Citiamo la celebre storica di origine ebraica che è stata intervistata su La Repubblica il 24 gennaio:
"Il diffondersi del negazionismo accresce negli ebrei un atteggiamento di difesa. E così si difende tutto, anche la retorica. Chi parla di “shoah business”, ossia degli investimenti di danaro intorno al ricordo dell’Olocausto, richiama elementi di realtà. È fondato il rischio di diventare professionisti della memoria. Bisogna dirlo senza farci spaventare dall’antisemitismo. Anche se poi questo è un enorme problema reale”
Aggiungiamo: è impressionante la bassezza del giornalismo de La Repubblica. Il 22 gennaio grida alla vergogna per l'uso del termine "shoah-business" ("Cattolica, i poster della vergogna: "Discutiamo di Shoah-business") salvo poi accogliere - giustamente - una pungente riflessione sulle stesse parole due giorni dopo. Strabismo conformistico? Senza dubbio.
Lo stesso giornale (online) due giorni prima: