martedì 13 maggio 2014

La Controrivoluzione vandeana

- di Massimo Viglione - 


La Controrivoluzione vandeana

Quanto accadde nel dipartimento della Vandea durante gli anni più cruenti del terrore rivoluzionario giacobino può essere di fatto definito come il primo genocidio pensato, organizzato e perpetrato dal primo governo totalitario della storia umana.
Nel 1789 era iniziata la Rivoluzione Francese. Alla prima fase di questa, “monarchico-costituzionale” (17/VI/1789-10/VIII/1792), solo apparentemente più moderata (è proprio in questi anni che viene votata la Costituzione Civile del Clero, che segna l’inizio della persecuzione legale della Chiesa e della religione cattolica e quindi lo scisma dalla Chiesa di Roma), nel 1792 succede la seconda fase, quella repubblicano-giacobina, vale a dire quella del Terrore, della dittatura di Robespierre, delle stragi di massa, della guerra civile, dell’eliminazione della Famiglia reale e di 500.000 persone, della scristianizzazione forzata e violenta, e, quindi, della rivolta vandeana contro tutto questo.
La tragedia ha i suoi prodromi già alla fine dell’estate del 1792, quando, giunta la notizia dell’arresto della Famiglia reale, della caduta della monarchia e dell’istituzione della Prima Repubblica Francese, che esordisce con i massacri inusitati e folli del 2-3 settembre (5-6000 persone trucidate in due giorni senza processo né accusa formale), migliaia di contadini vandeani, al ritorno dai campi, anziché andare a usufruire del meritato riposo, si fermavano ai crocicchi delle vie, dinanzi a croci o edicole della Ss.ma Vergine, a recitare il rosario per il Re e per la salvezza della Francia cristiana, suscitando le prime irrequietezze dei locali funzionari giacobini.
Nei mesi successivi, con l’esecuzione di Luigi XVI, con l’arrivo al potere della dittatura giacobina di Robespierre, con l’inizio del Terrore istituzionalizzato e della scristianizzazione, in un progressivo crescendo i vandeani prendono le armi e iniziano la rivolta, obbligando di fatto i quasi sempre reticenti nobili locali a mettersi al loro comando.
Nel 1793 la Vandea insorge e di fatto dichiara guerra alla terroristica e totalitaria Repubblica Francese: è l’inizio della più atroce tragedia della storia fino a quei giorni, e di una delle più atroci di tutti i tempi.

I primi tentativi di soppressione

Da principio, da Parigi inviano guarnigioni militari, con l’idea che solo alla vista di soldati e fucili quei villici si sarebbero sciolti come neve al sole. Il problema però era che le guarnigioni non facevano più ritorno, mentre i villici aumentavano a migliaia in una impressionante progressiva partecipazione, divenendo di fatto una sorta di armata insurrezionale incontrollabile, unita dal simbolo del Sacro Cuore di Cristo sormontato da una piccola croce (rosso su sfondo bianco) e dal grido di “Viva Luigi XVII” (il piccolo Delfino ormai prigioniero dei sanculotti parigini, ove troverà morte orribile fra sevizie di ogni genere).
Dopo alcuni tentativi falliti, la Convenzione si pone seriamente il problema, e lo affronta come si può affrontare un’invasione militare straniera sul suolo nazionale. Anzi, peggio, in quanto, mossi dall’odio ideologico, i convenzionali iniziano a parlare di doveroso sterminio.

Sterminare i vandeani

Il dibattito si svolge in tre fasi: anzitutto, fa la sua comparsa il termine “sterminio” (a opera del ministro Carrier) fin da subito, nell’aprile 1793.
La seconda fase è quella giuridica (il diritto al servizio del terrorismo ideologico, è il primo caso di totalitarismo rivoluzionario della storia). Il 1° agosto 1793 la Convenzione dichiara la necessità di distruggere fisicamente la Vandea.
Il 7 novembre 1793 la Convenzione, dopo aver stabilito la distruzione e lo sterminio, proclama la “catarsi” della Vandea, il cui nome (Vendée) viene trasformato in Vengé, cioè “vendicato”, “purificato”.

Infine, nella terza fase del dibattito parlamentare, ci si pone il problema di come effettivamente sterminare i vandeani, i quali, come disse un deputato, «sono cattivi e sono così cattivi che si rifiutano di farsi uccidere e si difendono». E allora Robespierre non tollerò più debolezze: «Bisogna soffocare i nemici del popolo con il terrore, bisogna che i briganti della Vandea siano sterminati. La Vandea deve diventare un cimitero nazionale».

Si passa all’azione

Per un territorio di 10.000 kmq, si pensarono tre possibilità. Anzitutto il “metodo scientifico”: il gas. Ma i rivoluzionari francesi non erano all’altezza. Come ammisero gli stessi chimici convocati all’uopo: «Abbiamo diffuso il nostro gas, ma né le pecore né i passanti ne sono stati disturbati».
Si passò allora al metodo “pragmatico”, secondo cinque modalità: la ghigliottina, la baionetta, il fucile, l’affogamento, le mazzate sulla testa. Ma il tutto era troppo lento e con costi elevati.
E allora si arrivò alla terza soluzione, proposta dal generale Turreau, che prevedeva un piano di sterminio concepito secondo tre direttive: 1) forni crematori, utili a ricavare, dai corpi delle donne e dei bambini, il grasso e a conciare la pelle umana (oltre a ideare nuove ricette gastronomiche: si inventò “cervella di Vandeano in salsa repubblicana”); 2) una flottiglia di 41 barche sulla Loira, di cui abbiamo i nomi e i luoghi d’attracco, dove le vittime venivano legate nude gli uni agli altri e fatti annegare; 3) la creazione di un comitato cosiddetto di “sussistenza”, il cui compito era quello di operare un saccheggio sistematico della popolazione, per farla morire di fame (Stalin con l’Olomodor in Ucraina, che provocò artificialmente 2-3 milioni di morti di fame tra il 1935 e il ’35, non inventò nulla di nuovo).
Ma furono soprattutto le “colonne infernali” a compiere l’opera di sterminio: i soldati rivoluzionari distruggevano tutto e tutti senza pietà, uccidendo dovunque passassero soprattutto donne e bambini, per espressa volontà della Convenzione, in quanto, come ebbe a sentenziare Robespierre, «i bambini di oggi sono i controrivoluzionari di domani» (il 70% degli uccisi furono appunto donne e bambini).
Su 50.000 case, più di 10.000 andarono distrutte. Su una popolazione di circa 815.000 abitanti, furono massacrati in pochi mesi 117.000 persone (secondo i calcoli di Reynold Secher, uno dei massimi studiosi del fenomeno), secondo altri storici fino a 300.000. In ogni caso, fu, come detto, il primo genocidio della storia, attuato dalla prima grande rivoluzione illuministico-repubblicana della storia, in nome della “anti-trinità” massonica “Liberté-Ègalité-Fraternité”.
Come ebbe a dire il gen. Westermann al Comitato di Salute Pubblica: «Non vi è più Vandea, cittadini repubblicani. È morta sotto la nostra libera spada, con le sue donne ed i suoi bambini (…) Secondo gli ordini che mi avete dato: ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli e massacrato le donne, così che, almeno quelle, non partoriranno più briganti. Non ho un prigioniero da rimproverarmi. Ho sterminato tutto».

La prima controrivoluzione armata della storia

Se quella francese viene giustamente considerata la “madre di tutte le rivoluzioni” (non tanto cronologicamente: il Protestantesimo e le rivoluzioni inglesi sono precedenti; quanto idealmente e per assoluta importanza e portata storica), l’Insorgenza vandeana può a ben titolo essere definita la prima Contro-Rivoluzione della storia umana.
I vandeani insorsero infatti non per motivi economici o per sfuggire alla leva di massa (sebbene certamente anche tali ragioni molto concrete non furono del tutto estranee, come sempre avviene nella vita), come pretendono (mentendo sapendo di mentire) gli storici filogiacobini; ma in odio irreprimibile alla Rivoluzione Francese nella sua piena portata sovversiva.
Essi presero le armi in nome del Sacro Cuore di Cristo, al servizio della Chiesa, in difesa della Monarchia sacrale capetingia, che vedevano giustamente unita alla civiltà cristiana aggredita, e in odio alla repubblica giacobina e terrorista. Le loro grida di guerra, i loro simboli, i loro rosari al collo con cui andavano a combattere e morire, i loro sacerdoti che li accompagnavano in battaglia, gli aristocratici che accettarono di porsi al loro comando, dimostrano tutto questo.
I vandeani si sentirono aggrediti in ciò che di più caro, sacro e intimo avessero: nella loro fede religiosa, nella loro fedeltà politica alla 13 volte secolare monarchia francese, e nella loro terra invasa da massacratori atei e repubblicani. Compresero che a Parigi non si voleva solo cambiare la politica francese (e loro già questo non lo tolleravano), non si voleva solo cambiare la religione (e ciò fu il vero motivo scatenante della rivolta), ma si voleva cambiare l’uomo stesso, secondo dettami utopistici e astratti, del tutto estranei ai contadini vandeani.
Per queste ragioni i vandeani furono i primi controrivoluzionari della storia, per questo lo stesso aggettivo “vandeano” ha assunto un significato emblematico (come “medievale”), come paradigma di tutti coloro che non vogliono arrendersi al processo di sovversione dell’intero creato portato oggi, dalla Rivoluzione, ormai alle sue estreme conseguenze.