LA MASSONERIA DOPO LA RESTAURAZIONE. Distrutta l’organizzazione della Massoneria in Italia e indebolita negli altri paesi latini, essa vigoreggiò nei paesi anglosassoni, con il favore dei sovrani e delle classi dirigenti; e ciò specialmente negli Stati Uniti, dove la Massoneria è rimasta ancor più che in Inghilterra attaccata ai principi tradizionali (delle sue costituzioni asfissianti). Non si potrebbe tener dietro alle vicende della Massoneria nei vari paesi senza perdersi in un labirinto. Basti un cenno delle vicende della Massoneria francese, per la stretta connessione che essa ha avuto ed ha con quella italiana. Luigi XVIII (1815-24), iniziato in gioventù, non prese contro la Massoneria misure repressive; uno dei suoi ministri, Decazes, fu Supremo Gran Commendatore. Le giornate di luglio vennero celebrate dalla Massoneria come un trionfo proprio. Luigi Filippo (1830-48), pur avendo già rivestita la carica di Gran Maestro, non si mostrò amico della Massoneria, né volle che il duca d’Orléans accettasse il titolo di Gran Maestro. Il colpo di Stato del febbraio 1848 veniva rivendicato dalla Massoneria come il risultato di un congresso massonico tenuto a Strasburgo nel 1847, con l’intervento di tutti i principali esponenti del governo rivoluzionario. Lo stesso Lamartine ebbe a dichiarare che l’esplosione era emanata «du fond des loges». Napoleone III, imitando anche in ciò Napoleone I, si servì della Massoneria come d’un «instrumentum regni», e vi pose a capo uomini fidati, quali Luciano Murat suo cugino, il maresciallo Magnan, e il gen. Mellinet, manovrandola secondo l’opportunità, religiosa o politica, del momento e frenandone gli eccessi. Sotto la Repubblica la Massoneria riconquistò una piena autonomia e a poco a poco prese tale ascendente da fare dei poteri pubblici un proprio strumento, assoggettando il paese ad una vera e propria tirannia settaria. Il 26 aprile 1871 un corteo massonico di ben diecimila individui, con emblemi ed insegne, si recò trionfalmente a l’Hòtel de Ville a rendere omaggio al governo della Comune, riguardandosi come due potenze alleate. Non è un caso il diffondersi di certi particolari programmi di laicizzazione attuati dalla Massoneria in Francia e sui metodi messi di azione per asservire la gerarchia ecclesiastica ed estirpare gli Ordini e le Congregazioni religiose. Basti dire che il Grande Oriente di Francia deliberò nel 1878 di abolire dalle Costituzioni il paragrafo che poneva come fondamentale la credenza nell’esistenza di Dio e nell’immortalità dell’anima e ordinò di eliminare anche dai rituali tutto ciò che vi faceva allusione ; onde la Massoneria britannica e tedesca ruppero le relazioni con esso. [Fonte e citazioni: Enciclopedia Cattolica, Vaticano, imprimatur 1952, vol. VIII, p. 315 ss.]
LA MASSONERIA NEL RISORGIMENTO E NELLA VITA PUBBLICA ITALIANA. Chiuse le logge e soppressi dai governi restaurati i due Grandi Orienti di Napoli e di Milano, la Massoneria italiana si disperse: i superstiti si rifugiarono sotto la tutela del Grande Oriente di Francia e cercarono di esplicare la loro azione attraverso la Carboneria, spesso riuscendo ad accaparrarsi posti di comando. Domenico Angherà attesta d’avere nel 1848 tentato di ricostruire un Grande Oriente a Palermo, ma l’iniziativa ebbe breve durata. La Massoneria italiana riprese vita a Torino nel 1859 per opera di persone molto vi cine al Cavour. La loggia torinese «Ausonia», in unione con il «Trionfo ligure» di Genova e gli «Amici veri vittoriosi» di Livorno, ricostituirono il Grande Oriente d’Italia. Primo Gran Maestro fu eletto Livio Zambeccari, sostituito dopo brevissimo governo da Costantino Nigra, l’uomo di fiducia di Cavour, nell’evidente proposito di non dar ombra al governo e di interessare la Massoneria francese alla causa italiana, essendo il Nigra ambasciatore a Parigi. Il Lenzi attesta risultare da documenti pubblicati da lui su «L’acacia» che la persona designata all’alta carica era Cavour stesso, ma che tale disegno venne troncato dalla morte prematura di lui. Quasi contemporaneamente al Grande Oriente di Torino, ne sorsero uno a Palermo, di tendenze repubblicane, che proclamò Gran Maestro Garibaldi, ed uno a Napoli, ad iniziativa del ricordato Angherà. Ma, scomparso il Cavour e ritiratosi il Nigra, incominciarono subito lotte e scissioni, nelle quali si esaurì in gran parte l’attività di quei nuclei massonici rivali. Trasferita la capitale d’Italia a Firenze, una costituente massonica, avvenuta in detta città nel 1865, confermò nel grado di Gran Maestro G. Garibaldi e gli diede come Gran Maestro aggiunto Antonio Mordini. I non pochi sforzi di Garibaldi per un accordo tra i corpi rivali di Palermo e Torino, condussero nel 1876 alla creazione di un Supremo Consiglio di Roma; quindi nel 1879, con intervento di alcuni Supremi Consigli esteri, di un Supremo Consiglio d’Italia, nominando primo Sovrano Gran Commendatore Giorgio Tamajo. Sotto il Gran Maestrato di Giuseppe Mazzoni (1878-80), di Giuseppe Petroni (1882-85), e soprattutto di Adriano Lemmi (1885-95), la Massoneria italiana fece progressi notevoli, dato anche l’astensione dei cattolici dallavita politica. Però, nonostante per più decenni avessero in mano il potere grandi dignitari massoni, quali Lanza, Cairoli, Depretis, Di Rudinì, Crispi, Zanardelli, Fortis, solo parzialmente essa riuscì ad attuare il suo programma di laicizzazione, nel quale la Massoneria s’era impegnata con il maggiore accanimento; la totale separazione dei due poteri, l’abolizione delle guarentigie, il divorzio ecc., urtarono contro il profondo senso cristiano della nazione. Riuscì invece ad impedire la riconciliazione dell’Italia con il papato, definita «mostruosa conciliazione», «stupida conciliazione», e deprecandola come il maggior pericolo che potesse correre la patria e la libertà (Rivista massonica, 1883, p. 88; 1884, p. 103; 1886, p. 32). Sono note le interferenze della Massoneria per mandare a vuoto i sondaggi fatti da Leone XIII nel 1887 presso Crispi, tramite il p. Tosti; le declamazioni del Bovio, con le repliche dello Zanardelli e del Crispi; il solenne encomio dato a quest’ultimo da Adriano Lemmi, per aver «rinvigorita con sapienza civile la lotta contro il pretendente del Vaticano» (25 giugno 1888). Grazie alla sua intransigenza anticlericale, attesta il Lemmi {rivista cit. 1886), la Massoneria italiana si accattivò le simpatie della Massoneria mondiale, che vedeva in essa la sentinella avanzata contro «il nemico più inveterato, più accanito, più ostinato e feroce»: il papato. Con la morte del Lemmi (1906) la Massoneria italiana si scisse: Saverio Fera, ch’era Luogotenente Gran Commendatore del Supremo Consiglio di Palazzo Giustiniani, sede della Massoneria «bleu» fino dal 1901, ricusò di riconoscere il Gran Commendatore effettivo nuovamente eletto Achille Ballori, e insieme con i suoi aderenti costituì un Supremo Gran Consiglio autonomo ed una Grande Loggia nazionale di rito scozzese antico ed accettato (1908), riconosciuta dai Supremi Consigli convenuti a Washington nel 1912. Alla Massoneria di Palazzo Giustiniani si rimproverava d’essersi tutta data alla politica, d’essere diventata una setta ateistica, d’interferire sulle attività proprie del Parlamento e del governo, d’aver dato cioè all'Italia una cattiva copia della Massoneria francese. Supremo Gran Commendatore e Gran Maestro della nuova Massoneria fu confermato il Fera, che ebbe per successori Ricciardi, William Burgess, e quindi Raoul Palermi (1919). A Palazzo Giustiniani, al Ballori successero nell’ufficio di Gran Maestro Ettore Ferrari (1904-17), Ernesto Nathan (1917-21), fiero anticlericale, rimasto famoso per le volgari contumelie lanciate contro il Vaticano, e Domizio Torrigiani. Le due obbedienze erano legate alle due maggiori correnti massoniche del mondo, quella alla M. anglosassone, questa a quella francese. [Fonte e citazioni: Enciclopedia Cattolica, Vaticano, imprimatur 1952, vol. VIII, p. 315 ss.]
MASSONERIA E FASCISMO. Per molti anni la stampa e l’Azione Cattolica rimasero quasi sole nella lotta contro l’invadenza massonica che a poco a poco si andava impossessando dei gangli vitali delle nazioni latine. Nel 1895 a Roma fu fondata una associazione antimassonica e nel 1897 si tenne un primo congresso internazionale a Trento, seguito da altri. Purtroppo mancarono di preparazione e mezzi adeguati, e ingenui apologisti rimasero vittima dell’enorme trucco loro giocato da un volgare impostore, Gabriel Antoine Jogand-Pagés (1854-1907), sotto il finto nome di Leo Taxil, che si diede per un transfuga dalla Massoneria e simulò le più mirabolanti rivelazioni. Un movimento di più forte efficacia contro l’onnipotenza massonica si suscitò in Italia, come in altri paesi, fra la gioventù aspirante a farsi largo nell’agone politico, e a contrastare il terreno, con mentalità rinnovata e in piena libertà di movimento, ai vecchi partiti. Nel Congresso socialista di Reggio Emilia del 1913 il Mussolini sferrò una energica campagna per l’eliminazione della Massoneria dal Partito, e la proseguì a fondo su «l'Avanti», sostenendo l’inconciliabilità tra Massoneria e socialismo.
Nello stesso anno l'«Idea nazionale», organo del Partito nazionalista, apriva un referendum sui tre quesiti:
1) se la Massoneria era «compatibile con le condizioni della vita pubblica moderna»;
2) se le ideologie cui s’ispirano materialismo, umanitarismo, internazionalismo, corrispondano alle «tendenze del pensiero contemporaneo»;
3) se la sua azione nella vita pubblica, esercito, magistratura, scuola ecc., fosse «in beneficio o in danno del paese».
Con generale stupore le risposte da parte dei personaggi più ragguardevoli per dottrina e posizione sociale, pubblicate sul giornale dal 31 luglio al 9 ottobre 1913, riuscirono un grande e solenne plebiscito di condanna. Il referendum, raccolto in volume, venne pubblicato con una prefazione di Emilio Bodrero (Inchiesta sulla Massoneria, Milano 1925).
Quanto alla prima guerra mondiale, la Massoneria di Palazzo Giustiniani si vantava d’aver influito in senso decisivo sull’esito finale, ma fu proprio in questo momento che presero vigore, non solo in Italia, ma in quasi tutti i paesi d’Europa, quelle correnti spirituali che acuirono la crisi antimassonica, la più profonda che mai la Massoneria abbia attraversata. Rispetto alla Massoneria italiana una prima offensiva avvenne in seguito al Congresso internazionale massonico di Parigi del 1917, dove sembra che gli interessi della nazione fossero stati assai male tutelati di fronte alle altre potenze alleate. Il Gran Maestro Ferrari si vide costretto a dimettersi. In seguito alla «marcia su Roma» e all’avvento del fascismo al potere (28 ottobre 1922), la Massoneria non fu seconda a nessuno nell’adesione e nel plauso. Se in ciò la Massoneria di Piazza del Gesù non conobbe misura e ritegno, neppure Palazzo Giustiniani trascurò alcun mezzo per accattivarsi le simpatie del nuovo Partito, dichiarando sulla pubblica stampa che «a dar vita ed alimento a quel moto nel suo inizio furono anche nuclei di fratelli molto autorevoli», e che la Massoneria aveva «un’anima fascista». In un’assemblea generale tenutasi a Palazzo Giustiniani il 28 gennaio 1923 intorno alla politica del fascismo, se riserva ci fu, essa consisteva negli eventuali rapporti con il Vaticano, riaffermando il principio della «laicità (dello Stato) nella più rigida concezione». Una conciliazione con il Papa, ebbe a dichiarare il Torrigiani, «avrebbe nel fatto restituito al Papa posizione di sovrano temporale». Il governo rispose, tramite l’agenzia Volta, che queste dichiarazioni avevano suscitato «una impressione nettamente negativa». Il Gran consiglio fascista, da un canto, l’Associazione nazionalista dall’altro invitarono i loro aderenti a scegliere tra Massoneria e Partito (febbraio 1923), e il «Popolo d'Italia», mettendo in rilievo questi fatti, affermava dover essere auspicato coronamento di essi l’accordo tra l’Italia e la Chiesa. Il 18 maggio 1925 il Parlamento deliberava all’unanimità l’abolizione delle società segrete e già dall’agosto del 1926 si iniziavano quegli approcci con il Vaticano che si conclusero con il Trattato Lateranense dell’11 febbraio 1929. La Massoneria di Piazza del Gesù si sciolse spontaneamente con vive proteste di fede fascista. Quella di Palazzo Giustiniani, nell’atto di sciogliersi (6 settembre 1925) costituì un Comitato clandestino d’organizzazione con pieni poteri, per mantenere in vita l’ordine di fronte alle necessità del momento. Essa seguitò ad esplicare la sua attività sotto la protezione della Massoneria francese. Il Torrigiani, ritenuto corresponsabile dell’attentato dell’on. Zaniboni e del gen. Capello alla vita di Mussolini, venne arrestato e condannato a cinque anni di confine in un’isola, ma liberato dopo qualche tempo, morì a Firenze il 31 agosto 1932. [Fonte e citazioni: Enciclopedia Cattolica, Vaticano, imprimatur 1952, vol. VIII, p. 315 ss.]
RESURREZIONE DELLA MASSONERIA IN ITALIA. Caduto il governo fascista in Italia, la Massoneria tornò subito sulle posizioni perdute; ma tali e tanti furono i corpi massonici che si pretendevano legittimi eredi di quelli scomparsi da derivarne una indicibile confusione. Il dott. Melwin Johnson, Sovrano Gran Commendatore della giurisdizione nord degli Stati Uniti, in un discorso del 18 apr. 1950 a Palazzo Brancaccio rivelò essersi formati «una ventina di Supremi Consigli e di Grandi Logge» (Mondo massonico, 5 [1950], p. 34). Va premesso che l’art. 13 della Costituzione della Repubblica Italiana, approvato l’11 aprile 1947 dall’Assemblea Costituente, stabilisce: «Sono proibite le associazioni segrete». La situazione giuridica in cui la Costituzione pone le società segrete dovrà andar disciplinata da un'apposita legge. Intanto essa non impedisce alla Massoneria di esplicare la sua attività, bensì essa è tenuta come le altre società a denunziare ai poteri pubblici i propri statuti, le proprie sedi ed i capi responsabili. Cinque specifiche obbedienze erano degne di attenzioni: 1) la Massoneria scozzese simbolica di palazzo Giustiniani; 2) la Massoneria di rito scozzese antico ed accettato; la Massoneria di palazzo Brancaccio; 4) la Massoneria di rito scozzese autonomo e pseudocattolica; 5) l'aggruppamento scozzese di Bari. [Fonte e citazioni: Enciclopedia Cattolica, Vaticano, imprimatur 1952, vol. VIII, p. 315 ss.]
In foto il Necrologio della Massoneria messicana per la scomparsa di Giovanni XXIII: «LA GRAN LOGGIA OCCIDENTALE MESSICANA dei massoni liberi e accettati a riguardo del decesso di PAPA GIOVANNI XXIII rende pubblico il suo dolore per la scomparsa di questo grande uomo, che venne a rivoluzionare le idee, il pensiero e le forme della liturgia cattolica romana. LE ENCICLICHE MATER ET MAGISTRA e PACEM IN TERRIS hanno rivoluzionato i concetti in favore dei DIRITTI DELL'UOMO E DELLA SUA LIBERTÀ. L'umanità ha perso un grande uomo e noi massoni riconosciamo i suoi elevati principi, il suo umanitarismo e la sua condizione di GRANDE LIBERALE. Guadajara, Messico, 3 giugno 1963 GRAN LOGGIA OCCIDENTALE MESSICANA Lic. Josè Guadalupe Zuno Ildez». [cf. Crisi nella Chiesa]
CONCLUSIONE, MASSONERIA E «CHIESA». Oggi la Massoneria sembra aver insidiato addirittura la Sede di s. Pietro e da lì insegna il modernismo, approva la diffusione di una Sacra Scrittura manomessa ed alterata nelle interpretazioni, e favorisce la promulgazione di alcuni documenti inconciliabili con la fede cattolica [cf. Dignitatis Humanae], come durante il Concilio Vaticano II, tanto che alcuni vescovi si rifiutarono di firmarli ed altri dichiararono successivamente, soprattutto oggi, la Sede vacante o la Sede occupata materialmente, questo a causa dell'eresia notoria nel governo, quindi nella docenza (fede e costume), nella legge e nel culto, il che è assolutamente inconciliabile con le promesse fatte da Cristo. Il 25 gennaio 1959, Roncalli difatti convocò pubblicamente il Concilio Vaticano II. «La Curia romana chiese a Giovanni XXIII che cosa si aspettava dal Concilio che aveva indetto. “Il Concilio - disse - è come camminare in una stanza e aprire una finestra: mi aspetto un po' di aria fresca. Dobbiamo scuotere la polvere imperiale che si è posata sul trono di San Pietro fin da Costantino”» (cf. The Reign of Mary, Primavera 1986, pag. 6.). San Pio X, invece, esaltando il contenuto utilissimo e l'intento verace dell'Editto di Costantino, celebrando il XVI centenario della promulgazione dell'Editto stesso, il giorno 23 febbraio 1913 a Roma così si esprimeva: «Gesù Cristo infatti, il Figlio eterno del Padre, cui fu dato ogni potere in cielo ed in terra, ha imposto ai primi ministri della Chiesa, gli Apostoli, questa missione : come mandò me il Padre, anch'io mando voi (IOAN. XX, 21). - Andate dunque; istruite tutte le genti, battezzandole nel Nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnando loro di osservare tutto quello che vi ho comandato. Ed ecco ch'io sono con voi sino alla consumazione dei secoli (MATTH. XXVIII, 19-20). Dunque la Chiesa ha da Dio stesso la missione d'insegnare, e la sua parola deve pervenire alla conoscenza di tutti senza ostacoli che la arrestino, e senza imposizioni che la frenino. Poiché non disse Cristo : la vostra parola sia rivolta ai poveri, agli ignoranti, alle turbe ; ma a tutti senza distinzione, perchè voi nell'ordine spirituale siete superiori a tutte le sovranità della terra. La Chiesa ha la missione di governare le anime e di amministrare i Sacramenti; e quindi, come nessun altro per nessun motivo può pretendere di penetrare nel Santuario, essa ha il dovere d'insorgere contro chiunque con arbitrarie ingerenze o ingiuste usurpazioni pretenda di invadere il suo campo. La Chiesa ha la missione d'insegnare l'osservanza dei precetti e di esortare alla pratica dei consigli evangelici, e guai a chiunque insegnasse il contrario, portando nella società il disordine e la confusione». Per approfondimenti si ascolti la conferenza (4 ore) del 19 dicembre 2013, «Humanum Genus»:
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati) (http://radiospada.org/)