giovedì 25 giugno 2015

Critica del Pensiero Liberale


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di Alessandro Elia (Fonte: http://radiospada.org/)
Il liberalismo è un contenitore ideologico privo di contenuti ma pieno di contraddizioni, che racchiude tutto e il contrario di tutto fuorché il rispetto della Legge di Dio. È impossibile criticarlo senza essere ricacciati nelle categorie ideologiche del passato, che oggi vengono aprioristicamente demonizzate per magnificare l’epoca contemporanea, ingannevolmente proclamata post e anti-ideologica e presentata come l’unica soluzione possibile.
Il nocciolo del pensiero liberale sta nell’idea di emancipazione, di liberazione da qualsiasi legame, con la speranza di giungere a una presunta umanità liberata. Un’ideologia che va a braccetto con il mondialismo, il globalismo, il superamento dei confini, il cosmopolitismo. In sostanza: l’universalismo di stampo massonico. Punta a un’emancipazione individualista, slacciata dai legami sociali, territoriali, tradizionali, familiari. Nega, essenzialmente, che l’uomo sia per sua natura un essere sociale e intrinsecamente relazionale. A ben vedere, infatti, lo stato ultimo dello sviluppo del liberalismo è necessariamente la solitudine.
La ragion liberale è convintamente ateista e rifiuta la legge naturale poiché non ammette che la realtà sia frutto di un disegno divino. Secondo la sua logica demoniaca, l’esistente è un prodotto casuale, ingiusta combinazione da correggere, se non addirittura da cancellare. La cultura è concepita come emancipazione dalla natura. Il vero nemico del liberal è l’Origine, l’esistente, il reale e combatte costantemente contro ciò che è già stato.
Questo cancro della nostra società qual è il liberalismo, è stato elevato da ideologia a categoria a priori universale, affermandosi in tal modo in maniera fittiziamente totalizzante. Il suo cavallo di battaglia è il relativismo, di cui si serve per affermare senza criterio alcuno, in nome della libertà e del rispetto, le differenze, che così facendo vengono azzerate, agevolando l’avvento dell’uniformità propria della dittatura del Pensiero unico. Con l’alibi di indebolire posizioni radicali ed estremistiche, di fatto, il liberalismo produce conformismo, perdita della specificità, omogeneità.
Uno dei princìpi cardine del pensiero liberale è intrinsecamente contradditorio poiché si contrappone all’ideale stesso di libertà. Si tratta della tesi di Popper, che sostiene: “In nome della tolleranza, noi proclamiamo il diritto di non tollerare gli intolleranti”. Nella pratica si traduce in una dittatura ideologica che costringe ad allineare tutte le opinioni con il pensiero dominante. “Intollerante” potrebbe essere chiunque, a seconda di chi detiene il potere ideologico. Qualsiasi pensiero veramente antagonista – e non semplicemente antagonista ma segretamente complementare, come destra e sinistra – è tacciato di “intolleranza” e perciò viene squalificato in partenza. Con questa strategia il liberalismo accorcia le distanze dal totalitarismo e gli somiglia. La differenza sta nel fatto che il dominio assoluto nel liberalismo è come una gabbia invisibile, perché difatti si autoproclama tollerante e liberale, appunto, ma il suo potere assoluto rimane velato.
Avendo come antagonisti il passato, la Tradizione e l’Origine, la società liberale non può che fondarsi su un contratto sociale, poiché non esiste alcun legame in una società priva di un’identità. Di qui deriva il suo nesso con il libero mercato, che fa da collante e scandisce le note melense di uno spartito malfatto, producendo una musica disarmonica, tipica delle società che si beffano di Dio, divenendo idolatre adoratrici del denaro e quindi di Satana. Il liberalismo è una protesi del mercantilismo in cui l’interesse e l’utilità sono la principale ragione pratica e teorica dell’individuo e della società. Dunque niente spazio per la comunità, la famiglia e le relazioni, ma solo bieco utilitarismo che mercifica perfino il corpo umano (vedi l’utero in affitto).
Il liberalismo era ideologia elitaria (massonica) e ha fatto leva sul desiderio di trasgressione e individualismo degli uomini per rendersi appetibile e conquistare le masse con il liberismo, cioè l’egoismo individuale fatto sistema. Non a caso l’intesa fatale tra liberismo (economico) e liberalismo (ideologico) è sfociata nel libertinismo e quindi nella sacralizzazione dell’immoralità.
Il dispotismo moderno non è dovuto alla negazione della libertà, bensì al suo rovesciamento che la innalza fino ad assolutizzarla, capovolgendola da mezzo a fine. In questo modo la libertà non è un presupposto subordinato ma trascendenza inviolabile. Questa scimmiottatura della libertà è in realtà liberazione, ossia libertà da e non in vista di. Invece una società retta sa trarre vantaggio dalla libertà e la erige a responsabilità, cioè libertà per. Infatti la libertà è una condizione necessaria ma non sufficiente.
Sia Marx che Gentile consideravano le proprie idee politiche come liberalismo assoluto e invece produssero teorie totalitarie. Contrariamente al comun pensiero, il totalitarismo non è una resistenza alla modernità; non un conservatorismo armato e impositivo, ma il suo opposto. Le rivoluzioni che hanno portato ai totalitarismi sono fondamentalmente gnostiche e quindi animate da un’ideologia che era antagonista e marginale nell’era pre-moderna. Il totalitarismo sostituisce la Divina Provvidenza con la mera ragione umana e la assolutizza a tal punto da innalzare l’Io al posto di Dio. Non rispetta un legame sociale, ma impone un contratto sociale. Non autorità, dunque, ma autoritarismo, cioè una sua perversione. Il totalitarismo è utopico e in contrasto col reale, ideologico e impersonale: odia il limite ma pretende l’illimitato, nega la Divinità ma divinizza l’uomo. È conforme alla modernità poiché ne condivide l’essenza: dal sogno (illusorio) di realizzare l’assoluta libertà, alla liberazione dal reale e dall’autorità, per giungere fino all’auto-redenzione di un uomo nuovo in un mondo pienamente emancipato. Il cuore del liberalismo si trova nell’idea di un’umanità perfetta e onnipotente, auspicando il trasferimento del paradiso in terra.
Sembra paradossale ma oggi è necessario ricordare che per ovvie ragioni dottrinali e morali, i cattolici hanno il dovere per vocazione, non solo di non aderire, ma anche di opporsi con fermezza, secondo le proprie possibilità, al liberalismo e alle sue logiche incompatibili con la Fede. Solo per fare un esempio, la laicità dello Stato, grave offesa alla Regalità del Signore, è un dogma del liberalismo. Nell’Enciclica Quas Primas, dell’11 settembre 1925, Pio XI afferma: “La peste della età nostra è il cosí detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi”. In seguito, il Pontefice allora regnante spiega che, “Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] con l’azione e con l’opera loro, sarebbe dovere dei Cattolici […]”.
Oltre ad essere insufficiente schierarsi contro il cosiddetto “matrimonio” tra persone dello stesso sesso e altre leggi malefiche senza però condannare il liberalismo, è anche schiettamente ipocrita. È la logica illogica democristiana del cattolico da compromesso, che scende a patti col mondo – lo stesso mondo che ha ammazzato Cristo – e magari cerca di ripulire il fiume intervenendo nel punto in cui sfocia nel mare senza mai andare alla sorgente.