprese ai confini ed anche nell’interno del paese, se ne trasse partito per agire ancora più ostilmente.

"Tenendo conto della benevola mediazione di amiche grandi Potenze per la conservazione della pace, acconsentii a un congresso delle cinque grandi Potenze.

"I quattro punti proposti dal regio Governo della Gran Bretagna e trasmessi al mio Governo come base delle deliberazioni del congresso, vennero da me accettati a condizioni soltanto che potevano essere opportune a facilitare il conseguimento di una vera sincera durevole pace.

"Nella coscienza che il mio Governo non aveva fatto alcun passo, che nemmeno nel modo più remoto avesse potuto turbare la pace, feci in pari tempo domanda che preventivamente avesse a disarmare quella Potenza ch’è colpa degli scompigli e del pericolo di turbare la pace.

"Sulle istanze di amiche Potenze ho finalmente dato il mio assenso alla proposta di un disarmamento generale.

"Questa mediazione andò fallita per l’inammissibilità delle condizioni a cui la Sardegna vincolò il suo consenso.

"Non restava pertanto che un unico passo per conservare la pace. Io feci intimare direttamente al regio Governo sardo di ridurre la sua armata sul piede di pace e di licenziare i corpi franchi.

"La Sardegna non ha assecondata una tale domanda. Ecco adunque arrivato l’istante, in cui per far valere il diritto conviene ricorrere alla decisione delle armi.

"Ho dato ordine al mio esercito di penetrare nella Sardegna.
"Conosco la portata di questo passo, e, se mai le cure del regno mi riuscirono gravi, lo sono in questo momento.
"La guerra è un flagello dell’umanità; con cuore commosso veggo com’esso minaccia di colpire migliaia dei miei sudditi fedeli nella vita e nei beni; sento profondamente qual grave prova sia appunto ora la guerra pel mio Impero, che progredisce sulla via di un regolare sviluppo interno, e che a tal uopo ha bisogno che si conservi la pace.
"Ma il cuore del Monarca deve tacere allorché comandano l’onore e il dovere.

"Ai confini si troverà il nemico in armi collegato col partito della generale sovversione, e col palese progetto d’impadronirsi a forza dei paesi posseduti dall’Austria in Italia. A suo sussidio il dominatore della Francia, che con vani pretesti s’immischia nei rapporti della penisola italiana, regolati a tenore del diritto delle genti, pone in moto le sue milizie, e già alcune divisioni di queste hanno oltrepassato i confini della Sardegna.
"Tempi difficili trascorsero già sulla Corona che ho ereditata senza macchia dai miei antenati; la gloriosa storia della nostra patria fa fede che la Provvidenza, allorquando minacciavano diffondersi sopra questa parte del mondo le ombre annunciatrici di peripezie ai maggiori beni dell’umanità, si servì della spada dell’Austria per disperdere col suo lampo quelle ombre fatali.
"Ci troviamo di nuovo alla vigilia di un’epoca, in cui si vuole scagliare la distruzione di quanto sussiste, non solo dalle sètte, ma persino dai troni!

"Se forzatovi pongo la mano alla spada, questa è consacrata ad essere la difesa dell’onore e del buon diritto dell’Austria, dei diritti di tutti i popoli e Stati, e dei beni più sacri dell’umanità.
"Ma a voi, miei popoli, che colla vostra fedeltà verso l’avita Casa regnante, siete un modello per tutte le genti, a voi si volge la mia voce, invitandovi a starmi da lato nell’intrapresa pugna colla vostra antica lealtà a tutta prova, colla vostra devozione e colla vostra prontezza a qualsiasi sacrificio; ai vostri figli da me chiamati nelle file del mio esercito, io, loro duce supremo, mando il mio guerriero saluto; voi potete con orgoglio volgere ad essi lo sguardo, perché fra le loro mani l’onorata aquila austriaca aprirà i vanni a voli sublimi.

"La nostra pugna è giusta. Noi vi entriamo con coraggio e fiducia.
"Speriamo che in questa pugna non istaremo soli.

"Il suolo su cui combattiamo è impregnato anche del sangue sparso dal popolo dei nostri fratelli tedeschi; fu conquistato e fu conservato fino a questi giorni come uno dei suoi propugnacoli; fu di solito in que’ paesi che gli astuti nemici della Germania cominciarono il loro giuoco, allorché si sforzarono d’infrangere la potenza nell’interno. Il sentimento di tale pericolo percorre anche ora le piaggie della Germania, dalla capanna sino al trono, dall’uno all’altro confine.

"Io parlo come Principe della Confederazione germanica, destando l’altrui attenzione sul pericolo comune, e rammentando i giorni gloriosi in cui l’Europa dovette la sua liberazione al divampante entusiasmo generale.

"Con Dio per la patria!

"Dato dalla mia residenza e capitale di Vienna 28 aprile 1859".
"Francesco Giuseppe."