sabato 13 giugno 2015

Un’idea contro la crisi della scuola: non mandarci più i figli

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di Maurizio Blondet
Nota preventiva di MB: la scuola pubblica italiana, in mano alla casta insegnantizia,   fa’ solo perdere del gran tempo ai ragazzi. Lo so per esperienza avendo fatto qualche lezione doposcuola a un ragazzino di terza media: libri di testo idioti e sgangherati, pieni di luoghi comuni e politicanete corretto; la letteratura e la lingua italiane del tutto dimenticate nelle antologie; lingue insegnate come infarinatura da docenti che evidentemente non le conoscono, lezioni e compiti tirati via..Ah sì, e moltissima “ducazione al gender”. Un enorme spreco di energie che gli studentelli potrebbero utilizzare meglio. Per esempio imparando un mestiere. Come già fanno tanti ragazzi svegli del Sud che abbandonano la scuola pubblica per diventare apprendisti in Camorra, Mafia e ‘Ndrangheta, che sono le vere imprese di successo nel loro settore (anche se insidiate dalla competizione globale: le Triadi cinesi, le gang albanesi).
A questo disastro i genitori consapevoli possono trovare una via d’Uscita:   lo homeschooling. In America è ormai un’esperienza di lunga data, e di ottima riuscita. Qui in Italia sarà una lotta, perché la casta insegnantizia, parassitaria e inadempiente, non vorrà certo farsi sottrarre il grasso che cola. Ricordino almeno, i genitori consapewvoli, che il diritto dovere di educare i figli appartiene a loro. Alla Casta statale, lo delegano. Ma possono – e forse devono – riprenderselo quando la scuola è arrivata al punto in cui è.
E qui riporto la parte finale, non ideologica, di un articolo di Di Francesco Simoncelli , il 12 giugno 2015  :

Scuola dell’obbligo, homeschooling e la ricerca dell’individualità perduta.

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UNA VIA D’USCITA

Mentre scrivevo questo pezzo mi è capitato di visitare questa pagina su Facebook: Home Schooling Cles. E’ una delle tante scuole parentali presenti sul territorio italiano. Ma di questa in particolare mi sono ritrovato a vedere video e le foto delle varie attività svolte dagli alunni. E’ qualcosa di semplicemente fantastico. Un mondo praticamente a parte, dove tutti i pregiudizi sulla scuola canonica vengono annullati dall’intraprendenza e dalla preoccupazione dei genitori per i propri figli. In questo tipo di scuola i ragazzini vengono stimolati ad interessarsi dei temi che più sentono propri. Ciò li spinge a fare loro la materia, ad espandere e motivare le loro passioni. Può una giornata passa ai videogame essere considerata istruttiva? Assolutamente sì. Se i ragazzi in questione sono appassionati e amano svolgere tale attività ricreativa, saranno spronati a capire le meccaniche dietro la composizione di simili artefatti ludici in modo che da grandi essi stessi saranno in grado di svilupparne uno. Questo li incentiva a confrontarsi con la realtà percepita attraverso esperienze reali, e non dalle pagine dei libri. Pensate infatti alla chimica. Pensate alla fisica. Adesso rispondete a questa domanda: quante volte siete stati in un laboratorio alle medie e alle superiori?
Le scuole tradizionali offrono la noia. Offrono l’omogeneità. Spingono i ragazzini a fare ciòche non vorrebbero fare e che non sentono loro. Ciò fa perdere loro tempo. Ciò fa perdere loro le conoscenze che vorrebbero sviluppare più fortemente. Ciò li disconnette sempre di più dal mondo del lavoro. Perché? Perché la scuola dell’obbligo non ha come scopo quello di formare nuove leve di lavoratori. Ha lo scopo di formare nuove leve di servi. Quindi se un figlio minorenne volesse aiutare i propri genitori nella bottega di famiglia, non potrebbe: sfruttamento del lavoro minorile. E se fossero gli stessi minorenni ad “aprire” un’attività? Anche se dei ragazzini volessero aprire, ad esempio, un chiosco di limonata, non potrebbero. Lo stato interviene per ricordare cosa è giusto e cosa è sbagliato. Rimette in riga il suo presunto esercito.
Perché bisogna entrare nel mondo del lavoro solo a 18 anni? Perché bisogna andare in pensione a 65 anni? Lo stato tenta di controllare, in un modo o nell’altro, gli individui attraverso subdoli espedienti che all’apparenza sembrano innocui, mentre invece nascondono un perfido secondo fine: rendere quanto più prevedibili possibile gli attori di mercato. E’ per questo motivo che le leggi statali hanno progredito ad eliminare il ruolo fondamentale dell’apprendistato, ultima vestigia di scuola parentale indiretta seguita dalla maggior parte delle persone. Attraverso l’apprendistato, infatti, i ragazzini venivano emancipati prematuramente dal circolo vizioso della scuola dell’obbligo e potevano percorrere le proprie scelte in accordo coi loro desideri. Era una consuetudine ampiamente accettata prima che lo stato iniziasse a monopolizzare i vari settori della vita degli individui.
Fortunatamente per noi, le scuole parentali stanno spuntando di nuovo e stanno guadagnando trazione da parte della popolazione, segno che per quanto lo stato possa cercare di incanalare gli individui verso un sentiero tracciato, essi risuciranno a trovarne un altro alternativo. Passata, quindi, dall’essere vista solo come posizione anticonformista, la scuola parentale sta facendo breccia nei cuori e nei pensieri dei genitori e dei loro figli. La scuola parentale ha sempre avuto più a che fare con la libertà e la responsabilità personale piuttosto che con l’insegnamento in quanto tale. In generale, ha attratto famiglie della classe lavoratrice di tutte le etnie e religioni, che fossero desiderose di fornire un’esperienza di apprendimento nutriente e stimolante. Ma più di tutto, la scuola parentale si sta dimostrando capace di instillare un tarlo nella mente degli adulti: lo stato ha l’autorità di costringere un ragazzino a frequentare una scuola e sedersi su una sedia per oltre dieci anni?
ESPERIENZA PERSONALE: UNA STRATEGIA PER EMANCIPARSI
La cosa rinfrancante in tutta questa storia è che non tutti coloro che sono costretti a sciropparsi oltre dieci anni di scuola dell’obbligo, cadono nella trappola  del controllo statale. Non tutti escono da questo circolo mortale come degli automi pronti a difendere lo stato contro ogni riforma bottom-up ed emancipazione individuale. Una minoranza d’individui riesce a trattenere la propria individualità nonostante le nenie tedianti e la subdola propaganda veicolate dalla scuola dell’obbligo. Vorrei quindi portavi la mia esperienza, per farvi comprendere come potete aiutare i vostri figli a non commettere gli stessi errori se attualmente ancora nel tritacarne scolastico. Questa non dev’essere una strategia universale. Dev’essere uno spunto attraverso il quale aiutare i propri figli a capire come giostrarsi nel futuro e come trarre un qualche vantaggio da una situazione che tende a mortificare costantemente la vita dello studente.
La mia storia scolastica è stata caratterizzata, tutto sommato, da un buon andamento, ma c’era sempre qualcosa che disturbava la mia coscienza. C’era sempre qualcosa che sembrava fuori posto. Un esempio sono le poesie. Esse rappresentano la quintessenza dell’insegnamento all’obbedienza. Sono pochi i ragazzini che amano ripetere parole che per loro non hanno senso. Non ne capiscono il significato. Questo perché non sono interessati a studiarle. Questo perché il loro cervello si rifiuta di abbandonare l’individualità che caratterizza ogni individuo. L’atto d’imparare qualcosa a memoria predispone il giovane studente a silenziare le proprie capacità intellettive affinché possa imparare meccanicamente un determinato studio. In questo modo il cervello si abitua ad accettare l’indottrinamento meccanico, lasciando in un angolo le facoltà riflessive e critiche. In questo modo il giovane studente imparerà che c’è bisogno sempre di una figura di riferimento che riesca a spiegare le cose. Le maccanicità ripetitiva di tale esercizio conferisce all’insegnante l’alone mistico di referente ultimo della conoscenza. Non rappresenta un punto da superare, ma rappresenta un riferimento da temere e riverire in virtù della sua conoscenza. L’allievo quindi assorbe questa lezione e da adulto cercherà sempre un riferimento che gli dia un aiuto nei momenti di difficoltà. Non si baserà sulle proprie forze, ma richiederà l’intervento di qualcun altro affinché venga in suo aiuto. Questo qualcun altro è lo stato.
La meccanicità ripetitiva della scuola dell’obbligo, come abbiamo visto sino ad ora, serve infatti ad abituare l’adulto a non prendersi come figura di riferimento bensì ad affidarsi a terzi. Questo punto è ulteriormente rimarcato quando lo studente arriva alla scuola superiore. La cosa che più mi faceva sorridere allora, era come i professori si infuriassero quando qualcuno imparava qualcosa a memoria. Non si rendevano conto di come fosse la scuola dell’obbligo stessa che spingeva gli alunni ad agire in quel modo. Ma il fatto che più emergeva dalle lezioni e dalle interrogazioni era come l’insegnante non si confrontasse con gli alunni, bensì si ergesse a giudice supremo delle loro parole. Guai a superarlo! Rappresentava un affronto. Alla maggior parte dei professori non va giù un simile atteggiamento, così come allo stato non va giù che gli individui disobbediscano civilmente ai suoi dettami. Quindi non scelgono il confronto, bensì la freddezza della paura per rimettere in riga chi osa sfidare la loro autorità intellettuale. Gli alunni non devono far altro che sottostare, piegarsi, imparando una triste lezione: non c’è via di scampo dalle autorità, le ingiustizie devono essere sopportate. Ciò crea rassegnazione. In ambito strettamente scolastico ciò crea stagnazione intellettuale, perché gli alunni non devono superare il maestro bensì devono compiacerlo. Se dice una corbelleria? Soprassedere, far finta di nulla. A lungo andare la corbelleria diventa verità. Se volete una materia in particolare che straborda corbellerie, non dovete far altro che aprire un qualsiasi libro di Educazione Civica.
Se, diversamente da questa situazione, gli alunni potessero scegliersi i propri maestri non assisteremmo a queste scelleratezze. Avremmo giovani motivati ad imparare ciò in cui credono e ciò in cui ritengono d’essere più portati, invogliati a superare il proprio maestro, ad auto-migliorarsi, senza avere paura di confrontarsi. Invece oggi gli insegnanti sono imposti e devono essere intellettualmente compiaciuti affinché uno studente possa andare avanti “senza intoppi”. Ciò crea stagnazione intellettuale. Ciò crea ridondanza di concetti sbagliati.
Tramortiti come sono, gli studenti arrivano alla fine della scuola superiore senza avere idea di cosa vogliano veramente. Vengono spediti a frequentare giornate d’orientamento affinché scelgano il percorso di studi appropriato. Non ne sono in grado. Non hanno gli strumenti per giudicare. Quindi perdono anni preziosi saltando da facoltà universitarie a facoltà universitarie. Ciò li allontana dal mondo del lavoro, distaccandoli dalle esperienze formative reali di cui avrebbero bisogno per confrontarsi col mondo del lavoro. Le aziende non cercano lavoratori incapaci di svolgere un compito che invece un pezzo di carta dice che possono fare. Esse devono soddisfare i clienti. Soddisfare i clienti significa competizione, significa professionalità, elasticità mentale ed imprenditoriale. Non c’è posto per la meccanicità. I neo-laureati, purtroppo, è questa l’unica cosa che sanno offrire: meccanicità.
Questo è uno dei motivi per cui i giovani non riescono a trovare lavoro, oltre alle rigidità nel mondo del lavoro, i costi burocratici e i costi fiscali. Le facoltà universitarie, infatti, non sono luoghi dove ci si avvicina alla pratica, ma la si tiene ben lontana. I piani di studi sono pieni zeppi di materie che non hanno nulla a che fare col percorso di studi intrapreso da un determinato studente. Perché? Una parola: clientelismo. Lo stato crea una domanda artificiale di posti di lavoro per soddisfare le sue necessità clientelari ed incamerare voti. Nel lungo termine ciò porta alla bancarotta, perché tali lavori non sono in linea con ciò che richiede il mercato. Questo significa una sola cosa: aumento delle tasse.
Gli svantaggi, quindi, non sono solo a carico degli studenti, ma ricadono anche sui genitori. Quindi, cari lettori, se ci tenete davvero al futuro dei vostri figli ascoltate, e sono sicuro che ci tenete, ascoltate cosa hanno da dirvi e parlate con loro offrendo lo stesso rispetto che offrireste ad un adulto. Così come un adulto soffre a vivere in una situazione asfissiante, anche i vostri figli soffrono nel vivere in una situazione asfissiante. Parlate loro del tempo. Ogni cosa richiede tempo e c’è un prezzo da pagare quando si fanno delle scelte. Solo il tempo ci dirà se saranno state giuste, ma sviluppare sin da bambini la cosiddetta alertnessdi cui spesso parla Israel Kirzner nei sui scritti, significa avere una carta in più nel riuscire ad intuire quali saranno quelle scelte che risulteranno più vantaggiose per il nostro futuro. Imparare sin da giovanissimi cosa voglia dire il costo d’opportunità è una lezione fondamentale che porrà il vostro figlio in una posizione di vantaggio rispetto ai suoi coetanei. Inoltre, insegnate loro che esiste sempre, e dico sempre, una via d’uscita dalle situazioni asfissianti. Una semplice e banale chiacchierata può far emergere quelle preoccupazioni che attanagliano la vita dei vostri figli, permettendovi di focalizzare la vostra attenzione su di esse e trovare insieme una soluzione. Come appena detto, per ogni cosa c’è un prezzo da pagare, ma far continuare la situazione asfissiante come se niente fosse potrebbe rivelarsi il prezzo più alto da pagare.
Facendo sviluppare ai vostri figli la capacità di “dare un prezzo a tutto”, essi si guarderanno attorno riscoprendo il pensiero critico e la loro individualità. Saranno in grado di individuare con precisione le situazioni asfissianti e, man mano, ridurre la pressione soffocante che riversano su di loro. In questo modo un giorno potrebbero svegliarsi e scoprire di non aver più grane nella loro vita. Sarebbero liberi. E’ questa la più grande eredità che potete lasciare ai vostri figli.
CONCLUSIONE
Non esiste eccezione a questa regola: prima si paga il prezzo di qualcosa, minori saranno i costi. Più a lungo una situazione avvilente e deprimente va avanti, più le persone non si sentiranno in obbligo di pagare il prezzo del cambiamento. La scuola dell’obbligo non fa eccezione. Annichilimento dell’individualità e sottomissione sono i suoi compiti ufficiali. Più le giovani menti si sottoporranno a questo trattamento lobotimizzante, più non riusciranno a trovare una situazione d’uscita ai loro malanni, più non capiranno quale sia l’origine dei loro problemi, più si sottometteranno ai tiranni di turno. Il prezzo da pagare per evitare tutto ciò, in questo caso, è rivolgersi all’homeschooling che fornisce un’alternativa valida alle scuole tradizionali e coltiva le vere aspirazioni degli studenti che le frequentano, conservando nel loro animo la loro preziosa individualità e coltivando la responsabilità individuale.
Nel mio piccolo ho voluto tendere una mano ai giovani studenti pensando ad un testo base legato ad argomenti economici che li possa aiutare ad avere una visione chiara della realtà economica che li circonda. Fornire loro gli strumenti di base per non cadere vittima di quella credenza velenosa che presuppone la presenza di un potere centrale affinché risolva i problemi che lo stesso potere centrale crea. In questo caso, il prezzo da pagare è quello di rivolgersi al decentramento. Il libro che ho scritto vi spiega il perché. Si adatta benissimo ad essere utilizzato anche per l’homeschooling. Si chiama L’Economia E’ un Gioco da Ragazzi ed è disponibile su Lulu.com e anche su Scribd.
Uscire dalle situazioni asfissianti ha un prezzo. La conoscenza ha un prezzo. Questa è un’opportunità. Siete pronti e disposti a coglierla?
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Note
[1] The Underground History of American Education: A School Teacher’s Intimate Investigation Into the Problem of Modern Schooling, John Taylor Gatto (Odysseus Group, novembre 2000), Capitolo 7: “The Prussian Connection”.


Fonte (http://radiospada.org/)