Prima della restaurazione della gerarchia episcopale, operata da Pio IX nel 1850, l’Inghilterra è stata per lunghi secoli terra di missione. Dalla celeberrima abiura di Enrico VIII, una delle nazioni cardine del medioevo cristiano si trasformò presto, nell’arco di pochi anni, nel baluardo del protestantesimo europeo. Mutarono costumi, stili e condizioni di vita, in un momento oltretutto propizio in cui, grazie alla proverbiale abilità di Elisabetta I, l’Inghilterra si avviava a diventare l’incontrastata regina dei mari con i suoi mercantili, i pirati e le colonie che avrebbero proliferato in ogni angolo del pianeta.
Nel XVI secolo, sotto molti punti di vista, si giocarono le future sorti d’Europa e cambiarono per sempre gli equilibri del continente. Mentre la Francia era attraversata dalle sanguinose lotte tra cattolici e ugonotti, il destino temporale del cattolicesimo pesava sulle gracili spalle di Filippo II. La Spagna infatti, seppur prima potenza mondiale, portava già dentro di sé i segni di un’inesorabile crisi che l’avrebbe costretta, nel giro di pochi decenni, ai margini della grande storia. Al di là del mancato processo di sviluppo economico della penisola iberica, Filippo II era circondato da numerosi e temibili nemici: i Paesi bassi erano in costante subbuglio e gli Ottomani, seppur sconfitti a Lepanto, continuavano a minacciare i possedimenti veneziani nel mediterraneo e non davano speranze circa un possibile affievolimento del loro processo espansionistico.
Nel 1587, a complicare il delicato equilibrio politico, giunse dall’Inghilterra una dolorosa notizia per il “re prudente”: Elisabetta aveva fatto giustiziare Maria Stuarda, regina di Scozia. La misura era colma. Filippo II era pronto a sferrare il suo colpo e mise al lavoro centinaia di uomini per creare una delle flotte più imponenti che sia mai stata allestita con l’obiettivo di vendicare la morte della sovrana cattolica.
In questo scenario storico-epico prende avvio il romanzo L’ Invincibile Armata di Jan Dobraczynsky, noto scrittore cattolico di origini polacche. Sullo sfondo del XVI secolo si narrano le vicende del giovane gesuita inglese, Hugh Palmer, inviato dai superiori in missione, come altri confratelli, nella terra natia per riconquistare le anime a Cristo. Una volta abbandonati gli amati studi a Roma e giunto rocambolescamente a casa, inizia il sue pericoloso compito caratterizzato da abili travestimenti, fughe continue e messe clandestine. L’Inghilterra della sua giovinezza non esiste più: le restrittive leggi promulgate contro i cattolici li costringono alla semi-clandestinità affidandosi, per i sacramenti, ai rari preti che percorrono di nascosto l’isola, forti solo dell’aiuto dei fedeli più devoti e della protezione di Dio. Hugh diventa uno di questi sacerdoti itineranti, come loro costantemente accompagnato nei suoi viaggi dall’ombra della forca, il destino riservato a quelli come lui, “cospiratori papisti al servizio del re di Spagna”.
Dobraczynsky sfugge ad un impostazione a tesi del romanzo storico per lasciare spazio a una serie di punti focali diversi, spesso in contrapposizione tra loro. L’autore si eclissa dietro lo sguardo dei suoi protagonisti, uomini e donne delle più svariate nazioni e dalle diverse idee. Questo fatto si rivela uno dei grandi punti di forza del racconto. La trama diventa vera come gli uomini che vivono in prima persona i grandi sconvolgimenti del 1588, immersi nella propria epoca, costretti a districarsi tra le difficoltà quotidiane e le prospettive esistenziali future.
Anche i cattolici inglesi si mostrano poco compatti davanti alla possibile invasione spagnola. Chi sostiene strenuamente Filippo II è, in realtà, in minoranza rispetto al più ampio gruppo che, nonostante le vessazioni e i pericoli, continua a mostrarsi fedele suddito di Elisabetta, temendo che le mire del sovrano spagnolo siano più che altro politiche ed egoistiche.
Nei suoi viaggi Palmer – vissuto a Roma sin dall’infanzia – incontra un popolo molto diverso da come se l’era immaginato. Aspettava di trovare almeno la metà cattolica del paese pronta alla ribellione, ma così non è. Allo stordimento iniziale si sostituisce, piano piano, una comprensione sempre più profonda dell’animo della sua gente, aiutato in questo dai molti incontri fatti come quello singolarissimo con Shakespeare a cui Dobraczynsky sembra attribuire, con una punta di malizia, simpatie cattoliche. Per Hugh la missione si trasforma così in una grande occasione di crescita e maturazione di cui il finale aperto – scelta rara in un romanzo storico – lascia intuire futuri sviluppi possibili.
Il pavido e timoroso gesuita delle prime pagine, alla fine, si è trasformato in un cavaliere della Fede. Tutto questo anche se, nel frattempo, naufraga il progetto di Filippo II con buona parte della sua flotta…
Luca Fumagalli (http://radiospada.org/)
J. DOBRACZYNSKY, L’ Invincibile Armata, Milano, Gribaudi, 2011