mercoledì 12 febbraio 2014

UN TESTIMONE OCULARE DELLA SANTITÀ DI FRANCESCO II DELLE DUE SICILIE: IL BARONE TRISTANO LAMBERT (21 agosto 1897) .

A cura di don Massimo Cuofano


Francesco II delle Due Sicilie.
 Gesù nel Vangelo, rivolgendosi a quelli che per amore suo subiscono prove, e forti restano perseveranti nella fede, dice: beati voi, il vostro nome è scritto nei cieli.
Dopo quasi 120 anni dalla morte di questo Re giusto, Francesco II, ci accorgiamo che sono tanti quelli che nutrono verso di lui una particolare devozione, un affetto spirituale che neppure l’oblio e le calunnie del tempo hanno potuto offuscare. Allo stesso modo tanti suoi contemporanei ne vollero ricordare la memoria e conservarla ai posteri. Certamente c’era già in tanti, sin da allora, questa certezza della santità di vita del buon Re. Quindi davvero il nome di questo testimone ed eroe della fede è scritto nei cieli.
Una di queste testimonianze, che mi è pervenuta attraverso la biografia scritta su di lui da Angelo Insogna, e che gentilmente il dott. Giuseppe Catenacci, che ringrazio di cuore, mi ha fatto dono, è il Barone Tristano Lambert, devoto amico ed estimatore di Francesco II.
Angelo Insogna, all’indomani della morte del Re, nello scrivere questa biografia volle corredarla anche di testimonianze, e tra tante persone si rivolse al nobile barone, sapendo di questa profonda amicizia, e della certa conoscenza che questi aveva di Re Francesco.
Il barone si affrettò di inviare una sua lettera il 21 agosto 1897, pochi anni dopo la morte del Re, dove con vera devozione e "di buon cuore" ne traccia la sua figura, augurandosi che questa testimonianza possa <<contribuire a portare una pietra all’edifizio che vi proponete di alzare alla memoria di Francesco II, "Re santo, grande, eroico e benigno">>.
In questa testimonianza, scritta con sincerità e al cospetto di Dio, il buon barone traccia in primo luogo il profilo spirituale religioso. Sottolineando la cattolicità del sovrano.
"Sotto il rapporto religioso Francesco II era profondamente cattolico sia per la sua Fede, sia per l’esempio che ne dava, sia per le pratiche religiose: era un santo, un degno e vero figlio di San Luigi, di San Ferdinando e di Cristina (oggi Beata) ".
Quindi la vita del Re era diretta dalla sua cattolicità, non bigotta o vaga, ma profonda, basata sulla conoscenza della Parola di Dio e della dottrina della Chiesa. Non poteva non essere così, conoscendo la scuola dalla quale proveniva, quella dei Gesuiti napoletani, tra i più formati culturalmente e teologicamente. Inoltre la sua era una Fede autentica, non superstiziosa o fatalista, come certi biografi o filmetti di ultima categoria vogliono far pensare, ma una Fede vissuta nella vera devozione, rafforzata quotidianamente dalla preghiera e dalla pratica dei sacramenti, e che diventava concreta nell’esempio e nella vita di carità. Il Lambert lo paragona a due grandi Re, San Luigi di Francia, San Ferdinando e in ultimo alla santa mamma di Francesco II, Maria Cristina, che proprio nei giorni scorsi la Chiesa ha elevato come Beata alla gloria degli altari.
Continua poi indicandone il profilo sociale politico.
"Sotto il rapporto politico era del tutto legittimista ed imbevuto dell’idea di giustizia e di rispetto dei Trattati".
Educato nella Fede e nel rispetto della Legge, Francesco II non poteva non essere imbevuto di quegli ideali antichi, che si basavano non sul compromesso, sul potere e la corruzione, ma fondato sui principi del legittimismo. Il suo essere Re si modellava sulla figura stessa di Cristo Re.
Il modello di regalità che ha abbracciato Francesco II non era quello dell’ambizione e del personale interesse, che cerca la competizione e il potere a costo di tutto, ma quello della comprensione, della fiducia, della carità, del bene altrui. Egli ha sempre anteposto ai suoi interessi personali l’amore per il suo popolo, che allo stesso tempo diventava amore per Dio, che è presente in ogni uomo. La vita sociale e politica di Francesco II di Borbone si conforma proprio a quest’unico modello di regalità che la sua profonda religiosità cristiana poteva proporgli di imitare. Il "Re" Francesco II si sentiva, ed era effettivamente, "sposo" del suo Regno e "padre" del suo Popolo, che amò fino alla fine della sua vita, ben oltre la perdita del trono e la fine del Regno.
Per questo il barone continua la sua testimonianza tracciandone un profilo umano davvero encomiabile.
"Sotto il rapporto di sua persona non potevasi attribuire a lui alcuna pecca, profondamente dotto e sapiente e di carattere dolcissimo, semplicissimo e laborioso, franco e moderato! Era espertissimo tanto sopra le quistioni teologiche quanto sopra le quistioni politiche, diplomatiche e militari. Nessuno conosceva l’Europa e l’Italia al pari di lui. Avrebbe egli procurato al suo regno dignità, prosperità e sicurezza immense".
Questa testimonianza sincera di un contemporaneo e conoscente intimo, accompagnata da altre ugualmente vere, fanno crollare quelle impalcature falsi innalzate dalla storiografia adulatrice dei vincitori, che vogliono presentarci un Francesco II dai tratti poco lusinghieri. Lo si vuole presentare bonariamente come il "re giovane ed inesperto", oppure lo si critica come "un re senza adeguate preparazioni militare e politica", o addirittura come un debole "eternamente indeciso", fino ad offenderne la memoria definendolo "re inetto ed imbelle". Tutti luoghi comuni che crollano dinanzi alla reale figura di Francesco II, che come prima ci ricordava il barone Tristano, è un "Re santo, grande, eroico e benigno".
Lo stesso barone ci tiene a sottolineare l’onestà e la concretezza della sua testimonianza, avendolo conosciuto da lungo tempo.
"Da ben trentacinque anni mi son dedicato alla sua causa e l’ho amato godendo dell’onore della sua gradevole ed edificante intimità e posso dire di averlo perfettamente conosciuto".
Lodiamo Dio per questa testimonianza che ci permette di conoscere anche noi meglio la figura di questo Re Santo, che speriamo poter vedere glorificato dalla Chiesa, che amò intimamente, come siano certi è già glorificato da Dio nel Paradiso.