sabato 22 febbraio 2014

Le petizioni: un'arma o un inganno?

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La vera moda di questi tempi non è la “Messa in latino”, come qualcuno erroneamente insinua, ma la delega delle proprie responsabilità ad una semplice firma digitale, attraverso le cosiddette petizioni, le quali dovrebbero -in teoria- contrastare le ingiustizie e gli errori del nostro tempo.
Penso che questo sia l’ennesimo inganno che colpisce i cattolici, anche quelli più “svegli”, poiché si fa intendere ad essi che il proprio dovere è stato eseguito, quando ciò non corrisponde alla realtà; infatti aderire a tali iniziative non significa altro che sposare una certa causa senza però far niente per essa. Cito perciò le parole di un grande santo quale fu Padre Kolbe, circa l'impegno che viene richiesto ad ognuno di noi: «Di fronte agli attacchi incalzanti dei nemici della Chiesa di Dio ci è lecito rimanere inattivi? Ci è lecito, forse, lamentarci e versare lacrime soltanto? No affatto! Ricordiamoci che al giudizio di Dio renderemo stretto conto non solamente delle azioni compiute, (ma anche) di tutte le buone azioni che avremmo potuto compiere, ma che non abbiamo compiuto! Su ciascuno di noi pesa il sacrosanto dovere di metterci in trincea e di respingere gli attacchi del nemico con il nostro petto!»
E’ evidente che per fermare il male non serve una firma su un sito od un altro, bensì riformare prima se stessi e poi il prossimo più vicino a noi, con l’esempio e la parola, ricordando che nessuno  può dare ciò che non ha -nemo dat quod non habet- e che con una firma non diamo proprio niente di nostro, tentiamo attraverso questa “moda” di cedere le nostre responsabilità ad altri poiché riteniamo troppo difficile ed arduo l’impegno, la testimonianza a cui siamo chiamati.
Questo è lo spirito dell’uomo moderno, fiaccato dal proprio stile di vita -sempre più frenetico- immerso nel caos della città moderna che non lascia spazio al silenzio, e quindi impedisce il più delle volte la riflessione, la nascita di un pensiero critico e l’azione che necessita il problema precedentemente  meditato.
L’azione per essere retta deve nascere dalla preghiera, cioè da Dio, ed a Lui deve mirare; Egli deve essere il fine della nostra azione sociale, la sua maggior gloria e non la nostra, non le nostre meschinità, viltà, nascoste dietro ad una firma che non sappiamo neanche che fine farà.
Tutto ciò appare ancor più chiaro se riflettiamo circa l’origine di questi errori che sono spacciati per diritti e libertà dell’uomo; essi infatti hanno origine non da reali bisogni delle persone bensì da “laboratori di idee” alla quale guida vi sono uomini appartenenti a quella infame sètta che è la Massoneria.
Essa, infatti, non si serve di petizioni e stupidaggini simili, bensì agisce, forte del supporto finanziario garantito da famiglie potenti e gruppi di potere legati tra di loro appunto dalla medesima appartenenza a tali sètte, attraverso la stampa, le televisioni ed ogni altro mezzo di comunicazione per coinvolgere le masse nei loro progetti di distruzione della civiltà cristiana e quindi dell’uomo stesso.
Appurato questo, appare evidente l’inutilità delle nostre firme, quando dall’altra parte della barricata vi è un tale sistema ben congeniato per cambiare la natura umana, per sovvertire l’ordine naturale voluto da Dio ed i suoi membri sono ben saldi nei posti ove si decidono le politiche e le notizie da presentare alla massa già anestetizzata dai vizi e perciò resa già  incline alla “schiavitù mediatica”.
Ricordiamo inoltre che i nostri predecessori tutti hanno dovuto affrontare il male del proprio tempo e non lo hanno fatto attraverso una firma, bensì con la propria vita o sacrificando la propria libertà per la causa di Dio e la salvezza dell’uomo sempre minacciata dal “padre della menzogna” il quale attraverso i proprio partigiani gli muove guerra, ma che sempre ha trovato figli della Luce capaci e disposti a combattere.
Penso ad esempio agli eroi della Vandea, ai Cristeros, ai "Viva Maria", ai numerosissimi sacerdoti e fedeli uccisi dal regime comunista in odium fidei, i quali hanno affrontato i propri nemici con la “sola” arma della fede alimentata dalla preghiera, senza compromessi e soprattutto senza cedere ad altri la propria responsabilità che comunque ognuno di noi ha davanti a Dio ed agli uomini!
Il problema maggiore di questi tempi cupi è che il lavoro svolto finora dagli agenti della Sovversione è stato davvero notevole e molti dei loro obiettivi sono stati già raggiunti: infatti attraverso la promiscuità, il sesso libero, la pornografia, la droga, hanno corrotto a tal punto l'uomo da renderlo incapace di distinguere il bene dal male e qualora riesca a farlo, lo hanno reso inerme, poiché la volontà che conduce l'uomo all'azione deve essere illuminata dall'intelletto, ma se esso è nelle Tenebre tutto appare arduo, perfino difendere la propria stirpe, i propri figli dall’orco mascherato da eroe.
Ritengo sia questo il motivo principale per cui cattolici e tutti gli uomini di buona volontà non trovano soluzioni (efficaci) al male che dilaga nella nostra società, si tenta di contrastarlo senza scendere in trincea e se mai lo si fa, si cerca di limitare al minimo le possibili conseguenze per noi stessi, poiché ci hanno fatto credere che ognuno deve pensare a se stesso, al proprio piacere e che non è nostro compito combattere l'errore.
I pontefici di un tempo non la pensavano così. Cito a tal proposito le parole di Leone XIII le quali ci indicano anche una via alternativa alle inutili petizioni o pseudo-manifestazioni: «Di più, quando abbiamo da lottare contro una setta come la Massoneria, che è penetrata ovunque, non basta restare in difesa, ma dobbiamo entrare nell’arena e combattere faccia a faccia. Carissimi figli, questo lo farete, opponendo pubblicazione contro pubblicazione, scuola contro scuola, associazione contro associazione, congresso contro congresso, azione contro azione. I Framassoni moltiplicano le loro Logge. Moltiplicate pure voi i Circoli Cattolici, i comitati e i sodalizi da combattimento».
Anche Papa san Pio X  parlò del coraggio necessario per sostenere quest’azione per la difesa della Cattolicità, nel discorso che pronunciò il 13 dicembre 1908, in occasione della beatificazione di santa Giovanna d’Arco, mettendo in rilievo l’eroismo di Giovanna che contrasta con la timidezza di numerosi cattolici dei nostri giorni: «Oggi più che mai – dice – la più grande forza dei cattivi viene dalla timidezza e dalla debolezza dei buoni […]. Tutta la potenza del regno di satana deriva da questa noncurante debolezza dei cattolici. Oh! Se osasse chiedere al Divin Redentore, ciò che chiese il profeta Zaccaria in spirito: “Cosa sono queste piaghe in mezzo alle tue mani?”. La risposta sarebbe senza dubbio questa: “Sono quelle che mi hanno fatto i miei amici, che non hanno fatto niente per difenderMi e che, in varie occasioni, si sono fatti complici dei miei nemici”. Questo rimprovero (che si può indirizzare ai deboli e ai timidi cattolici di ogni luogo)  riguarda oggi un gran numero di francesi».
E Leone XIII prosegue, dicendo: «Se appartiene anzitutto ai Vescovi e ai Sacerdoti di mostrare al mondo incredulo la bellezza della dottrina cattolica e di dissipare i pregiudizi che la nascondono alla loro intelligenza, il ruolo dei laici non è trascurabile. Questi hanno il potere di sostenere gli sforzi del Clero con la probità dei loro costumi e l’integrità della loro vita. Grande è in effetti la forza dell’esempio, particolarmente per color che cercano la Verità e che, in virtù di buone disposizioni innate, lottano per condurre una vita retta e onorabile» (Longinqua Oceani, 6 gennaio 1895).
Conclusione.
Termino questa mia riflessione che è tale e non vuol essere un atto di accusa nei confronti delle singole persone, ma un piccolo suono nel silenzio, una piccolissima luce nelle tenebre, per far riflettere e magari suscitare reazioni, anche contrarie ma tali da avviare un necessario discorso circa le strategie da adottare per non cedere altro terreno e contrastare efficacemente il nemico che avanza a ritmo serrato.
Per fare ciò occorre prendere coscienza soprattutto delle condizioni della Chiesa Cattolica, della divisione interna ad essa, e lavorare per l’unione delle forze laiche che in tempi di laicismo sfrenato diventano avanguardie fondamentali per l’esito della battaglia.
Occorre combattere con un “diluvio di stampa cattolica” , con il nostro esempio, la preghiera, la penitenza, l’unione delle famiglie; insomma bisogna lavorare e sacrificarsi molto se vogliamo veramente scendere in trincea, altrimenti basta fare una firma e tutto resta come è…stato pianificato.
Lascio (finalmente) la parola al Sommo Pontefice Pio XII: «Non lamento, dunque, ma azione è il precetto dell’ora; non lamento su ciò che è stato o che fu, ma ricostruzione di ciò che sorgerà e deve sorgere a bene della società. Pervasi da un entusiasmo di crociati, ai migliori e più eletti membri della Cristianità spetta rimettersi nello spirito di Verità, di Giustizia e di Amore al grido di Dio lo vuole! Deus vult! Pronti a servire, a sacrificarsi come gli antichi Crociati. Se allora tratta vasi della liberazione della Terra santificata dalla vita del Verbo di Dio incarnato, si tratta oggi – se possiamo così esprimerci – del nuovo tragitto, superando il mare degli errori del giorno e del tempo, per liberare la terra santa spirituale, destinata ad essere il sostrato e il fondamento di norme e leggi immutabili per costruzioni sociali di interna solida consistenza» (Messaggio al mondo intero, 24 dicembre 1942).
P.S. Nostro dovere è la battaglia stessa e non la vittoria, perché come scrisse Mordini «se è caratteristica del plebeo e del proletario combattere e magari sacrificare la propria vita nella certezza della vittoria, se è caratteristica del borghese combattere anche quando le sorti sono molto dubbie per difendere certi interessi, è caratteristica tutta aristocratica combattere anche sapendo di perdere; è caratteristica tutta aristocratica...saper vivere già di vita eterna nell'adempimento della propria missione nel mondo».

di Alessandro Pini (http://radiospada.org/)