martedì 22 ottobre 2013

R.P. Raffaele Ballerini d.C.d.G.: I clericali secondo i Liberali.

 
La Civiltà Cattolica anno XXVI, serie IX, vol. VIII (fasc. 607, 20 sett. 1875), Firenze 1875 pag. 5-20.

R.P. Raffaele Ballerini d.C.d.G.

I CLERICALI SECONDO I LIBERALI

I.

Non è meraviglia che, nel regno babelico dell'odierna civiltà massonica, la confusione del linguaggio vada di paro con lo scompiglio delle cose, ed allo sconvolgimento d'ogni ordine di giustizia corrisponda pur quello del vocabolario. Proprietas verborum veritas rerum, scrisse già Tertulliano: ond'è ben naturale che la massoneria, odiatrice implacabile della verità, cerchi distruggerla falsificando il valore dei termini che la esprimono. E chi volesse tessere il catalogo delle falsificazioni, dalla civiltà moderna introdotte nel parlare comune, dovrebbe compilare un bel libro. Ora, massimamente fra le persone che pretendono appartenere a quella che chiamano classe dirigente, non si usa più la pura e schietta lingua dei padri nostri; ma un cotal gergo di convenzione, che facilmente si accomoda ai varii gusti e più facilmente ancora ingarbuglia i cervelli della classe, la quale si suppone diretta, ossia pensante colla testa altrui e parlante coll'altrui lingua. Codesto gergo è un miscuglio di vocaboli e di frasi che non hanno più il senso antico, se sono di lega vecchia, e non ne hanno alcuno chiaramente intelligibile, se sono di nuova lega.
Tra questi ultimi va compreso il vocabolo di clericale, con tutti i suoi derivati, uscito un venti anni fa dalla zecca massonica del Belgio e divenuto oggidì moneta corrente in tutti i paesi d'Europa, cogli affini di gesuita e di oltramontano, a cui il sig. Gladstone ha aggiunto quest'anno l'altro di vaticanista; e si spendono come equivalenti in natura e sinonimi, nel dizionario del liberalismo.
Ed è mirabil cosa vedere i nostri liberali italiani, colla bocca sempre piena d'indipendenza e di nazionalità, piegar la cervice a tutti i capricci filologici dei massoni stranieri, e dar la cittadinanza ai barbarismi loro, con quell'umile riconoscenza con cui ne accettarono già gli aiuti e i patrocinii, che li hanno fatti arrivare dove or sono. Così, verbigrazia, i giornalisti che vanno per la maggiore, e gli oratori politici nelle assemblee, vi sfolgorano gli oltramontani, con un'eloquenza che sente sempre tra del Demostene e del Pulcinella non sapete qual più; e questi magni viri dell'italianità risorta non si accorgono, che, per chi abita in Italia, oltramontani non possono essere che i Tedeschi o i Francesi; e parlare fra noi di oltramontani d'Italia, è come parlare d'Italiani oltroceanici: anzi neppur si avvedono che questo termine di oltramontano fu inventato nella Francia, per designare i cristiani ossequiosi e fedeli alla Chiesa cattolica, che ha il suo centro nella Penisola italica; onde se nulla significa, significa italiano. Ma chi, dei liberali nostri, bada a queste sottigliezze? L'utile della setta sta innanzi alla logica, alla grammatica e perfino al buon senso. La massoneria usa con pro questo vocabolo da per tutto: dunque deve usarsi ancora in Italia. Il buon senso storico e naturale deve cedere agl'interessi della civiltà.
Ma torniamo al soggetto nostro, e investighiamo il senso proprio della parola clericale, trasmessa dai veri oltramontani ai nostri liberali.
Non vi ha dubbio che questo vocabolo, nell'animo di chi l'adopera, ha un senso odioso; giacchè osserviamo che le fazioni liberalesche se lo gittano in faccia l'una l'altra; ed uniti insieme lo scagliano, per contumelia, addosso chiunque non è dei loro. Per sè, il termine clericale dovrebbe valere uomo addetto al clero, o perchè cherico, o perchè ai cherici devoto. Ma nel lessico del liberalismo gode di un più ampio significato.
Noi, da più anni, assistiamo in Italia alla tragicomica opposizione liberalesca dei così detti destri o moderati, coi così detti sinistri o democratici. Or (cosa strana!) il cavallo di battaglia di queste due partite del medesimo esercito, in guerra tra loro, è appunto il clericalismo. I sinistri accusano i destri di amori clericali, e i destri rinfacciano ai sinistri nientemeno che clericali connubii. Agli occhi, puta, dei Bertani, dei Cavallotti, dei La Porta, dei Petruccelli (questi signori, chi non lo sapesse, sono deputati sinistri, nella rotonda di Montecitorio) i Lanza, i Sella, i Minghetti, i Visconti-Venosta sono clericali manifesti: ed agli occhi di questi signori, tutti ex-ministri o ministri, i suddetti deputati, coi loro socii, sono occulti clericali. Ed il giornalismo delle due parti si affanna e si scalda a provare od a negare contraddittoriamente il sì ed il no, il no ed il sì, con un così grave sussiego, che è un sollazzo de' più giocondi, che le scene politiche della nuova Italia offrano a' suoi ammiratori.
Mentre scriviamo, non sono ancora cessate le accuse e le giustificazioni reciproche dei destri e dei sinistri, per conto del clericalismo, che vicendevolmente si rimproverano. I soliti fogli dei moderati seguitano ancora a pubblicare la lunghissima lista dei mali che il loro partito ha fatto alla Chiesa, premendo specialmente sull'ultima impresa, degna degli eroi di Lissa e di Custozza, di aver cacciati i Vescovi, non muniti dell'exequatur, dagli episcopii in cui risiedevano: e dalla difesa passando all'offesa, sbeffeggiano ancora i sinistri, perchè i due lor colleghi, Lazzaro e Cesarò, per cortesia od amicizia personale, hanno favoriti alquanto i Vescovi di Conversano e di Girgenti. Ed i soliti fogli democratici seguitano ancora a tacciare di clericali ipocriti e traditori i moderati, perchè troppo fiacchi nell'ubbidire al Bismark, padrone comune, che vorrebbe più violenta la persecuzione al clero d'Italia; e perchè, nelle elezioni municipali, hanno ardito di far lega coi clericali, per escludere dalle urne i democratici. «Se chiedete, scriveva a questo proposito la massonica Patria di Bologna [1], se chiedete l'osservanza delle leggi che reggono la materia ecclesiastica, la cricca grida che siete mangiapreti. Se nel farla osservare v'interponete perchè si usi una qualche larghezza, diventate apostati. Questa è una guerra a coltello, la quale deve riempire di gioia soprattutto i clericali, a cui non deve sembrar vero, che la parte liberale si laceri per tale guisa e si demolisca nella pubblica opinione.» La cosa è proprio burlesca; e se non fosse che si tratta di novelli crocifissori di Cristo, i quali si bisticcian fra loro e fanno a chi lo spoglia e tormenta di più, sarebbe da riderne saporitamente.
Abbiam detto che, pel vocabolario massonico, la voce clericale è sinonima di gesuita, di oltramontano, nel senso gallico, e di vaticanista, nel nuovo senso dato a questa voce dal Gladstone. Questa sinonimia basterebbe da sè a farci comprendere quello che i liberali propriamente intendono, quando danno altrui del clericale, o bestemmiano il clericalismo. Tuttavolta lo studio che abbiamo fatto sopra gli scritti dei liberali e dei massoni d'ogni grado e colore, ci ha aiutati a scoprir bene i caratteri fissi, che determinano la qualità del clericale rispetto alla massoneria; o se piace meglio, i costitutivi essenziali del clericalismo. E noi, senza venire ad inutili citazioni, li esporremo qui alla semplice e poi vi discorrerem sopra un poco, a lode e onore della santa verità.

II.

Al giudizio della massoneria dirigente e del liberalismo ragionante, vero clericale è ogni cristiano che professi la fede e la legge di Gesù Cristo, in comunione e sotto l'obbedienza del suo Vicario in terra, il Pontefice romano. Questa, come ognun vede, è la definizione del cristiano cattolico, giusta la formola elementare del catechismo. Ma attesochè, ai nostri giorni, la comunione col Vicario di Gesù Cristo e l'ubbidienza all'autorità, che egli tiene immediatamente da Dio, si manifestano in ispecial guisa riconoscendo le prerogative di cui Gesù Cristo lo ha dotato, aderendo a' suoi insegnamenti e propugnando la indipendenza sua da ogni mondano potere; per ciò il formale costitutivo del cristiano cattolico, o del clericale perfetto, agli occhi della massoneria, oggidì si ristringe in queste tre condizioni: 1° Credere al magistero infallibile del romano Pontefice, nelle cose risguardanti la fede e la morale, ed al suo primato di onore e di giurisdizione, conforme è stato definito dal Concilio Vaticano: 2° Accettare le dottrine del Sillabo, promulgato dal Santo Padre Pio IX, e delle sue encicliche ed allocuzioni, come altresì tutti gli altri atti dottrinali de' suoi predecessori; e non solo accettarli nella teorica, ma nella pratica della vita pubblica e privata, civile e domestica: 3° Sostenere e difendere, nei limiti del possibile, la necessità, pel Sommo Pontefice, del Principato temporale, quale guarentigia unica, tra le umane, d'indipendenza nell'esercizio dell'apostolico e supremo suo ministero.
Chiunque, in un modo o in un altro, dichiara di attenersi a queste verità, nel tribunale della massoneria e del liberalismo, è giudicato clericale irreconciliabile, clericale intransigente, clericale fanatico; cioè dire, vero cristiano, cattolico, apostolico e romano. Di qui gli altri aggiunti d'infallibilista, di sillabista e di temporalista, de' quali il liberalismo scrivente e parlante è stato ed è così prodigo verso i cattolici di questa tempera; co' quali aggiunti ha sempre meglio mostrato, che l'essenza del clericalismo, per esso, è proprio nell'intera comunione col Papa e nella intima soggezione all'autorità sua divina. Di qui ancora la sinonimia di gesuitismo, di oltramontanismo e di vaticanismo colla parola clericalismo, che è ammessa e ricevuta nell'odierno dizionario massonico; giacchè tutti questi bei nomignoli hanno l'identico valore di pretto e schietto cattolicismo. Onde, con ogni sicurezza e per filo di dialettica la più rigorosa, si può stabilire questa equazione: Clericale = Gesuita = Oltramontano = Vaticanista = Cattolico.
Secondochè abbiam avvisato, non ci vogliam perdere a provare con citazioni quello che asseriamo: stantechè queste conclusioni nostre, frutto di lunga e giornaliera consuetudine coi parti dello spirito massonico e liberalesco, sono ovvie abbastanza a tutti coloro che usano un poco col giornalismo e trattano col mondo.
Vero è che molti soglion prendere la denominazione di clericale, come specificante quei cattolici che sono più operosi e militano, congregati insieme anche politicamente, a pro della Chiesa. Ma questo non pregiudica al detto da noi; stando sempre fermo che questi cattolici, formanti partito costituzionalmente attivo, come accade nel Belgio, nell'Olanda, nell'Inghilterra, nella Prussia, Della Baviera ed altrove, in tanto godono il titolo di clericali, in quanto sono e si dimostrano pienamente cattolici, nelle forme sopra indicate. Di fatto gli altri, che più o meno se ne scostano, se non altro nelle apparenze, si designano e son designati col modificativo di cattolici liberali, che per certo, nè teologicamente, nè filosoficamente, è sinonimo di clericale.
Nè men vero è che la plebe ed il marame della massoneria e del liberalismo appiccano del clericale a chi che sia, purchè pratichi talora un atto di religione, o non minacci ogni giorno di volere strozzar tutti i preti dell'orbe terracqueo. Codesti però sono idiotismi, tollerati ed anche favoriti dai massoni e liberali dirigenti, perchè utili a propagare lo spregio ed a tener acceso l'odio contro ogni ombra, ancorchè lievissima, di osservanza cristiana: ma essi non fanno regola in politica, come gl'idiotismi del linguaggio non fanno regola in grammatica. Si sa che da per tutto la marmaglia è zotica ed intemperante; e, più che altrove, nelle basse logge massoniche, ove le lingue, le penne e il coltello si aguzzano, per apparecchio alle battaglie dell'avvenire.
Al più al più, certa gente, a cui qualche plebeo massone (in massoneria vi ha plebei d'ogni titolo e qualità, conti, marchesi, dottori, avvocati ed anche principi regnanti) dà del clericale e che appena merita del cristiano, potrà passare per non settaria. Così saranno alcuni che, per esempio, vanno alla messa i giorni di festa, benchè poi abbiano avuta notoriamente la mano nell'esautorazione del Papa da' suoi Stati; abbian dato, nei consigli municipali o provinciali, il loro suffragio a disposizioni sacrileghe o scandalose; ed abbiano ancora, se piace a Dio, impinguato il patrimonio domestico, con roba di Chiesa male acquistata. Così saranno altri scrittori di libri o di giornali, o lettori di pubblici discorsi, che, verbigrazia, non vituperano il Papa ed il clero, o disapprovano la guerra bestiale che in Prussia si fa al cattolicismo; sebbene, nei loro scritti e discorsi, approvino tutto l'operatosi in Italia, per farla, non eccettuata la breccia della Porta Pia e la reclusione del Vicario di Cristo nel Vaticano. Costoro e i loro simili non saranno settarii, se volete; saranno pure in qualche parte cristiani e in qualche altra un po' cattolici: ma da questo essere all'essere di clericali, corre anche tanta distanza, quanta dal codice di Confucio al codice del Vangelo. L'andare alla messa i dì festivi e l'astenersi dal vilipendere colla stampa il Papa ed il clero, sono certamente cose buone e debite per ogni fedel cristiano; ma sono pur conciliabili con un cristianesimo più di nome che di fatto: e se alcunchè aggiungono al liberale che le osserva, si è quella che si usa chiamare inconseguenza della vita, quando non è maschera di fina ipocrisia.
Nulla poi diremo del titolo di clericale, che i liberali delle avverse fazioni, in rotta fra loro, sogliono barattarsi. Nella bocca di essi questo vocabolo, così adoperato, o suona mera ingiuria, come presso i Turchi quello di cristiano; od è artifizio di guerra per iscreditarsi a vicenda, sapendosi che la massoneria è divisa nelle due parti ostili di semplicemente liberale e di radicale, che si accaneggiano in tutti i modi e si litigano il governo degli Stati; o serve d'incitamento scambievole a malmenare sempre peggio la Chiesa: chè i liberali governanti amano di parere costretti, dall'opinione pubblica dei fratelli, a progredire di eccesso in eccesso ai danni del cattolicismo, la cui impossibile distruzione è fine ultimo della setta.
Rimane pertanto accertato che la parola clericale, secondochè si usa ora dal massonismo, non significa altro che cattolico veramente e propriamente detto, ossia cattolico in tutta la estensione formale di questo vocabolo.

III.

Si domanderà: — Per quali ragioni la, massoneria è andata ad almanaccare un così strano aggettivo, in sostituzione di quello sì limpido e sì usitato di cattolico?
Per più ragioni, risponderemo noi. In un documento autentico, de' suoi capi, da noi, poco fa pubblicato, sì asserisce rotondamente, che lo scopo finale della massoneria è quello del Voltaire; cioè «l'annichilamento completo del cattolicismo e perfino dell'idea cristiana [2]». L'infernale spirito del Voltaire, che l'anima e la possiede, le suggerisce eziandio sempre nuove arti di rendere, in quanto può, spregevole e ridicola la professione cattolica. Involgendo però in un medesimo termine di scherno i laici e gli ecclesiastici, la loro fede, i loro principii morali, e rappresentando i laici cattolici di qualsiasi condizione come opposti alla civiltà, in ossequio al clero, la setta ha creduto di aver trovata l'arma infallibile per romperne l'unità, stremarne il coraggio e conquiderne gli animi. E non si può negare che il rispetto umano di molti deboli e pusilli, segnatamente al cominciare della odierna guerra apertamente religiosa tra cattolici e liberali, crebbe le speranze ora infiacchite della massoneria nella vittoria.
Inoltre la prudenza vietava, sopra tutto nei paesi cattolici, di prendersela direttamente col cattolicismo e d'infamarlo alla scapestrata. Ciò avrebbe generato scandalo: i semplici non sarebber caduti nel laccio: gli esitanti si sarebbero dichiarati per la religione del proprio paese. Conveniva dunque studiare un modo di assalire il cattolicismo, senza parere; e questo la setta pensò di aver trovato, creando il clericalismo, sotto il cui involucro, reso da lei odiosissimo, occultò il cattolicismo; come prima aveva, in Francia ed in Italia, creato il mostro favoloso del gesuitismo, per battere in esso il vero cattolicismo, che intendeva sotto quello celato. È sempre la vieta astuzia di illudere mutando il nome alle cose, che la setta ha imparata da Satana padre suo, il quale la mise già in opera la prima volta in questo mondo sotto l'albero famoso dell'Eden.
Di più, l'astuzia serviva all'effetto d'imbrogliare il volgo degl'ignoranti, che è sì grande, in materia religiosa. Col fingere di mettere una distinzione tra i cattolici ed i clericali, s'induceva in questo volgo la opinione, che tra gli uni e gli altri fosse eziandio diversità; e quindi si potesse rimaner cattolico, senz'essere clericale. Ma siccome l'essenza del clericalismo si vedeva riposta sempre dai liberali nell'affetto, nell'adesione e nella soggezione al Capo della Chiesa; perciò in questo volgo si veniva ad ingerire la persuasione, che ad esser cattolico non fosse poi necessario aderire al Papa e dargli retta, conforme facevano i clericali. Nel che propriamente consisteva l'insidia tesa maliziosamente dalla massoneria ai cattolici, e la ragione potissima del vocabolo trovato.
Finalmente la setta aveva in mira di rendere il cattolicismo pauroso ai cattolici, con mostrarlo, sotto nome di clericalismo, inconciliabile coll'amore di patria e coi doveri di buon cittadino. Il clericalismo di fatto si è dipinto, e costantemente si dipinge da essa, qual nemico acerrimo ed implacabile della libertà e della civiltà, che regna nei paesi ov'essa predomina e governa. In Italia tutti i liberali predicano da mane a sera, che la patria libera e l'opera miracolosa del loro Regno non hanno altri nemici, che i clericali. In Francia tutto il liberalismo radicale grida la croce addosso ai clericali, giurati nemici di quella felicità, che la loro Repubblica deve recare alla patria. Nel Belgio i frammassoni si dimenano del continuo, per atterrare la potenza dei clericali, unico impedimento che abbia la patria, ad essere prospera ed onorata. Nella Germania tutto il liberalismo massonico batte le mani e lecca le zampe al Bismark, perchè ha posto fuor delle leggi i clericali, nemici indomabili del patrio Impero. Nella Spagna il liberalismo fa guerra di esterminio, col ferro e col fuoco, ai clericali carlisti, perchè nemici fierissimi della patria costituita dai pronunciamienti. E così è da per tutto. Con un accordo mirabile, che scopre l'unità dei propositi, in ogni paese il liberalismo perseguita i clericali, col pretesto che ben patrio, civiltà, nazionalità e libertà non posson sussistere, finchè questi loro eterni avversarii respirano l'aria e veggon la luce del nostro pianeta. L'antico christiani ad bestias, che i pagani dei Neroni e degli Eliogabali urlavano nei circhi e negli anfiteatri, si urla ora dai massoni d'ogni terra, nei parlamenti e nei conciliaboli della setta. Dal che si ripromettono, che i cattolici finiranno un bel giorno col risolversi a rinnegare la fede, per non rinnegare la patria.

IV.

Da questa esposizione di cose, tutte storiche ed appoggiate sul fatto, scendono alcune conseguenze pratiche, le quali, per amore della verità, non possiam trasandare.
Sopra ogni altra, spicca quella della contraddizione inconciliabile fra il cattolicismo ed il liberalismo, che noi usiamo per sinonimo di massoneria, non perchè ogni liberale sia frammassone, ma perchè il liberalismo forma il sistema religioso, morale, politico e sociale della massoneria; e se per accidens non ogni liberale è materialmente frammassone, ogni frammassone è nondimeno liberale: di modo che può affermarsi con tutta certezza, che ogni liberale, se non appartiene al corpo, appartiene però allo spirito della massoneria. Or la contraddizione di principii e d'intendimenti tra il cattolicismo ed il liberalismo appare così manifesta, che non si sa capire come s'incontrino cattolici, che non vogliono esser clericali, ma voglion essere liberali, pur pretendendo di restare cattolici.
Messi in disparte i veli menzogneri e i belletti ingannatori, e chiamando le cose coi loro nomi, il punto della questione si riduce a questi termini: che il cattolico non può esser cattolico, separato dal Capo della Chiesa, od a lui contumace; ed il liberale non può esser liberale, unito al Capo della Chiesa, od a lui ubbidiente. Il Pontefice supremo ha condannato il liberalismo in tutte le sue forme; ed il liberalismo è ribelle a queste condanne e giustifica la propria ribellione, negando al Vicario di Cristo le prerogative, di cui Cristo medesimo lo ha ornato.
Nè giova il ricorrere a temperamenti ed a sotterfugii, e rinnovare le distinzioni sofistiche e le sottigliezze dei giansenisti. Mezzo cattolico non si può essere. O tutto, o niente. Il detto del Signore: Qui non est mecum, contra me est, non si cancella. La verità di Dio non è tale, che si possa accettare per metà, e per metà ripudiare. O cattolico col Concilio vaticano, col Papa, col suo Sillabo e colle sue Encicliche; o liberale col credo e col sillabo della massoneria. Chi non vuol essere clericale, nel senso dato a questa parola dal liberalismo, non vuole nemmen esser cattolico. Non ci è via di mezzo: e chi sogna di averla trovata, gabba se stesso e tradisce l'anima sua.
Intorno a che stimiamo che gli scrittori e gli oratori clericali, ossia veramente cattolici, debban premere tanto più in questi giorni, quanto che il così detto liberalismo cattolico, stretto dalla logica e dalla coscienza fra l'uscio e il muro, cerca ora una scappatoia, aggrappandosi al valore dommatico del Sillabo e tentando di sminuirne l'autorità, con trasformarlo quasi in un documento anonimo, o in un catalogo di tesi, per esercizio di studii teologici [3]. [Si legga attentamente la nota 3 e si veda anche questa serie di articoli successivi. N.d.R.]
La malizia dunque della frammassoneria di mutar nome al cattolicismo, per impugnarlo con maggiore perfidia, conferma sempre meglio e fa più lucida la incompossibilità di conciliare insieme il suo sistema, con quello della Chiesa cattolica, apostolica e romana.
Una seconda conseguenza è che, all'età nostra, la pietra infallibile di paragone, per discernere il cattolico vero dal falso, sta nell'adesione franca ed intera a Gesù Cristo, vivente nella persona del suo Vicario in terra. Sempre fu e sarà di fede, che ubi Petrus ibi Eeclesia, ov'è Pietro ivi è la Chiesa; e chi non è con Pietro, non è nella Chiesa. Ma oggidì l'oppugnazione liberalesca del cattolicismo avendo per iscopo il centro stesso dell'unità sua, che è Pietro, ossia il Papa, conviene altresì che ogni cattolico, schiettamente tale, mostri la sua professione, con aderire in modo più aperto a questo centro e con prenderne in quel che può le difese.
Che la moderna guerra di Satana alla Chiesa di Gesù Cristo abbia per istrumento il liberalismo massonico e per oggetto precipuo il Vicariato di esso Cristo, che bramerebbe di abolire nel mondo, è verità la quale si tocca colle mani. In ogni luogo, ove Iddio, pe' suoi fini, gli permette di prevalere a tempo, egli muove col suo spirito la falange sua e sempre la istiga a fare le medesime leggi, a commettere i medesimi sacrilegii, a tentare i medesimi scismi. Da per tutto lo sforzo suo supremo è volto a rompere l'unità gerarchica del clero ed a scindere l'unità della fede nei laici; questi e quello studiandosi di separare dal romano Pontefice. Nè il sistema del liberalismo, da lui ispirato alla sua gran setta, è altro che una perpetua congiura contro il Papato; congiura religiosa, congiura politica, congiura morale. Sotto specie di civiltà, egli per tutto suggerisce di mettere il Papato al bando delle nazioni, per istaccar le nazioni dal Papato.
Dall'altro canto noi osserviamo che lo spirito di Dio, a scorno di tanta audacia, ha suscitato e rinvigorisce nel cattolicismo un ardente affetto e una devozione meravigliosa verso il Papato; il quale non mai fu più obbedito, amato e glorificato dai popoli credenti, come in questi giorni, nei quali la setta sperava di vederlo bell'e sepolto entro l'abisso degli odii e delle universali maledizioni, che si è affaticata di scavargli intorno. Per lo che, a secondare i disegni di Dio, fa di mestieri che i cattolici sempre più s'infervorino nell'amore al Papa e si gloriino di venerarlo, di ascoltarlo e di soccorrerlo, con quella viva fede che dai presenti bisogni è richiesta.
E questa dev'essere gran parte dell'apostolato di tutti coloro, che, o per ufficio, o per zelo, s'ingegnano di promovere gl'incrementi del cattolicismo: stringere i cattolici col Papa, c dar loro a conoscere, che Gesù Cristo non è altrove che col Papa e nel Papa; e che chi sta cattolicamente col Papa, sta con Gesù Cristo; e più uno dal Papa si scosta e più da Gesù Cristo si allontana; essendo il Papa non altro che il dolce Cristo in terra, come sempre denominavalo nelle sue lettere la sublime Caterina da Siena. Colla voce, cogli scritti, coi consigli, coll'esempio debbono adunque fare dirittamente l'opposto di quello che fa la massoneria, per mezzo de' suoi proseliti: concentrare nel Papato tutta la difesa della causa cattolica, come nel Papato i massoni vi concentrano tutta l'offesa: provare, colla divozione a Cristo in terra, la devozione che hanno a Cristo in cielo. Nè si sgomentino per la fierezza e diuturnità della guerra. La vittoria ci è assicurata: ma Dio vuole che sia prezzo di poderose battaglie. Si persuadano, e lo credano come se lo vedessero, che la immane persecuzione di oggi al Papato, è preparazione magnifica ad un suo splendidissimo trionfo per domani. Siamo veri clericali, non meno nell'operosità pel presente, che nella fede e nella speranza per l'avvenire: invitti nell'operare e invincibili nello sperare.
Un'ultima conseguenza è, che i cattolici non si hanno da lasciar impaurire da questo nomignolo di clericale: e giacchè il liberalismo lo ha inventato per designare il cattolico tutto di un pezzo, essi perciò debbon riceverlo, dalla bocca e dalla penna dei liberali, come un onore. Vi sono troppi cattolici, buoni per altro e schietti, che hanno la debolezza di temere quest'appellativo e di arrossirne. Timore puerile e frivolo rossore! Noi non diciamo che i cattolici si abbiano a dar fra loro del clericale, come lo dan loro i massoni. Ciò disconviene, non avendo essi ragione alcuna di cambiare l'antico, classico e canonico vocabolo di cattolico, coll'altro, nuovo, plateale e settario. Ed a noi, per parte nostra, sembra di molto ridicolo il vezzo della Rivista universale, che, pur protestandosi cattolica, tratta il giornalismo cattolico di clericale. Ciò è indizio che il suo cattolicismo zoppica da un piede: e di fatto si dice cattolica liberale, cioè cattolica colla gruccia; e per questo è guardata con occhio simpatico dalla setta [4]. Ma se disdice che i cattolici si appropriino questo termine massonico e l'usino tra di loro, si addice molto bene ad essi accoglierlo con piacere, quando è loro appiccato dagli avversarii, quasi termine di disprezzo. Posta la identità del senso di cattolico con quello di clericale, ogni cattolico dee gloriarsi di meritar questo titolo dai massoni; e con serena fronte rispondere: — Sì, son clericale, perchè cattolico col Papa, e me ne vanto. Non erubesco Evangelium.

V.

— Ottimamente, soggiungerà qualcuno: finchè si tratta di religione, le son parole d'oro. Ma in materia politica e civile, bisogna pur concedere, che il sentirsi dare un nome equivalente a nemico della patria e del ben pubblico, non è niente bello. Or tanto suona il nome di clericale, appiccato al cattolico; e voi stessi l'avete confessato dianzi.
Sia pure così, rispondiamo noi, e si conceda che il complimento non è bello davvero. Ma che fa ciò al cristiano, il quale dev'esser parato a mantenere la sua professione, ne vada anche la vita, non che l'onore mondano? Allorchè la coscienza richiede un sacrifizio, il cristiano lo fa e non lo pesa. Del resto qual è la professione, non diciamo religiosa, ma politica di qualsiasi partito, che non esponga alle invidie, ai vituperii ed alle calunnie dei contrarii? Si osservino i liberali, concordi sostanzialmente nel fine ultimo di abbattere la Chiesa cattolica, ma così discordi di animi, di parti, d'interessi e di cupidige. Si considerino le ingiurie che l'una fazione scaglia contro l'altra avversa: come si smascherano pubblicamente, come si accusano, come si scambiano gentilmente gli epiteti di ladri, di venali, di traditori, di impostori, di assassini della patria, di adoratori di sè medesimi e perfin di clericali. Eppure qual di loro si lagna di professarsi quello che è, o ne mostra vergogna? Il moderato mena vampo della sua moderazione e ride del radicale, quando gli dà pel capo del ruinatore del paese, o del servo di questo o quello straniero: ed il radicale, o democratico, o socialista va superbo della sua rossa bandiera e non degna d'uno spregio il moderato, che lo taccia di sovvertitore della patria, di malefico alle istituzioni liberali, di pernizioso alla civile società. Or perchè solo il cattolico avrebbe da risentirsi dell'ingiuria sottintesa nell'aggiunto di clericale, onde i liberali lo fregiano, e dolersi quasi della sua professione, che tali carezze gli attira sopra, dalla parte degli avversarii della sua fede e del suo culto?
Adunque ci sembra chiaro che, da questo lato, il cattolico si trova nelle condizioni medesime che il liberale: giacchè non essendovi alcun liberale che non sia legato, o di fatto o di idee, con uno dei varii partiti del liberalismo, nemmeno ve n'è alcuno, che non si oda dai contradittori malmenato, come i liberali in genere malmenano i cattolici. I titoli di nemico della patria, di retrogrado, di odiatore della civiltà, di cospiratore contro la libertà, son comuni a tutti: con questo però, che mai non udirete un liberale, non ubbriaco o pazzo, dire dei clericali che dissanguano il paese, che mangian vivo il popolo, che vendono la coscienza, che rubano il denaro pubblico, che mentiscono alla nazione, che spergiurano, che tiranneggiano, che proculcano la giustizia. Codeste gentilezze si ripetono e si stampano nel campo liberalesco, ma non vanno mai dirette ordinariamente ai profani. Sono cerimonie fraterne, che i liberali si usan tra loro. Ond'è che, per questo verso, il cattolico, con tutto il peso delle odiosità rinchiuse nell'addiettivo di clericale che porta, sta molto meglio e può camminare assai più speditamente che qualunque siasi liberale.
Senza che, ogni ingiuria vale quel che significa nella bocca di chi la dice. Che significa, nella bocca dei liberali, esser nemico della patria, della libertà, della civiltà e del pubblico bene? Codeste son cose relative. Nella bocca del moderato hanno un senso; nella bocca del demagogo un altro; nella bocca del comunista un altro. Che gran male e che gran disonore è egli mai, comparire, per grazia d'esempio, in Francia, nella Spagna, nell'Italia, nemico di quella patria, che i dottrinarii hanno resa così prospera e beata! Comparire nemico della libertà, che fruttò alla Francia le stragi del 1793, alla Spagna i macelli del 1834 ed all'Italia le delizie della repubblica mazziniana del 1849! Comparire nemico della civiltà, che autorizza la bestemmia e il meretricio e, passando dai latrocinii legali dei moderati, scende, grado per grado, fino ai saccheggi ed agl'incendii dei comunisti di Parigi e dell'Andalusia! Chi non sa che il liberalismo, fuorchè nell'odio alla fede e alla Chiesa di Gesù Cristo, non s'intende più in nulla, neppure con sè medesimo? Chi ignora che, nella grande setta massonica, vi sono tante patrie, tante libertà, tante civiltà, tutte moderne, quante fazioni brulicano nella sua putredine? Chi ha bisogno d'imparare, che la patria dei moderati non è la patria dei democratici; che la libertà del Minghetti non è la libertà del Garibaldi; che la civiltà dei liberali monarchici non è la civiltà dei petrolieri?
Ma dunque a che, per vita vostra, rammaricarvi, o cattolico pusillanime, d'esser accusato per nemico di queste contraddizioni, quasi che il nimicarle sia un'onta e non anzi un pregio d'uomo savio, libero e intelligente? Forsechè non sanno tutti che i frammassoni accusano il cattolicismo ed i cattolici di ostili alla loro civiltà, perchè mettono per fondamento d'ogni civiltà l'osservanza verso la Chiesa, dai liberali ripudiata quale principio di schiavitù? Forsechè non sanno tutti che la guerra tra clericali e liberali non è altro che guerra religiosa, e la politica e la patria e la libertà e la civiltà non ne sono che il pretesto? Forsechè non sanno tutti che, nella realtà delle cose, il vero clericale è onesto, probo, morigerato, mantenitor di parola, buon cittadino, promotore d'ogni bene, sostenitore dell'ordine pubblico? Forsechè i liberali stessi non ridono sotto i baffi delle enormità che appongono ai clericali, che essi, dentro l'animo, apprezzano più che tutti i liberali del mondo?
Bando perciò agli spauracchi. Il cattolico dei nostri giorni in niun modo ha da tenersi disonorato del nome di clericale, giusta il valore che gli dà il liberalismo nell'imporglielo. Nè religiosamente; nè civilmente dee arrossirne; perocchè, al cospetto di Dio e degli uomini e nell'estimazione dei credenti e dei non credenti, questo nome di clericale è sinonimo di perfetto cattolico, secondo la religione e di perfetto galantuomo, secondo la civiltà.

NOTE:

[1] N° dei 28 agosto 1875.
[2] Volume VII di questa Serie, Pag. 601.
[3]  Questi singolari cattolici, per impugnare l'autorità dei Sillabo, si fondano sopra non sappiamo quali e quanti difetti della sua pubblicazione. Ma ad annullare codeste loro sofisticherie giansenistiche, basta avvertire: 1° Che il Sillabo è certamente e notoriamente un atto pontificio, ricordato, come tale, dal Santo Padre in altri suoi atti pubblici: 2° Che contiene una regola dottrinale in materia di morale e di fede: 3° Che, per ordine del Papa, fu trasmesso dal Cardinale, suo Segretario di Stato, a tutti e singoli i Vescovi dell'orbe cattolico, con lettera circolare del Cardinale medesimo: 4° Che tutto l'Episcopato ricevè il Sillabo come atto dottrinale emanante dal Papa, in quanto è Capo della Chiesa, e come tale lo pubblicò e spiegò anche ai fedeli: 5° Che tutti i veri fedeli lo accettarono con religioso ossequio, considerandolo, dietro l'esempio e l'insegnamento dei Vescovi e del clero, come atto della Santa Sede.
Poste queste verità di fatto incontrastabile, noi domandiamo, che cosa altra si desideri, per riconoscere il Sillabo come autentico in sè, autorevole e imponente ai cattolici obbligo di sottomissione. Forse alcuna delle usitate formalità, che il Santo Padre Pio IX non riputò necessarie alla promulgazione di quest'atto? Ma queste formalità in tanto si richiederebbero, in quanto la loro mancanza potrebbe far dubbia l'autenticità dell'atto. Or ciò non ha luogo nel caso presente. La lettera uniforme ed ufficiale del Cardinale Segretario di Stato a tutti e singoli i Vescovi della Chiesa, colla quale, per ordine del Papa, trasmise l'atto, ne prova l'origine autentica: e si si che il Cardinale Segretario di Stato, è uno degli organi, di cui la Santa Sede si serve, anche per la trattazione di negozii puramente ecclesiastici.
I nostri confratelli degli Études di Lione si son messi a svolgere, con molto ingegno e dottrina, questo punto del valore del Sillabo. Un tal signor Buroni, con un suo scritto, stampato nella Rivista universale (fascic. 151) è sembrato voler provocare anche noi ad entrare in questi quistione. Ma non vogliamo entrarci, almeno per ora; sì perchè la quistione ci pare chiaramente risoluta dai cinque fatti che qui indichiamo, e sì perchè non giudichiamo opportuno impegnare polemiche con questo scrittore.
[4] Veramente non sappiamo con qual diritto possa ritenere il vanto di cattolico un periodico, il quale a pagina 133 del fascicolo di febbraio di quest'anno 1875, ha osato stampare che «oggi il Papato si è separato dalla società civile, ha proclamate le dottrine più assurde, i dogmi più contrarii alla tradizione apostolica, e sostituito al fecondo concetto della Chiesa, come comunità dei fedeli, l'arido ateismo della Gerarchia dominante, eretta in casta quasi oligarchica sopra il mondo cattolico». Queste sono proposizioni formalmente ereticali e scismatiche e piene di un tal veleno, contro la Santa Sede e la Chiesa di Gesù Cristo, che fanno orrore. Dicano i lettori nostri, se queste enormità non confermino il giudizio da noi e da altri dato già, come la Rivista universale, col suo liberalismo cattolico, ha saltato il fosso ed è entrata nel campo della rivoluzione massonica; giudizio che si mostra evidente per sè, nè può essere riformato da qualsiasi tribunale a cui, per difetto d'altre ragioni, le piaccia di ricorrere. Da un periodico che stampa queste belle cose, è onorevole assai, per i giornali cattolici, sentirsi chiamar clericali.