Tratto da "La Civiltà Cattolica" Serie IV, Vol. VI, 1860
NAPOLI (Nostra corrispondenza). 1. Fari per le coste - 2. Porto pel Commercio - 3. Stipendi cresciuti - 4. L’Università - 5. Monte S. Emidio - 6. Ampliamento della città - 7. Annona - 8 Strade Ferrate - 9. Tariffe Doganali scemate - 10 Tranquillità pubblica.
1. Fino al 24 Marzo dello scorso anno fu segnato dalla sovrana approvazione un piano generale di moderni Fari per la notturna illuminazione delle Coste dei reali Dominii di qua dal Faro. Ad attuarlo furono invitati i Consigli provinciali a votare quanti più fondi potesse allogarvi la rispettiva provincia, e fu nominata in un tempo una Commessione permanente composta per la maggior parte di uomini di mare, e presieduta da uno de’ componenti il Consiglio di Ammiragliato alla dipendenza del Ministero de’ Lavori Pubblici con le debite facoltà, fra cui quella di ordinare una migliore ricognizione de’ siti proposti, mercè di un’ispezione locale e di un disegno compiuto, e compilare un Regolamento unico e generale per questo geloso servizio. Stando ora per compiersi nella Sicilia un somigliante sistema, e procedendo con pari alacrità l’attuazione di quello testé approvato pe’ Reali Domini! di Terraferma, giustizia voleva che dopo tanti capitali spesi e da spendervi tuttavia dalle due Tesorerie generali del Regno, si avessero queste un compenso nel così detto dritto di lanternaggio, che se altro non fosse le rilevasse dalla spesa maggiore, cui dovranno sottostare in ogni anno in concorso delle province per l’illuminazione de’ nuovi Fari e fanali. Laonde in seguito del disegno e dei calcoli compilati da una Commessione d’armatori, negozianti ed altri uomini speciali a tal uopo nominata, un Real Decreto del 23 Novembre 1859 prescrive ciò che dal p.p. Gennaio si dovrebbe praticare per la riscossione del diritto di lanternaggio.
2. La nostra vasta e popolosa Metropoli manca di un porto rispondente a’ bisogni del suo cresciuto commercio. Per ordine sovrano una Commessione composta de’ più elevati e competenti personaggi sta discutendo gli svariati disegni finora fatti per la sua ampliazione, come altresì, per la costruzione di un dock, a fine di scegliere il migliore fra tutti sotto il rispetto commerciale ed artistico, economico, o politico, o formarne altro da capo, e darsi al più presto mano anche a quest’opera.
3. La scarsa retribuzione de’ pubblici ufficiali è una delle principali cagioni della loro infedeltà e corruzione, perché quando l’uomo è posto in lotta fra il bisogno ed il proprio dovere, di rado incontra che resista al primo per non mancare all’altro, e lo stesso bisogno che lo consiglia a mal fare gli vale anche di compassione e di scusa appresso chi dovrebbe altrimenti punirlo con severità. Questo sconcio era da lamentare soprattutto pe’ nostri Regi! Giudici di circondario, i quali quantunque sieno i primi ed i più rilevanti anelli della gran catena giudiziaria, e coll’uffizio di Magistrati locali cumulino altre molte e gelose funzioni, pure erano molto scarsamente retribuiti, veduto soprattutto i frequenti e necessarii loro tramutamenti di uno in altro Circondario. Il Real Governo vi ha ovviato sapientemente accrescendone dal primo di quest’anno gli stipendi per modo, che possano convenire a qualunque uomo degno e capace, e pongano oggimai ciascuno in grado di resistere alla prepotente seduzione del bisogno.
4. Benché sia alquanto tardi, pure essendo questa la prima lettera che vi mando, non voglio preterire di mettere in nota uno de’ primi e più belli atti del Regno di Francesco II. Ciò è stato il tornare la nostra Regia Università degli studii al primiero splendore, quando in sullo scorcio del secolo XVII l’illustravano il famoso giureconsulto Francesco d’Andrea, ed il filosofo e medico Cosentino Tommaso Comelio, quando ne tenevano le nuove ed importanti cattedre, fondate da Carlo III, i più grandi uomini del secolo, come un Vico, un Genovesi, un Mazzocchi, un Capasso, un Serao, un Martorelli ed un Cirillo. A quest’uopo S.M. con R. Decreto del 12 novembre ultimo, ha nominato professori quattro personaggi eminenti per dottrina e per cariche, cioè nella cattedra di dritto amministrativo il cav. D. Salvatore Murena, in quella di Commercio ed economia pubblica il cav. D. Ludovico Bianchirli, in quella di dritto e procedura penale il commendatore D. Santo Roberti, ed in quella di dritto commerciale e marittimo il cav. D. Nicola Rocco. Fra l’inaugurazione di queste diverse cattedre era singolarmente aspettata quella della cattedra di Dritto Amministrativo, sia perché del tutto nuova, e sia perché confidata ad un alto ed antico amministratore. L’aspettativa però fu vinta a pezza dal successo, ed il 2 Gennaio il cav. Murena più che recitare un discorso, si procacciò una vera ovazione del fiore di Napoli, che tutto era concorso ad udirlo attrattovi dalla sua gran fama. Dopo il celebre programma del de Gerando al corso di Dritto pubblico positivo ed amministrativo [1] non si credeva possibile una più bella e lucida esposizione del dritto medesimo. Ma il cav. Murena nel suo discorso già messo a stampa, ha saputo prendere un nuovo indirizzo; e se il napoletano Ateneo non vide forse mai una maggiore solennità, i cultori della nuova scienza non avevano pur forse mai udito meglio definire l’amministrazione, distinguerla dal governo, e divisarne l’origine, lo svolgimento, la classificazione e lo scopo.
5. Lo zelo di un edificante sacerdote napoletano, di cui è bello tacere il nome per non offenderne la modestia, secondato dalla pietà di alcuni chiari gentiluomini della capitale è riuscito a ravvivare una di quelle pie istituzioni, che la solennità di certe circostanze suole produrre. È ben gliene porgeva il destro, il 16 Dicembre 1857, la paurosa ricorrenza di quella onde si originò il R. Pio Monte di S. Emidio nel 1742, quando da straordinario e gagliardo tremuoto furono scosse le più salde fabbriche di questa metropoli. Già fin da quello che si era inteso qui stesso il 29 Novembre 1732 era stato eletto a Protettore della Città il glorioso martire e Vescovo d’Ascoli, e fin d’allora molte nobili e pie persone avean fermato nell’animo di venerarne con ispecialità il culto e farne avanzare la devozione. Ma dopo l’altro tremuoto del 17 Agosto 1742, a dare un miglior saggio del loro ossequio e della loro gratitudine inverso lo special Patrono del tremendo flagello, ne fondarono un Monte con certe e fisse regole approvate con Decreto del 3 Gennaro 1743 da Rè Carlo IIl, che si degnò metterlo sotto l’immediata Real protezione. Una Bolla di Benedetto XIV del 18 Novembre 1845 lo arricchì di privilegi e d’indulgenze, e s’ebbe non solo una cappella in che officiare nella chiesa dell’Ospedaletto, ma quel che più è, una preziosa reliquia del sangue sempre liquido del gran Santo. Codesto Monte adunque è stato da poco restituito al vigore delle sue regole, e colle oblazioni de’ fedeli, non che coll’alto favore del passato e del presente Sovrano, ha segnalato la nuova sua era regolarmente due in ogni anno il 5 Agosto e il 29 Novembre.
6. Per la cresciuta popolazione e per le continue e straordinarie richieste di grandi spazii di suolo originate dallo sviluppo delle industrie, del commercio e della navigazione di questa metropoli, l’ambito della medesima non più bastava a tanti bisogni, ed aveva mestieri di grande ampliamento. Ma questo voleva eseguirsi con tale beninteso sistema, che ne derivasse ornamento novello e maggior commodo alla città, ed insieme più vasto campo dell’incremento delle sue industrie, del suo commercio e della sua ricchezza. Un R. Decreto del 25 p.s. Febbraio provvede a tali ampliazioni e miglioramenti con un disegno generale e coordinato in tutte le sue parti per istanziare poi i fondi, onde menarlo a pronta esecuzione. Con esso infatti è istituita una Commissione presieduta dal Direttore del R. Ministero dell’Interno e composta di ragguardevoli personaggi, con la giunta d’Ingegneri di Ponti e Strade e di Architetti civili per presentare all’approvazione di S.M. un disegno generale di tutti i miglioramenti e ampliazioni che possano apportarsi all’abitato di Napoli, sia colla formazione di nuovi rioni, o quartieri, come noi diciamo, sia coll’apertura di nuove strade e piazze, e colla rettificazione delle attuali, tenendo presenti i disegni finora approvati od in discussione per tale obbietto, non che i disegni e le piante degli edifizii dei pubblici Stabilimenti e delle Caserme militari da costruirsi. Gli studii della Commissione saranno volti principalmente verso il lato orientale della zona di terreno compreso fra il mare e le strade dell’Arenacccia, di Poggioreale, e dello Sperone, e verso il lato occidentale alla Riviera di Chiaia, ai terreni dietro la chiesa dell’Ascensione, ed ai palazzi di Roccella e Vasto, procacciando sovratutto di dare facile e nobile accesso al Duomo; rettificare la salita degli studii, ed indicando in una pianta nel loro insieme e coordinatamente tutte le svariate opere di ampliazione e di abbellimento, che è stata incaricata di proporre non senza le necessarie descrizioni, gli stati estimativi, ed ogni altro documento che faccia mestieri per determinare la spesa presuntiva.
7. Ad onta dello scarso ricolto e del caro che da per tutto si è lamentato in quest’anno, i provvedimenti annonarii del R. Governo hanno qui mantenuto il pane ad un prezzo anche minore dell’usato. Imperocché a tacere della distribuzione fattane alle famiglie povere di Napoli a cura della città alla modica ragione di grana 5 (bai. 4, o cent. 22 di fr.) il rotolo (quasi un Kil. ovvero 3 libbre meno 3 once), la quantità dei cereali e delle farine immesse per cura del Governo nei Reali Domini di qua dal Faro dal 22 Luglio al 31 Gennaio 1860 per la provincia di Napoli, e fino al 31 Dicembre per le altre, è ascesa a cantaia (il cantaio è presso a 100 Kilogrammi) 880,262.32 di grano (tomoli 1,872,824.00); 44,652.46, di granone (tom.: 95,005,00); 10,311,51 di orzo (tom. 28,643.00) 11,645.63 di avena (tom. 42,013.00) 16,571.50 di riso e 49,322.06 di farina.
8. Il Giornale Ufficiale dei 16 dello scorso Febbraio pubblicava un altro rapporto fatto a S.M. dal Ministro dei Lavori Pubblici. Ricaviamo da esso le seguenti notizie sopra le nostre strade ferrate. Come già i ponti di ferro, le navi a vapore, i fari lenticolari, l’illuminazione a gas e tanti altri utili trovati delle arti e delle scienze, così pure nel Regno di Napoli si apriva la prima strada ferrata d’Italia. Ma dopo quella costruita intorno al 1839 da Napoli a Castellammare, non tardò il R. Governo ad imprenderne a sue cure e spese un’altra destinata a divenire una linea di importanti comunicazioni collo straniero, ed il tronco di una rete di strade ferrate da dar nuova vita a questo Regno e doppio valore alle ricchezze, onde è stato da natura largamente dotato. I lavori ne cominciarono sin dall’anno 1842, e già in sul cadere del 1843 se ne aperse il primo tratto da Napoli a Caserta, ne guari andò, che mentre questo si prolungava infine a Capua, altro se ne costruisse da Cancello a Nola, e questo si protraesse poi prontamente fino a Sarno. Dopo i più accurati studii per dare a queste linee il maggior sviluppo e l’indirizzo migliore nel menarle per le falde ed i controforti degli Appennini, si prescelse da un lato la linea di Capua per San Germano verso la frontiera del Pontifìcio presso Ceprano, e dall’altra quella di Sarno per la vallata di san Severino, a traverso la catena de’ monti che divide cotesta vallata da quella del Sarno fino al Comune di S. Severino, per poi menarla fìno ad Avellino e di là alla volta delle Puglie. La linea tuttavia in costruzione da Sarno a S. Severino è lunga circa miglia nove, attraversa le due valli di Sarno e Sanseverino. Delle dieci stazioni intermedie tre sono già compiute e le altre inoltrate. Frattanto, in seguito di questo rapporto S.M. ha ordinato che venga aperta nel minor tempo possibile il tratto di ferrovia da Sarno a Sanseverino; che sieno anche di più accelerati i lavori da Capua al confine del Regno; che sia subito definito il punto della frontiera, dove dovrà la nostra ferrovia innestarsi con quella Pontifìcia; che si studii il terreno per formare il disegno di diramarla per gli Abruzzi; che si presenti un Rapporto dello stato in cui trovansi i lavori delle ferrovie concedute ai privati, cioè di quella da Nocera per Cava a Salerno e di là per Eboli e Basilicata a Taranto; non che da Napoli per Avellino in Puglia; che si presentino pure i vaii studii già fatti per le altre diramazioni necessarie per l’intera rete delle ferrovie nei R. Domini continentali, e che la Commissione delle ferrovie discuta subito tutte le domande finora riunite per la concessione delle altre, perché si possano sempre più attuare i benefici desiderii della M. S.
9. Mentre la Francia mena tanto rumore delle sue riforme daziarie e emula l’Inghilterra nelle tendenze al libero scambio, il Rè di Napoli, compiendo l’opera iniziata dall’augusto suo padre, ha dato coi fatti gran passi in questa ardita via, ed un Decreto del 1° Marzo approva una notevole diminuzione delle nostre tariffe doganali. Meriterebbe di essere riferito l’articolo che ne accompagna la pubblicazione sul Giornale ufficiale del 3 di Marzo; ma io mi restringerò a notarvi la modificazione recata alla tariffa per un capo che molto sta a cuore alle persone istruite; voglio dire pei libri che vengono di fuori. Fino al presente il dazio si pagava a volume, secondo il vario formato, senza riguardo alla mole ed era oltre a ciò gravissimo. La nuova tariffa riscuoterà, come per tutto altrove, il dazio a peso; e quello è di Duc. 6 (fr. 26) al cantaio (presso a 100 Kilogrammi).
10. Come qui si contano molto spesso le grandi rivoluzioni che succedono in Roma un paio di volte la settimana, così credo che nel resto d’Italia e fuori si contino finimondi o avvenuti o presso ad avvenire tra noi; ed i giornali faziosi sono per questo capo di una fecondità portentosa nell’inventare e di una impudenza anche maggiore nell’asserire. Ora siano certi i vostri lettori che nella città e nel Regno di Napoli si gode la tranquillità pubblica più perfetta: i popoli amano universalmente il giovane nostro Sovrano, che quanto ad operosità, desiderio del bene pubblico e soprattutto pietà cristiana è un vero specchio di Principe. I pochissimi turbolenti, tenuti d’occhio dal Governo, poco o nulla possono, e, se alcuna cosa osassero, troverebbero nell’esercito prode e fedele un ostacolo insormontabile. Così le inframmettenze straniere non venissero a guastarci la sicurezza sotto l’ipocrito pretesto di volerci assicurare!
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3. I giornali inglesi seguitano a perseguitare acremente il Rè di Napoli, il cui vero delitto agli occhi loro è l’essere veramente Principe Cattolico. Il Ministero Palmerston è afflitto di non veder la rivoluzione in Napoli. Furono ultimamente presentati al parlamento i dispacci del Russell e dell’Elliot Ministro inglese a Napoli. I dispacci del Russell sono riempiti di impertinenze incredibili contro il Sovrano ed il R. Governo delle Due Sicilie; ma è probabile che il presente Rè di Napoli ne farà quel caso che ne fece già l’augusto suo genitore.