domenica 7 settembre 2014

JOHN CONSTABLE E IL COLORE PURO

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Una caratteristica non secondaria della poetica del movimento romantico fu l’attenzione al dato reale. La convinzione che l’artista doveva interessarsi alla vita presente alimentò tutta quella folta schiera di artisti che tra la fine del XVIII e i primi anni del XIX secolo elevarono la realtà quotidiana a soggetto privilegiato della loro personale ricerca pittorica. Constable fu uno di quegli artisti che fece una scelta di stampo realtista e insieme a Turner è considerato ancora oggi il più grande paesaggista inglese. Già abbiamo parlato del colorismo puro di Turner che, teso nella rappresentazione della forza della natura - quel sublime che affascinò molto anche Friedrich - eliminò nei suoi dipinti qualsiasi confine o limite facendo esplodere il colore in rapporti agitati e in luci che distruggono l’immagine, rendendola irriconoscibile.
Turner è però un caso limite e di lui infatti abbiamo parlato come uno dei più grandi rivoluzionari dell’arte contemporanea, colui che aprì definitivamente la strada all’impressionismo. Proprio il termine “definitivamente” deve farci riflettere: Turner, infatti, non fu il primo a prendere le distanze da una rappresentazione del reale netta e pulita, il suo contributo a quello che chiamiamo sinteticamente ed icasticamente “il caos della realtà”, è successivo al fondamentale apporto di quello che, in questo senso, fu il suo più grande maestro, John Constable (1776-1837).
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L’allontanamento perpetuato da Constable dallo stile figurativo tradizionale, caratterizzato dalla nettezza delle forme e dai giochi di luce plastici, è ben visibile in una delle sue opere più famose come La cattedrale di Salisbury vista dai terreni del Vescovo (1825) conservata al Metropolitan Museum of Art di New York. L’edificio, incastonato nella cornice naturale del bosco, pare assumere una dimensione celeste avendo in comune con il cielo gli azzurri e i bianchi che ne costituiscono la struttura. Di contro il primo piano dell’opera, nel presentare il bosco, si indirizza su una scelta cromatica più cupa e densa che rende difficile distinguere le figure in piedi lungo il sentiero a sinistra, adombrate come sono dalla fitta vegetazione. L’attenzione di Constable al pittorico puro è riscontrabile non tanto nel soggetto della cattedrale quanto nella raffigurazione del cielo così come nelle fronde degli alberi o nello specchio d’acqua a cui si abbeverano le mucche: i particolari si sfumano, i colori si mischiano e, pur essendo ancora perfettamente riconoscibile il 
soggetto, si ha l’impressione di vederlo sfuocato, non del tutto definito. In questi pochi esempi pare infatti che il colore abbia rinunciato ai limiti imposti dal disegno, dalla linea e, indifferente a qualsiasi confine figurativo, si sia sparso per la tela mischiandosi indiscriminatamente con gli altri.
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Il processo appena descritto è ancora più evidente ne La casa di Willy Lot, opera datata 1810 e conservata a Londra presso il Victoria and Albert Museum. Se, nel dipinto precedente, nonostante gli addentellati la sostanza della forma è mantenuta, in questa piccola tela è tematizzato al meglio quello che significa il distacco dell’elemento pittorico all’interno dell’arte figurativa: cadute le “barriere protettive” del disegno, il colore si diffonde a grandi macchie e pennellate fini. Il soggetto, nonostante tutto, è ancora ben visibile (la casa, gli alberi, il cane, il laghetto…) ma la composizione appare confusa, indefinita e precaria.
Con Constable si inaugura la prima fase della disintegrazione dell’immagine a favore di un elemento pittorico totalizzante: successori di questa tendenza saranno appunto Turner, gli impressionisti, i fauves, inabis e molti altri fino ad arrivare all’astrattismo di Kandinsky e soprattutto all’espressionismo astratto di Pollock in cui tutta la composizione è costituita solo dal colore colato sulla tela, quasi senza la mediazione umana.

Luca Fumagalli-http://radiospada.org/