venerdì 27 gennaio 2012

Il tentativo francese di sbarco a Bantry Bay del 1796



Gli Inglesi amano ricordare come, dopo Cesare nel 55 a.C., solo i Normanni siano riusciti a sbarcare sul suolo della Gran Bretagna. Dato che quasi mille anni di storia ci separano dai tempi di Guglielmo il Conquistatore, quest'affermazione vuole ribadire il fatto che in epoca moderna nessuno è riuscito a invadere le Isole Britanniche: né l' «Invencible Armada» di Filippo II, né Napoleone, per non parlare di Hitler.
Tutti conoscono l'epopea dell'«Armada» battuta dapprima dalle agili navi inglesi poi crudelmente decimata dal maltempo mentre circumnavigava le Isole Britanniche.
È molto meno noto un altro episodio, svoltosi nel 1796, nel quale la Royal Navy brillò per la sua assenza. Si tratta della baia di Bantry, sulla costa sud dell'Irlanda, dove un tentativo d'invasione francese fallì senza alcun intervento della Marina inglese. L'idea, elaborata dal Direttorio nel 1796, era semplice e audace: si trattava di operare un'invasione «indiretta» della Gran Bretagna servendosi del trampolino di lancio dell'Irlanda.
Per comprendere la genesi di questo piano, bisogna ricordare che esso veniva concepito mentre sui fronti europei le armate francesi prendevano l'iniziativa e mentre Bonaparte conduceva vittoriosamente la sua prima campagna d'Italia. Il generale Hoche aveva appena stroncato l'insurrezione della Vandea, che nel 1795 aveva visto uno sbarco di «emigrati» nella baia di Quiberon, organizzato dagli Inglesi: ora si trattava restituire ai britannici pan per focaccia, creando una Vandea in Irlanda. La baia di Bantry, che distava dalla base di Brest solo 270 miglia, era stata scelta per la sua vicinanza alla città portuale di Cork, dove i francesi avrebbero potuto approvvigionarsi e perché gli alti fondali la rendevano adatta allo sbarco di un corpo di spedizione. Era previsto che prendesse terra un primo contingente di 15.000 uomini, veterani delle campagne rivoluzionarie. Entro qualche settimana sarebbero poi sbarcati altri 16.000 uomini. Questa forza sarebbe stata comandata da un generale come Hoche, che aveva dato prova delle sue capacità militari sia al comando dell'armata della Mosella, in Alsazia, sia nella guerra civile della Vandea.
In quel momento l'Irlanda non era presidiata da forze regolari di una certa consistenza, mentre i Francesi contavano che lo sbarco sarebbe stato seguito da una sollevazione della popolazione contro l'odiato dominio britannico. Per questo accompagnava la flotta un personaggio politico come Wolfe Tone, il leader riconosciuto degli «United Irishmen». Tone era un protestante irlandese che, dopo aver tentato inutilmente la via delle riforme, era stato affascinato dalle idee dell'89. Egli si riprometteva di creare una repubblica irlandese autonoma da Londra con l'aiuto delle armi francesi. La sua presenza tra le truppe da sbarco rappresentava una carta politica di notevole importanza, che avrebbe permesso di costituire in breve tempo un governo filo francese dell'isola. L'effetto dello sbarco sarebbe stato garantito dalla sorpresa: la segretezza avrebbe dovuto essere totale: nessuno doveva sapere quale era l'obiettivo della flotta di invasione. Sulle navi, i sigilli agli ordini sarebbero stati tolti solo quando la flotta fosse stata in zona di operazioni. Una volta conquistata l'Irlanda, la Gran Bretagna sarebbe stata stretta dal nemico nelle sue stesse acque, sarebbe stata vulnerabile a un'invasione dei preponderanti eserciti francesi attraverso l'angusto Mare d'Irlanda e avrebbe dovuto chiedere la pace.
Se non si può negare che il piano avesse una sua attrattiva, bisogna notare l'approccio «terrestre» di Hoche e del Direttorio, che li portava a sottovalutare i rischi dell'operazione, perché per condurre un'azione di sbarco nella stagione invernale bisognava disporre di una forza navale efficiente. Invece in quel periodo la superiorità della Royal Navy, in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi, era schiacciante. «La Francia dichiarò guerra alla Gran Bretagna nel febbraio del 1793 senza disporre di una marina degna di questo nome: per combattere un nemico che possedeva qualcosa come 400 navi da guerra, di cui 115 erano navi di linea, essa riuscì a metterne insieme solo 246, di cui 76 di linea, e di queste solo 27 erano dichiarate navi militari. Si trattava di unità ereditate dal vecchio regime, ma l'ostilità dei giacobini verso la classe degli ufficiali era tale che solo pochissimi del «grand corps» rimasero in servizio. I porti poi erano in uno stato di caos. L'ordinanza del 1791 aveva abolito ogni distinzione tra la Marina mercantile e quella da guerra, per cui il corpo della Marina era stato sciolto e la disciplina si era allentata sulla scia dei principi egualitari sbandierati dalla rivoluzione. Nella sua prima breve crociera da Brest, Morard de Galles lamentò di non esser mai riuscito a persuadere più di cinquanta uomini a prestare servizio nelle ore stabilite». Il problema maggiore consisteva proprio nella mancanza di ufficiali sperimentati, che erano stati spazzati via dalla Rivoluzione.
«A dispetto della loro esperienza in mare gli ufficiali della marina mercantile che vanno a rimpiazzare gli Stati Maggiori che sono stati destituiti incontrano le più grandi difficoltà a manovrare le navi da guerra e a imporsi ai loro equipaggi. E quando anche questi capitani fanno difetto, si vedono apparire sul cassero degli ufficiali di amministrazione, degli oratori da club, degli operai o dei soldati! Benché sia dalla parte della Convenzione» l'ammiraglio Kersaint esclama, «Aprite la Marina ai marinai, non all'Accademia!».
Sarebbe stata proprio la difficoltà delle navi francesi nel mantenersi in formazione, nel manovrare, nel rispondere ai segnali, a compromettere ogni speranza di sbarco.
La spedizione
I giacobini avevano cominciato la guerra con l'intenzione di piantare 50.000 berretti frigi sul suolo britannico e nel 1796 Hoche per poco non ci riuscì.
Dopo lunghi ritardi nell'approntamento della spedizione, dovuti alla disorganizzazione degli arsenali francesi dell'epoca, il 15 dicembre la flotta cominciò lentamente a uscire dal Penfeld. Agli ordini del vice-ammiraglio Morard de Galles, imbarcato, insieme a Hoche, sul Fraternité, c'erano 45 navi sulle quali avevano trovato posto 13.000 soldati. Il livello di addestramento degli equipaggi fu subito evidente: nel percorso di tre miglia che porta allo stretto passaggio del Goulet de Brest, quattro navi entrarono in collisione, riportando lievi danni.
Per ingannare la flotta inglese che operava il blocco della base e far credere che l'obiettivo della spedizione fosse il Portogallo, il piano prevedeva che la flotta guadagnasse il mare aperto con una rotta a Sud, attraverso il Raz de Sein. Alle 15 del 16 dicembre però, dopo aver verificato che gli Inglesi non erano in vista, Morard cambiò idea e segnalò di prendere la rotta occidentale, verso l'Iroise. In quel momento, la flotta si disponeva a passare, in linea di fila, il pericoloso Raz de Sein, un capo roccioso circondato di scogli dove le correnti di marea raggiungono velocità impressionanti. Il segnale di Morard non fu visto da molte navi e così nell'oscurità della notte incombente la flotta si divise: 17 navi passarono il Raz de Sein verso Sud mentre le altre diressero a Ovest. Nel buio, Morard fece anche segnalazioni col cannone, ma queste si confusero con i razzi lanciati in quelle ore da un vascello da 74 cannoni, il Séduisant, che aveva fatto naufragio sul Tévennec, uno degli scogli più pericolosi del Raz de Sein. Solo cinquecento dei millecinquecento uomini imbarcati sul Séduisant si salveranno.
All'alba del 17 era ormai evidente che la flotta francese si era dispersa su un largo tratto di mare, un fatto che avrebbe avuto gravi conseguenze, anche se nei giorni successivi la maggior parte delle navi si ritroveranno nei dintorni del punto di raduno predisposto: Mizzen Head, il capo immediatamente a sud della Baia di Bantry. Nella confusione il Fratemité l'ammiraglia di Morard sul quale era imbarcato anche Hoche, perse definitivamente il contatto con il resto della flotta. La spedizione fu quindi privata del suo capo carismatico, l'unico che avrebbe potuto sormontare le difficoltà che si preparavano.
Wolfe Tone appuntò seccamente sul suo diario:
«Credo che sia la prima volta che un ammiraglio, su una fregata in perfette condizioni, con buon tempo e notti illuminate dalla luna, rimanga separato dalla sua flotta».
Nonostante fossero sparsi per un ampio tratto di mare, fino a quel momento la fortuna sembrava favorire i francesi: la costa dell’Irlanda era ormai prossima e della Royal Navy non vi era neppure l’ombra. Ma il tempo, come spesso succede in quella stagione, stava per peggiora  re (...). Il 21 dicembre, la flotta, ridotta a 35 navi, scoprì di aver leggermente superato l'obiettivo di Mizzen Head e che stava dirigendo verso Dursey Island, che segna il limite occidentale della baia di Bantry.
In mancanza della nave ammiraglia di Morard e Hoche, il comando venne assunto dai loro secondi, imbarcati sull'Immortalité: Emmanuel de Grouchy e da Francois Joseph Bouvet. Grouchy aveva servito nell'esercito sotto Hoche, mentre Bouvet aveva maturato una notevole esperienza nelle operazioni navali in Estremo Oriente e in Atlantico. Il 21 dicembre, quando ancora parte della flotta si trovava nei pressi di Cape Clear, si levò un forte vento da Est-Sud-Est, che rinforzò poi gradualmente mettendo in serie difficoltà le navi sovraccariche di truppe e di materiali.
Un aiuto inaspettato venne da alcuni piloti irlandesi, che avevano preso le navi francesi per unità della Royal Navy, provenienti dalle Indie Occidentali e che, comunque, offrirono i loro servigi. Le navi che cercavano di entrare nella baia si trovarono a lottare contro un vento e molte non erano in grado di risalire. Nel tardo pomeriggio del 22 dicembre solo 15 navi, tra cui l'Immortalité, che imbarcavano complessivamente 6.400 soldati, erano riuscite a dare fondo nella baia. Il 23 si scatenò una vera e propria tempesta da Sud-Est, che portò nevischio alternato a banchi di nebbia. Il 24, profittando di un momento di calma del vento, Gouchy chiese a Bouvet di portarsi all'ancoraggio di Bearhaven per effettuare immediatamente lo sbarco. Ora il vento veniva a mancare: le navi bordeggiarono per diverse ore, facendo però scarsi progressi. Poi, alle 18, la tempesta riprese, mandando a monte definitivamente l'unico tentativo di sbarco compiuto dai Francesi.
La tempesta sarebbe continuata, senza interruzioni, per altri due giorni. Il giorno di Natale il vento era tanto forte che l'Immortalité arò sulle ancore, minacciando di finire arenata sulla costa. A questo punto Bouvet decise di lasciare la baia, segnalando col megafono la sua decisione alle altre unità, ma solo il Platon comprese il segnale e lo seguì. L'Immortalité fu poi spinto dalla forza della tempesta a duecento miglia di distanza, in pieno Atlantico. L'ufficiale più anziano delle navi rimaste, Bedout, prese la decisione di lasciare la baia e di attendere il resto della flotta alla foce dello Shannon. Qui, dopo aver aspettato inutilmente per 24 ore di avvistare vele francesi, le navi rimaste fecero rotta per Brest, che raggiunsero il primo di gennaio.
Peggiore fu il destino del Droits de l'Homme: avvistato da due fregate inglesi mentre, isolato, si avvicinava alla costa della Bretagna, nel tentativo di sfuggirle finì arenato su un banco di sabbia nella baia di Audieme, con la perdita di un migliaio di uomini. A Bantry lo stillicidio degli arrivi di navi francesi non era però finito: a partire dal 29 cominciarono a entrare nella baia quelle unità che non vi erano riuscite il 21 ed il 22. Tra queste c'era la fregata Surveillante, nel cui scafo si erano aperte tali vie d'acqua che dovette essere abbandonata. Due giorni dopo la fregata si capovolse, affondando su un fondale di una trentina di metri.
L'ufficiale più anziano di questa «seconda ondata», che comprendeva quattro navi di linea e quattro fregate che imbarcavano complessivamente 4.000 soldati, era Durand Linnois. Dopo esser rimasto in attesa per qualche giorno senza prendere iniziative, anche Linnois nella notte del 5 lasciò la baia e incrociò per tre giorni al largo, nella speranza di ricongiungersi al resto della flotta. È vero che la sua forza da sbarco era ridotta, che scarseggiava di rifornimenti, che mancava di artiglieria e che circolavano voci dell'arrivo di un corpo di spedizione di 5.000 soldati inglesi ma questa scelta sembra esser soprattutto dovuta, come anche l'analoga decisione presa pochi giorni prima da Bedout, dal timore di rimanere intrappolati all'interno della baia da una flotta inglese che «doveva» essere nelle vicinanze.
Le navi di Durand Linnois raggiunsero Brest il 13 gennaio. Il 30 dicembre anche il Fraternité, la nave ammiraglia di Morard e di Hoche, che era stata spinta verso il mare aperto dalla tempesta e che aveva perduto tempo nell'evitare quelle che aveva ritenuto «vele nemiche» avvistò finalmente una nave francese. Si trattava del Révolution, che aveva lasciato la baia con le navi di Bouvet e che, nella tempesta del 26, aveva perduto bompresso, ancore e attrezzatura nella collisione con un'altra unità. Trasportava 2.200 uomini, ormai ridotti a metà razioni e manovrava con difficoltà. Lo stato deplorevole della nave e le notizie che portava convinsero Hoche che non vi erano più possibilità di sbarco e che l'unica azione possibile era quella di dare assistenza al Révolution fino a Brest. Su 45, furono ben 10 le navi francesi che non fecero ritorno. Abbiamo visto la sorte del Droits de l'Homme, del Séduisante e del Surveillante ma a queste si aggiunse lo Scévola, che affondò il 30 dicembre senza lamentare perdite. Altre sei unità furono catturate.
E gli Inglesi? Molto semplicemente, quella Royal Navy, di cui continuamente si scoprivano le vele sull'orizzonte e che da un momento all'altro avrebbero intrappolato i Francesi all'interno della baia di Bantry, a due settimane dall'inizio delle operazioni, brillava per la sua assenza.
Le conseguenze
Sulla carta, sembrava che la Royal Navy avesse il pieno controllo di tutto quello che accadeva intorno a Brest. Nel dicembre del 1796 l'ammiraglio Colpoys con la sua squadra incrociava al largo della Bretagna, mentre una fregata, agli ordini di Sir Edward Peliew, era di pattuglia in prossimità del Goulet de Brest. Una grande flotta di riserva, comandata dall'ammiraglio Brideport, era poi all'ancora a Spithead, al riparo dell'isola di Wight. Infine, al largo della costa sud dell'Irlanda si trovava la piccola squadra dell'ammiraglio Kingsmill, con compiti di scorta ai convogli.
Il 16 dicembre la fregata di Peliew osservò i Francesi che prendevano il largo ma, a causa della scarsa visibilità, non riuscì a contattare la squadra di Colpoys. Questi fu informato dell'uscita dei Francesi solo una settimana dopo, il 24 dicembre, ma continuò a sospettare che l'obiettivo dello sbarco fosse il Portogallo e rimase quindi al largo di Brest, limitandosi a inviare una fregata sulla rotta per il Portogallo. La squadra di Colpoys fu poi spinta in alto mare dalle tempeste dei giorni seguenti e non fu più in grado di svolgere alcun molo, neppure nel bloccare la base nemica. Da parte sua, il 22 dicembre a Brideport fu ordinato di prendere il mare «immediatamente» per Brest e poi per l'Irlanda. Ma la residenza dell'ammiraglio non era a Spithead, come imponevano i regolamenti ma a diverse miglia nell'interno il che rallentava la trasmissione degli ordini. Risultò poi che nella riserva c'erano fin troppe navi ma di queste poche erano disponibili, anche se questo fatto non può essere addebitato solo all’ammiraglio. Nel corso dei febbrili preparativi di quei giorni due navi entrarono m collisione e una finì arenata. Infine, i venti contrari del 26 e 27 dicembre impedirono alla flotta di Brideport di prendere il mare.
La lunga serie di disguidi, di ritardi e di incidenti fece sì che le navi di Brideport uscissero da Spithead solo il 3 gennaio, troppo tardi anche per intercettare i Francesi sul a via del ritorno. Insomma, se le navi di Hoche e di Morard furono disperse dal maltempo e non riuscirono a sbarcare i loro soldati nei periodi di calma che si alternarono ai giorni di tempesta, la Royal Navy fallì su tutta la linea: la sua «intelligence» non scopri in anticipo quale fosse il vero obiettivo dello sbarco, la squadra di blocco non riuscì a intercettare la flotta nemica mentre si dirigeva verso l'Irlanda e infine non fu in grado di impedire che 35 navi tornassero a Brest. Dovettero passare diverse settimane prima che la Marina abbozzasse un qualche tipo di reazione. Tale comportamento può avere una sola spiegazione: l'Ammiragliato non credeva possibile uno sbarco in Irlanda durante la stagione invernale. Nel dibattito parlamentare che si svolse ai Comuni nelle settimane seguenti, la Royal Navy si difese con vigore, dichiarando di non aver nulla da rimproverarsi, perché aveva creduto che l'Irlanda fosse solo un diversivo e che il vero l'obiettivo dello sbarco fosse il Portogallo. E comunque, lo sbarco a Bantry Bay non era avvenuto (...). Tuttavia, l'analisi delle manchevolezze rivelate in quell'occasione dalla Royal Navy portò a introdurre alcune modifiche nell'organizzazione del sistema del blocco, metodi che furono poi perfezionati negli anni seguenti per stringere il blocco navale contro Napoleone.
«Colpoys fu presto messo da parte: ufficialmente a causa del suo poco abile comportamento nella gestione dell'ammutinamento del Nore di qualche mese più tardi, ma si sospettò che il suo allontanamento fosse dipeso anche dalla sua condotta discutibile al largo di Brest. Da parte sua l'ammiraglio Brideport, pur spalleggiato ufficialmente dall'Ammiragliato nelle settimane che seguirono Bantry Bay, entro qualche mese fu sostituito da Lord Saint Vincent, che rinnovò il sistema del blocco organizzando per i capitani la rotazione degli incarichi, al fine di mantenerli sempre in allenamento e utilizzando una percentuale maggiore della flotta di riserva per compiti di blocco. Brideport non era riuscito a comprendere che nessuna battaglia navale fu mai vinta standosene in porto; e furono proprio le tattiche di Saint Vincent che costrinsero i francesi a starsene rinchiusi nei porti finché nel 1805 la loro flotta non fu distrutta a Trafalgar».
Fu il perfezionamento del sistema del blocco delle basi nemiche che negli anni seguenti avrebbe avuto un'importanza fondamentale nella sconfitta di Napoleone. Agli inizi dell'Ottocento si discuteva ancora se questo dovesse essere «a distanza» o «ravvicinato». «La strategia del blocco navale si era sviluppata nel secolo precedente, ma sulla tattica non si era ancora giunti ad un accordo: Howe e Nelson sostenevano il blocco «aperto» o a distanza, Saint Vincent, Comwallis e Collmgwood invece propugnavano il blocco «ravvicinato» Col primo sistema si correva il rischio che la flotta francese prendesse il largo non appena navi britanniche si allontanassero anche di poco, come infatti avvenne; a decidere l'esito della guerra fu il blocco «ravvicinato» di Brest, Rochefort, Cadice e Telone. Il blocco non costituiva certo il sistema più rapido per conseguire la vittoria; si richiedeva una grande pazienza da parte degli equipaggi e un costoso appoggio logistico sotto forma di navi da guerra di riserva destinate a sostituire e a rifornire quelle che effettuavano il blocco»
Tuttavia, come ha affermato Mahan, furono quelle navi lontane, sbattute dai marosi,e che la grande armata non prese mai in considerazione, a impedire a quest'ultima il dominio del mondo.