domenica 18 agosto 2013

Diritti degli animali? No, grazie


cacciatore


“La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale venne promulgata dall’UNESCO, centrale ideologica dell’ONU, il 27 gennaio 1978, in coincidenza del trentennale della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, formulata dalla medesima istituzione.
Tale documento, sebbene ancora poco pubblicizzato per ovvie ragioni di gradualità e di prudenza, è destinato ad acquisire un sempre maggior peso morale e politico, sino a soppiantare la precedente dichiarazione e ad assurgere a esclusiva tavola di legge della Nuova Era, salvo prevedibili aggiornamenti che, in più rigorosa applicazione del principio della divinità dell’intera Natura, intesa come unico grande Essere Vivente (la Dea Terra o Gaia), precisi anche i diritti del mondo vegetale e di quello minerale.
In esso, invero, si rispecchiano e trovano fondamento tutti i principali aspetti di quell’Ecodecalogo menzionato in precedenza in quest’opera.
Questa dichiarazione, dopo aver premesso all’articolo 1 che “tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza”, pone esplicitamente all’articolo 2 la premessa minore che l’uomo è un animale come gli altri. Se ne trae la conclusione che l’uomo non ha maggiori diritti di un topo di fogna, di una mosca, di una zanzara o di una cimice. E infatti l’articolo 14 lettera b) dice: “i diritti degli animali devono essere difesi dalla legge come i diritti dell’uomo”.
Omettendo l’esame di altri articoli di quella Magna Charta dell’umanità animalizzata della Nuova Era, è importante ribadire un concetto fondamentale: la dichiarazione dei diritti dell’animale è la logica conseguenza di quella dei diritti dell’uomo. Questa, invero, pretendendo di fondare la legge – e quindi le regole della nostra esistenza – non più, come nella società tradizionale, sulla volontà divina, ma su quella mutevole, arbitraria e incondizionata dell’uomo stesso, nega la superiorità – e con essa l’esistenza – di Dio che, se Creatore e Padre, Principio e Fine, non può non essere anche Legislatore (Gc 4, 12; Is 33, 22).
Negato Dio, e di conseguenza il Suo Decalogo, tutto il mondo appare increato, assoluto, e quindi divino. Egualmente divino in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue forme è l’uomo, ma lo sono anche, al pari di lui, la farfalla e il filo d’erba del prato, il cristallo minerale e il ciottolo del fiume.
Ed ecco che per un’inesorabile legge di contrappasso, l’uomo, da dio che si era proclamato agli inizi della Rivoluzione, diviene una specie di demonio incarnato, il profanatore della Dea Natura che, anziché adorare, sfrutta ed asservisce.
Un aspetto che colpisce in questo monumento dell’umana demenza è che esso non prende neppure in considerazione quello che è il fondamento stesso del concetto di diritto, e cioè che ogni diritto è tale e può esistere sol perché ad esso corrisponde un correlativo dovere: il mio diritto alla vita e alla sua integrità è inscindibile dal dovere degli altri consociati di non lederlo, e altrettanto dicasi per i diritti patrimoniali e di ogni altro genere.
Ne segue che l’animale, non avendo la ragione, non può neppure essere soggetto ad alcun dovere, e non può quindi venire inquadrato in un contesto giuridico-normativo. Nonostante ogni possibile codice, invero, la zanzara continuerà a pungere l’uomo e a succhiarne il sangue, e forse a trasmettergli la malaria, la mosca a molestarlo, e forse a contagiarlo con la malattia del sonno o col carbonchio, la tenia o verme solitario a vivere parassitariamente nel suo intestino, il pidocchio a infestarlo, il serpente velenoso ad avvelenarlo, e così via.
Anche sotto questo aspetto l’uomo viene ridotto al rango di ultima di tutte le creature, perché mentre queste non hanno, né mai potranno avere, alcun dovere verso di lui né fra di loro (il ragno continuerà a irretire e succhiare la mosca, il gatto a scherzare col topo prima di dargli il colpo di grazia), egli solo sarà soggetto a innumerevoli, innaturali e artificiosissimi doveri: non vi è quindi nulla di più innaturale del culto ecologico della Dea Natura.
A questo proposito occorre osservare che gli estensori della “Dichiarazione” ecologista ed ONUsiana non hanno esitato a spingersi fino all’aperto dileggio: dopo averci spiegato per bocca di Fulco Pratesi e tramite le cooperative rosse in quali e quanti modi si può e si deve dissacrare e profanare la salma di u nuomo (v. pagine precedenti), alla lettera a) dell’articolo 13 stabiliscono infatti, invece, che “l’animale morto deve essere trattato con rispetto”.
Un rispetto, quindi, al quale avrebbe diritto la salma di un animale e non quella di un essere umano.”
 
Tratto da: Massoneria e Sette Segrete, la faccia occulta della storia, Epiphanius, edizioni Controcorrente
A cura di Savonarola
 
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