La questione che ora si presenta è di sapere se, e in qual misura, i cattolici son tratti nel movimento
che abbiamo descritto e che dagli Stati Uniti cerca di estendersi nel mondo intero.
Alberto Houtin che si mostra ben informato, nel suo libro
L'Américanisme, dopo aver fatto risalire,
come Bargy, al secolo XVII, l'indifferenza dogmatica che distingue "la religione americana", e dopo
aver detto con lui che al principio del XIX essa si sviluppò in alcune dottrine particolari,
l'unitarismo e l'universalismo, aspettando l'agnosticismo, aggiunge: "I cattolici che vollero rimaner
fedeli alla loro religione, non lo poterono senza sentire gli effetti di questa crisi teologica". E ne dà
questa ragione: le "comunità cristiane degli Stati Uniti, composte di fedeli di differenti stirpi, e di
differenti idiomi, vivendo ordinariamente in buona armonia, ben più solleciti di assicurarsi una
buona vita presente che preoccupati di una vita futura, son portati a porre la morale e la carità al di
sopra dei dogmi e dei riti".
Quest'asserzione ha qualche fondamento?
Mons. Ireland scriveva nel 1893, nella Introduzione della
Vita del P. Hecker: "La corrente
americana, che da un quarto di secolo, si getta così manifestamente nell'oceano del cattolicismo,
risale, sembrami, in grandissima parte, al P. Hecker ed a' suoi primi cooperatori".
Mons. Ireland crede adunque di poter provare che vi ha una corrente americana nell'ordine delle
cose religiose, e che questa corrente getta le sue acque nel cattolicismo, non solo nel lago
yankee,(1) ma in tutto l'oceano cattolico. Di più, egli attribuisce l'impulso dato a questa corrente
verso le regioni cattoliche al P. Hecker e ai suoi cooperatori.
Qual'è la natura delle acque che questa corrente trasporta?
Il biografo del P. Hecker dice: "Il Cristo al quale egli erasi convertito, era un Cristo sociale.(2) Gli
studi ecclesiastici, che la sua carriera gli fece intraprendere e continuare per tutta la sua vita, gli
rivelarono sicuramente il Cristo teologico ed anche il Cristo scolastico, ma Hecker resta sempre il
discepolo del sociologo Brownson e l'antico falansteriano, interessato in molti punti considerati dai
suoi correligionari come sussidiari". (
Vie, p. 327).
Egli non fu il solo fra quelli i quali uscendo da questo falansterio, andarono a battere alla porta della
Chiesa cattolica, col pensiero che di là essi potrebbero più facilmente portarsi verso l'avvenire che
sognavano.
"Essi aveano - dice Bargy - un egual disgusto di tutte le religioni, alle quali si erano accostati; ne
prevedevano una che non somiglierebbe ad alcuna di quelle dei tempi andati".
Il D
r Brownson compendiò ne' suoi sentimenti quelli della scuola:
"Io non credeva che all'umanità. Il solo Dio ch'io riconoscessi era il divino nell'uomo, la divinità
nell'umanità, identica in Dio e nell'uomo. Io poneva Gesù Cristo come l'uomo modello; io credeva
potermi paragonare a lui
come riformatore sociale. Io prendeva il suo nome dicendomi cristiano,
perché, al pari di lui,
mi sforzava di stabilire un nuovo ordine di cose". Se in queste parole si può
trovare un'ombra di cristianesimo, vi è sopra tutto dell'umanismo, e dell'umanismo panteistico. È la
deificazione dell'uomo che questi sociologi intravedevano nel loro sogni, e ad essa aspiravano. Si
credevano chiamati a prepararvi l'umanità. "Io non posso essere - diceva Brownson - che il S.
Giovanni Battista del Nuovo Messia".(3)
258
Il dorso vôlto così al passato, cogli occhi fissi verso l'avvenire, alcuni fra loro incontrarono il
cattolicismo e vi entrarono, ma conservando la loro attitudine di vedette!
"Il cattolicismo americano - dice Bargy - li seguì". Ancora una volta è dir troppo. Bisogna rettificare
così: un certo numero di cattolici li seguirono.
Brownson entrava nel cattolicismo nel 1844. "In grazia di lui - dice ancora Bargy - l'americanismo
ebbe coscienza di sé". Ed aggiunge: "Il P. Hecker ne stabilì definitivamente lo spirito. Egli fu più
sociologo del suo maestro, e il suo primo concetto del Cristo fu quello dei democratici cristiani".
Hecker avea detto di Brownson: "Le sue conclusioni fanno del Cristo il più grande dei democratici,
e fanno del Vangelo il vero programma democratico. Noi non vogliamo vedere nel cristianesimo
che una istituzione sociale; noi lasciamo la parte religiosa come quantità trascurabile". E questo
spirito che noi abbiamo visto regnare nelle chiese istituzionali e nella società di cultura morale. È
questo spirito più o meno mitigato, più o meno velato, che l'americanismo avrebbe fatto entrare
nella Chiesa cattolica, in Europa come in America, se Leone XIII non si fosse opposto colla sua
lettera al cardinal Gibbons.
Brownson medesimo ha finito col dare a' suoi compatrioti questi saggi consigli: "La Chiesa
cattolica affascinerà facilmente l'anima americana; ma ad una condizione, che non dissimuli nulla
de' suoi dogmi, de' suoi riti, de' suoi sacramenti, della sua autorità, della sua liturgia. Poiché
veramente tutto questo è necessario all'anima americana per nutrirla e per soddisfare il suo bisogno
di ammirare, di amare. Dunque, meno controversie ardue ed irritanti, e, in ricambio, la Chiesa
cattolica si mostri in tutta l'ampiezza e forte connessione de' suoi dogmi, nella sua magnifica unità
dottrinale, nella sua morale, nella sua bellezza liturgica, nel vigore della sua disciplina. Tertulliano
parla in qualche parte dell'anima naturalmente cristiana. Ebbene! se io osassi, direi che il popolo
americano ha un'anima naturalmente cattolica!".(4)
La presenza, nel corpo della Chiesa, di uomini che si erano per lungo tempo nutriti delle idee che
abbiamo esposte, non poté non esercitare qualche influenza sui cattolici d'America, tanto più che
uno di questi falansteriani, non solo entrò negli Ordini, ma si fece fondatore di un Ordine destinato
alla predicazione ed al giornalismo.
L'entrata nel clero cattolico di protestanti convertiti tende altresì a dare a questo un carattere
speciale. Il P. Forbes, in uno studio che pubblicò nel giugno e luglio 1903, nella
Revue catholique
des Institutions et du Droit
, crede di poter parlare della "arditezza intemperante del giovane clero,
che è cresciuto - egli dice - più nell'azione che nello studio", ed egli spiega ciò mercé le idee false e
le scorrettezze del linguaggio che i nuovi convertiti trascinano dietro di loro. P. Youg, americano,
nel suo libro
Protestant and catholic nations, dà infatti i nomi di oltre 240 protestanti divenuti preti
cattolici. Di fatto, questi ministri protestanti portano nel loro nuovo ministero qualche cosa delle
abitudini prese nelle chiese protestanti, che, come vedemmo, sono organizzate rispetto all'azione
sociale in guisa che si poté dire che i pastori sono "uomini d'affari".
I vescovi medesimi si danno all'azione sociale a tal punto che alcuni si sono permessi di accusarli di
socialismo. L'interesse effettivo che essi dimostrano per le classi operaie, è tuttavia degno di elogio.
Houtin ci dice perché, secondo lui, lo si trova generalmente nell'episcopato americano. "Lo spirito
pratico dei vescovi - egli dice - si esplica per il modo onde sono nominati. Quando una sede è
vacante, i parroci inamovibili, come i preti detti "consultori", da una parte e i vescovi della sua
provincia ecclesiastica dall'altra, indirizzano, ciascuno dal canto suo, una lista di tre candidati. Le
liste sono spedite a Roma e i membri della Congregazione della Propaganda nominano il vescovo a
scrutinio segreto. Ora i suffragi americani vanno ordinariamente ad un ecclesiastico eminente, non
per la forza del suo pensiero, ma per la sua azione. Si elegge un uomo che ha fatto le sue prove, che
259
è riuscito nel clero parrocchiale. Il vescovo si trova, per ciò stesso, d'essersi occupato nella sua
carriera sacerdotale di tutta la
gestione ecclesiastica: egli è stato agente d'affari, gerente dell'ufficio
di locazione e di collocamento; propagatore di scuole, di patronati, di chiese, immischiato in tutte le
cose della vita pubblica. Non è uno che sacrifica, che benedice ed insegna; egli è un buon
amministratore che sa parlare al suo gregge e rendere i suoi conti. La Chiesa romana negli Stati
Uniti rassomiglia così ad una grande organizzazione di carità".(5) Ripetiamo la nostra affermazione:
si dice troppo. In una certa misura, e per un certo numero, è vero. Essi sono stati condotti a questo
modo di operare, tanto più facilmente inquantoché "negli Stati Uniti la lotta si concentra, tra le sette
protestanti, sempre più sul terreno della carità e dell'amministrazione".(6)
"Quando un uomo di chiesa muore, qualunque sia il suo titolo, la più bella orazione funebre che si
possa fare, si riepiloga in queste parole: Egli fu uomo di progresso, di sapere, di iniziativa, tutto
dedito alla diffusione dell'educazione e della scienza, e al benessere delle masse. Anche per un prete
cattolico, non vi è elogio più bello. Non si parla generalmente, come nel vecchio mondo, della sua
ortodossia, della sua modestia, della sua umiltà, della sua obbedienza, del suo "spirito di preghiera".
L'azione: ecco il criterio incontestato, secondo il quale si giudicano gli uomini e le sette".(7)
Un altro carattere delle sette americane che si comunica qualche poco al clero cattolico, è
l'indifferenza riguardo al dogma.(8) Le confessioni separate sembrano non essere, in America, che
una regola morale unita ad una vaga sintesi teologica, avanzo del passato.
Presso i cattolici, fin dal 1795, La Rochefoucault-Liancourt notava che "i sermoni nelle differenti
chiese non versavano su alcun punto di dottrina, ma tutti sulla morale".(9)
Parlando di Mons. Martin Spalding, arcivescovo di Baltimora, Houtin dice: "Si cercherebbe invano
nelle sue opere ciò che in Francia si chiama
la dottrina, vale a dire il sistema dogmatico. A molti
lettori francesi, sembrerebbero cristiane senza che si possano attribuire ad alcuna setta distinta. Il
vescovo Spalding, infatti, accetta i dogmi, egli si tiene entro i loro limiti, ma non ne parla quasi mai.
Sotto questo rapporto, come sotto molti altri, egli personifica perfettamente una nuova generazione
episcopale".(10)
Se devesi credere ad Houtin, questa assenza di dottrina nella predicazione, si accentuerebbe ancora:
"Altra volta i vescovi e i predicatori delle grandi solennità esponevano di preferenza i misteri della
fede. Or non è più così. Si paragonino le opere dell'arcivescovo Martin Spalding con quelle di suo
nipote John Spalding, si avrà una illustrazione dell'insegnamento episcopale nelle due generazioni e
del presente abbandono di ciò che in Francia si chiama la questione di dottrina. Leggendo i discorsi
del vescovo di Peoria, nell'ordine cronologico, si seguono le fasi dell'evoluzione".(11)
Se si trascura la predicazione del dogma, a più forte ragione si evitano le controversie. "In questo
mondo, così attivo come novissimo - dice Houtin - le discussioni scolastiche sembrano bizantismo".
"I cattolici, non meno che i protestanti, hanno ripugnanza per la dialettica e la controversia. Il solo
dogma che li preoccupa è quello dell'infallibilità, il quale loro permette di non occuparsi degli altri".
Egli riproduce una delle loro relazioni sull'apostolato della stampa in cui si dice: "È passato il tempo
che gli attacchi contro i sedicenti errori protestanti potevano essere di qualche profitto. Or si lascia
la verità astratta per volgersi alla verità concreta; è nelle opere di carità che trovasi la pace e la
salute". Alcuni spingono questo liberalismo e questa tolleranza ancora più lungi. Houtin afferma
che "il cardinal Gibbons ha criticato la condotta di alcune Chiese di Baltimora che sollecitavano il
sindaco a sopprimere una scuola domenicale anticristiana, adducendo per ragione del suo biasimo
che la violenza, in materia di religione, è anticristiana nonché impolitica".(12)
260
Lungi dal discutere fra loro e disputare, le Chiese tendono a ravvicinarsi. La cosa divenne manifesta
nel Congresso delle religioni che si tenne a Chicago nel tempo della grande Esposizione. Si sa che
vi presero parte dignitari di altissimo grado. Le donne ebree vi tennero un Congresso a parte, e
Mons. Ireland disse loro: "È questa un'età di concordia e di pace largamente fondata sull'umanità e
sulla fraternità. Su questo punto, gli Stati Uniti dànno l'esempio al mondo". Il Congresso delle
religioni si perpetua nel "Congresso delle religioni liberali", tenuto ogni anno in una o in altra città,
e composto, dice Bargy, "di protestanti, di cattolici, di ebrei e di deisti".(13)
La tolleranza nelle idee mena la cooperazione nelle opere ed anche, come si vedrà, nel servizio
divino. La cooperazione nelle opere si riscontra sopra tutto tra le diverse sette protestanti; ma non
mancano dei casi in cui le comunità ebraiche indipendenti, si associano alle comunità protestanti
per un fine comune. Bargy aggiunge: "La fraternità fra protestanti e cattolici trionfa sempre più dei
vecchi pregiudizi puritani contro il papismo ... Il disprezzo di ogni fanatismo settario sta per
prendere, negli Stati Uniti, la forma di una moda e per divenire una di quelle correnti d'opinione
contro le quali nessuno più osa andare sotto pena di perdere la stima".
Infine la cooperazione (nelle opere) mena seco l'imitazione.
Il
Church Progress, giornale cattolico di Saint-Louis, Missouri, 19 febbraio 1904, p. 8, segnala
questi fatti:
"La Conferenza S. Vincenzo de' Paoli della Chiesa dell'Annunciazione, ha dato giovedì ultimo un
euchre
(14) seguito da una danza, nella sala della scuola dell'Annunciazione a beneficio dei poveri".
Noi vediamo nello stesso numero che le signorine della parrocchia di Saint-Henri devono dare un
euchre;
che il ramo Saint-Patrik n. 110 dei Cavalieri cattolici e delle Dame d'America, d'East Saint-
Louis devono fare altrettanto; che le figlie della Regina, della parrocchia di Saint-Kevin, sono
parimenti nel movimento.
Infine, sotto questo titolo:
Le Sanctuaire du Sacré-Coeur, si legge:
"La società dell'Altare del Santuario del Sacro-Cuore,
The Altar Society of the Shrine of the Sacred
Heart,
darà un euchre lunedì dopo mezzogiorno, e lunedì sera al Northwestern-Hall, angolo dei
viali Elliot e Saint-Louis. Gli
euchres dati dalla Società sono divenuti popolarissimi e notati tra gli
avvenimenti dilettevoli di ogni mese per coloro che assistono. L'
euchre della sera sarà seguito da
una danza".(15)
Sono codeste, è duopo crederlo, eccezioni deplorevoli. Di guisa che, dice Maignen, l'insieme
dell'Episcopato americano, la massa del clero, e il popolo cattolico, non hanno un modo d'intendere
e di praticare il cattolicismo diverso da quello dei cattolici degli altri paesi.
Ma la lettera di Leone XIII al cardinale Gibbons è là per dimostrare che le osservazioni fatte dagli
autori da noi citati, non sono senza fondamento. Il Papa vi riprova il pensiero e il modo di operare
di coloro i quali, "per ricondurre più facilmente alla verità cattolica i dissidenti, vogliono che la
Chiesa si avvicini vieppiù alla civiltà d'un mondo pervenuto all'età matura, e che, rallentando del
suo antico rigore, si mostri conciliante colle aspirazioni e colle esigenze dei popoli moderni". E
come conclusione: "Da tutto ciò che noi abbiamo detto fin qui apparisce, caro Figliuolo, che non
possiamo approvare queste opinioni, il cui complesso è indicato da molti sotto il nome di
Americanismo ...
Ciò fa supporre che vi sono in mezzo a voi di quelli che immaginano e desiderano
per l'America una Chiesa diversa da quella che è sparsa su tutta la terra".
261
Che ci sia un gran numero di Americani tra i protestanti, gli ebrei e gli indipendenti, che abbiano
questo desiderio, e che lavorino all'attuazione d'una religione nuova spogliata di dogmi, umanitaria,
noi crediamo di averlo sufficientemente dimostrato; che vi sieno dei cattolici che si lasciano sedurre
da questo miraggio ingannatore, non ci permette di dubitarne la lettera di Leone XIII.
L'Episcopato americano lo sa, e perciò il nono Concilio di Baltimora avea già detto, nel 1858, nella
sua lettera spedita al Sommo Pontefice: "Se mai si è sentito il bisogno d'una autorità che decidesse,
e d'una cattedra di verità che fosse immune da ogni errore, è negli Stati Uniti. Quelli che son nati e
cresciuti in seno al cattolicismo non hanno alcun dubbio sulla gravità dei mali che il Dio delle
misericordie ha voluto allontanare dalla sua Chiesa, istituendo il primato di Pietro e de' suoi
successori".
Note al capitolo 49
(1) Designazione del popolo americano.
(2) F. Brunetière dice pure: "È per essere socialista con sicurezza di coscienza che il P. Hecker si è
fatto cattolico"
. Discours de Combat, seconda serie, p. 288.
(3) Il D
r Brownson ha fatto più tardi questa dichiarazione: "Io devo confessare a mia vergogna e con
mio gran rammarico che per tre o quattro anni ho ascoltato con troppo rispetto questi cattolici
liberali e liberaleggianti, sia qui, sia all'estero, e che ho cercato d'incoraggiare la loro tendenza per
quanto poteva farlo, senza allontanarmi assolutamente dalla fede e dalla morale cattolica. Ma non
durai lungo tempo, per grazia di Dio, a scoprire che la tendenza che io incoraggiava. se fosse stata
proseguita fino al termine, mi avrebbe condotto fuori della Chiesa: e tosto che fui di ciò chiarito,
non esitai ad abbandonarla ed a sopportare del mio meglio l'umiliazione d'aver ceduto ad
un'influenza pericolosa ed anticattolica".
(Review de Saint-Louis, Missouri, 23 dicembre 1897).
(4)
Questions of the soul, Avril, 1835.
(5)
L'Américanisme, p. 73.
(6) Ibid., p. 70.
(7) Ibid., p. 157.
(8) Questa indifferenza rispetto al dogma non è propria esclusivamente delle sette protestanti
d'America. Secondo Goyau
(L'Allemagne religieuse, p. 167), sopra diciassette facoltà tedesche in
cui si formano i futuri pastori, tre o quattro hanno dei maestri unanimemente credenti; nelle altre
tredici, le scuole scredenti sono in via di dominare, se pure già non dominano. Nutriti di scetticismo
e di razionalismo, i vecchi alunni di queste facoltà spiegano ancora alle loro pecorelle la lettera
delle Scritture, a modo loro; ma la maggior parte non prendono guari più sul serio ciò che insegnano
di quello che i nostri istitutori spiegando ai loro alunni, in virtù della legge 1979, la lettera del
catechismo.
Secondo uno dei più ardenti difensori del protestantismo in Francia, de Gasparin, su settecento
262
pastori, cinquecento non credono più alla divinità di Gesù Cristo.
In Inghilterra, è il poter civile, anche quando è in mano degli increduli, che giudica di ciò che si
convien ammettere e praticare, e si vide, alcuni anni fa, un vescovo anglicano, il dottor Colenso,
conservato in ufficio benché riconoscesse ne' suoi libri d'aver perduta interamente la propria fede.
Per i protestanti, non havvi più dogma rivelato. Secondo Harnack, il loro dottore più illustre, agli
occhi di molti, la dottrina evangelica si riduce ad "un sentimento di confidenza nella bontà
misericordiosa di Dio considerato come un nostro padre e alla speranza d'un regno in cui
regneranno la giustizia e la carità, impero puramente interiore che si eserciterà nell'anima d'ogni
cristiano".
Chi riconoscerebbe in questo vago deismo la religione fondata da Gesù Cristo? E che vale in faccia
del positivismo attuale, una religione che si appoggia non sopra prove, ma sopra un semplice
sentimento?
(9)
L'Américanisme, pp. 26-28.
(10) Ibid., p. 58.
(11)
L'Américanisme, p. 69.
(12)
L'Américanisme. p. 66.
(13) La
Vérité di Québec, ha riferito questo fatto (3 dicembre 1898):
"Ci si comunica una circolare che porta le firme del cardinal Gibbons, del general Miles, del viceammiraglio
Selfridge e di Chauncey, Depew e di Frederick D. Grant, che invita il clero "di tutte le
denominazioni" - leggi la Chiesa e le differenti sette - per far che? non già pregare pei soldati e
marinai morti nella recente guerra, ma per consacrar loro una ufficiatura commemorativa ed inviare
il prodotto della questua della domenica 4 dicembre ad un comitato che si propone d'erigere un
monumento in loro onore.
"La circolare parla dei "Martiri del
Maine". Questa parola ritorna più volte nel singolare documento
che abbiamo sotto gli occhi. Che uomini poco istruiti adoperino un termine così improprio, passi;
ma che un saggio ecclesiastico, qual è il cardinal Gibbons, firmi una circolare in cui si trova un
simile abuso di linguaggio, ciò ci stupisce. I marinai che son periti nell'esplosione del
Maine non
sono martiri in nessun senso della parola".
Un altro giornale americano, il
Pioneer Express, segnalava il 3 giugno 1898 una cerimonia religiosa
d'un genere così "composito", ch'ebbe luogo a Pembina (North-Dakota), la domenica della
Pentecoste, 29 maggio 1898.
Per onorare la memoria delle vittime della catastrofe del
Maine, si celebrò un officio nella chiesa
presbiteriana di Pembina. Vi erano presenti il Rev. Robertson, ministro presbiteriano; il Rev. D.
Wardwell, ministro metodista e il Rev. D. Lavigne, curato della parrocchia cattolica, che lasciava
così i suoi vespri e la sua chiesa, nel giorno di Pentecoste, per partecipare ad una cerimonia
protestante.
Il lunedì della Pentecoste, una processione preceduta da un centinaio di ciclisti di ambo i sessi, ed a
cui parteciparono i ministri e il curato, si recò al cimitero per decorare le tombe dei soldati morti.
Si tenne un discorso, pronunciato dal Rev. E. J. Conaty, curato di Grand-Forks, cugino di Mons.
Conaty, rettore dell'Università cattolica di Washington, e un "servizio rituale" (
ritual service)
eseguito dalla società G. A. R. di cui il giornale americano loda grandemente lo zelo e il buon gusto.
Altro fatto caratteristico.
Molti deputati belgi hanno assistito, durante le vacanze parlamentari del 1904, al Congresso
interparlamentare che si tenne in America all'occasione dell'Esposizione di Saint-Louis. Ricevuti
fastosamente, come i loro colleghi d'altre nazioni, essi hanno percorso tutto il paese dell'
oncle Sam,
e son ritornati con una grande raccolta di osservazioni e di aneddoti.
263
Henri Carton de Wiart, il distintissimo deputato cattolico di Bruxelles, narrò quanto segue:
"Ciò che più mi sorprese, é lo spirito di perfetta tolleranza ch'esiste laggiù, e in grazia del quale
regna la pace in un paese dove le sette, le dottrine e le religioni si moltiplicano. Ciò ci risparmia
tante nostre dispute.
"Le religioni s'avvicinano senza urto: anzi si aiutano a vicenda. Sul piroscafo, ho assistito,
segnatamente, ad uno spettacolo assolutamente sconcertante: avevamo a bordo un venerabile prete
americano il quale, ogni giorno, diceva la messa per noi. Ora, accadde che, alla domenica, i
passeggeri protestanti si riunirono per cantare le loro preghiere. Essi erano in gran pena, perché
nessuno di loro conosceva sufficientemente la musica per accompagnare i cantici coll'
harmonium. Il
nostro buon sacerdote intese la cosa: egli era distinto organista; si offerse, ed è al suono
dell'harmonium toccato da questo "papista" che i riformati dissero il loro ufficio. Ciò non provocò,
d'altronde, fra loro nessuna meraviglia.
"Ecco un'altra prova di questo buon accordo: in molte città americane si distribuiva sulla via un
progetto in cui tutte le "chiese" annunciavano le ore e il luogo delle loro cerimonie. Gli "scientisti" ,
i salutisti, i calvinisti, i riformati di ogni categoria, gli ebrei, i buddisti, tutti, compresivi i cattolici,
aveano la loro "casella" su questo stampato. Un vero "trust" di religioni, poiché questo prospetto
terminava con una preghiera comune alla divinità".
Questo modo d'agire è abbastanza comune perché abbia ricevuto un nome. Si chiama le
Broadmindednen. Per molti, il maggior merito per un vescovo, per un prete, si è d'essere
Broadminded
(tollerante).
(14) Pare che la parola
euchre voglia dire trattenimento, o passatempo.
(15) Leggiamo nella
Vérité di Quebec del 15 giugno 1904:
"Nel nostro numero del 1° marzo, abbiamo segnalato, trovandola strana, la pratica che esiste, in più
luoghi degli Stati Uniti, di ricorrere agli
euchres ed alle danze, per prelevare dei fondi destinati a
fini religiosi. Il nostro confratello di
The Review, di Saint-Louis, avendo riprodotto le nostre
osservazioni accompagnandole di commenti nel nostro senso, un curato d'una delle piccole città
dello Stato di New York gli scrisse per presentare
l'altro lato della medaglia.
"Dopo ciò che dice questo corrispondente, ricorrere agli
euchres e alle danze, per sostenere le
chiese, è una
dura necessità, che tutti deplorano. I fedeli negli Stati Uniti - afferma egli - non
tengono conto del comandamento: "Tu pagherai fedelmente diritti e decime alla Chiesa". È mestieri
offerir loro dei divertimenti se si vuol ottenere dei fondi per fini religiosi".
La questione che ora si presenta è di sapere se, e in qual misura, i cattolici son tratti nel movimento
che abbiamo descritto e che dagli Stati Uniti cerca di estendersi nel mondo intero.
Alberto Houtin che si mostra ben informato, nel suo libro
L'Américanisme, dopo aver fatto risalire,
come Bargy, al secolo XVII, l'indifferenza dogmatica che distingue "la religione americana", e dopo
aver detto con lui che al principio del XIX essa si sviluppò in alcune dottrine particolari,
l'unitarismo e l'universalismo, aspettando l'agnosticismo, aggiunge: "I cattolici che vollero rimaner
fedeli alla loro religione, non lo poterono senza sentire gli effetti di questa crisi teologica". E ne dà
questa ragione: le "comunità cristiane degli Stati Uniti, composte di fedeli di differenti stirpi, e di
differenti idiomi, vivendo ordinariamente in buona armonia, ben più solleciti di assicurarsi una
buona vita presente che preoccupati di una vita futura, son portati a porre la morale e la carità al di
sopra dei dogmi e dei riti".
Quest'asserzione ha qualche fondamento?
Mons. Ireland scriveva nel 1893, nella Introduzione della
Vita del P. Hecker: "La corrente
americana, che da un quarto di secolo, si getta così manifestamente nell'oceano del cattolicismo,
risale, sembrami, in grandissima parte, al P. Hecker ed a' suoi primi cooperatori".
Mons. Ireland crede adunque di poter provare che vi ha una corrente americana nell'ordine delle
cose religiose, e che questa corrente getta le sue acque nel cattolicismo, non solo nel lago
yankee,(1) ma in tutto l'oceano cattolico. Di più, egli attribuisce l'impulso dato a questa corrente
verso le regioni cattoliche al P. Hecker e ai suoi cooperatori.
Qual'è la natura delle acque che questa corrente trasporta?
Il biografo del P. Hecker dice: "Il Cristo al quale egli erasi convertito, era un Cristo sociale.(2) Gli
studi ecclesiastici, che la sua carriera gli fece intraprendere e continuare per tutta la sua vita, gli
rivelarono sicuramente il Cristo teologico ed anche il Cristo scolastico, ma Hecker resta sempre il
discepolo del sociologo Brownson e l'antico falansteriano, interessato in molti punti considerati dai
suoi correligionari come sussidiari". (
Vie, p. 327).
Egli non fu il solo fra quelli i quali uscendo da questo falansterio, andarono a battere alla porta della
Chiesa cattolica, col pensiero che di là essi potrebbero più facilmente portarsi verso l'avvenire che
sognavano.
"Essi aveano - dice Bargy - un egual disgusto di tutte le religioni, alle quali si erano accostati; ne
prevedevano una che non somiglierebbe ad alcuna di quelle dei tempi andati".
Il D
r Brownson compendiò ne' suoi sentimenti quelli della scuola:
"Io non credeva che all'umanità. Il solo Dio ch'io riconoscessi era il divino nell'uomo, la divinità
nell'umanità, identica in Dio e nell'uomo. Io poneva Gesù Cristo come l'uomo modello; io credeva
potermi paragonare a lui
come riformatore sociale. Io prendeva il suo nome dicendomi cristiano,
perché, al pari di lui,
mi sforzava di stabilire un nuovo ordine di cose". Se in queste parole si può
trovare un'ombra di cristianesimo, vi è sopra tutto dell'umanismo, e dell'umanismo panteistico. È la
deificazione dell'uomo che questi sociologi intravedevano nel loro sogni, e ad essa aspiravano. Si
credevano chiamati a prepararvi l'umanità. "Io non posso essere - diceva Brownson - che il S.
Giovanni Battista del Nuovo Messia".(3)
Il dorso vôlto così al passato, cogli occhi fissi verso l'avvenire, alcuni fra loro incontrarono il
cattolicismo e vi entrarono, ma conservando la loro attitudine di vedette!
"Il cattolicismo americano - dice Bargy - li seguì". Ancora una volta è dir troppo. Bisogna rettificare
così: un certo numero di cattolici li seguirono.
Brownson entrava nel cattolicismo nel 1844. "In grazia di lui - dice ancora Bargy - l'americanismo
ebbe coscienza di sé". Ed aggiunge: "Il P. Hecker ne stabilì definitivamente lo spirito. Egli fu più
sociologo del suo maestro, e il suo primo concetto del Cristo fu quello dei democratici cristiani".
Hecker avea detto di Brownson: "Le sue conclusioni fanno del Cristo il più grande dei democratici,
e fanno del Vangelo il vero programma democratico. Noi non vogliamo vedere nel cristianesimo
che una istituzione sociale; noi lasciamo la parte religiosa come quantità trascurabile". E questo
spirito che noi abbiamo visto regnare nelle chiese istituzionali e nella società di cultura morale. È
questo spirito più o meno mitigato, più o meno velato, che l'americanismo avrebbe fatto entrare
nella Chiesa cattolica, in Europa come in America, se Leone XIII non si fosse opposto colla sua
lettera al cardinal Gibbons.
Brownson medesimo ha finito col dare a' suoi compatrioti questi saggi consigli: "La Chiesa
cattolica affascinerà facilmente l'anima americana; ma ad una condizione, che non dissimuli nulla
de' suoi dogmi, de' suoi riti, de' suoi sacramenti, della sua autorità, della sua liturgia. Poiché
veramente tutto questo è necessario all'anima americana per nutrirla e per soddisfare il suo bisogno
di ammirare, di amare. Dunque, meno controversie ardue ed irritanti, e, in ricambio, la Chiesa
cattolica si mostri in tutta l'ampiezza e forte connessione de' suoi dogmi, nella sua magnifica unità
dottrinale, nella sua morale, nella sua bellezza liturgica, nel vigore della sua disciplina. Tertulliano
parla in qualche parte dell'anima naturalmente cristiana. Ebbene! se io osassi, direi che il popolo
americano ha un'anima naturalmente cattolica!".(4)
La presenza, nel corpo della Chiesa, di uomini che si erano per lungo tempo nutriti delle idee che
abbiamo esposte, non poté non esercitare qualche influenza sui cattolici d'America, tanto più che
uno di questi falansteriani, non solo entrò negli Ordini, ma si fece fondatore di un Ordine destinato
alla predicazione ed al giornalismo.
L'entrata nel clero cattolico di protestanti convertiti tende altresì a dare a questo un carattere
speciale. Il P. Forbes, in uno studio che pubblicò nel giugno e luglio 1903, nella
Revue catholique
des Institutions et du Droit
, crede di poter parlare della "arditezza intemperante del giovane clero,
che è cresciuto - egli dice - più nell'azione che nello studio", ed egli spiega ciò mercé le idee false e
le scorrettezze del linguaggio che i nuovi convertiti trascinano dietro di loro. P. Youg, americano,
nel suo libro
Protestant and catholic nations, dà infatti i nomi di oltre 240 protestanti divenuti preti
cattolici. Di fatto, questi ministri protestanti portano nel loro nuovo ministero qualche cosa delle
abitudini prese nelle chiese protestanti, che, come vedemmo, sono organizzate rispetto all'azione
sociale in guisa che si poté dire che i pastori sono "uomini d'affari".
I vescovi medesimi si danno all'azione sociale a tal punto che alcuni si sono permessi di accusarli di
socialismo. L'interesse effettivo che essi dimostrano per le classi operaie, è tuttavia degno di elogio.
Houtin ci dice perché, secondo lui, lo si trova generalmente nell'episcopato americano. "Lo spirito
pratico dei vescovi - egli dice - si esplica per il modo onde sono nominati. Quando una sede è
vacante, i parroci inamovibili, come i preti detti "consultori", da una parte e i vescovi della sua
provincia ecclesiastica dall'altra, indirizzano, ciascuno dal canto suo, una lista di tre candidati. Le
liste sono spedite a Roma e i membri della Congregazione della Propaganda nominano il vescovo a
scrutinio segreto. Ora i suffragi americani vanno ordinariamente ad un ecclesiastico eminente, non
per la forza del suo pensiero, ma per la sua azione. Si elegge un uomo che ha fatto le sue prove, che
è riuscito nel clero parrocchiale. Il vescovo si trova, per ciò stesso, d'essersi occupato nella sua
carriera sacerdotale di tutta la
gestione ecclesiastica: egli è stato agente d'affari, gerente dell'ufficio
di locazione e di collocamento; propagatore di scuole, di patronati, di chiese, immischiato in tutte le
cose della vita pubblica. Non è uno che sacrifica, che benedice ed insegna; egli è un buon
amministratore che sa parlare al suo gregge e rendere i suoi conti. La Chiesa romana negli Stati
Uniti rassomiglia così ad una grande organizzazione di carità".(5) Ripetiamo la nostra affermazione:
si dice troppo. In una certa misura, e per un certo numero, è vero. Essi sono stati condotti a questo
modo di operare, tanto più facilmente inquantoché "negli Stati Uniti la lotta si concentra, tra le sette
protestanti, sempre più sul terreno della carità e dell'amministrazione".(6)
"Quando un uomo di chiesa muore, qualunque sia il suo titolo, la più bella orazione funebre che si
possa fare, si riepiloga in queste parole: Egli fu uomo di progresso, di sapere, di iniziativa, tutto
dedito alla diffusione dell'educazione e della scienza, e al benessere delle masse. Anche per un prete
cattolico, non vi è elogio più bello. Non si parla generalmente, come nel vecchio mondo, della sua
ortodossia, della sua modestia, della sua umiltà, della sua obbedienza, del suo "spirito di preghiera".
L'azione: ecco il criterio incontestato, secondo il quale si giudicano gli uomini e le sette".(7)
Un altro carattere delle sette americane che si comunica qualche poco al clero cattolico, è
l'indifferenza riguardo al dogma.(8) Le confessioni separate sembrano non essere, in America, che
una regola morale unita ad una vaga sintesi teologica, avanzo del passato.
Presso i cattolici, fin dal 1795, La Rochefoucault-Liancourt notava che "i sermoni nelle differenti
chiese non versavano su alcun punto di dottrina, ma tutti sulla morale".(9)
Parlando di Mons. Martin Spalding, arcivescovo di Baltimora, Houtin dice: "Si cercherebbe invano
nelle sue opere ciò che in Francia si chiama
la dottrina, vale a dire il sistema dogmatico. A molti
lettori francesi, sembrerebbero cristiane senza che si possano attribuire ad alcuna setta distinta. Il
vescovo Spalding, infatti, accetta i dogmi, egli si tiene entro i loro limiti, ma non ne parla quasi mai.
Sotto questo rapporto, come sotto molti altri, egli personifica perfettamente una nuova generazione
episcopale".(10)
Se devesi credere ad Houtin, questa assenza di dottrina nella predicazione, si accentuerebbe ancora:
"Altra volta i vescovi e i predicatori delle grandi solennità esponevano di preferenza i misteri della
fede. Or non è più così. Si paragonino le opere dell'arcivescovo Martin Spalding con quelle di suo
nipote John Spalding, si avrà una illustrazione dell'insegnamento episcopale nelle due generazioni e
del presente abbandono di ciò che in Francia si chiama la questione di dottrina. Leggendo i discorsi
del vescovo di Peoria, nell'ordine cronologico, si seguono le fasi dell'evoluzione".(11)
Se si trascura la predicazione del dogma, a più forte ragione si evitano le controversie. "In questo
mondo, così attivo come novissimo - dice Houtin - le discussioni scolastiche sembrano bizantismo".
"I cattolici, non meno che i protestanti, hanno ripugnanza per la dialettica e la controversia. Il solo
dogma che li preoccupa è quello dell'infallibilità, il quale loro permette di non occuparsi degli altri".
Egli riproduce una delle loro relazioni sull'apostolato della stampa in cui si dice: "È passato il tempo
che gli attacchi contro i sedicenti errori protestanti potevano essere di qualche profitto. Or si lascia
la verità astratta per volgersi alla verità concreta; è nelle opere di carità che trovasi la pace e la
salute". Alcuni spingono questo liberalismo e questa tolleranza ancora più lungi. Houtin afferma
che "il cardinal Gibbons ha criticato la condotta di alcune Chiese di Baltimora che sollecitavano il
sindaco a sopprimere una scuola domenicale anticristiana, adducendo per ragione del suo biasimo
che la violenza, in materia di religione, è anticristiana nonché impolitica".(12)
Lungi dal discutere fra loro e disputare, le Chiese tendono a ravvicinarsi. La cosa divenne manifesta
nel Congresso delle religioni che si tenne a Chicago nel tempo della grande Esposizione. Si sa che
vi presero parte dignitari di altissimo grado. Le donne ebree vi tennero un Congresso a parte, e
Mons. Ireland disse loro: "È questa un'età di concordia e di pace largamente fondata sull'umanità e
sulla fraternità. Su questo punto, gli Stati Uniti dànno l'esempio al mondo". Il Congresso delle
religioni si perpetua nel "Congresso delle religioni liberali", tenuto ogni anno in una o in altra città,
e composto, dice Bargy, "di protestanti, di cattolici, di ebrei e di deisti".(13)
La tolleranza nelle idee mena la cooperazione nelle opere ed anche, come si vedrà, nel servizio
divino. La cooperazione nelle opere si riscontra sopra tutto tra le diverse sette protestanti; ma non
mancano dei casi in cui le comunità ebraiche indipendenti, si associano alle comunità protestanti
per un fine comune. Bargy aggiunge: "La fraternità fra protestanti e cattolici trionfa sempre più dei
vecchi pregiudizi puritani contro il papismo ... Il disprezzo di ogni fanatismo settario sta per
prendere, negli Stati Uniti, la forma di una moda e per divenire una di quelle correnti d'opinione
contro le quali nessuno più osa andare sotto pena di perdere la stima".
Infine la cooperazione (nelle opere) mena seco l'imitazione.
Il
Church Progress, giornale cattolico di Saint-Louis, Missouri, 19 febbraio 1904, p. 8, segnala
questi fatti:
"La Conferenza S. Vincenzo de' Paoli della Chiesa dell'Annunciazione, ha dato giovedì ultimo un
euchre
(14) seguito da una danza, nella sala della scuola dell'Annunciazione a beneficio dei poveri".
Noi vediamo nello stesso numero che le signorine della parrocchia di Saint-Henri devono dare un
euchre;
che il ramo Saint-Patrik n. 110 dei Cavalieri cattolici e delle Dame d'America, d'East Saint-
Louis devono fare altrettanto; che le figlie della Regina, della parrocchia di Saint-Kevin, sono
parimenti nel movimento.
Infine, sotto questo titolo:
Le Sanctuaire du Sacré-Coeur, si legge:
"La società dell'Altare del Santuario del Sacro-Cuore,
The Altar Society of the Shrine of the Sacred
Heart,
darà un euchre lunedì dopo mezzogiorno, e lunedì sera al Northwestern-Hall, angolo dei
viali Elliot e Saint-Louis. Gli
euchres dati dalla Società sono divenuti popolarissimi e notati tra gli
avvenimenti dilettevoli di ogni mese per coloro che assistono. L'
euchre della sera sarà seguito da
una danza".(15)
Sono codeste, è duopo crederlo, eccezioni deplorevoli. Di guisa che, dice Maignen, l'insieme
dell'Episcopato americano, la massa del clero, e il popolo cattolico, non hanno un modo d'intendere
e di praticare il cattolicismo diverso da quello dei cattolici degli altri paesi.
Ma la lettera di Leone XIII al cardinale Gibbons è là per dimostrare che le osservazioni fatte dagli
autori da noi citati, non sono senza fondamento. Il Papa vi riprova il pensiero e il modo di operare
di coloro i quali, "per ricondurre più facilmente alla verità cattolica i dissidenti, vogliono che la
Chiesa si avvicini vieppiù alla civiltà d'un mondo pervenuto all'età matura, e che, rallentando del
suo antico rigore, si mostri conciliante colle aspirazioni e colle esigenze dei popoli moderni". E
come conclusione: "Da tutto ciò che noi abbiamo detto fin qui apparisce, caro Figliuolo, che non
possiamo approvare queste opinioni, il cui complesso è indicato da molti sotto il nome di
Americanismo ...
Ciò fa supporre che vi sono in mezzo a voi di quelli che immaginano e desiderano
per l'America una Chiesa diversa da quella che è sparsa su tutta la terra".
Che ci sia un gran numero di Americani tra i protestanti, gli ebrei e gli indipendenti, che abbiano
questo desiderio, e che lavorino all'attuazione d'una religione nuova spogliata di dogmi, umanitaria,
noi crediamo di averlo sufficientemente dimostrato; che vi sieno dei cattolici che si lasciano sedurre
da questo miraggio ingannatore, non ci permette di dubitarne la lettera di Leone XIII.
L'Episcopato americano lo sa, e perciò il nono Concilio di Baltimora avea già detto, nel 1858, nella
sua lettera spedita al Sommo Pontefice: "Se mai si è sentito il bisogno d'una autorità che decidesse,
e d'una cattedra di verità che fosse immune da ogni errore, è negli Stati Uniti. Quelli che son nati e
cresciuti in seno al cattolicismo non hanno alcun dubbio sulla gravità dei mali che il Dio delle
misericordie ha voluto allontanare dalla sua Chiesa, istituendo il primato di Pietro e de' suoi
successori".
Note:
(1) Designazione del popolo americano.
(2) F. Brunetière dice pure: "È per essere socialista con sicurezza di coscienza che il P. Hecker si è
fatto cattolico"
. Discours de Combat, seconda serie, p. 288.
(3) Il D
r Brownson ha fatto più tardi questa dichiarazione: "Io devo confessare a mia vergogna e con
mio gran rammarico che per tre o quattro anni ho ascoltato con troppo rispetto questi cattolici
liberali e liberaleggianti, sia qui, sia all'estero, e che ho cercato d'incoraggiare la loro tendenza per
quanto poteva farlo, senza allontanarmi assolutamente dalla fede e dalla morale cattolica. Ma non
durai lungo tempo, per grazia di Dio, a scoprire che la tendenza che io incoraggiava. se fosse stata
proseguita fino al termine, mi avrebbe condotto fuori della Chiesa: e tosto che fui di ciò chiarito,
non esitai ad abbandonarla ed a sopportare del mio meglio l'umiliazione d'aver ceduto ad
un'influenza pericolosa ed anticattolica".
(Review de Saint-Louis, Missouri, 23 dicembre 1897).
(4)
Questions of the soul, Avril, 1835.
(5)
L'Américanisme, p. 73.
(6) Ibid., p. 70.
(7) Ibid., p. 157.
(8) Questa indifferenza rispetto al dogma non è propria esclusivamente delle sette protestanti
d'America. Secondo Goyau
(L'Allemagne religieuse, p. 167), sopra diciassette facoltà tedesche in
cui si formano i futuri pastori, tre o quattro hanno dei maestri unanimemente credenti; nelle altre
tredici, le scuole scredenti sono in via di dominare, se pure già non dominano. Nutriti di scetticismo
e di razionalismo, i vecchi alunni di queste facoltà spiegano ancora alle loro pecorelle la lettera
delle Scritture, a modo loro; ma la maggior parte non prendono guari più sul serio ciò che insegnano
di quello che i nostri istitutori spiegando ai loro alunni, in virtù della legge 1979, la lettera del
catechismo.
Secondo uno dei più ardenti difensori del protestantismo in Francia, de Gasparin, su settecento
pastori, cinquecento non credono più alla divinità di Gesù Cristo.
In Inghilterra, è il poter civile, anche quando è in mano degli increduli, che giudica di ciò che si
convien ammettere e praticare, e si vide, alcuni anni fa, un vescovo anglicano, il dottor Colenso,
conservato in ufficio benché riconoscesse ne' suoi libri d'aver perduta interamente la propria fede.
Per i protestanti, non havvi più dogma rivelato. Secondo Harnack, il loro dottore più illustre, agli
occhi di molti, la dottrina evangelica si riduce ad "un sentimento di confidenza nella bontà
misericordiosa di Dio considerato come un nostro padre e alla speranza d'un regno in cui
regneranno la giustizia e la carità, impero puramente interiore che si eserciterà nell'anima d'ogni
cristiano".
Chi riconoscerebbe in questo vago deismo la religione fondata da Gesù Cristo? E che vale in faccia
del positivismo attuale, una religione che si appoggia non sopra prove, ma sopra un semplice
sentimento?
(9)
L'Américanisme, pp. 26-28.
(10) Ibid., p. 58.
(11)
L'Américanisme, p. 69.
(12)
L'Américanisme. p. 66.
(13) La
Vérité di Québec, ha riferito questo fatto (3 dicembre 1898):
"Ci si comunica una circolare che porta le firme del cardinal Gibbons, del general Miles, del viceammiraglio
Selfridge e di Chauncey, Depew e di Frederick D. Grant, che invita il clero "di tutte le
denominazioni" - leggi la Chiesa e le differenti sette - per far che? non già pregare pei soldati e
marinai morti nella recente guerra, ma per consacrar loro una ufficiatura commemorativa ed inviare
il prodotto della questua della domenica 4 dicembre ad un comitato che si propone d'erigere un
monumento in loro onore.
"La circolare parla dei "Martiri del
Maine". Questa parola ritorna più volte nel singolare documento
che abbiamo sotto gli occhi. Che uomini poco istruiti adoperino un termine così improprio, passi;
ma che un saggio ecclesiastico, qual è il cardinal Gibbons, firmi una circolare in cui si trova un
simile abuso di linguaggio, ciò ci stupisce. I marinai che son periti nell'esplosione del
Maine non
sono martiri in nessun senso della parola".
Un altro giornale americano, il
Pioneer Express, segnalava il 3 giugno 1898 una cerimonia religiosa
d'un genere così "composito", ch'ebbe luogo a Pembina (North-Dakota), la domenica della
Pentecoste, 29 maggio 1898.
Per onorare la memoria delle vittime della catastrofe del
Maine, si celebrò un officio nella chiesa
presbiteriana di Pembina. Vi erano presenti il Rev. Robertson, ministro presbiteriano; il Rev. D.
Wardwell, ministro metodista e il Rev. D. Lavigne, curato della parrocchia cattolica, che lasciava
così i suoi vespri e la sua chiesa, nel giorno di Pentecoste, per partecipare ad una cerimonia
protestante.
Il lunedì della Pentecoste, una processione preceduta da un centinaio di ciclisti di ambo i sessi, ed a
cui parteciparono i ministri e il curato, si recò al cimitero per decorare le tombe dei soldati morti.
Si tenne un discorso, pronunciato dal Rev. E. J. Conaty, curato di Grand-Forks, cugino di Mons.
Conaty, rettore dell'Università cattolica di Washington, e un "servizio rituale" (
ritual service)
eseguito dalla società G. A. R. di cui il giornale americano loda grandemente lo zelo e il buon gusto.
Altro fatto caratteristico.
Molti deputati belgi hanno assistito, durante le vacanze parlamentari del 1904, al Congresso
interparlamentare che si tenne in America all'occasione dell'Esposizione di Saint-Louis. Ricevuti
fastosamente, come i loro colleghi d'altre nazioni, essi hanno percorso tutto il paese dell'
oncle Sam,
e son ritornati con una grande raccolta di osservazioni e di aneddoti.
Henri Carton de Wiart, il distintissimo deputato cattolico di Bruxelles, narrò quanto segue:
"Ciò che più mi sorprese, é lo spirito di perfetta tolleranza ch'esiste laggiù, e in grazia del quale
regna la pace in un paese dove le sette, le dottrine e le religioni si moltiplicano. Ciò ci risparmia
tante nostre dispute.
"Le religioni s'avvicinano senza urto: anzi si aiutano a vicenda. Sul piroscafo, ho assistito,
segnatamente, ad uno spettacolo assolutamente sconcertante: avevamo a bordo un venerabile prete
americano il quale, ogni giorno, diceva la messa per noi. Ora, accadde che, alla domenica, i
passeggeri protestanti si riunirono per cantare le loro preghiere. Essi erano in gran pena, perché
nessuno di loro conosceva sufficientemente la musica per accompagnare i cantici coll'
harmonium. Il
nostro buon sacerdote intese la cosa: egli era distinto organista; si offerse, ed è al suono
dell'harmonium toccato da questo "papista" che i riformati dissero il loro ufficio. Ciò non provocò,
d'altronde, fra loro nessuna meraviglia.
"Ecco un'altra prova di questo buon accordo: in molte città americane si distribuiva sulla via un
progetto in cui tutte le "chiese" annunciavano le ore e il luogo delle loro cerimonie. Gli "scientisti" ,
i salutisti, i calvinisti, i riformati di ogni categoria, gli ebrei, i buddisti, tutti, compresivi i cattolici,
aveano la loro "casella" su questo stampato. Un vero "trust" di religioni, poiché questo prospetto
terminava con una preghiera comune alla divinità".
Questo modo d'agire è abbastanza comune perché abbia ricevuto un nome. Si chiama le
Broadmindednen. Per molti, il maggior merito per un vescovo, per un prete, si è d'essere
Broadminded
(tollerante).
(14) Pare che la parola
euchre voglia dire trattenimento, o passatempo.
(15) Leggiamo nella
Vérité di Quebec del 15 giugno 1904:
"Nel nostro numero del 1° marzo, abbiamo segnalato, trovandola strana, la pratica che esiste, in più
luoghi degli Stati Uniti, di ricorrere agli
euchres ed alle danze, per prelevare dei fondi destinati a
fini religiosi. Il nostro confratello di
The Review, di Saint-Louis, avendo riprodotto le nostre
osservazioni accompagnandole di commenti nel nostro senso, un curato d'una delle piccole città
dello Stato di New York gli scrisse per presentare
l'altro lato della medaglia.
"Dopo ciò che dice questo corrispondente, ricorrere agli
euchres e alle danze, per sostenere le
chiese, è una
dura necessità, che tutti deplorano. I fedeli negli Stati Uniti - afferma egli - non
tengono conto del comandamento: "Tu pagherai fedelmente diritti e decime alla Chiesa". È mestieri
offerir loro dei divertimenti se si vuol ottenere dei fondi per fini religiosi".