Col nome di Bibbia (“biblia”) che in greco significa libri, col nome di Scrittura, o Scritture furono designati fin dai primi secoli cristiani il complesso di libri che, scritti dagli uomini sotto l’ispirazione divina, hanno Dio per autore: la Bibbia è quindi il libro di Dio, la lettera dell’Onnipotente.
I libri che uniti insieme formano la Bibbia, cioè il libro per eccellenza, sono 73, dei quali 46 appartengono all’Antico Testamento, 27 al Nuovo Testamento; sebbene siano tanti di numero e scritti in circa 15 secoli, con diversità di argomenti di stile e di lingua, formano un solo libro che ha Dio per unico autore e Gesù Cristo per unico oggetto, formano il Libro divino, il più bel libro che, essendo base della religione e della morale, dovrebbe essere il codice della società, il cibo quotidiano d’ogni anima che desidera giungere a Dio.
Sant’Agostino disse: «Tutte le Scritture sono state scritte per questo: perché l’uomo capisse quanto Dio lo ama e, capendolo, s’infiammasse d’amore verso di lui» [De catechizandis rubidus 1,8].
La Bibbia, sebbene formi un solo libro per l’unico autore (Dio), per l’unico oggetto (Cristo), dopo Tertulliano è divisa in due grandi sezioni, dette Antico e Nuovo Testamento.
L’Antico Testamento, che comprende i libri scritti avanti Cristo, espone la storia, le condizioni, le leggi dell’alleanza stretta da Dio col popolo eletto per mezzo dei Patriarchi e di Mosè, e annunzia e prepara la venuta del Redentore (per maggiori nozioni sul significato di alleanza consiglio di leggere “STIRPE DI ABRAMO: UN ALTRO CATTOLICESIMO NEL POST-CONCILIO?“).
Il Nuovo Testamento, che comprende i libri scritti dopo la venuta di Cristo, espone la storia, le condizioni, le leggi dell’alleanza eterna da Gesù Cristo sancita con gli uomini per mezzo del Suo sangue, e narra la vita, morte e resurrezione del Redentore e ne bandisce la dottrina. Cristo, centro e oggetto di tutta la Bibbia, sta “in mezzo” ai due Testamenti.
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CANONE
Siccome canone vuol dire regola, si chiama canone la collezione o catalogo dei libri che contengono la regola della verità ispirata da Dio ad ammaestramento degli uomini.
Il canone dell’Antico Testamento, cominciato da Mosè, crebbe di secolo in secolo per l’aggiunta di libri accolti come ispirati. Già prima dell’esilio c’era la collezione di molti libri ritenuti pubblicamente come sacri e ispirati, come parola di Dio scritta. Dopo l’esilio, Esdra raccolse con scrupolosa cura i libri ispirati e ne determinò il canone, detto Esdrino o palestinese.
Ma con Esdra non cessarono i libri ispirati, né tutti i libri ispirati furono raccolti e catalogati da Esdra. Questi altri libri furono compresi nel canone ellenistico alessandrino, che aggiunse al canone palestinese: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruc, i due libri dei Maccabei, i sette ultimi capitoli di Ester, la preghiera d’Azaria, il Cantico dei tre “giovanetti” nella fornace, la storia di Susanna, di Belo, del Dragone in Daniele.
Questi libri particolari del canone alessandrino si dicono deuterocanonici (ricevuti nel Canone – dopo) e sono scritti in greco, mentre quelli riconosciuti dal canone palestinese si chiamano protocanonici (ricevuti nel Canone – prima) e sono scritti in ebraico o in caldaico. Tanto i libri protocanonici quanto quelli deuterocanonici sono egualmente ispirati e godono la medesima autorità.
Il canone alessandrino per noi è importantissimo: sembra che sia il canone ammesso da tutti gli Ebrei, anche in Palestina, ai tempi di Cristo; certo fu quello accettato dagli Apostoli, dai quali l’ebbe la Chiesa che ritiene ispirati i libri protocanonici come i deuterocanonici.
Il canone del Nuovo Testamento cominciò a formarsi durante la predicazione apostolica. Gli Apostoli, ispirati dallo Spirito Santo, data l’occasione, scrissero riguardo alla vita e alla dottrina di Cristo per ricordare la loro predicazione, reprimere errori, indirizzandosi per lo più a “chiese particolari” (delle varie località).
Questi scritti apostolici furono scrupolosamente raccolti dai primi cristiani. Già nel primo secolo vi sono molte collezioni: ogni chiesa ebbe poi il suo canone o catalogo dei libri sacri. È vero, nessuna chiesa ha il catalogo completo del Concilio di Trento, agli ispirati sono misti libri non ispirati (apocrifi) tenuti come ispirati, però tutti quelli che sono nel Canone del Concilio di Trento hanno il loro posto in qualche catalogo.
I libri che non sono accettati da qualche chiesa son detti deuterocanonici e sono: la lettera agli Ebrei, la lettera di S. Giacomo, la seconda di S. Pietro, la seconda e la terza di S. Giovanni, la lettera di S. Giuda e l’Apocalisse. Così pure la pericope del Vangelo di S. Marco XVI, 9-20, di S. Luca XXII, 43-44, di S. Giovanni VII, 53; VIII, 11. Sembra anche S. Matteo XV, 2-3; S. Giovanni V, 4; prima lettera di S. Giovanni. V, 7.
Queste apparenti lacune nel canone del N. Testamento si possono spiegare con la lontananza delle chiese da quella che aveva ricevuto il libro da un Apostolo e col tempo che ci voleva per aver tutte le prove assicuranti la divina ispirazione riguardo ai libri.
Nel quinto secolo tutte le chiese cristiane hanno il canone del Vecchio e del Nuovo Testamento simile a quello del Concilio di Trento.
Il Concilio di Trento nella sessione IV dà il canone o catalogo dei libri che la chiesa ha in consegna come ispirati; sono cioè: libri storici, didattici, legislativi, profetici, prima del Vecchio poi del Nuovo Testamento. Elencati i libri ispirati, il Concilio di Trento scomunica tutti quelli che non accettano come sacri e canonici questi libri con tutte le loro parti. Questi sono i libri ispirati.
I libri che furono stimati da taluni come ispirati, ma non lo sono, prendono il nome di Apocrifi (nascosti, non riconosciuti dall’autorità). Gli Apocrifi del Vecchio Testamento sono: terzo e quarto libro di Esdra, Preghiera di Manasse, i 18 salmi di Salomone, il terzo e quarto libro dei Maccabei. Così pure sono rammentate le Apocalissi di Mosé e di Elia, di Geremia, le Ascensioni di Mosè, d’Isaia, il libro di Enoc e molti altri. Gli Apocrifi del Nuovo Testamento sono: molti Vangeli detti dell’infanzia, e quelli degli ultimi giorni del Salvatore, molti Atti di vari Apostoli, molte lettere apocrife di Apostoli e le Apocalissi di S. Pietro, di S. Paolo.
Per maggiori informazioni sugli apocrifi studiare la sintesi “GESÙ CRISTO IN ALCUNE FONTI STORICHE PAGANE ED EBRAICHE”.
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ISPIRAZIONE
La Chiesa ha accolti nel canone i libri della Sacra Bibbia per una qualità che li distingue da tutti gli altri libri: l’ispirazione. Lo dichiara nel Concilio Vaticano (sessione III, cap. 2, can. 4), nel quale, dopo aver detto che i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, interi con tutte le loro parti devono essere accettati come sacri e canonici, aggiunge:
«La chiesa li ha come sacri e canonici non perché, composti per sola industria umana poi sono stati approvati dalla sua autorità, e nemmeno perché contengono senza errore la rivelazione, ma perché, essendo stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore, e come tali sono affidati alla Chiesa».
In che consista l’ispirazione lo dice l’immortale Leone XIII nell’Enciclica Providentissimus Deus in cui, dopo avere citato il Concilio Vaticano, aggiunge:
«Infatti (i sacri scrittori, Dio) con soprannaturale virtù li eccitò e mosse, li assisté nello scrivere in modo che essi rettamente concepissero coll’intelligenza, e volessero fedelmente scrivere e con mezzi adatti e con infallibile verità esprimessero tutte e sole quelle cose da lui comandate, altrimenti egli non sarebbe Fautore di tutta quanta la Scrittura».
E’ dunque l’ispirazione un influsso soprannaturale per cui Dio eccita e muove gli agiografi a scrivere e li assiste in modo, nello scrivere, che essi rettamente concepiscano, vogliano scrivere con fedeltà, esprimano con infallibile verità tutto e solo quello che Dio ha comandato. L’ispirazione esige triplice azione divina:
1. Illuminazione dell’intelletto, per conoscere senza errore il vero, (con la rivelazione, se si tratta di verità sconosciute, con l’esatto ricordo, se si tratta di verità conosciute);
2. Mozione della volontà, perché voglia scrivere fedelmente;
3. Continua assistenza e direzione per rivestire di forme adatte tutte e sole le verità volute da Dio ed esprimerle con infallibile verità, in modo da rendere tutto e solo il pensiero voluto da Dio.
Così Dio è autore delle Sacre Scritture per mezzo di uno strumento umano; sono di Dio l’argomento, le cose, le idee; son dell’uomo l’ordine delle idee, il genere letterario, lo stile, la lingua.
L’ispirazione s’estende a tutta la Sacra Scrittura, anche alle cose dette incidentalmente; ma non si estende alle citazioni esplicite, (in cui l’autore sacro dice di riportare pensieri, parole, scritti di altri), alle citazioni implicite provate come tali (in cui, salvo il senso e il giudizio della Chiesa, sia con solidi argomenti dimostrato che l’autore sacro cita detti o documenti altrui senza approvarli né farli suoi), non si estende alle parole (cioè Dio, eccetto casi particolari, non suggerisce le singole parole, e la medesima idea può essere espressa in più e diverse parole)
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INERRANZA
L’immunità dall’errore è una conseguenza dell’ispirazione, per cui Dio è autore della Bibbia e, come l’ispirazione, si estende a tutte le parti della Bibbia stessa.
Quindi tutto ciò che essa narra è necessariamente vero (inerranza), essendo parola di Dio; ha però una verità relativa al genere letterario usato dal sacro scrittore, che può essere ispirato a manifestare il pensiero di Dio in qualunque forma letteraria, storia propriamente detta, storia amplificata, parabola, poesia ecc. Siccome ogni genere letterario ha la sua verità, è necessario sapere in che genere letterario sia espresso il pensiero di Dio, ma ciò non si può decidere che con solidi argomenti uniti al senso e al giudizio della Chiesa, che a riguardo già si è santamente espressa nei secoli passati mediante il Magistero. Oltre la verità relativa al genere letterario la Bibbia ha verità relative al comune parlare, al linguaggio popolare, alle idee dei paesi e dei tempi, che scientificamente possono esser “false”, e questo solo perché la Bibbia, non essendo un trattato di scienza, non usa il linguaggio tecnico o scientifico, ma quello comune popolare dei tempi (che Dio, per ottenere il fine propostosi, non ha creduto bene di rettificare).
Riguardo ai generi letterari la Bibbia li prende come erano allora: così la storia non era, come oggi, un’indagine completa e critica, ma una scelta di fatti vari e indirizzati ad uno scopo voluto dall’autore.
Senza la Chiesa è impossibile riuscire a “decifrare” l’ispirazione e quindi a comprendere rettamente la Scrittura, tanto che Sant’Agostino scrisse ai manichei: “Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa cattolica” [Cf. Contra ep. man. 5, 6; cf. Contra Faustum 28, 2]; ai donatisti ricorda “l’universalità” e “l’antichità” della “Tradizione apostolica” [Cf. De bapt. 4, 24, 31]; ai pelagiani dice chiaramente che “deve ritenersi per vero ciò che la Tradizione ha tramandato” anche se “non lo si riesce a spiegare” [Cf. Contra Iul. 6, 5, 11] poiché i Padri “hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa” [Cf. Opus imp. c. Iul. 1, 117; cf. Contra Iul. 2, 10, 34], visto che fuori dalla Chiesa non si imparano le cose sante.
Per maggiori informazioni su Scrittura, Chiesa di Cristo e Tradizione è possibile approfondire leggendo gli “APPUNTI DI DOTTRINA: TRADIZIONE O MODERNITÀ? QUESTO È IL PROBLEMA”.
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APPROFONDIMENTO SULL’INERRANZA
Nel 1978 a Chicago fu organizzato un congresso dalle “false chiese” per definire il significato stesso di inerranza; a presiedere la conferenza furono degli esponenti della “chiesa” evangelica, fra cui il noto J.M. Boice ed anche Jay H. Grimstead. Essi stilarono un famosissimo documento, la cosiddetta “Dichiarazione di Chicago”, che ancora oggi è base dell’apostolato di numerosissime “chiese” protestanti. Tanto per citare la irriverenza e cattiveria di questo documento, basta leggere l’Articolo 1 dello stesso che, testualmente, dice:
“Noi affermiamo che le Sacre Scritture debbano essere ricevute come autorevole Parola di Dio. Noi neghiamo che le Scritture derivino la loro autorità dalla Chiesa, dalla tradizione, o da qualsiasi altra fonte umana”.
Si potrebbe dire che questi signori, arrivavano “freschi freschi” 1548 anni dopo la morte di Sant’Agostino (Ippona, 28 agosto 430) e si appropriavano dell’interpretazione di un Testo che non era mai stato il loro, accusando addirittura il santo Vescovo di Ippona di essere praticamente un bugiardo [cit. ... Noi neghiamo che le Scritture derivino la loro autorità dalla Chiesa, dalla tradizione ...]. Si dimenticavano anche della storia della stessa Bibbia, quindi dei 72 saggi di Alessandria d’Egitto (Septuaginta – fra IV e II secolo a.C.), di papa Damaso I (nel 382 commissionò la prima Vulgata a Sofronio Eusebio Girolamo), ovvero di San Girolamo (traduzione latina IV secolo d.C., 15 anni di lavoro), di papa Sisto V (1585-1590) che commissionò la Biblia Sacra Vulgatae Editionis Sixti Quinti Pontificis Maximi iussu recognita atque edita, di papa Clemente VIII (1592-1605) che fece pubblicare 3 edizioni della Vulgata Sito-Clementina, di mons. Martini (1778, traduzione ufficiale in italiano della Bibbia Vulgata Sisto-Clementina), ecc … Verrebbe da pensare che quando gli altri fanno il lavoro duro, per secoli e secoli, e muoiono anche martiri per difendere la Fede, si fa poi prestissimo a “rubare” ed offendere in epoca pancristiana ed irenista. (Per maggiori approfondimenti leggasi “IL FALSO ECUMENISMO”). Un minimo di carità non guasterebbe!
Il Padre Passionista Enrico Zoffoli, che fu miniera di dottrina e di ortodossia cattolica, parla dell’inerranza in questi termini:
“La S. Scrittura, essendo ispirata da Dio, quanto al testo originale e alle sue traduzioni fedeli, è esente da errori per ciò che riguarda Dio, l’uomo e i rapporti tra Dio e l’uomo restaurati per la mediazione redentrice del Cristo [P. E. Zoffoli, Dizionario del Cristianesimo, Sinospis, 1992, v. Inerranza]. Quanto al resto – vicende storiche, fenomeni naturali – la Bibbia non si pronunzia; e, nel caso, il valore delle sue affermazioni è quello relativo alle possibilità dei singoli agiografi, inseriti in una certa fase della storia della civiltà umana” [Cfr. Clemente VI, Super quibusdam, 29 settembre 1351; Leone XIII, Providentissimus Deus, 18 novembre 1893; San Pio X, Pascendi, 8 settembre 1907; Benedetto XV, Spiritus Paraclitus, 15 settembre 1920].
Cosa è importante sapere quando si parla di inerranza:
1) Il senso spirituale deve fondarsi sulla verità della narrazione storica [Cfr. San Tommaso, Summa Theologiae, q. 91, a. 1, 4um; q. 68, a. 3, c.];
2) Non è lecito pensare che nella Sacra Scrittura ci siano degli errori, equivarrebbe a dare del bugiardo a Dio [Op cit., I-II, q. 103, a. 4, 2um; II-II, q. 110, a. 3];
3) Essa è criterio di fede [Op. cit., II-II, q. 1, a. 1, arg. 1];
4) Tradisce la Sacra Scrittura chi la commenta facendo dire allo Spirito Santo ciò che non ha detto [Op. cit., II-II, q. 11, a. 2, 2um];
5) Dall’uso della Sacra Scrittura risulta evidente che sono attribuite a Dio le passioni dell’anima umana per una certa analogia [San Tommaso, Summa contra Gentiles, IV, c. 23];
6) La Sacra Scrittura suole attribuire a Dio certi effetti che Egli stesso produce nell’uomo e nel Creato [Ibid.];
7) Se anche per un nonnulla si viene ad infirmare l’autorità della Sacra Scrittura, non ci potrà essere niente di sicuro nella nostra fede [Op. cit., c. 29].
E’ possibile, fra gli altri passi salienti della Scrittura, risalire al Dogma stesso leggendo Giovanni 10:
“I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. Gesù rispose loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre». Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani”. [Gv 10,31-39]
Gesù, nel testo greco, dice: “καὶ οὐ δύναται λυθῆναι ἡ γραφή”, che significa proprio “e la Scrittura non può essere annullata”.
- San Giustino: “[...] sono del tutto convinto che le Scritture non si contraddicano tra loro” [San Giustino Martire, Dialogo con Trifone, c. 65];
- Sant’Agostino: “[...] nullum eorum auctorem seribendo aliquid errasse firmissimo credam” ossia “sono certo che nessun autore delle Scritture (poiché ispirato da Dio) non ha mai errato” [Sant’Agostino, Ep. 82, Pl 33, 277];
- San Tommaso: “Hoc tamen tenendum est, quod quidquid in sacra Scriptura continetur, verum est; alias qui contra hoc sentiret, esset haereticus” ovvero “Ciò tuttavia va ritenuto: che tutto ciò che è contenuto nella Sacra Scrittura è vero; d’altra parte chi opinasse contro ciò, sarebbe eretico” [San Tommaso, Quaestiones de quodlibet, XII, q. 17];
- Papa Leone XIII: “Infatti tutti i libri e nella loro integrità, che la Chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma Verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore” [Leone XIII, Providentissimus Deus, 18 novembre 1893];
- Pio XII: “Ritorniamo ora alle teorie nuove, di cui abbiamo parlato prima: da alcuni vengono proposte o istillate nella mente diverse opinioni che sminuiscono l’autorità divina della Sacra Scrittura. Con audacia alcuni pervertono il senso delle parole del Concilio Vaticano con cui si definisce che Dio è l’Autore della Sacra Scrittura, e rinnovano la sentenza, già più volte condannata, secondo cui l’inerranza della Sacra Scrittura si estenderebbe soltanto a ciò che riguarda Dio stesso o la religione e la morale” [Pio XII, Humani Generis, 22 agosto 1950];
- Concilio di Trento e Vaticano: “La Divina Rivelazione è contenuta sia nella Sacra Scrittura che nella Sacra Tradizione” [Concilio di Trento, sessio IV, decr. 1; Concilio Vaticano I, Dei Filius, c. 2].
Il dogma dell’inerranza, già definito nel Magistero solenne, fu arricchito da altra definizione: sull’importanza dogmatica dell’unanimità della Tradizione nel 1934. Pontificia Commissione Biblica, ex Organo magistrale, definì:
“L’unanimità della Tradizione è tale che l’inerranza è da considerarsi dogma [...] appunto dogma dell’ispirazione e dell’inerranza biblica” [Pontificia Commissione Biblica, Provvedimento del 27 febbraio 1934].
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SENSO DELLA SCRITTURA
È di massima importanza il senso della Scrittura, perché da esso dipende il pensiero di Dio. Ogni scrittura ha il senso letterale detto anche o verbale, o storico. Questo senso letterale è proprio o figurato. Oltre il senso letterale la Scrittura ha in molti luoghi il senso mistico o spirituale, o tipico, per cui la lettera presenta persone, cose, culti, istituzioni scelte da Dio per significare il futuro e fare profezie relative a Cristo e alla Chiesa. Il senso tipico quando sia dimostrato, cioè conosciuto dalla Scrittura o dalla Chiesa, è il senso inteso da Dio e come il letterale è parola di Dio. Dicesi allegorico quando indica le verità da credere, tropologico quando addita la pratica da seguire, anagogico quando mostra i beni eterni da conseguirsi.
Oltre il senso letterale e il mistico, che sono i sensi divini, la Scrittura può avere due sensi umani: il conseguente, che è una conclusione di cui il letterale o il miotico sono premesse; l’accomodatizio, per cui ciò che la Scrittura dice di uno, per estensione o per allusione si applica ad altri. Dietro l’esempio della Chiesa è obbligatorio conservare alle parole il loro senso genuino.
Per intendere il senso della Scrittura, che è unico o si discosta di pochissimo (non influisce) e solitamente già perfettamente interpretato dalla Tradizione, bisogna conoscere il significato dei vocaboli, il modo di dire degli autori, il fine, l’occasione della loro opera, ricavare il senso del testo dal contesto. Bisogna inoltre leggere la Scrittura con lo spirito con cui è stata scritta, con molta umiltà, dopo aver preparato l’anima con la virtù e con la preghiera. Bisogna prendere per falsa ogni interpretazione che ammetterebbe errore, la contraddizione tra i diversi passi della Scrittura o fra la Scrittura e vera scienza perché, avendo Dio per autore, la Scrittura non può avere errori o contraddizioni.
Ricordiamoci che solo il Testo originale sacro fu coperto da inerranza, mentre le copie possono contenere errori. Le copie esatte sono garantite dal Magistero, dunque garantite esenti da errori di fede e morale (ambito del Magistero) ed in altre materie solo se “connesse” col dogma (oggetto secondario). Ancora una volta la fede poggia sulla Chiesa, non sulla Scrittura, come abbiamo appreso dalle parole di Sant’Agostino. Tant’è che Sant’Agostino arriva a dire che “se veramente vi fosse una contraddizione inconciliabile nella Scrittura”, sicuramente egli crederebbe “che è un errore dei copisti”. Sul consenso fra gli evangelisti, che molti “contestatori” cercano di abbattere, Sant’Agostino ha già magistralmente spiegato tutto nelle esegesi “IL CONSENSO DEGLI EVANGELISTI”.
San Pio X, Catechismo Maggiore, N° 882: D. Non vi può essere errore nella Sacra Scrittura?
“R. Nella Sacra Scrittura non vi può essere errore alcuno, perché, essendo tutta ispirata, autore di tutte le sue parti è Dio medesimo. Ciò non toglie che nelle copie e traduzioni della stessa possa essere occorso qualche sbaglio o dei copisti o dei traduttori. Però nelle edizioni rivedute ed approvate dalla Chiesa cattolica non vi può essere errore in ciò che riguarda la fede o la morale”.
Bisogna stare a ciò che esplicitamente o implicitamente dichiara la Chiesa in modo autentico; mai spiegare contro ciò che la Chiesa insegna col suo ordinario Magistero, perché Dio ha consegnato i libri sacri alla Chiesa, affinché li custodisse li spiegasse, e qualunque spiegazione che va contro al senso tenuto dalla Chiesa è eretico.
Se, per esempio, “all’interno” della Chiesa stessa ci troviamo, oggi, differenti interpretazioni di uno stesso passo biblico che ne alterano il significato ed il fine (conducendo al male – fede, morale, ecc… ), la verità è nella Tradizione e non nell’innovazione, poiché abbiamo visto che c’è il dogma certissimo e poi la Tradizione ha sempre prodotto cose sante. Evidentemente l’autore contemporaneo, forse novatore o aderente all’eresia modernista (Cf. San Pio X, Lamentabili e Pascendi), o forse ignorante, o inconsapevole, o superbo, o forse poco orante, o minacciato, fornisce un punto di vista erroneo, eretico o prossimo all’eresia, ambiguo, quindi va corretto e non ascoltato. Ricordiamoci che chi viene richiamato all’ortodossia della fede ma mai si pente e si corregge, questi in alcuni casi si “separa dalla comunione dei santi” è “fuori dalla Chiesa cattolica” [Vedi nota in basso], quindi quella errata interpretazione (se è tale e conduce le anime all’inferno) non può essere “colpa” della Chiesa, ma solo del singolo uomo che “ha abbandonato volontariamente il Corpo mistico di Cristo” ed anche l’assistenza che Gesù ha promesso [Vedi nota in basso]. A mio avviso, fra gli ultimi esegeti e/o biblisti cattolici ricordiamo: l’ab. Giuseppe Ricciotti, mons. Salvatore Garofalo, mons. Giuseppe Spadafora e pochi altri nelle loro equipe. Se può valere qualcosa, io sconsiglio vivamente di acquistare Bibbie (o commentari) attuali NON spiegate dai suddetti, poiché le ritengo altamente fuorvianti; spesso si sacrifica l’inerranza, o la tradizione, o il consenso unanime, o la storicità dei testi, in favore di un irenismo, di un relativismo ateo e di un filogiudaismo sconvolgenti.
Un esempio di corrette esegesi demonologiche le trovate in questo documento “DEMONOLOGIA: LA SACRA SCRITTURA E IL DIAVOLO” contro le attuali fantasie dei modernisti che occupano gran parte delle scuole di teologia e dei seminari.
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LA LINGUA DELLA BIBBIA
La Bibbia è stata scritta in ebraico o in greco. In ebraico sono stati scritti quasi tutti i libri dell’Antico Testamento, ma alcuni sono stati scritti in caldaico, altri in greco. I protocanonici sono in ebraico o in caldaico.
In greco è stato scritto tutto il Nuovo Testamento, ad eccezione forse del Vangelo di S. Matteo scritto in aramaico e tradotto in greco, sembra dallo stesso autore. L’ebraico dell’Antico Testamento, rimasto quasi identico da Mosè all’esilio, fu poi contaminato da aramaismi, e fra il quarto e il terzo secolo avanti Cristo diventa lingua morta, usata nelle scuole e nella liturgia. La pronunzia tradizionale dell’ebraico fu conservata dai Massoreti coi segni vocalici aggiunti alle consonanti.
Il greco del Nuovo Testamento non è il classico, ma la lingua popolare diffusa in quasi tutto il mondo dalle conquiste d’Alessandro Magno, e potrebbe dirsi dorico-alessandrino. Senza alcun dubbio, come abbiamo visto, i testi originali sono fonte autentica della Rivelazione e contengono la Parola di Dio.
La Bibbia ha avuto nei secoli molte traduzioni. La più famosa fra le versioni greche è quella detta dei Settanta dal presunto numero dei suoi traduttori, che cominciato il lavoro verso il 286 avanti Cristo, l’avevano già terminato molto tempo prima del 130. Questa traduzione, che alcuni dissero ispirata e molti fatta sotto una speciale assistenza di Dio, come quella che doveva essere approvata da Cristo e dagli Apostoli, ha da sé gran valore, essendo traduzione quasi letterale del testo ebraico ufficiale come era due secoli avanti Cristo, diverso dal Massoretico, o testo oggi usato (che ebbe la sua forma definitiva dall’ottavo al decimo secolo dopo Cristo) e maggior valore acquista per essere stato il testo da cui gli Apostoli attinsero le loro citazioni, il testo usato dalla Chiesa nei primi secoli: è senza dubbio fonte autentica della Rivelazione. Il primo posto fra le versioni della Bibbia l’ha la Volgata latina. Essa è dovuta in massima parte a S. Girolamo che (se si eccettuano Baruc, Sapienza, Ecclesiastico, I e II dei Maccabei, passati nella Volgata, senza correzioni, dall’antica versione latina detta Itala) corresse o tradusse sugli originali tutti i libri della Bibbia. Prese dall’itala e corresse sul greco il Nuovo Testamento; prese dall’itala e corresse i Salmi due volte: la prima sul greco dei Settanta (il così detto Saltero Romano), la seconda sul famoso testo esaplare di Origine (il così detto Saltero Gallicano che è passato nella Volgata). Finalmente tradusse dall’ebraico tutti i protocanonici. Dei Deuterocanonici tradusse dal caldaico Tobia e Giuditta e le parti deuterocauoniche di Daniele, dal greco le parti deuterocanoniche di Ester. Questa traduzione s’impose tra i Cristiani dopo il quinto secolo e nel settimo divenne comune o Volgata: finalmente dal Concilio di Trento fu dichiarata autentica, cioè “testo ordinario nel pubblico insegnamento, nella predicazione, e tale che nessuno possa impugnarne o ricusarne il valore”.
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Parte della ricerca è tratta dall’introduzione di P.E. Tintori, O.F.M., Sacra Bibbia, San Paolo, 1931, Roma
Nota:
SAN PIO X, CATECHISMO MAGGIORE
224. Chi sono quelli che non appartengono alla comunione dei santi? Non appartengono alla comunione dei santi nell’altra vita i dannati e in questa coloro che si trovano fuori della vera Chiesa.
225. Chi sono quelli che si trovano fuori della vera Chiesa? Si trovano fuori della vera Chiesa gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
226. Chi sono gli eretici? Gli eretici sono i battezzati che ricusano con pertinacia di credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata come di fede dalla Chiesa cattolica.
Nella versione del testo Verità della Fede, Volume primo, Giacinto Marietti, Torino, 1826, alla pagina 142, si leggono le parole del santo Dottore Alfonso Maria de’ Liguori: La seconda cosa certa si è, che quando in tempo di scisma si dubita, chi fosse il vero papa, in tal caso il concilio può esser convocato da’cardinali, e da’ vescovi; ed allora ciascuno degli eletti è tenuto di stare alla definizione del concilio, perchè allora si tiene come vacante la sede apostolica. E lo stesso sarebbe nel caso, che il papa cadesse notoriamente e pertinacemente in qualche eresia. Benché allora, come meglio dicono altri, non sarebbe il papa privato del pontificato dal concilio come suo superiore, ma ne sarebbe spogliato immediatamente da Cristo, divenendo allora soggetto affatto inabile, e caduto dal suo officio. (maggiore approfondimento qui: “SULLA NECESSITÀ DELL’INFALLIBILITÀ DEL PONTEFICE E SULLA CONDANNA DELLA COLLEGIALITÀ“)
Ed il C.J.C. (Codice di Diritto Canonico) del 1917: Tutti gli apostati dalla fede Cristiana, e tutti gli eretici e scismatici: sono ipso facto scomunicati … Il Delitto di Eresia: procura una scomunica ipso facto. Questa basilare scomunica è la pena incorsa da tutti gli eretici… Un eretico… è in tal modo incorso nella scomunica ed ha perso la appartenenza alla comunione generale di quella società (la Chiesa).