Il 3 ottobre 1839 una grande folla assiste al passaggio del primo treno in funzione nella Penisola Italiana , lungo il tratto Napoli - Portici, nel Regno delle Due Sicilie. iniziava, in Italia, la storia delle ferrovie. Già nel 1819, nel Regno delle Due Sicilie si diffondevano le prime notizie sulle strade ferrate e nascevano i primi dibattiti sull'utilità ed efficacia di queste nuove vie di comunicazione. Il discorso, che subito destò l'interesse del Re Ferdinando II di Borbone e del Ministro delle Finanze, fu temporaneamente abbandonato per poi essere ripreso più tardi nel 1836.
Nei primi dell'ottocento a Napoli vi era un clima ideale al pionierismo delle modernità; i Borbone avevano già inaugurato il primo battello a vapore in linea d'Italia (il Real Ferdinando nel 1818) ed erano riusciti con una delle prime reti italiane a collegare telegraficamente Napoli con la Sicilia; dunque al giovane Re (26 enne, sul trono da sei anni) l'idea di Bayard non dispiaceva proprio. Con decreto del 19 giugno 1836 il Re concesse al Bayard la facoltà di costruire la ferrovia, ma con alcune limitazione: i lavori avrebbero dovuto esser compiuti in sei anni, e Bayard doveva depositare 100.000 ducati, i quali sarebbero stati confiscati se in quel tempo non si fosse finita l'opera. Inoltre l'usufrutto della concessione fu limitata a soli 80 anni. L'atto tra il governo di Napoli e il Bayard fu stipulato a Parigi dal notaio M. Hailigalla Chaussèe d'Antin. Ottenuta dunque la concessione, il Bayard si pose all'opera e già due anni dopo, alla fine del mese di agosto 1838 , il primo tratto di binari era pronto da Napoli al Granatello di Portici. Le locomotive giunsero dall'Inghilterra, mentre le carrozze solide ed eleganti furono fabbricate a Napoli.
Il tracciato fu studiato dall'ingegnere Enrico Falcon. La ferrovia usciva da Napoli attraverso un varco tra due porte, una detta Nolana, l'altra della Madonna del Carmine ed attraversando il sobborgo di Santa Maria di Loreto passava sui ponti dell'Arenaccia e del Sebeto per poi proseguire verso la strada Regia delle Calabrie costeggiando, in alcuni tratti, la spiaggia. La linea, tra Napoli e Torre del Greco, incontrava nel suo percorso la stazione del Granatello di Portici, e successivamente proseguiva per il Forte Calastro, ove fu aperta una fermata provvisoria, ed infine giungeva a Torre del Greco. In fase di progetto fu previsto che la linea fosse a doppio binario tuttavia l'inaugurazione avvenne sul primo tronco a binario unico di 7,250 km tra Napoli e Portici - Granatello.
Le prime due locomotive utilizzate sulla linea giunsero dall'Inghilterra. Si trattava della Bayard e della gemella Vesuvio progettate sul prototipo di Stephenson (l'ingegnere britannico inventore della locomotiva Rochet nel 1829) con una potenza di 65HP e capaci di trainare convogli del peso di 46 tonnellate alla velocità di 50 km/h. Le undici carrozze con le quali fu inaugurato l'esercizio, invece, furono costruite direttamente a Napoli. Le rotaie erano di ferro battuto (per le ferrovie precedenti erano state fabbricate in ghisa) a lame di lunghezza 5 metri, di 25 chili per metro lineare; il ferro delle rotaie proveniva dalle miniere della Vallata dello Stilaro e fu lavorato nel Polo siderurgico di Mongiana, in Calabria. La pendenza non superava il 2 per mille e le curve avevano raggi da 1400 a 1300 metri.
L’inaugurazione, alla presenza del Re, si svolse fra l'animazione e l'entusiasmo proprie del popolo napoletano. Il percorso da Napoli al Granatello fu coperto in 12 minuti alla velocità media di 38 Km/h. Un cronista del Giornale del Regno delle Due Sicilie il 5 ottobre 1839 descriveva così quell'evento: “Ad un segnale datosi dall'alto di quella Tenda Reale partì dalla stazione di Napoli il primo convoglio composto di vetture sulle quali ordinatamente andavano 48 invitati, 60 ufficiali dell'Armata d iS.M., 30 soldati di fanteria, 30 di artiglieria e 60 marinai dei nostri Reali Legni. Chiudeva il convoglio nell'ultima vettura la musica banda della Guardia Reale. Giunto esso al
Granatello tosto ne tornò alla stazione ond’erasi mosso. Dopo questo primo viaggio (prova) fu preparato un altare per la solenne benedizione, e a ciò vi adempì Monsignor Giusti, Vicario di Napoli. Una salva di artiglieria annunziò al pubblico l'adempimento di quell’atto religioso. Immediatamente le vetture del primo convoglio con l’aggiunta della Vettura Reale partirono da Porta Nolana e si fermarono sotto al Ponte di Carrione, dove S. M. con la Reale Famiglia prese posto nella Real Vettura e tutti i prelodati personaggi che facevano corteggio si collocarono nelle altre. Il Real Convoglio si avviò al Granatello e di là ritornando si condusse a Porta Nolana tra lieta moltitudine di gente, che festeggiando godevano del nuovo e gradevole spettacolo, sicchè quell' amenissima sponda del Tirreno, ornata da vaghi giardini e ville ed allora tutta coperta dell'allegra popolazione spettatrice, sembrava un anfiteatro oltre l'usato ridente, che non poteva non commuovere dolcemente di diletto e letizia. Un grido di grata ammirazione si alzava dal popolo dovunque passasse il Re col suo magnifico Convoglio. Pervenuto questo alla Stazione di Napoli S. M. nè partì con l'Augusta Famiglia per ritirarsi al Real Palazzo, e così ebbe fine sìmemorabile cerimonia.”
Anche se a livello politico furono in pochi a rendersi conto delle reali prospettive aperte dall'evento, il successo popolare fu enorme: dal 3 ottobre al 31 dicembre 1839 furono ben 131.116 i passeggeri trasportati sui 7,250 km complessivi della linea. Il primo tronco inaugurato nell'ottobre 1839 fu completato nell'estate del 1840 nella quale si raggiunsero Resina e Torre del Greco mentre, nel 1844 si arrivò (come da progetto) a Nocera con diramazione da Torre Annunziata a Castellammare di Stabia e fu costruita anche la Napoli-Cancello con diramazione a Caserta e Capua. In tutto 87 km. di strada ferrata, più di quanto ne contassero gli altri Stati italiani insieme. La previsione di un forte incremento delle ferrovie fece nascere, nel 1840, lo stabilimento di Pietrarsa i cui capannoni, che raggiungevano l'estensione di 13.560 mq e nei quali avveniva il solo montaggio delle locomotive le cui parti provenivano dall'estero, costituiscono oggi il Museo Nazionale dei Trasporti quale importante testimonianza delle origini della storia ferroviaria in Italia. Le officine divennero presto un esempio di uso di lavorazioni e tecnologie di avanguardia. Inizialmente le officine si occuparono di riparazioni, poi vennero messe in cantiere locomotive completamente assemblate nello stabilimento su modello inglese. Nel 1845 vennero visitate dallo Zar Nicola I di Russia che ne restò talmente colpito che volle riprodurne la pianta per la costruzione del suo complesso industriale di Kronštadt. Anche il papa Pio IX visitò la fabbrica il 23 settembre 1849: a ricordo della storica visita i 500 operai vollero erigere una chiesa posta di fronte allo stabilimento terminata nel 1853 poi demolita nel 1919. Il 1845 è anche l'anno in cui venne costruita la prima locomotiva a vapore interamente in Italia (anche se sulla base di un modello inglese): questa assunse il nome augurale di Pietrarsa. Ultimato nel 1853 il complesso di Pietrarsa fu il primo sistema industriale di tutta l'Italia; all'atto della nefasta unificazione, nel 1860, contava una forza lavoro di circa 1200 unità. Dall'inizio della produzione diretta di rotabili e fino al 1905 a Pietrarsa risultano costruite oltre 300 locomotive, varie centinaia di carrozze e qualche migliaio di carri merci. Poi purtroppo tutto finì per decadere una volta che l'Italia fi (dis)fatta....
Nei primi dell'ottocento a Napoli vi era un clima ideale al pionierismo delle modernità; i Borbone avevano già inaugurato il primo battello a vapore in linea d'Italia (il Real Ferdinando nel 1818) ed erano riusciti con una delle prime reti italiane a collegare telegraficamente Napoli con la Sicilia; dunque al giovane Re (26 enne, sul trono da sei anni) l'idea di Bayard non dispiaceva proprio. Con decreto del 19 giugno 1836 il Re concesse al Bayard la facoltà di costruire la ferrovia, ma con alcune limitazione: i lavori avrebbero dovuto esser compiuti in sei anni, e Bayard doveva depositare 100.000 ducati, i quali sarebbero stati confiscati se in quel tempo non si fosse finita l'opera. Inoltre l'usufrutto della concessione fu limitata a soli 80 anni. L'atto tra il governo di Napoli e il Bayard fu stipulato a Parigi dal notaio M. Hailigalla Chaussèe d'Antin. Ottenuta dunque la concessione, il Bayard si pose all'opera e già due anni dopo, alla fine del mese di agosto 1838 , il primo tratto di binari era pronto da Napoli al Granatello di Portici. Le locomotive giunsero dall'Inghilterra, mentre le carrozze solide ed eleganti furono fabbricate a Napoli.
Il tracciato fu studiato dall'ingegnere Enrico Falcon. La ferrovia usciva da Napoli attraverso un varco tra due porte, una detta Nolana, l'altra della Madonna del Carmine ed attraversando il sobborgo di Santa Maria di Loreto passava sui ponti dell'Arenaccia e del Sebeto per poi proseguire verso la strada Regia delle Calabrie costeggiando, in alcuni tratti, la spiaggia. La linea, tra Napoli e Torre del Greco, incontrava nel suo percorso la stazione del Granatello di Portici, e successivamente proseguiva per il Forte Calastro, ove fu aperta una fermata provvisoria, ed infine giungeva a Torre del Greco. In fase di progetto fu previsto che la linea fosse a doppio binario tuttavia l'inaugurazione avvenne sul primo tronco a binario unico di 7,250 km tra Napoli e Portici - Granatello.
Le prime due locomotive utilizzate sulla linea giunsero dall'Inghilterra. Si trattava della Bayard e della gemella Vesuvio progettate sul prototipo di Stephenson (l'ingegnere britannico inventore della locomotiva Rochet nel 1829) con una potenza di 65HP e capaci di trainare convogli del peso di 46 tonnellate alla velocità di 50 km/h. Le undici carrozze con le quali fu inaugurato l'esercizio, invece, furono costruite direttamente a Napoli. Le rotaie erano di ferro battuto (per le ferrovie precedenti erano state fabbricate in ghisa) a lame di lunghezza 5 metri, di 25 chili per metro lineare; il ferro delle rotaie proveniva dalle miniere della Vallata dello Stilaro e fu lavorato nel Polo siderurgico di Mongiana, in Calabria. La pendenza non superava il 2 per mille e le curve avevano raggi da 1400 a 1300 metri.
L’inaugurazione, alla presenza del Re, si svolse fra l'animazione e l'entusiasmo proprie del popolo napoletano. Il percorso da Napoli al Granatello fu coperto in 12 minuti alla velocità media di 38 Km/h. Un cronista del Giornale del Regno delle Due Sicilie il 5 ottobre 1839 descriveva così quell'evento: “Ad un segnale datosi dall'alto di quella Tenda Reale partì dalla stazione di Napoli il primo convoglio composto di vetture sulle quali ordinatamente andavano 48 invitati, 60 ufficiali dell'Armata d iS.M., 30 soldati di fanteria, 30 di artiglieria e 60 marinai dei nostri Reali Legni. Chiudeva il convoglio nell'ultima vettura la musica banda della Guardia Reale. Giunto esso al
Granatello tosto ne tornò alla stazione ond’erasi mosso. Dopo questo primo viaggio (prova) fu preparato un altare per la solenne benedizione, e a ciò vi adempì Monsignor Giusti, Vicario di Napoli. Una salva di artiglieria annunziò al pubblico l'adempimento di quell’atto religioso. Immediatamente le vetture del primo convoglio con l’aggiunta della Vettura Reale partirono da Porta Nolana e si fermarono sotto al Ponte di Carrione, dove S. M. con la Reale Famiglia prese posto nella Real Vettura e tutti i prelodati personaggi che facevano corteggio si collocarono nelle altre. Il Real Convoglio si avviò al Granatello e di là ritornando si condusse a Porta Nolana tra lieta moltitudine di gente, che festeggiando godevano del nuovo e gradevole spettacolo, sicchè quell' amenissima sponda del Tirreno, ornata da vaghi giardini e ville ed allora tutta coperta dell'allegra popolazione spettatrice, sembrava un anfiteatro oltre l'usato ridente, che non poteva non commuovere dolcemente di diletto e letizia. Un grido di grata ammirazione si alzava dal popolo dovunque passasse il Re col suo magnifico Convoglio. Pervenuto questo alla Stazione di Napoli S. M. nè partì con l'Augusta Famiglia per ritirarsi al Real Palazzo, e così ebbe fine sìmemorabile cerimonia.”
Anche se a livello politico furono in pochi a rendersi conto delle reali prospettive aperte dall'evento, il successo popolare fu enorme: dal 3 ottobre al 31 dicembre 1839 furono ben 131.116 i passeggeri trasportati sui 7,250 km complessivi della linea. Il primo tronco inaugurato nell'ottobre 1839 fu completato nell'estate del 1840 nella quale si raggiunsero Resina e Torre del Greco mentre, nel 1844 si arrivò (come da progetto) a Nocera con diramazione da Torre Annunziata a Castellammare di Stabia e fu costruita anche la Napoli-Cancello con diramazione a Caserta e Capua. In tutto 87 km. di strada ferrata, più di quanto ne contassero gli altri Stati italiani insieme. La previsione di un forte incremento delle ferrovie fece nascere, nel 1840, lo stabilimento di Pietrarsa i cui capannoni, che raggiungevano l'estensione di 13.560 mq e nei quali avveniva il solo montaggio delle locomotive le cui parti provenivano dall'estero, costituiscono oggi il Museo Nazionale dei Trasporti quale importante testimonianza delle origini della storia ferroviaria in Italia. Le officine divennero presto un esempio di uso di lavorazioni e tecnologie di avanguardia. Inizialmente le officine si occuparono di riparazioni, poi vennero messe in cantiere locomotive completamente assemblate nello stabilimento su modello inglese. Nel 1845 vennero visitate dallo Zar Nicola I di Russia che ne restò talmente colpito che volle riprodurne la pianta per la costruzione del suo complesso industriale di Kronštadt. Anche il papa Pio IX visitò la fabbrica il 23 settembre 1849: a ricordo della storica visita i 500 operai vollero erigere una chiesa posta di fronte allo stabilimento terminata nel 1853 poi demolita nel 1919. Il 1845 è anche l'anno in cui venne costruita la prima locomotiva a vapore interamente in Italia (anche se sulla base di un modello inglese): questa assunse il nome augurale di Pietrarsa. Ultimato nel 1853 il complesso di Pietrarsa fu il primo sistema industriale di tutta l'Italia; all'atto della nefasta unificazione, nel 1860, contava una forza lavoro di circa 1200 unità. Dall'inizio della produzione diretta di rotabili e fino al 1905 a Pietrarsa risultano costruite oltre 300 locomotive, varie centinaia di carrozze e qualche migliaio di carri merci. Poi purtroppo tutto finì per decadere una volta che l'Italia fi (dis)fatta....
Di Redazione A.L.T.A.