lunedì 16 febbraio 2015

Il problema non è la Libia. Il problema siamo noi.

310x0_1424034777714_Schermata_2015_02_15_alle_21.59.18

di Andrea Giacobazzi - http://radiospada.org/
Gheddafi con i suoi protagonismi e le sue fissazioni era piuttosto patetico, va detto. Nemmeno lontanamente paragonabile ad un Assad o un Sisi. Il colonnello libico non mancò di strizzare l’occhio ad amici improbabili e di condurre imprese ancor più improbabili. Di entusiasmi umani per lui su queste pagine se ne son visti davvero pochi ma quando, nel 2011, la Jamahiriyya fu attaccata parve chiaro che non ci si poteva associare al coro conformista di chi la voleva radere al suolo: quella Libia era il male minore. Lo era per i cristiani nordafricani che vi risiedevano, lo era per l’assetto geopolitico, lo era pure per la gestione – parecchio “eccentrica”, va detto – dei flussi migratori. Quella Libia con le sue contraddizioni e i suoi eccessi era un paese che viveva in una relativa agiatezza economica. Il cosiddetto “Occidente” la volle incenerire aprendo la strada ai barbus fondamentalisti, che, imperversando nella regione non mancarono di dar luogo alla distruzione di una moschea-mausoleo di cinque secoli fa, intitolata a Sidi ‘abd es-Salam el-Asmar e contenente circa 5.000 volumi, ovviamente finiti in cenere. La cosa non deve stupire: che dei musulmani fondamentalisti – o se preferiamo “modernisti”, “protestanti” dell’Islam – considerino “idolatra” e “blasfemo” qualcosa di “tradizionale”, altro non è che una parziale riproposizione aggiornata – al di fuori della Vera Fede – di ciò che accadde nell’Europa del ‘500.
Quello che chiamiamo “Occidente”  – e che tanto vuole tributare al protestantesimo nostrano in termini di paternità ideologica – fece di tutto per combattere i governi più inclusivi e stabili dell’area Mediterranea: il caso siriano è davanti agli occhi di tutti, così come lo è il sostegno aperto che USA e “alleati” arabi diedero ai ribelli anti-Assad. Gli stessi “alleati” arabi – sauditi in testa – sono, ormai concordemente, individuati come il motore – quanto meno in una fase iniziale – di un altro problema che ci assilla: l’ISIS.
I casi del destino han poi voluto che in base all’antico principio dell’horror vacui, l’ISIS andasse ad occupare il suolo sotto la legittima giurisdizione del governo siriano ed iracheno i quali, insieme al Libano e all’Iran, andavano intensificando i loro rapporti, favoriti dalla quella “dorsale sciita” che li attraversa e che è vista come avversaria naturale dal fondamentalismo sunnita.  Ora addrittura le “coincidenze” han decretato che anche la Libia, ridotta ad un “Afghanistan alle porte d’Italia”, diventi terra di conquista per il Califfo. Et voilà! Dove un tempo i barbusfuggivano dietro le cannonate, ora VENTUNO copti vengono decapitati, spalle al mare, spalle all’Italia, Cuore della Cristianità.
Sorge dunque una domanda facile facile: quale “Stato cristiano” è corso per primo? Chi ha agito senza tentennamenti? Nessuno. Lo ha fatto l’Egitto di Al Sisi, dove i cristiani sono una minoranza, il nuovo Egitto che tanto guarda a Mosca, la stessa Mosca che ha protetto Assad quando Obama voleva bombardare la Siria, la stessa Mosca che è sfidata in Ucraina.
A volte non c’è bisogno collegare i puntini, basta socchiudere gli occhi.