mercoledì 2 ottobre 2013

I misfatti dei Protestanti nella storia.


 
 
Gli indiani d’America Massacrati dai protestanti

Certa cultura anticattolica la fa da padrone nel pilotare le masse, le opinioni, usando metodi apparentemente docili, pacifici; le loro  verità ci vengono sussurrate, mai imposte. Dipingono il potere, saldamente in mano alla Chiesa di Roma, capace perfino di cambiare la storia, a dir loro, vedasi i romanzi di Dan Brown, questa perfida organizzazione religiosa che tiene in pugno tutti i suoi fedeli, e il mondo intero. Ecco perché quando vengono citati episodi in cui vi parteciparono cattolici, come gli spagnoli, allora le parti si invertono. Gli indios dell’America Latina, non sono come quegli “orrendi indiani”, ma vittime della sfrenata ferocia spagnola. Non sto giustificando o sminuendo certi massacri che pur ci sono stati, da parte spagnola, ma sto solo cercando di farvi riflettere su come certa cultura pilota le opinioni delle masse, tramite film, libri, e documentari vari. I fatti però ci dicono che le terre e le popolazioni  conquistate dai perfidi spagnoli cattolici, ancor oggi esistono, vedasi gli Argentini, i Cileni, i Brasiliani ecc., quelle invece conquistate dai pacifici ed esemplari protestanti inglesi, non esistono più. Le terre sono state confiscate, e trasformante negli odierni Stati Uniti d’America, e le popolazioni sterminate, con alcuni superstiti relegati in delle misere riserve indiane. Eppure nei film e nei documentari quei “pacifici” protestanti, fondatori degli Stati Uniti, non vengono coperti di vergogna come accade ad esempio ai crociati. Perché? E’ la Chiesa cattolica ad avere in pugno il mondo, oppure sono proprio i protestanti?Non mi riferisco alla piccola chiesetta protestante di provincia, ma alle potenti Lobbies protestanti americane e inglesi, per esempio. E allora, mal comune mezzo gaudio?No, assolutamente no, le guerre e le uccisioni sono sempre da condannare, da qualunque parte vengano. Quando dunque qualche fratello protestante punta il dito contro i misfatti cattolici, gli ricordo che è meglio stendere un velo pietoso su tutti i misfatti, non solo su quelli cattolici. La miseria e il peccato umano sovrasta sia cattolici che protestanti. Non è quindi su questo campo che ci si deve confrontare. (vedi mappa sito)

Le Vittime anabattiste di Lutero
Il principio della libera interpretazione
che sta alla base del protestantesimo, ha prodotto gravi danni. “Inutilmente le vittime anabattiste di Zwingli gli gridavano, negli spasimi dell’agonia, che non avevano fatto altro che trarre tutte le conseguenze logiche dai principi che egli stesso aveva affermato contro il cattolicesimo. Anabattisti cioè protestanti, che non praticavano il battesimo dei bambini, a differenza dei luterani, ne furono uccisi a migliaia da Zwingli. E’ la contraddizione radicale e insanabile del protestantesimo (anche se oggi pare non sia educato il ricordarlo): da una parte la predicazione del <<libero esame della Scrittura>>; dall’altra, davanti alle inevitabili conseguenze di anarchia, il riconsegnare la Scrittura, perché ne faccia una nuova dogmatica, a una Chiesa severamente organizzata e spalleggiata dal potere laico, che le funge da braccio secolare e imprigiona, squarta, brucia sul rogo. Prima, la rivolta contro <<l’oppressione romana>> e, poi, l’oppressione contro ogni altro modo di intendere la fede.

Così, la ragione non riesce a capire con quale diritto Lutero tuonasse dalla sua Germania contro ciò che, sulla spinta da lui stesso data, avveniva in Svizzera. <<Lutero vedeva la sua dottrina minacciata dalle peggiori deviazioni. Molte frasi sfuggite dalla sua penna e dalle sue labbra ci dicono ciò che ne provava: un misto di disperazione e di furore. “E’ meglio annunciare la dannazione che la salvezza secondo Zwingli ed Ecolampadio”. Gli altri riformatori gli sembravano dei pazzi, degli arrabbiati, degli schiavi di Satana, più nemici del Cristo che lo stesso papa. Quando apprese la fine di Zwingli sul campo di battaglia disse, a mò di orazione funebre: “Ha avuto la morte di un assassino”. E quando Ecolampadio (il teologo e il predicatore che affiancava Zwingli) ebbe seguito nella tomba il riformatore di Zurigo, il monaco di Wittenberg ne concluse: “Sono i colpi del diavolo che lo hanno ucciso…”. E Calvino più sottile politico, scriverà: “E’ molto importante che non trapeli ai secoli futuri alcun sospetto delle divisioni che sono tra noi. E’ infatti sommamente ridicolo che, dopo aver rotto con tutti, noi andiamo così poco d’accordo tra noi fin dall’inizio della nostra riforma” (Henri Daniel Rops).
Proprio in Svizzera, il fallimento dei tentativi ripetuti e affannosi – attraverso incontri, dispute, raduni di teologi, scambio di documenti – per trovare un accordo tra la folla dei riformatori (ciascuno dei quali, uscito dalla Catholica, voleva fondare la sua, di Chiesa), quel fallimento – che portò così spesso a scontri armati – mostrò subito che la Bibbia non bastava a guidare il cristiano, se non era affiancata da una Tradizione vivente che traesse legittimità dagli inizi stessi della fede. Messa alla prova, da sola, la Scrittura mostrava il suo vero volto, non di magico manuale per rispondere a tutte le domande, ma quasi di <<bozza>>, di indicatore di grandi direzioni affidato a una comunità (e da quella comunità scritto, seppure in modo ispirato, conservato, interpretato), perché ne facesse non un libro morto ma un ispiratore di vita, sotto la guida di un Magistero di uomini vivi. Come mostrò l’Europa devastata non solo dalle guerre tra cattolici e protestanti ma dei protestanti tra loro, non si crea nessun cristianesimo accettabile da tutti con i <<secondo me>> di chi, un giorno crede di avere capito tutto dove da tanti secoli tutti gli altri non avrebbero capito nulla e, se può, si dà a reprimere con la violenza ogni altro <<secondo me>> (cfr, Pensare la storia, V. Messori).
Il Massacro dei Centomila contadini, appoggiato da Lutero

Nel maggio del 1524 le insurrezioni contadine divennero una vera e propria ribellione che si diffuse in tutta la Germania meridionale e centrale e che successivamente prese il nome di guerra dei contadini. I contadini svevi avevano accolto il messaggio religioso luterano come un proclama politico di uguaglianza e liberazione. Nei loro "Dodici articoli", il manifesto del loro movimento di ribellione, essi chiedevano una fiscalità meno oppressiva, l'abolizione del privilegio che permetteva ai nobili tedeschi di attraversare i seminati o i campi pronti al raccolto per inseguire la selvaggina, e la restituzione delle terre destinate agli usi comuni dei loro villaggi e che i principi avevano invece inglobate nei possessi espropriati alla Chiesa romana.

Nell'aprile del 1525 Lutero pubblicò l'Esortazione alla pace a proposito dei dodici articoli dei contadini di Svevia. In questo scritto, con cui dimostrava di aver scelto ormai definitivamente l'alleanza coi signori feudali, egli prendeva le distanze da quel movimento esortando i principi tedeschi alla soppressione delle "bande brigantesche ed assassine dei contadini":[10]

  « Ritengo che sia meglio uccidere dei contadini che i principi e i magistrati, poiché i contadini prendono la spada senza l'autorità divina. [...] Il momento è talmente eccezionale che un principe può, spargendo sangue, guadagnarsi il cielo. Perciò cari signori sterminate, scannate, strangolate, e chi ha potere lo usi. »  

È Dio che ha concesso la spada ai prìncipi: se essi eserciteranno male il loro potere sarà la giustizia divina a punirli, ma intanto bisogna obbedire loro.

Fu un gesto importante e dalle terribili conseguenze (le fonti dell'epoca parlano di 100.000 morti); con esso Lutero aveva garantito la sopravvivenza della Riforma ponendola al riparo dalle posizioni estremiste e garantendole la protezione di un buon numero di prìncipi tedeschi.

Hanns Lilje, vescovo luterano di Hannover, osservò che questa risposta costò a Lutero «la perdita della straordinaria popolarità di cui aveva goduto fino a quel momento tra la gente».

Sempre per la necessità di proteggere la sua Riforma, Lutero, che pure aveva proclamato l'inutilità della Chiesa come mediatrice e il principio che ognuno poteva essere "il sacerdote di se stesso", acconsentì alla formazione delle Landeskirchen, delle Chiese territoriali tedesche con le quali i principi potranno esercitare la loro autorità anche sulle faccende religiose. (cfr. wikipedia)
Il giudizio storico di Benedetto Croce su l'intolleranza di Calvino
Come non condividere le alte parole di Castellion e la sua appassionata difesa del principio della libertà di coscienza? Certo, osserva B.Croce ,stupisce l'intolleranza di Calvino che non esita a condannare al rogo un dissenziente della sua dottrina che proprio Ginevra aveva accolto per difenderlo dalla persecuzione cattolica romana.
«Si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (Atti 5:29) [e se i principi] ordinano qualcosa contro Dio non si dovrà fare né tenerne conto», Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, 1/7-9, UTET, Torino 1983

Ma si consideri che la riforma calvinista, che era stessa una deviazione rispetto a quella luterana, che nell'immediato, per la professata libertà d'interpretare i testi sacri, aveva già dato seguito a una serie di eresie, non avrebbe potuto sostenersi se avesse lasciato libero campo ai predicatori eretici come Serveto. Si sarebbe inevitabilmente indebolita e probabilmente esaurita nel giro di breve tempo. Ogni rivoluzione ha bisogno di un momento di conservazione per consolidarsi.
  « Ma era questo un necessario momento conservatore dopo compiuta una così grossa rivoluzione come l'abbattimento dell'autorità papale e la rottura dell'unità ecclesiastica dell'Europa, e nell'insorgente pericolo dell'anarchia delle opinioni, che faceva temere la perdita di quanto si era acquistato… »
 
( Benedetto Croce, Vite di avventure, di fede e di passione, Bari 1953)

Se Calvino non fosse stato intollerante, sarebbe andata persa proprio quella libertà di coscienza invocata da Castellion, che aveva avuto inizio proprio dalla Ginevra di Calvino, dove il Concistoro dei pastori si dichiarava, secondo l'insegnamento di Calvino, superiore alle leggi dello Stato che invadessero i convincimenti morali e religiosi dei cittadini.
  « …la libertà e la tolleranza si inserirono su quella pianta della quale il Calvino preservò il tronco e le radici appunto con provvedimenti rigorosi simili a quelli presi contro Serveto. »
 
(Benedetto Croce,Vite di avventure, di fede e di passione, Bari 1953)

E a chi potrebbe osservare che allora non c'era differenza tra l'intolleranza calvinista e quella della Chiesa della Controriforma, ambedue da condannare moralmente, si deve rispondere storicamente che mentre la Chiesa cattolica agiva repressivamente per conservare le vecchie strutture del passato , la riforma calvinista si difendeva per preservare il futuro dell'autonomia e libertà religiosa.
  « Con quella restrizione o soppressione della libertà il Calvino salvava allora la vita stessa della libertà e il suo avvenire. »

INQUISIZIONI PROTESTANTI

Quanto piccola fosse l’importanza delle relazioni tra la persecuzione degli stregoni e il Papato e la Chiesa Cattolica, si può giudicare dal fatto che gli Stati Protestanti furono i primi ad impiegare la tortura ed il fuoco per l’eliminazione degli stregoni. È difficile dare un giudizio sul grado relativo di barbarie usata tra i cattolici e i protestanti con tale scarsità di documenti storici, ma, stando a quelli pubblicati sulle città dell’Europa centrale, sembra che, in questa caccia, i Riformatori siano stati assai più crudeli e spietati che non gli aderenti all’antica fede. Non servirebbe a nulla il cercar di redigere un elenco delle atrocità comprovate, quasi ovunque, da testimonianze, o discutere la verità delle denuncie più assurde fatte in entrambi i campi. Si narra che il giudice protestante Carpzovius abbia firmato 20.000 sentenze di morte, ma una tale affermazione non ha, con tutta probabilità, alcun fondamento. E faccio pure le più ampie riserve riguardo alle pretese condanne al rogo, in un solo anno, di 133 stregoni nella cittadina di Quedlingburg (1589) e della monte, nel 1613 e 1614, di 300 stregoni a Westernstretten, presso Ellwangen. È certo tuttavia che in nessuna parte d’Europa la fobia degli stregoni fu cosi violenta come nella Scozia, calvinista, e lo stesso Giacomo I, il re forse più adulato quale incarnazione di giustizia, umanità e saggezza illuminata che qualunque re mai vissuto prima, fu istigatore e testimone oculare dei tormenti inflitti a molti di quei disgraziati.

   Di fronte a questa cecità e brutalità quasi universali, non sarà inopportuno far rilevare le eccezioni. Mentre, a tutta prima, gli Stati protestanti e cattolici sembrano sullo stesso piano, un esame più approfondito rivela invece una sensibile differenza. Presso i riformatori, l’iniziativa della persecuzione contro gli stregoni parte dai capi religiosi. Nel campo cattolico, invece, il movimento ha quasi sempre origine da timori ciechi del popolino ignorante o dalla malizia di uomini completamente indifferenti in materia religiosa, giacché gli eccessi non sono dovuti alla chiesa come chiesa. Non è indubbiamente difficile provane questa tesi mediante testimonianze che si dimostrano perfettamente conclusive, ma è impossibile tentarlo qui negli stretti limiti concessimi. Mi limiterò perciò ad alcune indicazioni.

    Se la molla istigatrice della persecuzione degli stregoni fosse stata costituita dai Papi, dovremmo aspettarci di trovare che a Roma, città nella quale la loro autorità era completamente svincolata da interferenze esteriori, la crociata fosse condotta con la più spietata crudeltà. Ed invece è avvenuto proprio il contrario. Per quanto non si possa affermare con certezza che nessun stregone sia mai stato bruciato vivo, è certo però, ed è generalmente ammesso, che Roma, in fatto di tolleranza verso gli indovini, fu sempre all’avanguardia di tutte le altre città europee.  E che Roma sia spesso chiamata il paese del mondo più dominato dai preti, costituisce un’altra eccezione. Il signor Lecky ha dimostrato la singolare assenza di stregomania in Irlanda, quando afferma che «in un solo anno in Inghilterra e in Scozia sono perite per quel motivo più persone di quanto ne siano cadute in Irlanda in tutto il corso della sua storia».  Preferisco però citare qui le parole di uno scrittore del «Dublin University Magazine», non certo sospetto di simpatia per Roma: «È però curioso come l’Irlanda, sebbene considerata di solito, e ben a ragione, un paese superstizioso per quanto riguarda spiniti e fate, sia stata invece sempre relativamente immune dalla strego mania».

   Quel che si dice per i Paesi si può ripetere per gli individui. Quei figli della Chiesa che si conquistarono la venerazione da parte dei loro compagni per la vera santità della vita, e che furono poi canonizzati santi, come S. Filippo Neri, S. Carlo Borromeo, S. Ignazio di Loyola, S. Vincenzo de Paoli, S. Francesco di Sales, per quanto abbiano avuto sufficiente influenza per riformare intere città e popolazioni, pure non hanno mai usato di quell’influenza per cercar di distruggere l’impero di Satana mediante ecatombi di stregoni. Ben diversamente accadde coi riformatori Calvino e Lutero, Melantone e Giovanni Knox. La prima legge del parlamento scozzese comminante la pena di monte agli stregoni fu approvata nel 1563 su esplicita istigazione di Giovanni Knox, e in quell’anno stesso molte furono le vittime che dovettero soccombere. Giacomo Melvill, devoto ammiratore di Knox, ci narra che la prima esecuzione di cui fu testimone oculare fu quella di una strega di S. Andrews: «contro la quale il signor Knox — quell’eccellente servo di Dio — parlò dal pulpito, in presenza della stessa vittima, legata ad un pilastro di fronte a lui». Venticinque anni dopo gli immediati seguaci di Knox si diedero molto da fare nell’organizzare in tutto il regno la caccia agli Stregoni, sotto la personale direzione di Sua Maestà il Re Giacomo VI.

    Quanto a Calvino, troviamo scrittori protestanti che dichiarano francamente che il codice penale, promulgato a Ginevra sotto la sua ispirazione, fu in realtà scritto col sangue più delle leggi di Dracone. Tra il 17 febbraio e il 15 maggio del 1545, si ebbero a Ginevra 34 esecuzioni, in gran parte di stregoni. I riformatori rimproverano persino al Papato la troppa longanimità dei cattolici nel condurre le persecuzioni. Più curioso di tutti è il fatto della condanna di certi stregoni, da parte di questo padre del Protestantesimo, ad essere «murati». Un decreto del Consiglio in data 2 aprile 1545 così dichiara: «si ordina che essi (cittadini proscritti che tornano dal bando) siano murati, e non siano tratti fuori sin quando non abbiano confessato la vera, altrimenti finiranno i loro giorni in questo tormento».

   Ma, ci si può chiedere, in che cosa differisce la crudeltà di Calvino e di Knox dalla parte avuta in questa persecuzione da Papi come Innocenzo VIII? La grande differenza sta nel fatto che Calvino e Knox furono essi stessi istigatori e testimoni delle torture e dei roghi degli stregoni, mentre Innocenzo VIII non fu che un semplice legislatore per popolazioni assai lontane, viventi in quello che, per lui, era il barbaro nord. Convinto, come gli avevano insegnato le Sacre Scritture, della possibilità della magia, egli non ebbe probabilmente difficoltà a credere che in quei paesi selvaggi la stregoneria fosse una organizzazione attiva e potente, richiedente severe misure di repressione. Ai nostri giorni, più di una persona sensibile che si sbellicherebbe dalle risa per qualsiasi diablerie accaduta in Inghilterra, non la ritiene però affatto incredibile quando essa si riferisce all’India o all’Africa o a San Domingo. Quanto ai barbari mezzi impiegati, essi non furono che quelli comuni a tutti i tribunali civili d’Europa di quell’epoca di quelle immediatamente successive.(cfr,kattoliko.it/leggendanera)


IL CASO MICHELE SERVETO FATTO UCCIDERE DA CALVINO

(cfr, WIKIPEDIA)

Il caso Serveto
Michele Serveto

Il medico spagnolo Michele Serveto, fuggito dal carcere di Vienne, in Francia, dove era detenuto a causa delle teorie religiose «eretiche» - negava la Trinità e ogni significato al battesimo dei bambini, elementi che lo ponevano tra le file degli anabattisti - era giunto a Ginevra nel 1553. L'anabattismo costituiva il movimento cristiano più odiato da cattolici e protestanti e ancor di più dai prìncipi perché, fautore del ritorno alla semplicità evangelica, sosteneva l'abolizione della proprietà privata e non riconosceva le tradizionali autorità. Gli anabattisti avevano appoggiato la guerra dei contadini in Germania e avevano creato un'importante comunità comunistica a Münster, distrutta dai prìncipi tedeschi con il massacro di quasi tutti i suoi abitanti.

Serveto fu arrestato il 13 agosto 1553 su denuncia di Calvino. Nella sua Istituzione egli è particolarmente violento nei riguardi di Serveto: «Il termine Trinità è stato ostico a Serveto, anzi detestabile, al punto che definisce senza Dio coloro che chiama trinitari. Tralascio molte delle espressioni villane e delle ingiurie da comiziante con cui farcisce i suoi scritti. Il sunto delle sue fantasticherie consiste in questo: si fabbrica un Dio in tre pezzi affermando che ci sono tre Persone dimoranti in Dio. Questa trinità è frutto di immaginazione in quanto contrasta con l'unità di lui; egli pretende perciò che le Persone siano idee o immagini esteriori, ma non dimoranti nell'essenza di Dio, che in qualche modo ce lo rappresentano [...] fantasticheria mostruosa [...] empietà [...] bestemmia esecrabile [...] fango [...]».

Il Piccolo Consiglio di Ginevra assunse informazioni su Serveto dalle autorità di Vienne, che richiesero la sua estradizione. Posto all'alternativa di essere rimandato nella città francese o subire un processo a Ginevra, Serveto scelse di rimanere nella città svizzera. Consultati anche i teologi delle chiese di Basilea, Berna, Sciaffusa e Zurigo, il Consiglio, che pure poteva anche limitarsi a bandire Serveto dalla città, emise, il 26 ottobre 1553, la sentenza di morte che fu eseguita, mediante rogo, il giorno seguente.

Simile è il caso successivo di un altro antitrinitario italiano, il calabrese Valentino Gentile, imprigionato a Ginevra nel 1558, interrogato da Calvino in persona e costretto ad abiurare per evitare la condanna a morte - che subì però a Berna, nel 1566, per la stessa accusa.

Calvino, che pure approvò la sentenza di condanna di Serveto - limitandosi a chiedere di commutare ll rogo con la decapitazione - non può tuttavia essere ritenuto responsabile, come si è ritenuto e ancora in parte si ritiene, dell'esecuzione di Serveto, la quale è da addebitarsi interamente ai magistrati di Ginevra, la maggioranza dei quali, tra l'altro, guardava allora con diffidenza alle riforme proposte da Calvino, come dimostra la decisione presa il 7 novembre di quello stesso anno dal Consiglio dei Duecento, di attribuire al Piccolo Consiglio il potere di comminare la scomunica, togliendolo al Concistoro. Tuttavia da quest'episodio è nata la leggenda di un Calvino dittatore di Ginevra, alimentata da autorevoli intellettuali moderni come Aldous Huxley [26] e Stefan Zweig [27] : in realtà Calvino, cui fu conferita la cittadinanza ginevrina soltanto nel 1559, come qualunque altro habitant non aveva il minimo potere di poter influire sull'amministrazione della giustizia. La sua approvazione della condanna a morte di Serveto lo conferma semmai come figlio del suo tempo.

Calvino pubblicò nel 1554 la Defensio orthodoxae fidei, contra prodigiosos errores Michaelis Serveti Hispani sostenendo che la condanna di Serveto fu giusta perché le sue dottrine mettevano in pericolo le anime di coloro che le avessero accettate. Il riformatore Sebastian Castellio rispose con il Contra libellum Calvini, deplorando la condanna di Serveto e sottolineando come «uccidere un uomo non significa difendere una dottrina ma nient'altro che uccidere un uomo. Uccidendo Serveto, i ginevrini non hanno difeso una dottrina, ma hanno ucciso un uomo [ ... ] se Serveto avesse cercato di uccidere Calvino, i magistrati avrebbero giustamente difeso Calvino. Ma poiché Serveto combatteva con ragionamenti e scritti, egli sarebbe dovuto essere contestato con ragionamenti e scritti».

Calvino fece denunciare Serveto da un suo amico di Lione, un certo Guillaume Trye, alle autorità cattoliche di Vienne. Arrestato il 4 aprile 1553, riuscì a fuggire dalla prigione tre giorni dopo e l'Inquisizione dovette accontentarsi di bruciarlo, come eretico, in effigie. Per quattro mesi non si hanno più notizie di lui: egli sarebbe stato qualche tempo in Spagna e di qui avrebbe deciso di raggiungere Napoli per via di terra. Dopo aver pernottato in Savoia, arrivò a Ginevra il 13 agosto, prendendo una stanza nell'albergo della Rose d'Or. Sembra che, essendo domenica, abbia giudicato più prudente, per non farsi notare, assistere, come tutti facevano, alle cerimonie religiose, entrando così nella chiesa della Maddalena. Durante il sermone, fu riconosciuto e la sua presenza fu segnalata a Calvino che lo fece denunciare da un suo amico, Nicolas de la Fontaine. Questi, secondo il diritto allora vigente a Ginevra, fu arrestato come Serveto e detenuto affinché non si potesse sottrarre alla pena prevista qualora le sue accuse si fossero dimostrate infondate. Fu tuttavia rilasciato pochi giorni dopo, quando gli indizi di colpevolezza del Serveto, basate sulle proposizioni contenute nella Christianismi Restitutio - certamente quella stessa copia che Serveto aveva mandato a Calvino durante la loro corrispondenza - furono giudicati convincenti.

Serveto scrisse il 22 agosto ai Sindaci e al Piccolo Consiglio di Ginevra, le massime autorità della città, una prima lettera di difesa, con la quale negò che le divergenze in materia di dottrina religiosa potessero costituire materia di giudizio criminale,
  « come dimostrano gli Atti degli Apostoli (capitoli 18 e 19) dove gli accusatori sono rimandati alle chiese, quando non vi sia altro delitto che questioni di natura religiosa. Egualmente al tempo dell'imperatore Costantino il Grande, quando vi erano le grandi eresie degli ariani, l'imperatore, per suo consiglio e per quello di tutte le chiese, stabilì che secondo l'antica dottrina tali accuse non dovessero aver luogo, come sarebbe stato il caso dell'eretico Ario, e che tutte queste questioni sarebbero state decise dalle chiese e il condannato, se non voleva pentirsi, doveva essere esiliato. Questa fu la punizione riservata agli eretici in ogni tempo dall'antica Chiesa, come provano mille vicende e l'autorità dei dottori [...] chiedo pertanto di essere escluso dall'accusa criminale. In secondo luogo, Signori, vi supplico di considerare che non ho recato alcuna offesa nei vostri territori, non sono stato sedizioso, né perturbatore. Che le questioni di cui si tratta sono difficili e riservate a sapienti. E in tutto il tempo che fui in Germania, parlai di tali questioni solo con Ecolampadio, Bucero e Capito; in Francia non ne parlai con nessuno. Inoltre, ho sempre riprovato e riprovo gli anabattisti, i sediziosi contro i magistrati [...] si conclude dunque che non vi sia alcun motivo di detenzione [...] vi supplico umilmente di concedermi un avvocato che parli per me »
 

L'avvocato non gli fu concesso e dovette difendersi da sé. Quello stesso giorno il riformato Consiglio di Ginevra inviava ai cattolici «nobili, saggi, spettabili e magnifici Signori, balivi, giudici e altre persone del Re nella corte di Vienne, nostri buoni vicini e carissimi amici» una lettera molto rispottosa e cordiale nella quale, sapendo della passata carcerazione e fuga di Serveto da Vienne, si chiedevano informazioni sul suo conto. [15]

Il balivo e il procuratore del Re di Vienne risposero il 26 agosto, informando il Consiglio ginevrino che «i delitti per i quali Serveto era stato condannato» erano stati commessi nel territorio di loro giurisdizione ed egli, «evaso di prigione, era da considerarsi tuttora nostro prigioniero» richiedevano «il piacere» che il Serveto fosse loro consegnato per poter eseguire la sentanza «la cui esecuzione renderà superflua la ricerca di ulteriori imputazioni contro di lui». Quanto alla richiesta di Ginevra di ottenere copia degli atti processuali, i magistrati di Vienne si scusavano di non potervi aderire, «visto che sui nostri atti e procedure non possiamo permettere o consentire che se ne faccia un altro giudizio, poiché, se lo consentissimo, saremmo ripresi dal Re al quale, è certo, farebbe molto piacere che il detto Villeneuve fosse estradato, affinché voi sappiate che la sentenza sia stata eseguita». Se ciò fosse avvenuto, non sarebbe mancata l'occasione di ricambiare il favore «con molto buon cuore, così come presentiamo le nostre umili raccomandazioni alle vostre buone grazie e preghiamo il Creatore di tenervi nella sua santa protezione». [16]

Anche il luogotenente del Re nel Delfinato, il signor de Maugiron, il 29 agosto informava il Consiglio di Ginevra di aver sequestrato, a favore del proprio figlio, i beni e il denaro che Serveto custodiva in una banca di Vienne, ammontanti a «tre, quattro o cinquemila scudi», e chiedeva pertanto se si conoscessero altri creditori di Serveto. [17] Il Consiglio rispondeva al Maugiron il 1º settembre che non avrebbe mancato d'interrogare Serveto anche su tali questioni, «pregando il Creatore Iddio di aumentarlo nelle sue grazie». [18]

I magistrati di Ginevra chiesero a Serveto se intendesse essere consegnato a Vienne e naturalmente egli rifiutò. Calvino fu allora incaricato dal Piccolo Consiglio di Ginevra di contestare a Serveto le proposizioni, considerate eretiche, della Christianismi Restitutio. Il 15 settembre Serveto indirizzò una nuova lettera ai magistrati, lamentando la pessime condizioni in cui era tenuto nel carcere - «i pidocchi mi mangiano vivo»:
  « Vi avevo presentato un'altra richiesta, secondo carità, e per contestarla, Calvino vi ha allegato Giustiniano. Certamente è cosa infelice presentare contro di me ciò a cui lui stesso non crede. Lui non crede affatto a quel che Giustiniano ha detto de Sacrosanctis Ecclesiis, et de Episcopis et Clericis, e su altre cose di religione ed egli sa che allora la Chiesa era già corrotta. È una grande vergogna per lui e vergogna ancor più grande è che mi tenga qui, molto malato, da cinque settimane, senza aver portato contro di me una sola testimonianza »
 
Serveto protestava anche per la mancata concessione di un avvocato e per il fatto che il suo accusatore, Nicolas de la Fontaine, fosse stato rilasciato come se le sue accuse fossero già state provate; contro di lui e contro Calvino, che si era assunto l'onere dell'accusa, chiedeva il risarcimento dei danni subiti e l'applicazione della vigente legge del taglione ai danni dei suoi accusatori.

Non ottenne risposta e in risposta alle accuse presentò una nuova lettera il 22 settembre:
  « Sono detenuto per le false accuse di Calvino, che dice che io avrei scritto: 1°, che le anime sono mortali e 2°, che Gesù Cristo non avrebbe preso dalla Vergine Maria che la quarta parte del suo corpo. Sono cose orribili ed esecrabili. Tra tutte le eresie e tutti i delitti, non ce n'è di maggiore che fare l'anima mortale [ ... ] chi dice questo non crede né a Dio, né alla giustizia, né alla resurrezione, né a Gesù Cristo, né alla Sacra Scrittura, né a niente, se non che tutto muore e gli uomini sono come le bestie. Se avessi detto o scritto questo pubblicamente, per infettare il mondo, mi condannerei a morte da solo. Perciò, Signori, chiedo che il mio falso accusatore sia punito poena talionis, e che sia detenuto come me, finché la causa non sia definita con la morte mia o sua o con altra pena [ ... ] Vi chiedo giustizia, Signori, giustizia, giustizia »
 

Calvino estrasse dalla Christianismi Restitutio 28 proposizioni eretiche, che furono trasmesse a Serveto il quale, pur lamentando che molte di loro fossero estratte fuori contesto, riportò nel foglio stesso di Calvino le proprie controdeduzioni. Rispose ancora in calce a una nuova ettera di Calvino, che era controfirmata da altri tredici pastori, che i suoi accusatori, «per provare che, nella Trinità, Dio Figlio è realmente distinto da Dio Padre» avevano presentato solo «vane parole. Conveniva questo a tanti ministri della Parola divina, che si vantano ovunque e ad alta voce di voler insegnare solo quel che è nella Sacra Scrittura? Essi non possono allegare alcun passo. La mia dottrina è giudicata falsa solo in base a vane chiacchiere e contro di essa non si riesce a fornire nessuna reale autorità e ragione».

I magistrati di Ginevra chiesero ai pastori delle Chiese riformate di Basilea, Berna, Sciaffusa e Zurigo di esprimersi sulla questione, ottenendo un giudizio di condanna delle tesi di Serveto. Il 26 ottobre 1553 fu emessa la sentenza.
La condanna a morte [modifica]

I Sindaci di Ginevra sottoscrissero la seguente sentenza:
  « Contro Michel Servet, di Villeneuve, nel regno d'Aragona, in Spagna.

Il quale, circa 23 o 24 anni fa, fece stampare un libro a Haguenau, in Germania, contro la santa e indivisibile Trinità, contenente molte e grandi bestemmie contro di essa, grandemente scandalose per le chiese tedesche; libro che egli ha spontaneamente confessato di aver fatto stampare, malgrado le rimostranze e le correzioni, fatte alle sue false opinioni, dai sapienti dottori evangelici di Germania.

Item, il quale libro è stato riprovato dai dottori di quelle chiese come pieno di eresie e il Servet si è reso fuggiasco da quelle chiese a causa del detto libro.

ciò nonostante, il detto Servet ha perseverato nelle sue false dottrine, infettanti quante più chiese possibili.

non contento di questo, per meglio divulgare e spandere il suo veleno eretico, poco dopo ha fatto stampare di nascosto un altro libro a Vienne, nel Delfinato, pieno di queste orribili ed esecrabili eresie e bestemmie contro la Santa Trinità, contro il Figlio di Dio, contro il battesimo dei bambini e contro altri fondamenti della religione Cristiana.

ha spontaneamente confessato che in quel libro chiama coloro che credono nella Trinità, Trinitari e Atei.

chiama questa Trinità un diavolo e un mostro a tre teste.

contro il vero fondamento della religione Cristiana e bestemmiando detestabilmente contro il Figlio di Dio, ha detto Gesù Cristo non essere Figlio di Dio dall'eternità, ma solo dopo la sua incarnazione.

contro quel che dice la Scrittura, Gesù Cristo essere figlio di David secondo la carne, egli lo nega, dicendo essere creato dalla sostanza di Dio Padre, avendo ricevuto tre elementi di questi e uno soltanto dalla Vergine, con cui perversamente egli pretende di abolire la vera e intera umanità del nostro Signore Gesù Cristo, sovrana consolazione del povero genere umano.

dice che il battesimo dei bambini non è che una invenzione diabolica e una stregoneria.

Item, di molti altri punti e articoli e di esecrabili bestemmie è tutto infarcito il libro da lui intitolato maliziosamente Restitution du Christianisme, per meglio sedurre e ingannare i poveri ignoranti.

Item, ha confessato volontariamente che a causa di questo perfido e abominevole libro fu imprigionato a Vienne, riuscendo però a fuggire.

Item, ciò nonostante, stando qui in prigione, non ha smesso di persistere maliziosamente nei suoi perfidi e detestabili errori, cercando di sostenerli con ingiurie e calunnie contro i veri cristiani e i fedeli detentori della pura immacolata religione cristiana, chiamandoli Trinitari, Atei e stregoni, nonostante le rimostranze fattegli da lungo tempo, come detto, in Germania e, a dispetto dei rimproveri, prigionie e correzioni fattegli qui e altrove, come più ampiamente e a lungo è contenuto nel suo processo.

Noi, sindaci e giudici delle cause criminali di questa città, avendo visto il processo fatto e formato davanti a noi, a istanza del nostro luogotenente istante in detta causa, contro di te, Michel Servet, di Villeneuve nel regno di Aragona, per le volontarie confessioni fatte nelle nostre mani e più volte reiterate, e per i libri davanti a noi prodotti, giudichiamo che tu, Servet, hai lungamente prodotto dottrine false e pienamente eretiche e, trascurando ogni rimostranza e correzione, hai con maliziosa e perversa ostinazione perseverato a seminare e divulgare, fin con la stampa di libri pubblici, contro Dio Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, in breve, contro i veri fondamenti della religione cristiana, e per questo hai cercato di fare uno scisma e turbato la Chiesa di Dio, molte anime delle quali hanno potuto essere rovinate e perdute; cosa orribile e spaventosa, scandalosa e infettante, e non hai avuto vergogna e orrore di innalzarti contro la Maestà divina e la Santa Trinità, e ti sei impegnato con ostinazione a infestare il mondo delle tue eresie e del tuo fetido veleno ereticale. Crimine d'eresia grave e detestabile che merita una grave punizione corporale. Perciò, desiderantdo purgare la Chiesa di Dio di una tale infezione e troncare un tale membro putrido, con la partecipazione del consiglio dei nostri cittadini e avendo invocato il nome di Dio, per giusto giuramento, insediati a tribunale e avendo Dio e le Sante Scritture davanti agli occhi, diciamo:
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, con questa solenne e definitiva sentenza, che noi diamo qui per iscritto, Tu, Michel Servet, noi condanniamo a essere legato e condotto nel luogo di Champel e là essere attaccato a un palo e a bruciare vivo con il tuo libro, scritto di tua mano e stampato, fino a che il tuo corpo non sia ridotto in cenere e finire così i tuoi giorni per dare esempio agli altri che volessero commettere tali fatti e a voi, nostro luogotenente, comandiamo che la nostra presente sentenza sia eseguita »
 
(In E. H. Alban, cit.)

Il giorno dopo Serveto fu condotto sul luogo dell'esecuzione, accompagnato dal pastore di Neuchatel, Guglielmo Farel, che invano cercò di ottenere da lui la ritrattazione delle sue opinioni. Fu incatenato al palo, il suo libro gli fu legato a una gamba e sulla testa gli misero una corona di foglie bagnate nello zolfo. Alla prima vampata del fuoco, non riuscì a trattenere un urlo di orrore, gridando: «Gesù, figlio del Dio eterno, abbi pietà di me!». Mezz'ora dopo spirò.


Fonte:


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