sabato 19 ottobre 2013

Dmanisi. Nuovo duro colpo all'"evoluzionismo". Scoperta recente: "Veniamo da una sola specie"

Che la teoria darwiniana dell'evoluzione fosse ridotta molto male sul piano scientifico era cosa nota da tempo. Ora una nuova scoperta pare smantellare ulteriormente l'"albero genealogico" che viene insegnato in tutte le scuole. Riferisce Corriere.it:
 
evoluzionismo
 
[...] Se finora si pensava che dopo la divergenza dagli Australopiteci e la comparsa del genere Homo (circa 2,5 milioni di anni fa), si fossero succedute tante specie diverse, tutte estinte tranne Homo sapiens, oggi ci si rende conto che non è in questo modo che deve essere letta la documentazione fossile: in realtà vi sarebbe stata una sola specie nelle prime fasi del percorso evolutivo dell’uomo. Anche se «sono necessari ulteriori studi per confermare l’ipotesi, in base alla nostra scoperta quelle che finora erano considerate specie diverse sarebbero invece gruppi con caratteristiche morfologiche simili», scrivono i paleontologi del Museo Nazionale Georgiano a Tbilisi, autori della scoperta.
Prima della scoperta dell’ominide di Dmanisi si pensava che la più antica specie del genere Homo fosse l’Homo rudolfensis, vissuto tra 2,4 e 1,9 milioni di anni fa. La specie successiva sarebbe stata l’Homo habilis da cui si sarebbe evoluto l’Homo ergaster, comparso circa 1,8 milioni di anni fa. Discendente dall’Homo ergaster sarebbe stato l’Homo erectus, presto diffuso anche un Eurasia. Contemporaneo alle ultime fasi dell’Homo erectus sarebbe stato (in Europa) l’Homo heidelbergensis, da cui sarebbero discesi i Neanderthal, vissuti tra 300.000 e 30.000 mila anni fa in Europa, Vicino e Medio Oriente e Asia occidentale. L’uomo anatomicamente moderno, ossia l’Homo sapiens, è comparso invece in Africa intorno a 200.000 anni fa e, circa 40.000 anni fa ha fatto il suo ingresso in Europa.
Ma adesso la scoperta del nuovo ominide spazza via questo complesso `cespuglio´ genealogico. «Alla luce delle nuove scoperte; spiega il paleontologo Lorenzo Rook, dell’università di Firenze; sembra che tutte le differenze morfologiche notate in questi ominidi sarebbero in realtà l’evidenza della normale variabilità biologica all’interno di una singola specie, dovuta ad adattamenti ambientali o alla semplice variabilità genetica». [...]