martedì 7 gennaio 2014

I Patti Lateranensi e la presunta legittimazione dell'Italia unita.


Roma - Piazza e Basilica San Pietro 1929




Nota introduttiva:

Lo studio che segue è stato voluto fortemente dai membri dell'A.L.T.A. in quanto troppo spesso codesto argomento cade in inesorabili false letture generando confusione tra coloro i quali , nella perenne ricerca della Verità, cercano di comprendere al meglio situazioni ed avvenimenti storico-politici di rilevante importanza. Per questo motivo mi accingo a presentare il mio studio e la mia analisi sui Patti Lateranensi e sulla presunta legittimità dello stato italiano unitario che da essi deriverebbe.


La prigionia della Chiesa Cattolica all'indomani di Porta Pia:




Pio IX prigioniero dello Stato italiano.

Come ben sappiamo , nel 1870, alcune settimane dopo la caduta di Napoleone III (battaglia di Sedan del 1º settembre), l'esercito sabaudo meschinamente ne approfittò e, guidato dal generale macellaio Raffaele Cadorna, invase dapprima ciò che restava del terrio libero dello Stato Pontificio e successivamente  Roma, difesa da valorosi volontari giunti da tutto il mondo. Con  la famosa "breccia di Porta Pia" , uno sciame di locuste invase la Città eterna (20 settembre 1870) depredando e usurpando così il millenario Stato della Chiesa che venne annesso con totale illegittimità al regnucolo di second'ordine del Savoia. Questo nefastissimo avvenimento segnò la più grave sconfitta del cattolicesimo nelle terre italiane e, alla lunga, del cattolicesimo tout court.
Esso non segnò la conclusione del percorso di un  processo rivoluzionario ma semmai un suo incipit.
Le forze che infatti volevano Roma, non la volevano certo per farne la capitale di un mediocre staterello mediterraneo in balia delle potenze (quale è stato ed è l’Italia, malgrado tentativi imperiali nella prima metà del Novecento) ma la volevano per continuare un’intensa opera di scristianizzazione e laicizzazione della società. A questo assalto Pio IX saggiamente rispose con la denunzia della sua prigionia e con il “Non expedit”, ovvero con tutte le misure di arroccamento e profilassi che una societas perfecta poteva e doveva mettere in campo e con una “cultura dell’assedio” che era constatazione di una realtà. Ciò tenne lontani i cattolici dall'immischiarsi nella corruzione e nell'illegittimità dello stato di cose che opprimeva la penisola italiana.
L’assedio continuò anche dall’interno, prima attraverso un acquiescente clero liberaleggiante e incline alla “Conciliazione” negli anni ottanta e novanta del diciannovesimo secolo (ricordiamo gli episcopati di Bonomelli, Scalabrini, Nazari di Calabiana e altri ancora), poi attraverso il sottile veleno dell’invasione modernista negli anni dieci (sempre attraverso episcopati ora deboli, ora compiacenti come quelli, ad esempio, di Maffi, Radini Tedeschi o Ferrari a Milano).
La Chiesa Cattolica era prigioniera dello Stato italiano il quale , dopo aver invaso Roma e usurpato l'ultimo baluardo dello Stato Pontificio, privando il Pontefice del legittimo potere temporale , cercò di "rabbonirsi"  la Santa Sede con la così detta "Legge delle Guarentige" la quale non solo offriva vergognose proposte al Pontefice ma voleva far credere che quelle erano garanzie reali per il Papa e la Santa Sede: Pio IX , secondo la suddetta legge, sarebbe diventato  suddito dello "Stato Italiano". Il Pontefice non volle mai accettare una legge eversiva e unilaterale (fu compilata, infatti, su iniziativa del solo Governo sabaudo) . Rinunciò, inoltre, alla dotazione annua, che i patriottardi tricoloruti pensavano potesse comprarlo,  fissata in lire 3.225.000.

Giolitti.

Nel giugno del 1873 il governo sabaudo estese anche a Roma le leggi anticlericali (leggi Siccardi e successive) e due anni dopo impose pure al clero l'obbligo del servizio militare.
Durante i primi anni del XX secolo , il sottile veleno dell’invasione modernista ,  congiunto all' affermazione dei socialisti favorì, inoltre, l'alleanza tra quei cattolici modernisti e liberali moderati (Giolitti) in molte elezioni amministrative, alleanza detta "clerico-moderatismo". I Pontefici allora cercarono di attenuare gli attriti tra Stato e Chiesa onde permettere ai Cattolici e alla Chiesa Cattolica (che viveva in cattività) garanzie ben precise.  La lettera enciclica del 1904 "Il fermo proposito", che  conservava il "non expedit", ne permetteva tuttavia larghe eccezioni, che poi si moltiplicarono: vari cattolici entrarono, in questo modo, in parlamento, sia pure a titolo personale.




I tentativi di riconciliazione nel primo dopo guerra e il successo del Fascismo:


Immediatamente dopo la fine della Prima Guerra Mondiale , e avvenute le ultime usurpazioni territoriali ,  vi furono i primi contatti fra Santa Sede e Regno d'Italia volti , per progetto del governo sabaudo , a tentare un nuovo compromesso e porre fine alla controversia. Vi fu  una presa di contatto fra monsignor Bonaventura Ceretti e il primo ministro Vittorio Emanuele Orlando. Alla morte di Benedetto XV , per mostrare una certa "cattolicità" dello stato italiano così da ingannare le folle, per la prima volta in tutta Italia le bandiere furono poste a mezz'asta.

Benito Mussolini durante la "Marcia su Roma".
(28 ottobre 1922).

Quando nel 1922 il furbo nazionalista Benito Mussolini organizzò "la marcia su Roma" e prese il potere iniziò subito una campagna volta alla conciliazione tra Stato e Chiesa: egli sapeva benissimo che la stragrande maggioranza del popolo era Cattolico e per accattivarsene  maggiormente le simpatie premette sul tasto della fede e della tradizione nel vano tentativo di "fare gli italiani". Vi fu dapprima  l'introduzione della religione Cattolica nelle scuole di Stato, con funzione di "ancella della filosofia" (1923) e l'autorizzazione ad appendere il crocifisso nelle aule. Già nel gennaio 1923 si aprirono delle trattative segrete con un incontro tra Benito Mussolini e il cardinal Segretario di Stato Pietro Gasparri. Si può affermare che la Santa Sede vide in Mussolini una sorta di "uomo della Provvidenza" , uomo che però si dimostrerà astuto e ingannatore.
A partire dall'agosto 1926 una serie di incontri riservati, inizialmente ufficiosi, tra il consigliere di Stato Domenico Barone, negoziatore per lo stato sabaudo, e l'avvocato Francesco Pacelli (fratello maggiore di Eugenio, futuro Pio XII) delegato per la Chiesa Cattolica, portarono agli accordi che sarebbero stati formalizzati successivamente con i Patti Lateranensi. Alla morte prematura di Barone (4 gennaio 1929), lo stesso Mussolini assunse in prima persona le trattative finali incontrando più volte Pacelli.


I Patti Lateranensi:



I partecipanti e firmatari dei Patti Lateranensi.

I Patti Lateranensi constavano di due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; con diversi allegati, fra cui, importante, la Convenzione Finanziaria; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo (prima d'allora, cioè dalla nascita del Regno d'Italia, sintetizzate nell'ingannevole motto: «libera Chiesa in libero Stato»). La "Convenzione Finanziaria" regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive.

Mappa della Città del Vaticano del 1929.
 È stata poi prevista l'esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate e il risarcimento di " 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidati al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire" per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale.
Nel precedente Concordato, nel quale ancora vigeva la norma del giuramento dei nuovi vescovi al Governo italiano, l'unico vescovo che non era obbligato a giurare fedeltà all'Italia era colui che fa le veci del Pontefice nella sua qualità di vescovo di Roma, cioè il cardinale vicario. Questa eccezione alla regola, che appariva nel Concordato, era stata furbescamente prevista proprio in funzione di attirare il Pontefice ad accettare in pieno il concordato mascherando il tutto come  "segno di rispetto dell'indipendenza del Papa da parte dell'Italia".
 Il governo italiano, sempre per attirare il buon esito del concordato,  acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio e il divorzio conformi a quelle della Chiesa Cattolica  e di rendere il clero esente dal servizio militare. I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento di religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l'istituzione dell'insegnamento della religione cattolica, già presente dal 1923. Mussolini per riuscire nel suo scopo andò anche contro la forza oscura che lo aveva fino ad all'ora appoggiato e che gli permise di giungere al potere , la massoneria , dichiarandola fuori legge.
 I Patti Lateranensi (la «Conciliazione») tra Stato e Chiesa del 1929 per la risoluzione della così detta "Questione romana" si conclusero all'apparenza in maniera soddisfacente per entrambe le parti in causa. Ma successivamente fu sempre più chiaro al Pontefice che l'apparenza inganna. La Chiesa Cattolica , dopo quasi sessant'anni di prigionia , tornava libera e con uno Stato indipendente , se pur minuscolo, ma la sua influenza e "libertà di movimento"  era nettamente tarpata dalle ambizioni e dallo strapotere del Mussolini.

E' altresì corretto e utile per comprendere il contenuto del Concordato analizzarne i contenuti e capire il motivo per il quale la Santa Sede "intraprese l'azzardo" di arrivare a patti con lo Stato italiano:




IN NOME DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Premesso:

Che la Santa Sede e l’Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l’addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti, che sia conforme a giustizia ed alla dignità delle due Alte Parti e che, assicurando alla Santa Sede in modo stabile una condizione di fatto e di diritto la quale Le garantisca l’assoluta indipendenza per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo, consenta alla Santa Sede stessa di riconoscere composta in modo definitivo ed irrevocabile la « questione romana », sorta nel 1870 con l’annessione di Roma al Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia;
Che dovendosi, per assicurare alla Santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza, garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale, si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l’esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana;
Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re d’Italia, hanno risoluto di stipulare un Trattato, nominando a tale effetto due Plenipotenziari, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo; i quali, scambiati i loro rispettivi pieni poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli Articoli seguenti:
Art. 1
L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’articolo 1° dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato.
Art. 2
L’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione nel mondo.
Art. 3
L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana sul Vaticano, com’è attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creandosi per tal modo la Città del Vaticano per gli speciali fini e con le modalità di cui al presente Trattato. I confini di detta Città sono indicati nella Pianta che costituisce l’Allegato I° del presente Trattato, del quale forma parte integrante.
Resta peraltro inteso che la piazza di San Pietro, pur facendo parte della Città del Vaticano, continuerà ad essere normalmente aperta al pubblico e soggetta ai poteri di polizia delle autorità italiane; le quali si arresteranno ai piedi della scalinata della Basilica, sebbene questa continui ad essere destinata al culto pubblico, e si asterranno perciò dal montare ed accedere alla detta Basilica, salvo che siano invitate ad intervenire dall’autorità competente.
Quando la Santa Sede, in vista di particolari funzioni, credesse di sottrarre temporaneamente la piazza di San Pietro al libero transito del pubblico, le autorità italiane, a meno che non fossero invitate dall’autorità competente a rimanere, si ritireranno al di là delle linee esterne del colonnato berniniano e del loro prolungamento.
Art. 4
La sovranità e la giurisdizione esclusiva, che l’Italia riconosce alla Santa Sede sulla Città del Vaticano, importa che nella medesima non possa esplicarsi alcuna ingerenza da parte del Governo Italiano e che non vi sia altra autorità che quella della Santa Sede.
Art. 5
Per l’esecuzione di quanto è stabilito nell’articolo precedente, prima dell’entrata in vigore del presente Trattato, il territorio costituente la Città del Vaticano dovrà essere, a cura del Governo italiano, reso libero da ogni vincolo e da eventuali occupatori. La Santa Sede provvederà a chiudierne gli accessi, recingendo le parti aperte, tranne la piazza di San Pietro.
Resta per altro convenuto che, per quanto riflette gli immobili ivi esistenti, appartenenti ad istituti od enti religiosi, provvederà direttamente la Santa Sede a regolare i suoi rapporti con questi, disinteressandosene lo Stato italiano.
Art. 6
L’Italia provvederà, a mezzo degli accordi occorrenti con gli enti interessati, che alla Città del Vaticano sia assicurata un’adeguata dotazione di acque in proprietà.
Provvederà, inoltre, alla comunicazione con le ferrovie dello Stato mediante la costruzione di una stazione ferroviaria nella Città del Vaticano, nella località indicata nell’allegata Pianta (Alleg. I) e mediante la circolazione di veicoli propri del Vaticano sulle ferrovie italiane.
Provvederà altresì al collegamento, direttamente anche cogli altri Stati, dei servizi telegrafici, telefonici, radiotelegrafici, radiotelefonici e postali nella Città del Vaticano.
Provvederà infine anche al coordinamento degli altri servizi pubblici.
A tutto quanto sopra si provvederà a spese dello Stato italiano e nel termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato.
La Santa Sede provvederà, a sue spese, alla sistemazione degli accessi del Vaticano già esistenti e degli altri che in seguito credesse di aprire.
Saranno presi accordi tra la Santa Sede e lo Stato italiano per la circolazione nel territorio di quest’ultimo dei veicoli terrestri e degli aeromobili della Città del Vaticano.
Art. 7
Nel territorio intorno alla Città del Vaticano il Governo italiano si impegna a non permettere nuove costruzioni, che costituiscano introspetto, ed a provvedere, per lo stesso fine, alla parziale demolizione di quelle già esistenti da Porta Cavalleggeri e lungo la via Aurelia ed il viale Vaticano.
In conformità alle norme del diritto internazionale, è vietato agli aeromobili di qualsiasi specie di trasvolare sul territorio del Vaticano.
Nella Piazza Rusticucci e nelle zone adiacenti al colonnato, ove non si estende la extraterritorialità di cui all’art. 15, qualsiasi mutamento edilizio o stradale, che possa interessare la Città del Vaticano, si farà di comune accordo.
Art. 8
L’Italia, considerando sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice, dichiara punibili l’attentato contro di Essa e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per l’attentato e la provocazione a commetterlo contro la persona del Re.
Le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti sono punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re.
Art. 9
In conformità alle norme del diritto internazionale sono soggette alla sovranità della Santa Sede tutte le persone aventi stabile residenza nella Città del Vaticano. Tale residenza non si perde per il semplice fatto di una temporanea dimora altrove, non accompagnata dalla perdita dell’abitazione nella Città stessa o da altre circostanze comprovanti l’abbandono di detta residenza.
Cessando di essere soggette alla sovranità della Santa Sede, le persone menzionate nel comma precedente, ove a termini della legge italiana, indipendentemente dalle circostanze di fatto, sopra previste, non siano da ritenere munite di altra cittadinanza, saranno in Italia considerate senz’altro cittadini italiani.
Alle persone stesse, mentre sono soggette alla sovranità della Santa Sede, saranno applicabili nel territorio del Regno d’Italia, anche nelle materie in cui deve essere osservata la legge personale (quando non siano regolate da norme emanate dalla Santa Sede), quelle della legislazione italiana, e ove si tratti di persona che sia da ritenere munita di altra cittadinanza, quelle dello Stato cui essa appartiene.
Art. 10
I dignitari della Chiesa e le persone appartenenti alla Corte Pontificia, che verranno indicati in un elenco da concordarsi fra le Alte Parti contraenti, anche quando non fossero cittadini del Vaticano, saranno sempre ed in ogni caso rispetto all’Italia esenti dal servizio militare, dalla giuria e da ogni prestazione di carattere personale.
Questa disposizione si applica pure ai funzionari di ruolo dichiarati dalla Santa Sede indispensabili, addetti in modo stabile e con stipendio fisso agli uffici della Santa Sede, nonché ai dicasteri ed agli uffici indicati appresso negli articoli 13, 14, 15 e 16, esistenti fuori della Città del Vaticano. Tali funzionari saranno indicati in altro elenco, da concordarsi come sopra è detto e che annualmente sarà aggiornato dalla Santa Sede.
Gli ecclesiastici che, per ragione di ufficio, partecipano fuori della città del Vaticano all’emanazione degli atti della Santa Sede, non sono soggetti per cagione di essi a nessun impedimento, investigazione o molestia da parte delle autorità italiane.
Ogni persona straniera investita di ufficio ecclesiastico in Roma gode delle garanzie personali competenti ai cittadini italiani in virtù delle leggi del Regno.
Art. 11
Gli enti centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano (salvo le disposizioni delle leggi italiane concernenti gli acquisti dei corpi morali), nonché dalla conversione nei riguardi dei beni immobili.
Art. 12
L’Italia riconosce alla Santa Sede il diritto di legazione attivo e passivo secondo le regole generali del diritto internazionale.
Gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede continuano a godere nel Regno di tutte le prerogative ed immunità, che spettano agli agenti diplomatici secondo il diritto internazionale, e le loro sedi potranno continuare a rimanere nel territorio Italiano godendo delle immunità loro dovute a norma del diritto internazionale, anche se i loro Stati non abbiano rapporti diplomatici con l’Italia.
Resta inteso che l’Italia si impegna a lasciare sempre ed in ogni caso libera la corrispondenza da tutti gli Stati, compresi i belligeranti, alla Santa Sede e viceversa, nonché il libero accesso dei Vescovi di tutto il mondo alla Sede Apostolica.
Le Alte Parti contraenti si impegnano a stabilire fra loro normali rapporti diplomatici, mediante accreditamento di un Ambasciatore italiano presso la Santa Sede e di un Nunzio pontificio presso l’Italia, il quale sarà il Decano del Corpo Diplomatico, a termini del diritto consuetudinario riconosciuto dal Congresso di Vienna con atto del 9 giugno 1815.
Per effetto della riconosciuta sovranità e senza pregiudizio di quanto è disposto nel successivo art. 19, i diplomatici della Santa Sede ed i corrieri spediti in nome del Sommo Pontefice godono nel territorio italiano, anche in tempo di guerra, dello stesso trattamento dovuto ai diplomatici ed ai corrieri di gabinetto degli altri Governi esteri, secondo le norme del diritto internazionale.
Art. 13
L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà delle Basiliche patriarcali di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di San Paolo, cogli edifici annessi (Alleg. II, 1, 2 e 3).
Lo Stato trasferisce alla Santa Sede la libera gestione ed amministrazione della detta Basilica di San Paolo e dell’annesso Monastero, versando altresì alla Santa Sede i capitali corrispondenti alle somme stanziate annualmente nel bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione per la detta Basilica.
Resta del pari inteso che la Santa Sede è libera proprietaria del dipendente edificio di S. Callisto presso S. Maria in Trastevere (Alleg. II, 9).
Art. 14
L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà del palazzo pontificio di Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze (Alleg. II, 4), quali ora si trovano già in possesso della Santa Sede medesima, nonché si obbliga a cederLe, parimenti in piena proprietà, effettuandone la consegna entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, la Villa Barberini in Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze (Alleg. II, 5).
Per integrare la proprietà degli immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenenti alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad altri Istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi vaticani, lo Stato s’impegna a trasferire alla Santa Sede od agli enti che saranno da Essa indicati gli immobili di proprietà dello Stato o di terzi esistenti in detta zona. Gli immobili appartenenti alla detta Congregazione e ad altri Istituti e quelli da trasferire sono indicati nell’allegata Pianta (Alleg. II, 12).
L’Italia, infine, trasferisce alla Santa Sede in piena e libera proprietà gli edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari, con tutti gli annessi e dipendenze (Alleg. III, 3, 4 e 5), e da consegnarsi liberi da occupatori entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato.
Art. 15
Gli immobili indicati nell’art. 13 e negli alinea primo e secondo dell’art. 14, nonché i palazzi della Datarìa, della Cancelleria, di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, il palazzo del Sant’Offizio ed adiacenze, quello dei Convertendi (ora Congregazione per la Chiesa Orientale) in piazza Scossacavalli, il palazzo del Vicariato (Alleg. II, 6, 7, 8, 10 e 11), e gli altri edifici nei quali la Santa Sede in avvenire crederà di sistemare altri suoi Dicasteri, benché facenti parte del territorio dello Stato italiano, godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri.
Le stesse immunità si applicano pure nei riguardi delle altre Chiese, anche fuori di Roma, durante il tempo in cui vengano nelle medesime, senza essere aperte al pubblico, celebrate funzioni coll’intervento del Sommo Pontefice.
Art. 16
Gli immobili indicati nei tre articoli precedenti, nonché quelli adibiti a sedi dei seguenti istituti pontifici: Università Gregoriana, Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, Seminario Russo, Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare e la Casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e Paolo (Alleg. III, 1, 1 bis, 2, 6, 7, 8), non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede, e saranno esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente.
È in facoltà della Santa Sede di dare a tutti i suddetti immobili, indicati nel presente articolo e nei tre articoli precedenti, l’assetto che creda, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali o comunali italiane, le quali possono all’uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa Cattolica.
Art. 17
Le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente.
Art. 18
I tesori d’arte e di scienza esistenti nella Città del Vaticano e nel Palazzo Lateranense rimarranno visibili agli studiosi ed ai visitatori, pur essendo riservata alla Santa Sede piena libertà di regolare l’accesso del pubblico.
Art. 19
I diplomatici e gli inviati della Santa Sede, i diplomatici e gli inviati dei Governi esteri presso la Santa Sede e i dignitari della Chiesa provenienti dall’estero diretti alla Città del Vaticano e muniti di passaporti degli Stati di provenienza, vistati dai rappresentanti pontifici all’estero, potranno senz’altra formalità accedere alla medesima attraverso il territorio italiano. Altrettanto dicasi per le suddette persone, le quali munite cli regolare passaporto pontificio si recheranno dalla Città del Vaticano all’estero.
Art. 20
Le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano, o, fuori della medesima, ad istituzioni od uffici della Santa Sede, saranno sempre ammesse da qualunque punto del confine italiano ed in qualunque porto del Regno al transito per il territorio italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari.
Art. 21
Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue; quelli residenti in Roma, anche fuori della Città del Vaticano, sono a tutti gli effetti cittadini della medesima.
Durante la vacanza della Sede Pontificia, l’Italia provvede in modo speciale a che non sia ostacolato il libero transito ed accesso dei Cardinali attraverso il territorio italiano al Vaticano, e che non si ponga impedimento o limitazione alla libertà personale dei medesimi.
Cura, inoltre, l’Italia che nel suo territorio all’intorno della Città del Vaticano non vengano commessi atti, che comunque possano turbare le adunanze del Conclave.
Le dette norme valgono anche per i Conclavi che si tenessero fuori della Città del Vaticano, nonché per i Concilii presieduti dal Sommo Pontefice o dai suoi Legati e nei riguardi dei Vescovi chiamati a parteciparvi.
Art. 22
A richiesta della Santa Sede e per delegazione che potrà essere data dalla medesima o nei singoli casi o in modo permanente, l’Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti che venissero commessi nella Città del Vaticano, salvo quando l’autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano, nel qual caso si procederà senz’altro contro di lui a norma delle leggi italiane.
La Santa Sede consegnerà allo Stato italiano le persone, che si fossero rifugiate nella Città del Vaticano, imputate di atti, commessi nel territorio italiano, che siano ritenuti delittuosi dalle leggi di ambedue gli Stati.
Analogamente si provvederà per le persone imputate di delitti, che si fossero rifugiate negli immobili dichiarati immuni nell’art. 15, a meno che i preposti ai detti immobili preferiscano invitare gli agenti italiani ad entrarvi per arrestarle.
Art. 23
Per l’esecuzione nel Regno delle sentenze emanate dai tribunali della Città del Vaticano si applicheranno le norme del diritto internazionale.
Avranno invece senz’altro piena efficacia giuridica, anche a tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche ed ufficialmente comunicati alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari.
Art. 24
La Santa Sede, in relazione alla sovranità che le compete anche nel campo internazionale, dichiara che Essa vuole rimanere e rimarrà estranea alle competizioni temporali fra gli altri Stati ed ai Congressi internazionali indetti per tale oggetto, a meno che le parti contendenti facciano concorde appello alla sua missione di pace, riservandosi in ogni caso di far valere la sua potestà morale e spirituale.
In conseguenza di ciò la Città del Vaticano sarà sempre ed in ogni caso considerata territorio neutrale ed inviolabile.
Art. 25
Con speciale convenzione sottoscritta unitamente al presente Trattato, la quale costituisce l’Allegato IV al medesimo e ne forma parte integrante, si provvede alla liquidazione dei crediti della Santa Sede verso l’Italia
Art. 26
La Santa Sede ritiene che con gli accordi, i quali sono oggi sottoscritti, Le viene assicurato adeguatamente quanto Le occorre per provvedere con la dovuta libertà ed indipendenza al governo pastorale della Diocesi di Roma e della Chiesa Cattolica in Italia e nel mondo; dichiara definitivamente ed irrevocabilmente composta e quindi eliminata la « questione romana » e riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia con Roma capitale dello Stato italiano.
Alla sua volta l’Italia riconosce lo Stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del Sommo Pontefice.
È abrogata la legge 13 maggio 1871 n. 214 e qualunque altra disposizione contraria al presente Trattato.
Art. 27
Il presente Trattato, non oltre quattro mesi dalla firma, sarà sottoposto alla ratifica del Sommo Pontefice e del Re d’Italia ed entrerà in vigore all’atto stesso dello scambio delle ratifiche.
Roma, undici febbraio millenovecentoventinove.

PIETRO Cardinale GASPARRI
BENITO MUSSOLINI





Si premette:
Che la Santa Sede e l’Italia, a seguito della stipulazione del Trattato, col quale è stata definitivamente composta la « questione romana », hanno ritenuto necessario regolare con una convenzione distinta, ma formante parte integrante del medesimo, i loro rapporti finanziari;
Che il Sommo Pontefice, considerando da un lato i danni ingenti subìti dalla Sede Apostolica per la perdita del patrimonio di San Pietro, costituito dagli antichi Stati Pontifici, e dei beni degli enti ecclesiastici, e dall’altro i bisogni sempre crescenti della Chiesa pur soltanto nella Città di Roma, e tuttavia avendo anche presente la situazione finanziaria dello Stato e le condizioni economiche del popolo italiano specialmente dopo la guerra, ha ritenuto di limitare allo stretto necessario la richiesta di indennizzo, domandando una somma, parte in contanti e parte in consolidato, la quale è in valore di molto inferiore a quella che a tutt’oggi lo Stato avrebbe dovuto sborsare alla S. Sede medesima anche solo in esecuzione dell’impegno assunto con la legge 13 maggio 1871;
Che lo Stato italiano, apprezzando i paterni sentimenti del Sommo Pontefice, ha creduto doveroso aderire alla richiesta del pagamento di detta somma;
Le due Alte Parti, rappresentate dai medesimi Plenipotenziari, hanno convenuto:
Art. 1
L’Italia si obbliga a versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecento cinquanta milioni) ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto Consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v.) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo).
Art. 2
La Santa Sede dichiara di accettare quanto sopra a definitiva sistemazione dei suoi rapporti finanziari con l’Italia in dipendenza degli avvenimenti del 1870.
Art. 3
Tutti gli atti da compiere per l’esecuzione del Trattato, della presente Convenzione e del Concordato, saranno esenti da ogni tributo.
Roma, undici febbraio millenovecentoventinove.
PIETRO Cardinale GASPARRI
BENITO MUSSOLINI




IN NOME DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Premesso:
Che fin dall’inizio delle trattative tra la Santa Sede e l’Italia per risolvere la « questione romana » la Santa Sede stessa ha proposto che il Trattato relativo a detta questione fosse accompagnato, per necessario complemento, da un Concordato, inteso a regolare le condizioni della Religione e della Chiesa in Italia;
Che è stato concluso e firmato oggi stesso il Trattato per la soluzione della « questione romana »;
Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, hanno risoluto di fare un Concordato, ed all’uopo hanno nominato gli stessi Plenipotenziarii, delegati per la stipulazione del Trattato, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo, i quali, scambiati i loro Pieni Poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli Articoli seguenti:
Art. 1
L’Italia, ai sensi dell’art. 1 del Trattato, assicura alla Chiesa Cattolica il libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della sua giurisdizione in materia ecclesiastica in conformità alle norme del presente Concordato; ove occorra, accorda agli ecclesiastici per gli atti del loro ministero spirituale la difesa da parte delle sue autorità.
In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e méta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere.
Art. 2
La Santa Sede comunica e corrisponde liberamente con i Vescovi, col clero e con tutto il mondo cattolico senza alcuna ingerenza del Governo italiano.
Parimenti, per tutto quanto si riferisce al ministero pastorale, i Vescovi comunicano e corrispondono liberamente col loro clero e con tutti i fedeli.
Tanto la Santa Sede quanto i Vescovi possono pubblicare liberamente ed anche affiggere nell’interno ed alle porte esterne degli edifici destinati al culto o ad uffici del loro ministero le istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli, che crederanno di emanare nell’ambito della loro competenza. Tali pubblicazioni ed affissioni ed in genere tutti gli atti e documenti relativi al governo spirituale dei fedeli non sono soggetti ad oneri fiscali.
Le dette pubblicazioni, per quanto riguarda la Santa Sede, possono essere fatte in qualunque lingua; quelle dei Vescovi sono fatte in lingua italiana o latina; ma, accanto al testo italiano, l’autorità ecclesiastica può aggiungere la traduzione in altre lingue.
Le autorità ecclesiastiche possono senza alcuna ingerenza delle autorità civili eseguire collette nell’interno ed all’ingresso delle chiese nonché negli edifici di loro proprietà.
Art. 3
Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia avviati al sacerdozio ed i novizi degli istituti religiosi possono, a loro richiesta, rinviare, di anno in anno, fino al ventesimosesto anno di età l’adempimento degli obblighi del servizio militare.
I chierici ordinati in sacris ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di mobilitazione generale. In tale caso, i sacerdoti passano nelle forze armate dello Stato, ma è loro conservato l’abito ecclesiastico, affinché esercitino fra le truppe il sacro ministero sotto la giurisdizione ecclesiastica dell’Ordinario militare ai sensi dell’art. 14. Gli altri chierici o religiosi sono di preferenza destinati ai servizi sanitari.
Tuttavia, anche se siasi disposta la mobilitazione generale, sono dispensati dal presentarsi alla chiamata i sacerdoti con cura di anime. Si considerano tali gli Ordinari, i parroci, i vice parroci o coadiutori, i vicari ed i sacerdoti stabilmente preposti a rettorie di chiese aperte al culto.
Art. 4
Gli ecclesiastici ed i religiosi sono esenti dall’ufficio di giurato.
Art. 5
Nessun ecclesiastico può essere assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello Stato italiano o di enti pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla osta dell’Ordinario diocesano.
La revoca del nulla osta priva l’ecclesiastico della capacità di continuare ad esercitare l’impiego o l’ufficio assunto.
In ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico.
Art. 6
Gli stipendi e gli altri assegni, di cui godono gli ecclesiastici in ragione del loro ufficio, sono esenti da pignorabilità nella stessa misura in cui lo sono gli stipendi e gli assegni degl’impiegati dello Stato.
Art. 7
Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero.
Art. 8
Nel caso di deferimento al magistrato penale di un ecclesiastico o di un religioso per delitto, il Procuratore del Re deve informarne immediatamente l’Ordinario della diocesi, nel cui territorio egli esercita giurisdizione; e deve sollecitamente trasmettere di ufficio al medesimo la decisione istruttoria e, ove abbia luogo, la sentenza terminativa del giudizio tanto in primo grado quanto in appello.
In caso di arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico.
Nel caso di condanna di un ecclesiastico o di un religioso, la pena è scontata possibilmente in locali separati da quelli destinati ai laici, a meno che l’Ordinario competente non abbia ridotto il condannato allo stato laicale.
Art. 9
Di regola, gli edifici aperti al culto sono esenti da requisizioni od occupazioni.
Occorrendo per gravi necessità pubbliche occupare un edificio aperto al culto, l’autorità che procede all’occupazione deve prendere previamente accordi con l’Ordinario, a meno che ragioni di assoluta urgenza a ciò si oppongano. In tale ipotesi, l’autorità procedente deve informare immediatamente il medesimo.
Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica.
Art. 10
Non si potrà per qualsiasi causa procedere alla demolizione di edifizi aperti al culto, se non previo accordo colla competente autorità ecclesiastica.
Art. 11
Lo Stato riconosce i giorni festivi stabiliti dalla Chiesa, che sono i seguenti:
Tutte le domeniche;
Il primo giorno dell’anno;
Il giorno dell’Epifania (6 gennaio);
Il giorno della festa di S. Giuseppe (19 marzo);
Il giorno dell’Ascensione;
Il giorno del Corpus Domini;
Il giorno della festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno);
Il giorno dell’Assunzione della B. V. Maria ( 15 agosto);
Il giorno di Ognissanti (1° novembre);
Il giorno della festa dell’Immacolata Concezione (8 dicembre);
Il giorno di Natale (25 dicembre).
Art. 12
Nelle domeniche e nelle feste di precetto, nelle chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa Conventuale canterà, secondo le norme della sacra liturgia, una preghiera per la prosperità del Re d’Italia e dello Stato italiano.
Art. 13
Il Governo italiano comunica alla Santa Sede la tabella organica del personale ecclesiastico di ruolo adibito al servizio dell’assistenza spirituale presso le forze militari dello Stato appena essa sia stata approvata nei modi di legge.
La designazione degli ecclesiastici, cui è commessa l’alta direzione del servizio di assistenza spirituale (Ordinario militare, vicario ed ispettori), è fatta confidenzialmente dalla Santa Sede al Governo italiano. Qualora il Governo italiano abbia ragioni da opporre alla fatta designazione, ne darà comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà ad altra designazione.
L’Ordinario militare sarà rivestito della dignità arcivescovile.
La nomina dei cappellani militari è fatta dalla competente autorità dello Stato italiano su designazione dell’Ordinario militare.
Art. 14
Le truppe italiane di aria, di terra e di mare godono, nei riguardi dei doveri religiosi, dei privilegi e delle esenzioni consentite dal diritto canonico.
I cappellani militari hanno, riguardo alle dette truppe, competenze parrocchiali. Essi esercitano il sacro ministero sotto la giurisdizione dell’Ordinario militare, assistito dalla propria Curia.
L’Ordinario militare ha giurisdizione anche sul personale religioso, maschile e femminile, addetto agli ospedali militari.
Art. 15
L’Arcivescovo ordinario militare è preposto al Capitolo della chiesa del Pantheon in Roma, costituendo con esso il clero, cui è affidato il servizio religioso di detta Basilica.
Tale clero è autorizzato a provvedere a tutte le funzioni religiose, anche fuori di Roma, che in conformità alle regole canoniche siano richieste dallo Stato o dalla Reale Casa.
La Santa Sede consente a conferire a tutti i canonici componenti il capitolo del Pantheon la dignità di protonotari ad instar, durante munere. La nomina di ciascuno di essi sarà fatta dal Cardinale Vicario di Roma dietro presentazione da parte di Sua Maestà il Re d’Italia, previa confidenziale indicazione del presentando.
La S. Sede si riserva di trasferire ad altra chiesa la Diaconia.
Art. 16
Le Alte Parti contraenti procederanno d’accordo, a mezzo di commissioni miste, ad una revisione della circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle province dello Stato.
Resta inteso che la Santa Sede erigerà la diocesi di Zara; che nessuna parte del territorio soggetto alla sovranità del Regno d’Italia dipenderà da un Vescovo, la cui sede si trovi in territorio soggetto alla sovranità di altro Stato; e che nessuna diocesi del Regno comprenderà zone di territorio soggette alla sovranità di altro Stato.
Lo stesso principio sarà osservato per tutte le parrocchie esistenti o da costituirsi in territori vicini ai confini dello Stato.
Le modificazioni che, dopo l’assetto innanzi accennato si dovessero in avvenire arrecare alle circoscrizioni delle diocesi, saranno disposte dalla Santa Sede previi accordi col Governo italiano ed in osservanza delle direttive su espresse, salvo le piccole rettifiche di territorio richieste dal bene delle anime.
Art. 17
La riduzione delle diocesi che risulterà dall’applicazione dell’articolo precedente, sarà attuata via via che le diocesi medesime si renderanno vacanti.
Resta inteso che la riduzione non importerà soppressione dei titoli delle diocesi né dei capitoli, che saranno conservati, pur raggruppandosi le diocesi in modo che i capoluoghi delle medesime corrispondano a quelli delle province.
Le riduzioni suddette lasceranno salve tutte le attuali risorse economiche delle diocesi e degli altri enti ecclesiastici esistenti nelle medesime, compresi gli assegni ora corrisposti dallo Stato italiano.
Art. 18
Dovendosi, per disposizione dell’autorità ecclesiastica, raggruppare in via provvisoria o definitiva più parrocchie, sia affidandole ad un solo parroco assistito da uno o più vice-parroci, sia riunendo in un solo presbiterio più sacerdoti, lo Stato manterrà inalterato il trattamento economico dovuto a dette parrocchie.
Art. 19
La scelta degli Arcivescovi e Vescovi appartiene alla Santa Sede.
Prima di procedere alla nomina di un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum iure successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona prescelta al Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina.
Le pratiche relative si svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni riservatezza, in modo che sia mantenuto il segreto sulla persona prescelta, finché non avvenga la nomina della medesima.
Art. 20
I Vescovi, prima di prendere possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà secondo la formula seguente:
«Davanti a Dio e sui Santi Vangeli, io giuro e prometto, siccome si conviene ad un Vescovo, fedeltà allo Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio clero il Re ed il Governo stabilito secondo le leggi costituzionali dello Stato. Io giuro e prometto inoltre che non parteciperò ad alcun accordo né assisterò ad alcun consiglio che possa recar danno allo Stato italiano ed all’ordine pubblico e che non permetterò al mio clero simili partecipazioni. Preoccupandomi del bene e dell’interesse dello Stato italiano, cercherò di evitare ogni danno che possa minacciarlo ».
Art. 21
La provvista dei benefìci ecclesiastici appartiene all’autorità ecclesiastica.
Le nomine degl’investiti dei benefìci parrocchiali sono dall’autorità ecclesiastica competente comunicate riservatamente al Governo italiano e non possono avere corso prima che siano passati trenta giorni dalla comunicazione.
In questo termine, il Governo italiano, ove gravi ragioni si oppongano alla nomina, può manifestarle riservatamente all’autorità ecclesiastica, la quale, permanendo il dissenso, deferirà il caso alla Santa Sede.
Sopraggiungendo gravi ragioni che rendano dannosa la permanenza di un ecclesiastico in un determinato beneficio parrocchiale, il Governo italiano comunicherà tali ragioni all’Ordinario, che d’accordo col Governo prenderà entro tre mesi le misure appropriate. In caso di divergenza tra l’Ordinario ed il Governo, la Santa Sede affiderà la soluzione della questione a due ecclesiastici di sua scelta, i quali d’accordo con due delegati del Governo italiano prenderanno una decisione definitiva.
Art. 22
Non possono essere investiti di benefìci esistenti in Italia ecclesiastici che non siano cittadini italiani. I titolari delle diocesi e delle parrocchie devono inoltre parlare la lingua italiana. Occorrendo, dovranno essere loro assegnati coadiutori che, oltre l’italiano, intendano e parlino anche la lingua localmente in uso, allo scopo di prestare l’assistenza religiosa nella lingua dei fedeli secondo le regole della Chiesa.
Art. 23
Le disposizioni degli articoli 16, 17, 19, 20, 21 e 22 non riguardano Roma e le diocesi suburbicarie.
Resta anche inteso che, qualora la Santa Sede procedesse ad un nuovo assetto di dette diocesi, rimarrebbero invariati gli assegni oggi corrisposti dallo Stato italiano sia alle mense sia alle altre istituzioni ecclesiastiche.
Art. 24
Sono aboliti l’exequatur, il regio placet, nonché ogni nomina cesarea o regia in materia di provvista di benefìci od uffici ecclesiastici in tutta Italia, salve le eccezioni stabilite nell’art. 29 lettera g).
Art. 25
Lo Stato italiano rinuncia alla prerogativa sovrana del Regio patronato sui benefìci maggiori e minori.
È abolita la regalia sui benefìci maggiori e minori. È abolito anche il terzo pensionabile nelle province dell’ex-regno delle due Sicilie.
Gli oneri relativi cessano di far carico allo Stato ed alle amministrazioni dipendenti.
Art. 26
La nomina degl’investiti dei benefìci maggiori e minori e di chi rappresenta temporaneamente la sede o il beneficio vacante ha effetto dalla data della provvista ecclesiastica, che sarà ufficialmente partecipata al Governo. L’amministrazione ed il godimento delle rendite, durante la vacanza, è disciplinata dalle norme del diritto canonico.
In caso di cattiva gestione, lo Stato italiano, presi accordi con l’autorità ecclesiastica, può procedere al sequestro delle temporalità del beneficio, devolvendone il reddito netto a favore dell’investito, o, in sua mancanza, a vantaggio del beneficio.
Art. 27
Le basiliche della Santa Casa in Loreto, di San Francesco in Assisi e di Sant’Antonio in Padova con gli edifici ed opere annesse, eccettuate quelle di carattere meramente laico, saranno cedute alla Santa Sede e la loro amministrazione spetterà liberamente alla medesima. Saranno parimenti liberi da ogni ingerenza dello Stato e da conversione gli altri enti di qualsiasi natura gestiti dalla Santa Sede in Italia nonché i Collegi di missioni. Restano, tuttavia, in ogni caso applicabili le leggi italiane concernenti gli acquisti dei corpi morali.
Relativamente ai beni ora appartenenti ai detti Santuari, si procederà alla ripartizione a mezzo di commissione mista, avendo riguardo ai diritti dei terzi ed alle dotazioni necessarie alle dette opere meramente laiche.
Per gli altri Santuari, nei quali esistano amministrazioni civili, subentrerà la libera gestione dell’autorità ecclesiastica, salva, ove del caso, la ripartizione dei beni a norma del precedente capoverso.
Art. 28
Per tranquillare le coscienze, la Santa Sede accorderà piena condonazione a tutti coloro che, a seguito delle leggi italiane eversive del patrimonio ecclesiastico, si trovino in possesso di beni ecclesiastici.
A tale scopo la Santa Sede darà agli Ordinari le opportune istruzioni.
Art. 29
Lo Stato italiano rivedrà la sua legislazione in quanto interessa la materia ecclesiastica, al fine di riformarla ed integrarla, per metterla in armonia colle direttive, alle quali si ispira il Trattato stipulato colla Santa Sede ed il presente Concordato.
Resta fin da ora convenuto fra le due Alte Parti contraenti quanto appresso:
a) Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici finora riconosciuti dalle leggi italiane (Santa Sede, diocesi, capitoli, seminari, parrocchie, ecc.), tale personalità sarà riconosciuta anche alle chiese pubbliche aperte al culto, che già non l’abbiano, comprese quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi, con assegnazione, nei riguardi di queste ultime, della rendita che attualmente il Fondo per il Culto destina a ciascuna di esse.
Salvo quanto è disposto nel precedente art. 27, i consigli di amministrazione, dovunque esistano e qualunque sia la loro denominazione, anche se composti totalmente o in maggioranza di laici, non dovranno ingerirsi nei servizi di culto, e la nomina dei componenti sarà fatta d’intesa con l’autorità ecclesiastica.
b) Sarà riconosciuta la personalità giuridica delle associazioni religiose, con o senza voti, approvate dalla Santa Sede, che abbiano la loro sede principale nel Regno, e siano ivi rappresentate, giuridicamente e di fatto, da persone che abbiano la cittadinanza italiana e siano in Italia domiciliate. Sarà riconosciuta, inoltre, la personalità giuridica delle province religiose italiane, nei limiti del territorio dello Stato e sue colonie, delle associazioni aventi la sede principale all’estero, quando concorrano le stesse condizioni. Sarà riconosciuta altresì la personalità giuridica delle case, quando dalle regole particolari dei singoli ordini sia attribuita alle medesime la capacità di acquistare e possedere. Sarà riconosciuta infine la personalità giuridica alla Case generalizie ed alle Procure delle associazioni religiose, anche estere. Le associazioni o le case religiose, le quali già abbiano la personalità giuridica, la conserveranno.
Gli atti relativi ai trasferimenti degli immobili, dei quali le associazioni sono già in possesso, dagli attuali intestatari alle associazioni stesse saranno esenti da ogni tributo.
c) Le confraternite aventi scopo esclusivo o prevalente di culto non sono soggette ad ulteriori trasformazioni nei fini, e dipendono dall’autorità ecclesiastica, per quanto riguarda il funzionamento e l’amministrazione.
d) Sono ammesse le fondazioni di culto di qualsiasi specie, purché consti che rispondano alle esigenze religiose della popolazione e non ne derivi alcun onere finanziario allo Stato. Tale disposizione si applica anche alle fondazioni già esistenti di fatto.
e) Nelle amministrazioni civili del patrimonio ecclesiastico proveniente dalle leggi eversive i consigli di amministrazione saranno formati per metà con membri designati dall’autorità ecclesiastica. Altrettanto dicasi per i Fondi di religione delle nuove province.
f) Gli atti compiuti finora da enti ecclesiastici o religiosi senza l’osservanza delle leggi civili potranno essere riconosciuti e regolarizzati dallo Stato italiano, su domanda dell’Ordinario da presentarsi entro tre anni dall’entrata in vigore del presente Concordato.
g) Lo Stato italiano rinunzia ai privilegi di esenzione giurisdizionale ecclesiastica del clero palatino in tutta Italia (salvo per quello addetto alle chiese della Santa Sindone di Torino, di Superga, del Sudario di Roma ed alle cappelle annesse ai palazzi di dimora dei Sovrani e dei Principi Reali), rientrando tutte le nomine e provviste di benefìci ed uffici sotto le norme degli articoli precedenti. Un’apposita commissione provvederà all’assegnazione ad ogni basilica o chiesa palatina di una congrua dotazione con i criteri indicati per i beni dei santuari nell’art. 27.
h) Ferme restando le agevolazioni tributarie già stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi italiane fin qui vigenti, il fine di culto o di religione è, a tutti gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza e di istruzione.
È abolita la tassa straordinaria del trenta per cento imposta con l’articolo 18 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; la quota di concorso di cui agli articoli 31 della legge 7 luglio 1866 n. 3036 e 20 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; nonché la tassa sul passaggio di usufrutto dei beni costituenti la dotazione dei benefìci ed altri enti ecclesiastici, stabilita dall’art. 1° del R. D. 30 dicembre 1923 n. 3270, rimanendo esclusa anche per l’avvenire l’istituzione di qualsiasi tributo speciale a carico dei beni della Chiesa. Non saranno applicate ai ministri del culto per l’esercizio del ministero sacerdotale l’imposta sulle professioni e la tassa di patente, istituite con il R. D. 18 novembre 1923 n. 2538 in luogo della soppressa tassa di esercizio e rivendita, né qualsiasi altro tributo del genere.
i) L’uso dell’abito ecclesiastico o religioso da parte di secolari o da parte di ecclesiastici e di religiosi, ai quali sia stato interdetto con provvedimento definitivo della competente autorità ecclesiastica, che dovrà a questo fine essere ufficialmente comunicato al Governo italiano, è vietato e punito colle stesse sanzioni e pene, colle quali è vietato e punito l’uso abusivo della divisa militare.
Art. 30
La gestione ordinaria e straordinaria dei beni appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione religiosa ha luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle competenti autorità della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato italiano, e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili.
Lo Stato italiano riconosce agli istituti ecclesiastici ed alle associazioni religiose la capacità di acquistare beni, salve le disposizioni delle leggi civili concernenti gli acquisti dai corpi morali.
Lo Stato italiano, finché con nuovi accordi non sarà stabilito diversamente, continuerà a supplire alle deficienze dei redditi dei benefìci ecclesiastici con assegni da corrispondere in misura non inferiore al valore reale di quella stabilita dalle leggi attualmente in vigore: in considerazione di ciò, la gestione patrimoniale di detti benefìci, per quanto concerne gli atti e contratti eccedenti la semplice amministrazione, avrà luogo con intervento da parte dello Stato italiano, ed in caso di vacanza la consegna dei beni sarà fatta colla presenza di un rappresentante del Governo, redigendosi analogo verbale.
Non sono soggetti all’intervento suddetto le mense vescovili delle diocesi suburbicarie ed i patrimoni dei capitoli e delle parrocchie di Roma e delle dette diocesi. Agli effetti del supplemento di congrua, l’ammontare dei redditi, che su dette mense e patrimoni sono corrisposti ai beneficiati, risulterà da una dichiarazione resa annualmente sotto la propria responsabilità dal Vescovo suburbicario per le diocesi e dal Cardinale Vicario per la città di Roma.
Art. 31
L’erezione di nuovi enti ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dall’autorità ecclesiastica secondo le norme del diritto canonico: il loro riconoscimento agli effetti civili sarà fatto dalle autorità civili.
Art. 32
I riconoscimenti e le autorizzazioni previste nelle disposizioni del presente Concordato e del Trattato avranno luogo con le norme stabilite dalle leggi civili, che dovranno essere poste in armonia con le disposizioni del Concordato medesimo e del Trattato.
Art. 33
È riservata alla Santa Sede la disponibilità delle catacombe esistenti nel suolo di Roma e delle altre parti del territorio del Regno con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione.
Essa può quindi, con l’osservanza delle leggi dello Stato e con salvezza degli eventuali diritti di terzi, procedere alle occorrenti escavazioni ed al trasferimento dei corpi santi.
Art. 34
Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili.
Le pubblicazioni del matrimonio come sopra saranno effettuate, oltre che nella chiesa parrocchiale, anche nella casa comunale.
Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi, e redigerà l’atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni trasmetterà copia integrale al Comune, affinché venga trascritto nei registri dello stato civile.
Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici.
I provvedimenti e le sentenze relative, quando siano divenute definitive, saranno portate al Supremo Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice, alla citazione ed alla legittima rappresentanza o contumacia delle parti.
I detti provvedimenti e sentenze definitive coi relativi decreti del Supremo Tribunale della Segnatura saranno trasmessi alla Corte di Appello dello Stato competente per territorio, la quale, con ordinanze emesse in Camera di Consiglio, li renderà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello stato civile a margine dell’atto di matrimonio.
Quanto alle cause di separazione personale, la Santa Sede consente che siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile.
Art. 35
Per le scuole di istruzione media tenute da enti ecclesiastici o religiosi rimane fermo l’istituto dell’esame di Stato ad effettiva parità di condizioni per candidati di istituti governativi e candidati di dette scuole.
Art. 36
L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato.
Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano.
La revoca del certificato da parte dell’Ordinario priva senz’altro l’insegnante della capacità di insegnare.
Pel detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dall’autorità ecclesiastica.
Art. 37
I dirigenti delle associazioni statali per l’educazione fisica, per l’istruzione premilitare, degli Avanguardisti e dei Balilla, per rendere possibile l’istruzione e l’assistenza religiosa della gioventù loro affidata, disporranno gli orari in modo da non impedire nelle domeniche e nelle feste di precetto l’adempimento dei doveri religiosi.
Altrettanto disporranno i dirigenti delle scuole pubbliche nelle eventuali adunate degli alunni nei detti giorni festivi.
Art. 38
Le nomine dei Professori dell’Università Cattolica del S. Cuore e del dipendente Istituto di Magistero Maria Immacolata sono subordinate al nulla osta da parte della Santa Sede, diretto ad assicurare che non vi sia alcunché da eccepire dal punto di vista morale e religioso.
Art. 39
Le Università, i Seminari maggiori e minori, sia diocesani sia interdiocesani sia regionali, le accademie, i collegi e gli altri istituti cattolici per la formazione e la cultura degli ecclesiastici continueranno a dipendere unicamente dalla Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle autorità scolastiche del Regno.
Art. 40
Le lauree in sacra teologia date dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo Stato italiano.
Saranno parimenti riconosciuti i diplomi che si conseguono nelle scuole di paleografia, archivistica e diplomatica documentaria erette presso la biblioteca e l’archivio nella Città del Vaticano.
Art. 41
L’Italia autorizza l’uso nel Regno e nelle sue colonie delle onorificenze cavalleresche pontificie mediante registrazione del breve di nomina, da farsi su presentazione del breve stesso e domanda scritta dell’interessato.
Art. 42
L’Italia ammetterà il riconoscimento, mediante Decreto Reale, dei titoli nobiliari conferiti dai Sommi Pontefici anche dopo il 1870 e di quelli che saranno conferiti in avvenire.
Saranno stabiliti casi nei quali il detto riconoscimento non è soggetto in Italia al pagamento di tassa.
Art. 43
Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principî cattolici.
La Santa Sede prende occasione dalla stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico.
Art. 44
Se in avvenire sorgesse qualche difficoltà sulla interpretazione del presente Concordato, la Santa Sede e l’Italia procederanno di comune intelligenza ad una amichevole soluzione.
Art. 45
Il presente Concordato entrerà in vigore allo scambio delle ratifiche, contemporaneamente al Trattato, stipulato fra le stesse Alte Parti, che elimina la « questione romana ».
Con l’entrata in vigore del presente Concordato, cesseranno di applicarsi in Italia le disposizioni dei Concordati decaduti degli ex-stati italiani. Le leggi austriache, le leggi, i regolamenti, le ordinanze e i decreti dello Stato italiano attualmente vigenti, in quanto siano in contrasto colle disposizioni del presente Concordato, si intendono abrogati con l’entrata in vigore del medesimo.
Per predisporre la esecuzione del presente Concordato sarà nominata, subito dopo la firma del medesimo, una Commissione composta da persone designate da ambedue le Alte Parti.
Roma, undici febbraio millenovecentoventinove.
Firmato: PIETRO Cardinale GASPARRI
BENITO MUSSOLINI






Il momento della firma dei trattati.
 Come si può constatare , la Santa Sede non rinunziò al dominio temporale neanche nel 1929 coi Patti lateranensi. Questi ultimi (al di là della copertura propagandistica passata poi sotto il nome di “Conciliazione”) , come leggibile qui sopra, contengono  una sorta di legittimazione superficiale dello stato ma, soprattutto nel caso italiano, essi furono un accordo sul terreno pratico perché la Chiesa potesse esercitare la sua missione primaria, al di là della legittimazione teorica dell’esistenza di uno stato. Anche con uno stato comunista e ateo la Chiesa potrebbe stringere un concordato così come sostiene concordati con stati che oggidì violano il diritto naturale (ad esempio con l’aborto), ponendosi in una situazione di illegittimità di fatto o addirittura di “tirannia”, se con tale termine indichiamo la violazione del diritto naturale che ogni istituzione legittima.

File:Papst Pius XI. 1JS.jpg
Papa Pio XI.


Il riconoscimento dello stato italiano, ma non la sua legittimità,  è avvenuto in assoluta correlazione col Concordato (secondo la nota formula di Pio XI “simul stabunt simul cadent” ovvero se cade il Concordato, cade il Trattato) in cui la Santa Sede ha rinunziato alla rivendicazione di un diritto territoriale legittimo e quasi nativo in nome dell’esercizio della sua funzione primaria sui territori italiani. Ma attenzione, "se cade il Concordato, cade il Trattato" ! Cosa che possiamo individuare storicamente già con alcune discutibili scelte fatte dal Governo Mussolini  che andarono apertamente contro la Santa Sede. In secondo luogo bisogna considerare la "cattività" della Santa Sede all'epoca del Concordato: infatti , per essere ritenuto legittimo, il passaggio di potere , o di territori, deve essere attuato in una condizione di libertà di colui che cede la Sovranità! La Santa Sede si trovava in una situazione molto delicata e , se vogliamo, con le spalle al muro, e di certo non di libertà, tanto da spingerla a voler tentare questa via.  
In ogni caso non si può dire che col concordato del 1929 siano state legittimate le aspirazioni risorgimentali, compresa l'artificiosa creazione del Regno d'Italia o , più generalmente, dell'Italia unita : qualunque forma politica fosse rimasta nei territori italiani, avrebbe prima o poi firmato un concordato con la Santa Sede.
Conclusioni:
In conclusione, lo Stato italiano è tutt'ora di fatto illegittimo , ancor di più con la piega presa negli ultimi quarant'anni dal sistema Repubblicano.  Dal momento che chi scrive ritiene non si possa non tener della Provvidenza come categoria interpretativa dei fatti storici, si può tranquillamente affermare che questi 85 anni di concordato siano stati una prova per dimostrare quale saggezza  fu il "non expedit" di Pio IX . Se si nota , infatti,  una volta che la Chiesa Cattolica si è aperta allo stato di piena Rivoluzione del mondo, in questo caso dell'Italia unita e della sua politica,  ne ha subito i negativi influssi che ne hanno colpito anche la levatura morale che andò a precipitare con il  Concilio Vaticano II, cosa che ne colpì duramente l'immagine che i fedeli (quelli veramente Cattolici) avevano ed hanno delle alte sfere eclesiastiche. Nonostante le buone intenzione che spinsero la Santa Sede nel raggiungimento della riottenuta libertà della Chiesa Cattolica attraverso il Concordato , penso che la Chiesa debba oggi più che mai riprendere quel sano distacco dallo stato di cose attuale e ovviamente  politico così da ridestarsi come guida della legittimità in terra; consapevole che con la situazione di cose attuale siamo in uno stato critico non solo politicamente ma anche spiritualmente.

Fonte:

http://www.vatican.va/

 "Della legittimità dello Stato italiano" (di Cecotti Samuele).
Scritto da:
Presidente e fondatore A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.