«Un’insurrezione una volta ogni vent’anni è un sano aspetto nella vita nazionale». (Thomas Jefferson)Contrariamente a quanto si ritiene assodato, il luogo di nascita del sentimento secessionista americano non fu Charleston in South Carolina nel 1860, ma il cuore del New England e della cultura yankee: Salem in Massachusetts, più di mezzo secolo prima che il primo colpo fosse sparato a Fort Sumter. Dal 1800 al 1815, ci sono stati tre seri tentativi di secessione orchestrati dai Federalisti del New England, i quali credevano che le politiche delle amministrazioni Jefferson e Madison, in particolare l’acquisto della Louisiana nel 1803, l’embargo nazionale del 1807, e la guerra del 1812, fossero così sproporzionatamente dannose per il New England che giustificassero la secessione.
Se questi Federalisti del New England fossero stati del Sud, ed avessero detto quelle cose nel 1861 anziché nel 1803, sarebbero da tempo stati infangati dagli storici come dei maniaci “esagitati” o traditori. «Preferisco anticipare una nuova confederazione esente dall’influenza di corrotti e corruttori e dall’oppressione dei Democratici aristocratici del Sud», scrisse nel 1803 Timothy Pickering, importante politico Federalista del Massachusetts e senatore degli Stati Uniti. «Ci sarà una separazione (…)» predisse, e «la popolazione bianca e nera segnerà il confine».1
Il suo collega, il senatore James Hillhouse, era d’accordo, affermando che «gli Stati orientali devono e dovranno sciogliere l’Unione e formare un governo separato».2 «Gli Stati settentrionali devono essere governati dalla Virginia o devono governare la Virginia, non ci sono vie di mezzo», avvertendo il cospiratore Aaron Burr, che si era unito ai Federalisti del New England nel complotto secessionista (discusso in seguito).3
Questi “Yankee confederati” non erano una banda isolata di radicali. Erano tra i dirigenti del Partito Federalista, molti dei quali avevano partecipato alla guerra rivoluzionaria e avevano anche contribuito a scrivere la Costituzione degli Stati Uniti. John Hancock e Samuel Adams sono tra i più noti Federalisti del New England che, all’inizio del XIX° secolo, stavano raggiungendo gli anni del tramonto.
La spinta per la secessione è venuta principalmente dalla giovane generazione di leader Federalisti, tra i quali fra gli altri: George Cabot, Elbridge Gerry, Theophilus Parsons, Timothy Pickering, Theodore Sedgwick, John Quincy Adams, Fisher Ames, Harrison Gray Otis, Josiah Quincy e Joseph Story.
La loro causa, del resto, era praticamente identica a quello della Confederazione sudista di mezzo secolo più tardi: stavano difendendo i principi del diritto degli Stati e l’auto-governo da un governo federale prepotente. Condannarono l’amministrazione Jefferson in quanto afflitta da «menzogna, frode e tradimento», che ha indotto «oppressione e barbarie» e «rovina fra le nazioni».4
Credevano che il Sud, soprattutto la Virginia, stesse guadagnando troppa ricchezza, potere ed influenza, e stesse usando tale influenza politicamente contro il New England. Le loro lamentele sono praticamente identiche alle preoccupazioni di John C. Calhoun, decenni più tardi, circa gli ingiusti impatti regionali di un eccessivo potere federale.
Le logiche del movimento secessionista del New England
Nel 1800, il Partito Democratico-Repubblicano di Thomas Jefferson prese il controllo della presidenza e del Congresso. Per il partito Federalista questo rappresentò qualcosa di apocalittico, per la maggior parte dei leader di un partito che aborriva assolutamente Jefferson e tutto ciò che egli rappresentava. I chierici del New England, che erano estremamente influenti, lo paragonarono a Belzebù parlando di una «putrefazione morale che copriva la terra» a causa dell’ascesa di Jefferson alla presidenza.5Per i Federalisti, Jefferson non era solo un avversario politico che li aveva sconfitti, ma era la personificazione del male. Jefferson era intollerabile per i Federalisti, perché la sua filosofia, le sue politiche, e anche le sue credenze religiose erano fondamentalmente incompatibili con la visione del mondo Federalista. Un elemento essenziale, se non primario della visione Federalista del mondo, secondo le note dello storico James Banner, era che «la virtù pubblica e privata» sono richieste per una repubblica di successo.6
Ma la “virtù” implicava la dedizione alla religione organizzata, e Jefferson era «noto per essere profondamente ostile al clero della Congregazione ed alla sensibilità religiosa radicata nella maggioranza degli abitanti del New England».7 Più di ogni altra figura pubblica del suo tempo, Jefferson ha insistito sulla rigida separazione tra Chiesa e Stato.
A causa di questo, scrive Claude Bowers, biografo di Jefferson, egli «era stato abitualmente denunciato come un anti-Cristo dai predicatori politici del suo tempo» e «nel New England, dove la maggior parte dei ministri di culto erano militanti Federalisti, era odiato sino all’empietà. Il numero di false testimonianze promosse dai ministri di culto del New England e di New York contro Jefferson furono più di quante furono mai state rivolte contro qualsiasi altro uomo pubblico americano».8 Molti Federalisti apparentemente non potevano tollerare il fatto che Jefferson, il cui partito controllava il governo federale, ostacolasse un puritanesimo sponsorizzato dallo Stato.
Continua…
Note
1 Lettera di Timothy Pickering a Richard Peters, in Henry Adams, Documents Relating to New-England Federalism, 1800-1815 (Boston: Little, Brown, 1877), p. 338.2 Citato in Claude G. Bowers, Jefferson in Power: The Death Struggle of the Federalists (Boston: Riverside Press, 1936), p. 235.
3 Ibid., p. 243.
4 Citato in James Banner, To the Hartford Convention: The Federalists and the Origins of Party Politics in Massachusetts, 1789-1815 (New York: Alfred A. Knopf, 1970), p. 35.
5 Ibid.
6 Ibid., p. 26.
7 Ibid.
8 Bowers, Jefferson in Power, p. 145.
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