venerdì 25 aprile 2014

Papato e infallibilità in De Mattei e Padre Manelli: un'analisi

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di Pietro Ferrari

In questo studio ho cercato di commentare, in chiave critica, due interessanti libri di Roberto De Mattei e di Padre Stefano Manelli sul papato e, in parte, di confrontarli sulle questioni più attuali.
Roberto De Mattei: ‘Vicario di Cristo – Il primato di Pietro tra normalità ed eccezione’ (Fede e Cultura, Verona 2013)
Pag. 8:
La fecondità storica del movimento conciliare avrebbe toccato il suo apice col decreto haec sancta del Concilio di Costanza (1417) secondo cui il Concilio ha direttamente da Cristo la sua potestà ed è dunque superiore, o almeno uguale, al Papa.
Tale documento ebbe valore legislativo più che dottrinale ed a torto viene ripreso dai difensori della collegialità episcopale, per limitare e ridimensionare il potere papale. Fu un caso straordinario nella storia della Chiesa, che dovendo chiudere la fase dello Scisma d’Occidente, ottenne la rinuncia di Gregorio XII e la deposizione di Giovanni XXIII e di Benedetto XIII. Infatti sempre nel XV Secolo, Eugenio IV e Pio II condannarono il “conciliarismo”.
Pag. 21:
Gesù infatti, costituendo il Primato, dà alla sua Chiesa una forma gerarchico-monarchica, che le è specifica: questa forma non potrebbe essere mutata dagli uomini senza che muti la Chiesa stessa, anzi senza che essa si dissolva, si disperda senza pastore, perdendo il suo fondamento e vincolo di unità.
Importante precisazione che oggi andrebbe soppesata con la deriva postconciliare, che ha voluto invece rafforzare la Collegialità Episcopale insegnata da Lumen Gentium. Joseph Ratzinger ridimensionava la portata del Primato di Giurisdizione già in Principles of Catholic Theology riguardo le pretese degli scismatici orientali, (1982, pp. 197,198 - cit. nel seguente articolo).
K. Wojtyla, nella Ut Unum Sint:
…trovare una forma di esercizio del Primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova…Il Concilio dice che "la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui" e nel contempo riconosce che "al di fuori del suo organismo visibile si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica". "Perciò le Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto prive di significato e valore. Lo spirito di Cristo infatti non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, la cui efficacia deriva dalla stessa pienezza di grazia e di verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica”.
Oggi J.M. Bergoglio, nella Evangelii Gaudium:
Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato … Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria.
Sarebbe superfluo ricordare invece come la dottrina consolidata insegni che Extra Ecclesia nulla Salus. Se cambia il concetto di Ecclesia, così come intesa fino a Pio XII (Mystici Corporis), è ovvio che in Essa vi possono essere anche eretici e scismatici. Se muta l’esercizio del Primato in un’ottica collegiale allargata, occorre chiedersi se il timore espresso da Roberto De Mattei non sia già una realtà, davanti alle nuove concezioni espresse che stanno mutando quella “forma” che garantiva la “unità”. I frutti sono sotto gli occhi di tutti: dall’essere si è passati al sussistere, l’Autorità viene liquefatta ma sappiamo però che la Chiesa non può “mutare” e pertanto è più credibile che si trovi invece in uno stato di privazione.
Pag. 31:
Sono 25 (Papi n.d.r.) che vengono uno dopo l’altro, tutti martiri fino a S. Felice I; 35 santi fino a Liberio, il primo che vacillò nella fede.
Sulla figura di Papa Liberio persistono equivoci storici, sempre usati da coloro che hanno inteso attaccare l’infallibilità papale e su questo punto, non si può essere d’accordo con Roberto De Mattei. La questione è non riassumibile in poche righe e pertanto si rimanda ai seguenti studi: Contro la "leggenda nera" di Papa Liberio e Quando l'infallibilità del gregge diventa la fallibilità della Chiesa? Le novità sul caso Liberio.
Pag 64:
…come spiega un autorevole studioso…nella Costituzione Gaudium et Spes ..’nel terreno che è loro proprio, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti l’una dall’altro ed autonomi.
In realtà la dottrina tradizionale sul punto ha sempre attribuito alla Chiesa, una potestas indirecta in temporalibus (Francisco Suarez), magari ratione peccati o addirittura una potestas directa in temporalibus (San Bernardo di Chiaravalle).
Pag. 73:
È infine da tener presente che, mentre per il valido conferimento della potestà di ordine si richiede il sesso maschile, altrettanto non può dirsi, in linea di principio, per la potestà di giurisdizione.
Questa affermazione lascia molto perplessi ma, del resto, lo stesso cardinale Kasper auspica una virata in tal senso. Essa è comunque confermata da J.M. Bergoglio nella Evangelii Gaudium al n° 104, quasi compiacendosi di usare la fraseologia femminista.
Pag. 75:
È solo a partire dal XIX Secolo sotto l’influsso protestante del ‘primato della parola’, unico ministero, secondo i riformati, che appartiene a tutti i battezzati senza eccezione, che si è voluto separare il Magistero dalla potestà di giurisdizione, facendone un potere indipendente. La nuova tripartizione, Ordine, Magistero, Giurisdizione, sembra essere stata accolta dal CVII, quando nella Costituzione Lumen Gentium distingue tre diverse funzioni all’interno della Chiesa: il munus sanctificandi, il munus docendi e il munus regendi.
Inquietante e condivisibile considerazione. Se il munus docendi non è più intrinseco al munus regendi, significa molto probabilmente, che il Magistero non è (o non sarebbe più) strumento dell’Autorità, ridotta a semplice “direzione amministrativa”. Del resto l’insofferenza per l’Autorità Papale e per il Primato Petrino, come vertice della Chiesa Una, veniva espressa già con Unitatis Redintegratio:
…comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti. Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità, non possono essere accusati di peccato di separazione, e la Chiesa cattolica li circonda di fraterno rispetto e di amore. Coloro infatti che credono in Cristo ed hanno ricevuto validamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica.
Il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede J. Ratzinger, così si espresse:
Quando e come si raggiungerà la tanto desiderata mèta dell'unità di tutti i cristiani? Come ottenerlo? Con la speranza nello Spirito, che sa allontanare da noi gli spettri del passato e le memorie dolorose della separazione.
Questi nuovi insegnamenti, non sono forse i segni evidenti di uno scisma dalla Chiesa?
Pag 87-91:
Accanto al magistero straordinario, che ha la sua fonte in una definizione ex cathedra, esiste anche un insegnamento pontificio infallibile che scaturisce dal Magistero ordinario del Papa e, accanto a questo un insegnamento del Papa ‘autentico’, ma non infallibile…È necessario sapere (Salaverri) dunque quale assenso è dovuto ai decreti del Sommo Pontefice, quando egli insegna con un grado che non attinge l’infallibilità…
Il Salaverri citato da Roberto De Mattei, è in disaccordo non solo col Codex del 1917, ma anche col nuovo codice di diritto canonico che al Can. 752 indica come:
Non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell'intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina, che sia il Sommo Pontefice sia il Collegio dei Vescovi enunciano circa la fede e i costumi, esercitando il magistero autentico, anche se non intendono proclamarla con atto definitivo; i fedeli perciò procurino di evitare quello che con essa non concorda.
La Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1998 sanciva come:
Tali insegnamenti sono comunque espressione autentica del magistero ordinario del romano pontefice o del collegio episcopale e richiedono, pertanto, l'ossequio religioso della volontà e dell'intelletto...La proposizione contraria a tali dottrine può essere qualificate rispettivamente come erronea oppure, nel caso degli insegnamenti di ordine prudenziale come temeraria o pericolosa e quindi "sicuramente non può essere insegnata".
Secondo Padre Angelo Bellon (dal sito “amici domenicani”):
…non si tratta di magistero fallibile, ma vero e sicuro…Se uno rifiuta un insegnamento relativo al magistero ordinario autentico insegna una dottrina che viene classificata prossima all’errore, erronea, temeraria, pericolosa…peccato mortale indirettamente contro la fede oppure per la temerarietà.
La Chiesa pertanto non può dare insegnamenti sbagliati o falsi su fede e morale.
Prosegue il libro di R.D.M.:
L’infallibilità del Magistero ordinario pontificio scaturisce dalla sua conformità alla Tradizione….(de Aldama)… Benché il Magistero ordinario del Pontefice non sia di per sé infallibile, se però insegna costantemente e per un lungo periodo di tempo una certa dottrina a tutta la Chiesa….si deve assolutamente ammettere la sua infallibilità; in caso contrario la Chiesa indurrebbe in errore.
Occorre chiedersi allora, se così fosse, quanto tempo bisogna attendere per sapere se quel dato insegnamento è infallibile, cosa significhi “breve periodo” e perché un insegnamento sbagliato pronunciato anche una sola volta, non indurrebbe comunque in errore il gregge. La Sacra Scrittura e la Tradizione sono la fonte e la “regola remota” della Fede, laddove il Magistero è “regola prossima”, mai ambigua o fonte di equivoci volutamente irrisolti. Non può esservi altro Magistero, ed unico Magistero, di quello che conferma la dottrina rivelata “originariamente attinta dal labbro stesso del Redentore” (Mystici Corporis – Pio XII). La “conformità alla Tradizione” chi potrebbe rilevarla e garantirla, se non la Chiesa Docente? Quale “regola prossima della fede” può avere la Chiesa discente, se non il magistero papale? Il passare del tempo e il riconoscimento della Chiesa discente che quel dato insegnamento è conforme alla Tradizione, darebbero quindi al Magistero il crisma dell’infallibilità? Mi pare un ribaltamento dei termini. Agli artt. 1322 e ss. del Codex del 1917 non si fa menzione di “magisteri non infallibili”, ma si indica che una definizione solenne “del concilio ecumenico o del romano pontefice ex cathedra” necessita, per essere riconosciuta come dogmatica, che risulti “manifestamente”. Molti si fermano qui, senza leggere come sia
di fede divina e cattolica che devono essere credute tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata e che sono proposte dalla Chiesa per essere credute come divinamente rivelate, SIA NEL GIUDIZIO SOLENNE, SIA NEL MAGISTERO ORDINARIO E UNIVERSALE …non è sufficiente evitare la perversità eretica, ma è necessario fuggire anche quegli errori che a quella si avvicinano; per la qual cosa tutti devono rispettare le costituzioni e i decreti dai quali le erronee opinioni di questo genere sono state bandite dalla Santa Sede.
Prosegue R.D.M.:
Pertanto secondo il padre de Aldama la Corredenzione di Maria è dottrina già oggi infallibilmente insegnata dalla Chiesa, benché non sia stata ancora oggetto di qualche pronunciamento straordinario, sia pontificio che universale”. A questa infallibilità di insegnamento della Chiesa docente unita ai successori di Pietro, corrisponde un’infallibilità di credere nella Chiesa discente basata sul senso della fede…Il sensus fidelium, attestante una dottrina come rivelata può essere inteso, in questo senso, come criterio della divina Rivelazione. Se infatti il gregge dei fedeli, nel suo insieme potesse errare, credendo come rivelazione ciò che non è tale, sarebbe frustrata la promessa della divina assistenza della Chiesa.
È verità di fede rivelata ed insegnata che Maria è Corredentrice, anche in mancanza di una dichiarazione solenne. Qui appare eccessivo asserire una sorta di “infallibilità passiva” del gregge, basata sul sensus fidelium, dopo aver negato l’infallibilità del magistero ordinario “di per sé”, se non testato dal passare del tempo.
Pag. 94:
San Roberto Bellarmino spiega che solo dalle parole del Concilio si può sapere se i suoi decreti sono proposti come infallibili…Il CVII…ha proposto insegnamenti autentici non certo privi di autorità. Il suo Magistero è autorevole e supremo. Ma solo chi ignora la teologìa – ed è privo anche del più comune buon senso – potrebbe attribuire un grado di “infallibilità” a tutti i suoi insegnamenti. Laddove essi suscitino dei problemi, il supremo criterio di ermeneutica è rappresentato dalla Tradizione…
Si rimanda a quanto già evidenziato in precedenza (magistero autentico, Codex del 1917, Tradizione), facendo notare come riguardo al CVII, occorra riferirsi non tanto ad una generica enunciazione di “concilio pastorale” per poter considerare tutti gli atti “non infallibili” o addirittura “non vincolanti”, ma a quanto scritto e dichiarato in ogni singolo testo ed a come tali singoli documenti o parte di essi, sono proposti. Ad esempio la Dignitatis Humanae del CVII così termina:
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.
Appare chiarissimo come, al di là delle ricorrenti polemiche sulla mera pastoralità del CVII, tale documento si presenti come insegnamento vincolante, retto dalla Rivelazione su materia connessa alla Fede. Bisogna precisare e ribadire come la “pastoralità” (vera o solo asserita), comunque non è sinonimo di “fallibilità”, come se potesse scindersi dalla dottrina senza avere fondamento.
Pag. 106:
La Costituzione Universi Domenici Gregis, con cui GPII ha voluto regolare il caso di Sede Vacante, prevedendo che ciò possa avvenire non solo a causa della morte naturale del titolare dell’ufficio, ma quavis ratione, per qualsiasi altro motivo.
Anche per Karol Wojtyla dunque, i casi in cui è possibile una situazione di sede vacante, non si esauriscono nel normale avvicendamento tra due pontefici dopo la morte del primo.
Pag. 121-125:
'Prima sedes non judicabitur a quoquam’, che Graziano ricorda nel suo Decreto: ‘A nemine est judicandus, nisi deprehenditur a fide devius’ (non debba essere giudicato da nessuno, a meno che non si allontani dalla fede)…i decretisti medievali spiegano che, cadendo nell’errore contro la fede, il Papa cessa di essere il Capo della Chiesa, si autoesclude dalla gerarchia…La sentenza della Chiesa non è che la constatazione di un fatto. Non si tratta di deporre un Papa eretico, ma di constatare che un Papa è decaduto dalla sua funzione per colpa di eresia…esiste una incompatibilità in radice tra la condizione di eretico e il possesso della giurisdizione ecclesiastica…
Su questo punto, non possiamo non essere d’accordo col professor De Mattei e ci chiediamo cosa deve ancora accadere, dopo cinquanta anni, per far sì che avvenga la constatazione del fatto da parte dei vescovi.
Pag. 127-129:
(Wilmers) …un Papa dubbio è un Papa nullo. Colui la cui autorità è incerta non può obbligare alcuno ad obbedirgli…Colui che elevato al papato in modo non canonico, se ne attribuisce la dignità e l’autorità, viene definito anti-papa. A proposito di un Papa dubbio è necessario sottolineare che l’accettazione pacifica di un Papa da parte di tutta la Chiesa è il ‘segno e l’effetto infallibile di una elezione valida’
Su questo punto, come in precedenza, si rimane perplessi riguardo al potere assegnato alla Chiesa discente. L'autorità che tradisce i suoi doveri tradisce se stessa. I papi scioglievano dal dovere di obbedienza verso i regnanti eretici. Mutatis mutandis la stessa gerarchia pontificia può perdere l'autorità o può non averla ab initio se non è legittima, altrimenti sarebbe Cristo il vicario del Papa in Cielo! Se tutto ciò vale per ogni autorità, vieppiù per l'unica monarchia di diritto divino, a meno che non si voglia più considerare tale ed in questo ha contribuito sia la crisi dell'idea stessa di monarchia come istituzione temporale, che il modernismo sociale (democratismo sedicente cristiano).
Pag. 132-133:
(Vitòria) …si deve resistere in faccia al Papa che pubblicamente distrugge la Chiesa, per esempio concedendo benefici ecclesiastici solo per danaro…..se volesse dare tutto il tesoro della Chiesa ai suoi parenti… (San Roberto Bellarmino) …così come è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime, o che perturba l’ordine civile, o, soprattutto a quel che tentasse di distruggere la Chiesa…
È ovvio che davanti ad un Papa che volesse incendiare il Vaticano, svendere tutto il patrimonio ecclesiastico, stuprare le suore, rapinare un negozio, sarebbe lecito e doveroso resistere ma non mi pare che la situazione odierna sia questa.
Pag. 134:
(Wernz e Vidal)…è fuor di dubbio che anche sul terreno dottrinale vi sarà posto per casi di coscienza gravissimi, che rendano lecita o perfino obbligatoria la resistenza del fedele alla suprema autorità ecclesiastica…
Lo stesso Bellarmino conclude a favore della decadenza del “Papa eretico”. Non si deve confondere la persona privata di Bergoglio col "pontefice" Bergoglio. Le interviste sono fatte al "Papa" o al "privato"? Quello che Bergoglio insegna dal Soglio anche coi Discorsi e col suo “magistero ordinario e universale”, è cattolico? Molti amici non vogliono realizzare che se Bergoglio fosse davvero l'Autorità legittima in punto di giurisdizione, il suo "magistero" (come quello dal CVII in poi) sarebbe la prova della FINE della Chiesa. Non potendo non credere invece alla Sua indefettibilità, non possiamo non concludere che Bergoglio e i suoi predecessori conciliari, non hanno mai avuto l'Autorità e pertanto non si tratta di DISOBBEDIRE AL PONTEFICE O DI RESISTERGLI (cosa sbagliata e impossibile nel lungo periodo, vieppiù su questioni di fede e morale), ma di CONSTATARE la loro non legittimità e l'inesistenza del loro "magistero". Lo stato di "eccezione" o le pretese "ambiguità" non possono diventare costanti, senza cessare di essere tali: dopo 50 anni il percorso di apostasia è EVIDENTE nello sviluppo coerente che sta avendo, anche riguardo alla prassi.
L’esplicita solidarietà del sito Corrispondenza Romana e del prof. De Mattei, nei confronti dei Francescani dell’Immacolata (vittime dell’equivoco ratzingheriano), ha indotto molti a ritenere che vi fosse una convergenza teologica e dottrinale a fondamento della stessa. Apparirà curioso notare invece, come il fondatore dell’Ordine dei FFI abbia idee per niente coincidenti con quelle di Roberto De Mattei circa l’infallibilità papale.
P. Stefano Maria Manelli: Il Papa (Casa Mariana Editrice, Castelpetroso (IS), 1995)
Pag. 63-74:
Il Papa è il maestro universale della Fede e della Morale; è il maestro che insegna a tutti gli uomini a credere secondo verità e a operare rettamente per raggiungere il Regno dei Cieli…veramente eccezionale, perché è un maestro che non può mai sbagliare nel suo insegnamento di fede e morale al popolo di Dio: è un maestro cioè, ‘infallibile’…(anche n.d.r.)’quando, pur senza arrivare ad una decisione infallibile e senza pronunciarsi in ‘maniera definitiva’, propone nell’esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di Fede e Costume’ (catechismo n° 892)…L’impeccabilità è immunità dal peccato…L’infallibilità pontificia, invece, è immunità dall’errore in materia di fede e di morale e riguarda l’insegnamento che il romano Pontefice rivolge al popolo di Dio…Lo Spirito Santo assiste personalmente il Papa in questo compito e lo rende fedele custode del deposito della Fede e della Morale. Per questo egli non può errare nel guidare i fedeli sulla via sicura della salvezza e della santificazione…l’infallibilità si estende anche a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della Fede non possono essere custodite, esposte o osservate (Catechismo n° 2035). Ma l’infallibilità del Papa come Pastore universale non esclude che egli possa errare come persona privata…Per il dono dell’infallibilità personale, il romano Pontefice, qualora volesse deviare dalla retta fede e morale ne sarebbe impedito dall’assistenza speciale dello Spirito Santo…esempi mirabili…contro l’antico Ario, ad esempio, che negava la divinità di Cristo, convincendo e tirando dalla sua parte un gran numero di vescovi della Chiesa d’oriente, il romano Pontefice rispose opponendosi risolutamente e fermamente, appoggiando il grande Padre della Chiesa Sant’Atanasio…L’unità dell’insegnamento sostiene l’unità della Fede. Un insegnamento infallibile, poi, garantisce al massimo l’unità della fede tra i credenti e non può ammettere divisioni dal momento che elimina ogni possibile questione secondo le opinioni personali…Oggetto dell’infallibilità del Papa sono anche l’interpretazione del vero senso della Sacra Scrittura e della Tradizione, la condanna di errori contrari alla fede e ai costumi, le canonizzazioni dei santi, le approvazioni delle Regole per la vita consacrata…in due modi: col magistero solenne, attraverso le bolle dogmatiche con cui definisce la verità rivelata; col magistero ordinario universale, attraverso discorsi, encicliche, esortazioni, lettere ed ogni altra forma di comunicazione con cui trasmettere il patrimonio di fede della Chiesa.
Ed ancora Padre Stefano Manelli:
Pag. 10-14:
…San Vincenzo de’ Paoli…: ‘il Papa è come un’altra specie di uomo, tanto è al di sopra degli altri. Noi dobbiamo dunque riguardarlo come Nostro Signore e Nostro Signore in lui’… Santa Caterina da Siena…chiamava il Papa Dolce Cristo in terra…se Gesù è presente in ogni autorità, tanto più sarà presente in colui che ha ricevuto da Lui stesso la somma autorità su questa terra…Se ogni cristiano, infatti è prolungamento di Cristo, quale membro del Corpo Mistico, il Papa è prolungamento di Cristo quale Capo del Corpo Mistico. Gesù è il Capo del Corpo Mistico, che è la Chiesa celeste e terrestre. Il Papa esercita anch’egli le funzioni di Capo della Chiesa con poteri sovrumani sulla terra e nei cieli: infatti ciò che lui scioglie o lega sulla terra, viene sciolto o legato anche nei cieli (cf Mt. 16, 19)…Per questo Sant’Alfonso dei Liguori diceva che “la volontà del Papa è la volontà di Dio”. E San Giuseppe Cottolengo insegnava, nelle sue catechesi, che “alla voce del Papa si deve prestare obbedienza come alla voce stessa di Dio. Riceviamo le parole del Santo Padre non altrimenti che quelle di Gesù Cristo, perché questi è che parla per la sua bocca.
È sulla valutazione non tanto del papato in astratto, ma ad esempio di GPII, che non appare condivisibile l’idea che ne aveva il francescano.
Pag. 26:
Noi crediamo sinceramente che, per la storia futura, il Papa Giovanni Paolo II sarà in particolare il ‘Papa della Corredentrice’…Che il papa Giovanni Paolo II ‘figlio prediletto della Corredentrice’, porti alla definizione dogmatica la verità di fede della ‘Corredenzione mariana’.
Invece alla Ud. Gen 24 gennaio 1996, Wojtyla:
Gli esegeti sono ormai concordi nel riconoscere che il testo della Genesi, secondo l’originale ebraico, attribuisce l’azione contro il serpente non direttamente alla donna, ma alla stirpe di lei.
Tale definizione contrasta quanto San Pio X insegnò in data 08.09.1903, Ins. Pont. § 226:
A Voi o nostra Madre benedetta, nostra Regina e nostra Avvocata, Voi che avete schiacciato la testa del nemico...
come anche Pio XII, il 26.07.1954, Ins. Pont. § 652:
...L'immacolata schiaccerà coi suoi piedi il serpente infernale.
Se è vero che nel testo ebraico del Genesi viene usato un termine neutro, più idoneo a mettere in evidenza il”seme” di Maria e quindi l’azione del Cristo, la Vulgata latina da considerarsi inerrante, preferì il termine “ipsa” (e non “ipse”), proprio per dare meglio a comprendere il ruolo di Maria , che coopera intimamente col Figlio nell’economìa della salvezza.
Alla Ud. Gen 23 aprile 1997, Wojtyla:
Gesù sulla Croce non ha proclamato formalmente la maternità universale di Maria, ma ha instaurato un concreto rapporto materno tra Lei e il discepolo prediletto.
Molto più chiaramente il Congresso Mariano (O.R. 04/06/1997):
Avendo chiesto la Santa Sede che questo XII Congresso Mariologico Internazionale, che si sta celebrando a Czestochowa (Polonia), studiasse la possibilità e l'opportunità della definizione dei titoli mariani di «Mediatrice», «Corredentrice» ed «Avvocata», come certi circoli sollecitano attualmente dalla stessa Santa Sede, è parso opportuno costituire una Commissione scegliendo quindici teologi specificamente preparati nella materia…il termine "Corredentrice" non viene adoperato dal magistero dei Sommi Pontefici, in documenti di rilievo, dai tempi di Pio XII…I titoli, come vengono proposti, risultano ambigui…tali titoli, e le dottrine ad essi inerenti, necessitano ancora di un ulteriore approfondimento in una rinnovata prospettiva trinitaria, ecclesiologica ed antropologica. Infine i teologi, specialmente i non cattolici, si sono mostrati sensibili alle difficoltà ecumeniche che implicherebbe una definizione dei suddetti titoli.”. Mentre Leone XIII, in Octobri Mense del 22.09.1891: “... Gesù l'ha proclamato dall'alto della Croce, quando ha affidato alle sue cure ed al suo amore la totalità del genere umano nella persona del discepolo Giovanni...” e Benedetto XIV, 22.05.1918: “...Immolò suo Figlio per placare la giustizia di Dio, cosicché si può giustamente dire che Lei ha col Cristo riscattato il genere umano...”. Lo stesso Pio XI, in data 30.11.1933: “E' precisamente ai piedi della croce, durante gli ultimi momenti della sua vita, che il Redentore l'ha proclamata nostra Madre, la Madre di tutti: "Ecco tuo figlio", le disse parlando di san Giovanni che rappresentava tutti noi...
Conclude Padre Manelli a Pag. 42-44:
Il Primato pontificio ha una funzione sociale costante: per la crescita omogenea del corpo di cui San Pietro è il ‘capo’…per la stabilità della casa di cui san Pietro è la ‘pietra’…per il retto camino del popolo di Dio di cui san Pietro è il ‘Pastore’ e guida con il compito di impedire lo sbandamento e la dispersione delle ‘pecore senza pastore’(Mc 6,34)…senza la presenza e la forza direttiva del Capo, tutto il corpo della Chiesa cade nel disordine e nel caos, prima o poi.
Molti dicono che Joseph Ratzinger "si è dimesso", non che "ha abdicato" o che "ha rinunciato al papato", anzi, per molti addirittura sarebbe ANCORA Papa! Un Papa che abdica è una tragedia che diventa farsa se non ci sono motivi chiari: troppi infatti sono convinti che Ratzinger sia stato "costretto" a farlo, contribuendo ad alimentare la soap opera complottista, ma scagliandosi contro altri bersagli e senza capire che così facendo gli rimproverano di aver dichiarato il falso. Abbiamo oggi due Papi, un Papa e mezzo, un Papa solo? Se il Male alligna talmente nella Chiesa, da “costringere” un Papa ad addurre falsi motivi per abdicare, cosa pensare del suo successore e del conclave che li ha eletti entrambi? Tutto questo mentre nella Chiesa si agitano gruppi contrapposti, ma in comunione reciproca, con un vertice sempre incompreso o travisato. La constatazione del disordine e della disunità attuali, non dovrebbero indurre quanto meno a dubitare della presenza del Capo?

Fonte: http://radiospada.org/