lunedì 10 febbraio 2014

Conte Joseph De Maistre : Come sarà, posto che arrivi, la controrivoluzione?




Joseph De Maistre.

Formulando ipotesi sulla controrivoluzione, troppo spesso si commette l'errore di ragionare come se questa dovesse essere e non potesse essere altro che il risultato di una deliberazione popolare. Il popolo teme, si dice: il popolo vuole, il popolo non permetterà mai, al popolo non conviene, ecc. Che pena! il popolo non conta niente nelle rivoluzioni, o almeno vi entra solo come strumento passivo. Saranno forse quattro o cinque persone che daranno un re alla Francia. Alcune lettere da Parigi annunceranno alle province che la Francia ha un re, e le province grideranno: Viva il re! Forse anche tutti i parigini, con l'eccezione di una ventina, apprenderanno svegliandosi di avere un re.
È mai possibile? esclameranno; ecco una cosa veramente singolare. Chi sa da quale porta entrerà? Converrebbe forse affittare in anticipo delle finestre, perché ci sarà da soffocare nella calca.
Se la monarchia verrà restaurata, non sarà il popolo che lo deciderà, cosi come non decise la sua distruzione né l'istituzione del governo rivoluzionario.
Prego i miei lettori di considerare attentamente queste riflessioni, e le raccomando soprattutto a coloro che credono la controrivoluzione impossibile, perché vi sarebbero troppi francesi attaccati alla repubblica e perché un cambiamento farebbe soffrire troppe persone. Scilicet is superis labor est! (2). Si può certamente contestare alla repubblica di possedere la maggioranza; ma che essa ce l'abbia oppure no, non ha nessuna importanza: l'entusiasmo e il fanatismo non sono condizioni durevoli. Questo grado di eretismo stanca presto la natura umana; di modo che, anche supponendo che un popolo, e soprattutto il popolo francese, possa volere una cosa a lungo, è almeno fuor di dubbio che non potrebbe volerla a lungo con passione. Al contrario, essendo fiaccato dall'accesso febbrile, l'abbattimento, l'apatia, l'indifferenza succedono sempre ai grandi slanci dell'entusiasmo.
È il caso della Francia, che non desidera più niente con passione, se non la quiete. Quand'anche si supponesse dunque che la repubblica ha la maggioranza in Francia (il che è indubbiamente falso), che importerebbe? Quando il re si presenterà, di certo non verranno contati i voti, e nessuno si muoverà; in primo luogo, perché quello stesso che preferisce la repubblica alla monarchia, preferisce tuttavia la quiete alla repubblica; e inoltre perché le volontà contrarie alla monarchia non potranno unirsi.
In politica, come in meccanica, le teorie ingannano se non si prendono in considerazione le diverse qualità dei materiali che compongono le macchine. A prima vista, per esempio, la seguente affermazione sembra vera: Per restaurare la monarchia è necessario il consenso preventivo dei francesi. E invece niente è più falso. Lasciamo da parte le teorie e facciamo parlare i fatti.
Un corriere arriva a Bordeaux, a Nantes, a Lione, ecc. e reca la notizia che il re ha vinto a Parigi; che una fazione qualsiasi (non importa come si chiami) ha preso il potere e ha dichiarato che essa lo esercita in nome del re, che un messaggero è stato inviato al sovrano, il quale è atteso con ansia, e che ovunque si inalbera la coccarda bianca. La fama si impadronisce di queste notizie e le arricchisce di mille particolari imponenti. A questo punto, che succederà? Per avvantaggiare la repubblica, le accordo la maggioranza, e anche un corpo di truppe repubblicane. Forse, in un primo momento, queste truppe assumeranno un atteggiamento ribelle; ma quel giorno stesso vorranno cenare, e cominceranno a staccarsi dal potere che non paga più. Ogni ufficiale che non gode di alcuna considerazione (e che lo sente molto bene, checché se ne dica) vede chiaramente che il primo che griderà viva il re avrà un grande destino: l'amor proprio gli disegna, con tratti seducenti, l'immagine di un generale dell'esercito di Sua Maestà Cristianissima, risplendente di onorificenze, nell'atto di guardare dall'alto della sua grandezza quegli uomini che un tempo lo mandavano a far la guardia al municipio. Queste idee sono cosi semplici, cosi naturali, che non possono sfuggire a nessuno: ogni ufficiale le mitre in cuor suo, e ne consegue che tutti sono sospetti gli uni agli altri. Il timore e la diffidenza producono esitazione e prudenza. II soldato che non è galvanizzato dal suo ufficiale è ancora più scoraggiato; il vincolo della disciplina riceve quel colpo inspiegabile, quel colpo magico che lo allenta improvvisamente. Uno volge Io sguardo verso il cassiere reale che avanza; un altro profitta del momento per raggiungere la propria famiglia. Non si sa né comandare né obbedire: una vera unione non esiste più.
Tutt'altro accade fra i cittadini: si va, si viene, ci si scontra, ci si interroga: ciascuno teme colui di cui avrebbe bisogno; il dubbio consuma le ore, e i minuti sono decisivi; ovunque l'audacia si imbatte nella prudenza. Il vecchio manca di determinazione e il giovane di saggezza. Da un Iato vi sono pericoli terribili, dall'altro un'amnistia sicura e benefìci probabili. E d'altronde, dove sono i mezzi per resistere? dove sono i capi? a chi affidarsi? Non c'è pericolo a stare quieti, mentre il minimo movimento può essere un errore imperdonabile. Bisogna dunque aspettare. Si aspetta. Ma l'indomani arriva la notizia che quella tale città ha aperto le sue porte; ragione di più per non precipitare niente. Ben presto si viene a sapere che la notizia era falsa; ma due altre città, che l'hanno creduta vera, hanno dato l'esempio, credendo di seguirlo: si sono appena sottomesse, e inducono la prima, che nemmeno ci pensava, a fare lo stesso. Il governatore di questa piazza ha consegnato al re le chiavi della sua illustre città di... È il primo ufficiale che ha avuto l'onore di riceverlo in una roccaforte del suo regno. Il re l'ha nominato, sulla porta, maresciallo di Francia; un decreto immortale ha ricoperto il suo scudo di innumerevoli gigli; il suo nome è per sempre il più bello di Francia. Ad ogni minuto il movimento realista si rafforza; ben presto diventa irreversibile. VIVA IL RÈ! gridano l'amore e la fedeltà, al colmo della gioia; VIVA IL RÈ! risponde l'ipocrita repubblicano, al colmo del terrore. Ma che importa? il grido è unanime. — E il re è consacrato.
Cittadini! ecco come si fanno le controrivoluzioni. Dio, avendo riservato per sé la formazione delle sovranità, ce ne avverte non affidando mai alla moltitudine la scelta dei suoi padroni. Egli la impiega, in quei grandi movimenti che decidono la sorte degli imperi, solo come uno strumento passivo. Mai essa ottiene quel che vuole: essa accetta sempre e mai non sceglie. Si può perfino notare un'affettazione della Provvidenza (mi si conceda questa espressione): vale a dire che gli sforzi del popolo per raggiungere un obiettivo sono precisamente il mezzo che essa impiega per renderglielo più lontano. Così, il popolo romano si diede dei padroni credendo di combattere l'aristocrazia al seguito di Cesare. È questo il destino di tutte le insurrezioni popolari. Nella rivoluzione francese, il popolo è stato costantemente violentato, oltraggiato, rovinato, mutilato da tutte le fazioni; e le fazioni, a loro volta, zimbello le une delle altre, sono costantemente andate alla deriva, malgrado tutti i loro sforzi, per infrangersi infine sullo scoglio che le attendeva.
Se si vuole conoscere il probabile risultato della rivoluzione francese, basta esaminare cosa hanno in comune tutte le fazioni; tutte hanno voluto l'umiliazione e perfino la distruzione del cristianesimo universale e della monarchia; donde consegue che i loro sforzi non faranno che approdare all'esaltazione del cristianesimo e della monarchia.
Tutti coloro che hanno meditato gli insegnamenti della storia, hanno ammirato questa forza segreta che si prende gioco dei voleri umani: la onorava, ad esempio, quel gran capitano dell'antichità che la considerava come una potenza intelligente e libera, e che non intraprendeva niente senza raccomandarsi ad essa (3).
Ma è soprattutto nella fondazione e nella distruzione delle sovranità che l'azione della Provvidenza risplende nel modo più sbalorditivo. Non solo la massa del popolo non entra in questi grandi sommovimenti che come il legno e il cordame impiegati da un macchinista, ma perfino i suoi capi sono tali soltanto agli occhi di chi non capisce: di fatto, i capi vengono dominati nello stesso modo in cui essi dominano la folla. Questi uomini che, presi insieme, sembrano i tiranni della moltitudine, sono essi medesimi tiranneggiati da due o tre individui, che a loro volta lo sono da uno solo. E se questo unico individuo potesse e volesse dire il suo segreto, si vedrebbe che nemmeno lui sa in che modo si è impadronito del potere; che la sua influenza è per lui un mistero più grande che per gli altri, e che alcune circostanze, che non ha potuto né prevedere né orientare, hanno fatto tutto per lui e senza di lui.
Chi avrebbe detto al fiero Enrico VI che una serva di bettola (4) gli avrebbe strappato lo scettro di Francia? Le spiegazioni sciocche che sono state date di questo grande avvenimento non lo privano affatto del suo aspetto meraviglioso; e quantunque sia stato disonorato due volte, prima dall'assenza e poi dalla prostituzione del talento (5), rimane pur sempre il solo soggetto della storia dì Francia veramente degno della musa epica.
Credete forse che il braccio, il quale si è servito una volta di un così debole strumento, si sia accorciato? e che il supremo ordinatore degli imperi attenda il parere dei francesi per dare loro un re? No: come sempre ha fatto, sceglierà ancora il più debole per confondere il più forte. Non ha bisogno di legioni straniere; non ha bisogno della coalizione; e come ha conservato l'integrità della Francia, malgrado i progetti e la forza di tanti sovrani, che non hanno ai suoi occhi alcuna importanza, così, quando il momento sarà venuto, restaurerà la monarchia francese, malgrado i suoi nemici; caccerà via quei rumorosi insetti pulveris exigui jactu (6): il re verrà, vedrà e vincerà.
Ci si meraviglierà allora della assoluta nullità di quegli uomini che sembravano cosi potenti. Oggi spetta ai sapienti anticipare questo giudizio ed essere certi, prima che l'esperienza lo abbia provato, che i padroni della Francia possiedono solo un potere fittizio ed effimero, di cui gli eccessi stessi dimostrano la nullità; che essi non sono stati né piantati né seminati, che il loro tronco non ha messo radici nella terra, e che un soffio li porterà via come paglia (7).
Invano dunque tanti scrittori insistono sugli inconvenienti del ristabilimento della monarchia; invano atterriscono i francesi sulle conseguenze di una controrivoluzione; e quando concludono che i francesi, per timore di tali inconvenienti, non permetteranno mai la restaurazione della monarchia, concludono molto male, perché i francesi non decideranno nulla, e forse riceveranno un re dalla mano di una femminuccia.
Nessuna nazione può darsi un governo da sé: soltanto quando tale o talaltro diritto esiste già nella sua costituzione (8), e questo diritto viene misconosciuto o limitato, alcuni uomini, aiutati da qualche circostanza, possono rimuovere gli ostacoli e far riconoscere i diritti del popolo: il potere umano non si estende oltre.
Del resto, benché la Provvidenza non si curi minimamente di quel che debba costare ai francesi avere un re, è tuttavia molto importante osservare che sbagliano oppure sono in malafede quegli scrittori che spaventano la nazione con Ì mali che la restaurazione della monarchia recherebbe con sé.

NOTE:

2 "Questo è lavoro che riguarda gli dèi" (Virgilio, Eneide. IV, 379).
3 Nihil rerum humanorum sine Deorum numine geri putabat Tìmoleon: ìtaque suae domi sacellum constituerat, idque sanctissime colebat [Timoleone era convinto che nulla, sulla terra, potesse venir eseguito senza l'ordine degli dèi; così aveva fatto costruire nella propria dimora un altare dedicato alla dea del caso, e le rendeva un culto assiduo]. Corn. Nepos, Vita Timoleon, cap. IV [n.d.a.],
4 È Giovanna d'Arco, che gli inglesi trattavano da " serva ", poiché un suo zio lavorava in una taverna a Vaucouleurs.
5 Allude a due rappresentazioni teatrali. La pucelle di Chapelain (1656) e La pucelle di Voltaire (1762).
6 "Lanciando un pugno di polvere" (Virgilio, Georgiche, IV, 87).
7 Isaia, XL, 24 [n.d.a].
8 Intendo la sua costituzione naturale, poiché la sua costituzione scritta non è che un pezzo di carta [n.d.a.].