sabato 12 dicembre 2015

CESARE BATTISTI E LA SUA GUERRA: TRAMONTO DI UN MITO

 
 
 
cesare battisti fabio filzi prigionieri da malga zocchi 10 luglio 1916
Cesare Battisti e dietro Fabio Filzi, prigionieri, scendono scortati da Malga Zocchi; 10 Luglio 1916.


by Stefano B. Galli

Da fervente pacifista e neutralista a trascinante alfiere di un conflitto sciagurato e impopolare: la triste e tragica parabola di un uomo politico che, in contraddizione con la propria matrice ideale socialista, volle e perseguì con tutte le sue forze l’intervento in uno scontro bellico che solo ai suoi occhi poteva rappresentare la “quarta guerra d’indipendenza italiana”.
In effetti, sullo sfondo di un complesso e cinico gioco politico, di cui gli sfuggivano i veri termini, si trovò inconsapevolmente a essere prima lo strumento del militarismo espansionistico più oltranzista, poi il punto di riferimento di un nazionalismo retrivo che ancora oggi, e non solo nei ranghi della “destra”, non perde occasione per lanciare i suoi roboanti proclami. E tuttavia ogni ipotesi di confine al Brennero, successivamente ammantato di patria sacralità proprio in suo nome, lo trovò sempre ed energicamente contrario.

Quattro mesi prima della morte del vecchio Kaiser Francesco Giuseppe, si conclude drammaticamente la vicenda umana e politica di Cesare Battisti.
L’irredentista trentino, tenente della II Compagnia di marcia del V Reggimento degli alpini, deputato socialista di Trento al Parlamento di Vienna (Reichsrat) e alla Dieta provinciale del Tirolo (Landtag) a Innsbruck, sulla cui testa pende una taglia di 20.000 corone, viene catturato il 10 luglio 1916 nella zona del Monte Pasubio (a est di Rovereto), sul Monte Corno.
Narrano le cronache di parte austriaca che durante il combattimento di Monte Corno molti alpini del Battaglione Vicenza, sotto il fuoco incalzante dei Landesschützen, “si eclissarono, altri corsero con le braccia in alto nelle nostre (austriache n.d.r.) file, contraccambiando il loro Re col tradimento”.
Sono proprio i prigionieri a riferire agli Austriaci della presenza, tra le schiere italiane, di Cesare Battisti e Fabio Filzi, noti propugnatori d’italianità in terra tridentina.

Dalle linee dei Landesschützen (tiratori al bersaglio della Provincia del Tirolo, dipendenti dalla Dieta di Innsbruck) si stacca un gruppo di pochi uomini, in parte italiani per il riconoscimento, in parte austriaci per la cattura dei due irredentisti. Battisti e Filzi sono catturati e immediatamente riconosciuti come cittadini austriaci dai loro stessi compagni del Battaglione Vicenza. Il tenente austriaco che li arresta è il trentino Brunetto Franceschini, cadetto dei Kaiserjäger (cacciatori imperiali, dipendenti dal Ministero della Guerra di Vienna). Nei suoi racconti dell’azione, Franceschini parla sempre di “noi austriaci” e “loro italiani”.

Il “Risveglio Austriaco”, giornale della Fortezza di Trento, nell’edizione del 12 luglio 1916 scrive: “Ministri della giustizia e del diritto, i nostri Landesschützen tirolesi hanno preso i due agitatori (Battisti e Filzi) mentre, tramutatisi in ufficiali italiani, guidavano il nemico contro la loro Patria e compivano senza rimorso e senza vergogna il fratricidio”.
Lungo il percorso che da Monte Corno arriva ai Toldi, dove c’è la sede di un Comando di Divisione austriaco, da qui su di un carretto verso Aldeno, dove ha sede il Comando dell’XI Corpo d’Armata austriaco e poi finalmente a Trento, Battisti trova schierate ai margini delle strade giovani mogli e vecchie madri rimaste a casa sole, senza mariti e figli, impegnati al fronte, che lo ricoprono di insulti per aver voluto e in parte causato la guerra.
In quel viaggio, il prigioniero viene pesantemente apostrofato: “hund” (cane), “schuft” (briccone), “canaille” (canaglia), “porci, vigliacchi, traditori: avete fatto morire i nostri, ma adesso vi daremo le conferenze e le prediche per la Guerra”.
La popolazione trentina è infuriata contro Cesare Battisti. È convinta che gran parte delle restrizioni e delle sofferenze subite abbiano un solo responsabile che, con la sua fervente attività a favore della Guerra, ha fatto del Trentino un grande cimitero.
Battisti nel maggio 1915 aveva voluto che i soldati andassero “alla frontiera”. Ora le mamme e le mogli vogliono mandare lui “alla forca”.

Il 13 luglio 1916, il “Risveglio Austriaco” dedica ampi spazi all’impiccagione di Battisti e Filzi. Nello stesso numero indice una sottoscrizione che quantifica la riconoscenza dei Trentini ai soldati che hanno fatto prigionieri i due irredentisti. I promotori sono austriaci. I sottoscrittori prevalentemente di lingua italiana.
La causa del Trentino “irredento” ha trovato la sua ambientazione nei centri maggiori (Trento e Rovereto), ma è stata quasi sempre estranea al sentimento e alla coscienza dei contadini. Sono rari i casi in cui i Trentini, durante la dominazione della corona degli Asburgo, si siano ribellati.
La loro mentalità non li ha mai indotti a cercare a tutti i costi il cambiamento di una situazione politica da sempre ingiustamente e opportunisticamente definita oppressiva, che nella realtà dei fatti era tutt’altro che negativa.
Dal censimento tributario della divisione delle tasse incassate dal K.u.K. (Kaiserlich und Königlich: Imperiale e Regio) Ministero dell’Economia, gli Austriaci di lingua italiana sono annoverati al terzo posto con il 10,4% delle imposte. Il primo e il secondo posto della graduatoria sono occupati dai Tedeschi con il 63,4% e dai Cechi con il 19,2% delle imposte.
L’Impero dell’aquila a due teste, soprattutto nella persona di Francesco Giuseppe, è sempre stato ben lontano dalla demagogia che attanaglia la maggior parte degli uomini politici della storia contemporanea. Il Governo dell’impero non ha curato la popolarità delle concessioni. Ha curato la sostanza. Ha concesso più sull’economico che sul sociale, senza mai travalicare i limiti della libertà dei sudditi. Voleva però una ferrea disciplina e un comportamento serio e leale.
La dignità, il civismo dei Trentini della Corona, nel primo decennio del Novecento, assolutamente non ammettono lezioni, sul piano sociale, da parte dell’“Italietta giolittiana”.
Sullo sfondo sociale della “gestione” austriaca in Trentino, c’è da considerare anche il miglioramento del tenore di vita. In quegli anni si verifica un notevole livellamento sociale. Lo scarto tra aristocrazia e popolo, altrove ancora assai ampio, si riduce sensibilmente.
La partecipazione alla vita politica dell’impero gode di un impulso democratico. L’espressione dei diversi strati sociali è molto eterogenea con la nuova partecipazione dei socialisti alle assemblee della Dieta di Innsbruck e del Parlamento di Vienna. Il Partito Socialista di Battisti si inserisce nel rapporto ormai cristallizzato tra i cattolici popolari e i nazional-liberali.
Nel 1895 (il 15 novembre) esce “L’Avvenire”, primo giornale socialista del Trentino, che chiuderà nel giugno 1896. Dal primo ottobre 1896 rinascerà come “Avvenire del Lavoratore” e verrà stampato a Rovereto anziché a Vienna. Prima, però, c’era stato l’infelice tentativo della “Rivista Popolare Trentina”. Il primo numero di questa rivista battistiana, il giorno 2 febbraio 1895, è stato tutto sequestrato. Ma il vero quotidiano dei socialisti trentini diretto da Battisti, sarà “Il Popolo”, pubblicato dal 7 aprile 1900 al 25 agosto 1914 (giorno in cui le rotative saranno fermate per motivi bellici).
Nel 1897 si assiste in tutte le province dell’impero ad una crescita dei cattolici.
Nello stesso anno il cattolico Karl Lüger viene confermato sindaco di Vienna. Nel 1899 nasce l’Associazione Universitaria Cattolica Trentina. Tra gli iscritti c’è anche Alcide De Gasperi.
Proprio durante il decennio di fine secolo, con il nobile rispetto dovuto alla pluralità dei suoi popoli, l’Austria permette di erigere in Trento un monumento a Dante Alighieri, dedicato al Padre della lingua italiana, “affermazione e simbolo del pensiero italiano ” (come è scritto alla base della statua). L’inaugurazione, che avviene a Trento l’11 ottobre 1896, è una vera e propria festa per tutto il Trentino di lingua italiana.
Le autorità austriache non sono sorde a questi impulsi, tendenti a far uscire il Trentino da quel provincialismo che lo attanaglia nella vita quotidiana, e si apprestano a qualche concessione. Tant’è vero che i cittadini di lingua italiana,  2,7% della popolazione dell’impero, sono rappresentati nel Parlamento di Vienna dal 3% di tutti i membri.
Nel 1884 (per un motivo di politica internazionale, la Triplice Alleanza), l’Assessorato alla Cultura (Landeskulturamt) si divide in due sezioni: una trentina (con sede in Trento), l’altra austrotirolese. Cosi avviene contemporaneamente anche per il Provveditorato Provinciale agli Studi.
L’autonomia del Trentino potrebbe concretarsi nel 1902. Il neoeletto Luogotenente della Dieta, Erwin Von Schwartzenau, con uno slancio generoso e intelligente verso le istanze autonomistiche dei Trentini, insieme a un gruppo di deputati austrotirolesi elabora una nuova risoluzione del problema. La Giunta Provinciale di Trento, nata per conferire una maggior autonomia alla provincia di Trento, raggiunge il numero di quattro rappresentanti a Innsbruck, contro i sette del Tirolo austriaco (formato dalla provincia del Sudtirolo e dalla provincia del Vorarlberg).
La Dieta concede alla neonata Giunta Provinciale di Trento la gestione dei problemi delle scuole elementari, dei Comuni, della Previdenza Sociale, dell’igiene e della Sanità, nonché la possibilità di investire in opere idrauliche, nell’agricoltura e artigianato, nell’industria e commercio, gli introiti provenienti dalle imposte.
Ma i Trentini respingono questa larga ipotesi di rinnovamento in quanto i Distretti di Cortina d’Ampezzo, di Pieve di Livinallongo, della Val di Fassa, del Comune di Luserna, della Val dei Mocheni e delle due valli ladine (la Gardena e la Badia), parte integrante del Sud-tirolo, rimangono sotto la gestione dei sette rappresentanti austro tirolesi.
In campo scolastico l’amministrazione austriaco-trentina delle scuole elementari aveva già dimostrato di funzionare bene con la Riforma del 1884. Alla fine dell’Ottocento, l’analfabetismo raggiunge il quindici per cento dei Trentini sopra i sei anni d’età. In Italia, nello stesso periodo, le persone che non sanno né leggere né scrivere sono sessanta su cento. “Se le cose vanno bene non c’è motivo di cambiarle” è la logica deduzione dei contadini che abitano le pendici dei monti del Trentino, prudenti di fronte ad imprevedibili cambiamenti.

Nel 1911 Cesare Battisti viene eletto deputato del Reichsrat di Vienna nel collegio Tirolo 6 (a Trento città).
Tre anni più tardi, nella primavera del 1914, Battisti è eletto anche rappresentante del Trentino nella Dieta Tirolese di Innsbruck.
Il 12 giugno 1914, a qualche settimana dall’attentato di Sarajevo all’arciduca austriaco Francesco Ferdinando, alla Dieta Tirolese si sta dibattendo sull’aumento del contingente dei Tiroler Landesschützen (tiratori al bersaglio della Provincia del Tirolo, dipendenti dalla Dieta di Innsbruck) nella regione trentina. Battisti da socialista antimilitarista si oppone “per convinzione teorica e per ragioni di principio”. Anzi, l’irredentista tuona con fiera voce contro “le colossali (sic!) opere militari iniziate dall’Austria con carattere di offesa”. Conclude il suo discorso con queste parole: “La mia fede antimilitarista vale per ogni paese del mondo”.

Al primo rinnovo quinquennale della Triplice Alleanza (1882-1887), il Ministro degli Affari Esteri italiano, il conte di Robilant, aveva imposto quale clausola aggiuntiva del patto, che, qualora l’Austria avesse avuto dei vantaggi territoriali nella Penisola Balcanica, avrebbe concesso benefici all’Italia nelle terre di lingua italiana.

Ma Battisti definisce la Triplice “una cosa inutile” e decide di passare all’azione.
Difatti il 12 agosto 1914, due mesi dopo l’animata assemblea della Dieta di Innsbruck, ottenuto facilmente il regolare passaporto dalle autorità austriache, varca il confine e viene in Italia.
Nel Regno trova un’atmosfera di guerra fredda.
I dubbi, le tensioni e le paure che pervadono gli animi e travagliano la vita del paese reale, paralizzano anche il lavoro politico del paese legale. II Parlamento d’Italia ha cominciato da poco le trattative diplomatiche con l’Austria. Salandra, Presidente del Consiglio, ha proposto all’Austria la neutralità dell’Italia durante la Guerra appena cominciata, in cambio dell’annessione del Trentino. Per quegli Italiani che hanno sempre atteso l’annessione attraverso un complotto diplomatico, la proposta del loro Governo rappresenta una vittoria. Ma i neutralisti devono fare i conti con gli interventisti.
Grazie a una campagna politica costruita sul comportamento inerte dei neutralisti, gli interventisti si assicurano ben presto il consenso delle grandi masse. Battisti si aggrega immediatamente al gruppo interventista. Tra i capitali interventisti del Regno trova alta considerazione perché “Egli è trentino, e quale parola, quale voce può valere la Sua?”.
Da interventista protagonista molto ascoltato, riesce a coronare un preciso disegno politico che ha già applicato a Trento. Gli articoli, gli opuscoli, i comizi, gli appelli di Battisti sono rivolti al popolo e al Governo.

Il primo ottobre 1914, Battisti spedisce una lettera (firmata anche dai trentini Giovanni Pedrotti, Presidente della Società Alpinisti Tridentini, e Guido Larcher, Presidente della Lega Nazionale) a tutti i senatori e deputati del Parlamento del Regno d’Italia.
Appellandosi al cosiddetto “amor patrio” delle masse, Battisti sollecita il Governo italiano all’intervento bellico a fianco di Gran Bretagna, Francia e Russia per annettere finalmente il Trentino. Nel “maggio radioso” il confronto tra interventisti e neutralisti raggiunge il massimo attrito in seguito al rifiuto di Francesco Giuseppe di pagare la neutralità italiana con la cessione del Trentino. La guerra fredda è ormai cruenta guerra civile.

Il 17 maggio 1915, Battisti è con Gabriele d’Annunzio in un comizio sul Colle del Campidoglio. Finito il discorso del “Vate”, la folla riconosce al suo fianco l’irredentista e lo acclama a gran voce. Battisti risponde con chiare e concise parole. Indicando col braccio l’Oriente, esplode: “Alla frontiera, Italiani, con la spada e col cuore!”.
Battisti, che a Innsbruck era stato antimilitarista, ora paradossalmente è diventato interventista convinto.
L’azione extraparlamentare che si svolge violenta e prepotente in piazza, tra la folla piuttosto che tra i deputati, aggredisce il Governo italiano, ostinato nella sua posizione di neutralità.
Gli interventisti vincono la guerra civile.
Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’impero Austro-Ungarico. Battisti è contento:

Italia e Austria si contenderanno il Trentino con le armi.

La sentenza di Innsbruck a questo punto è completa:

“L’Avvocato Dott. Cesare Battisti, trentino, deputato a Vienna, perseguitato con mandato di cattura per i suoi proclami inconsiderati, fu uno dei più accaniti aizzatori, in Italia, contro la Monarchia Absburgica, firmando (…) un appello del Comitato dell’Emigrazione Trentina a tutti i deputati della Camera italiana” che conteneva “frasi di alto tradimento. Il Dott. Battisti (…) è da considerarsi uno dei maggiori colpevoli dello scoppio della Guerra con l’Italia” (Innsbruck, 8 febbraio 1916).
Battisti a Innsbruck e a Vienna aveva spesso provocato l’impero di Francesco Giuseppe per costringerlo a concedere il Trentino all’Italia. Ma i Trentini temevano che l’Italia, già piena di problemi, abbandonasse il Trentino ad un degrado economico, sociale, politico ed istituzionale, che l’Austria aveva sempre cercato di evitare.
L’amministrazione austriaca aveva cominciato infatti a proteggere il lavoro delle donne e dei bambini fin dal 1874 (in Italia verrà protetto col Regio Decreto numero 41, votato il 29 febbraio 1904).
In Austria, i lavoratori erano assicurati contro gli infortuni fin dal 1887 (in Italia gli infortuni verranno tutelati a partire dal 1903).
La giornata lavorativa austriaca era di 11 ore, contro le 16 italiane.
Bisogna notare poi che Trento sino al primo decennio del secolo non è austriaca solo sotto l’aspetto politico. Lo è anche e soprattutto sotto il profilo culturale.
Inoltre dal censimento del 1921 emerge che su 232.600 abitanti, in provincia di Bolzano la popolazione di lingua tedesca è di 202.400 anime, quella di lingua italiana 20.300, quella di lingua ladina 9.900.
Nella lettura dei risultati di questo censimento bisogna tenere bene in considerazione che nel 1921 l’annessione dell’“Alto Adige” al Regno d’Italia è avvenuta ormai da tre anni.
I funzionari e gli uomini della burocrazia austriaca sono già oltre il Brennero, ma la supremazia dei Tedeschi è netta. Sui Ladini poi l’irredentismo non ha mai fatto presa. Durante e dopo il conflitto mondiale per la liberazione del Trentino, infatti, i Ladini rimangono legati affettivamente all’Austria, così come la maggior parte dei Sudtirolesi di lingua italiana.
Questo nel 1921, due anni dopo la Pace di Saint Germain, che ha decretato “l’italianità” del Trentino e dell’Alto Adige. Figuriamoci prima, ai tempi di Battisti, quando a Trento c’era ancora il Prefetto che veniva da Vienna.

Ma Battisti, sebbene esperto geografo e geologo del Trentino, non tiene conto, purtroppo, di questi dati di fatto. Vuole diffondere in Trentino il socialismo e la dottrina della II Internazionale.
Proprio come stanno facendo in Italia i suoi “compagni” socialisti, che giungeranno a risultati positivi solo durante il primo decennio del Novecento, grazie alle oculate concessioni di Giovanni Giolitti.
Contro l’annessione, apostolo dell’autonomia, è schierato invece Alcide De Gasperi, che si batte per inculcare nei Trentini una “coscienza nazionale positiva”. In questa formula è riposto l’intento di stimolare la difesa dell’autonomia, la difesa dell’individualità e unicità della regione trentina. Lo sosterrà anche dopo l’annessione. “Bisogna conservare l’autonomia delle terre ormai redente” è il pensiero di Alcide De Gasperi.
Ed è proprio la “coscienza nazionale positiva” che manca a Cesare Battisti. Il suo sentimento nazionale oltrepassa i limiti dell’irrispetto e dell’odio per il sentimento nazionale austriaco: è ultranazionalismo. È fragorosa lotta contro l’“oppressore” per allontanarlo. Per lui l’annessione è sinonimo di guerra e di morti, non di tavoli di conferenze come voleva De Gasperi a Vienna o Giolitti a Roma.
A De Gasperi e a chi vuole l’“ autonomia diplomatica” del Trentino, Battisti risponde: “Dimenticateci se volete, ma non dite che noi non vogliamo staccarci dall’Austria. È un’offesa e una bestemmia”.
Benito Mussolini, socialista, interventista, che aveva lavorato con Battisti alla redazione de “Il Popolo”, sostiene che l’unico modo di annettere con onore il Trentino all’Italia, è la guerra. Negli scritti di tutt’e due affiora però la consapevolezza che “la guerra riduce e più ridurrà il Trentino a un deserto e un cimitero”.

Il socialismo di Battisti prima ha tentato la rivoluzione politica del Trentino. Poi ha voluto l’aggressione militare. Battisti si è arruolato come volontario nell’esercito italiano il 29 maggio 1915, per combattere in prima persona contro il nemico. Ha combattuto, si è fatto arrestare. È salito al patibolo con dignità, ignorando tutti i cimiteri di guerra sparsi per le belle montagne del Trentino.
La logica dell’irredentismo voleva la sua morte affrontata con “animo impavido”, quale coronamento di una vita concretamente vissuta per l’irredentismo. “Solo la morte poteva dare al suo sacrificio politico quel significato pieno e supremo che egli voleva e che nessuna prodezza sua di soldato gli avrebbe mai potuto conferire”.
Battisti, che aveva fatto giuramento mazziniano il 12 luglio 1901, era consapevole di oltrepassare i limiti di giustizia di uno Stato. Infatti, nella prima settimana del luglio 1916, quando stava combattendo con il V Reggimento Alpini nell’assedio di Monte Corno, confidava all’amico Filzi: “Eviteremo d’esser fatti prigionieri, ma se l’Austria ci prenderà, sarà questo per lei peggio di una battaglia perduta”.
Forte di quest’idea, andò incontro al capestro con un fanatico e ingiustificato sentimento di “vittoria”. Così, Cesare Battisti il 12 luglio 1916, nell’impiccagione nel cortile del Castello del Buon Consiglio a Trento, alle ore 19 e 14 minuti, chiudeva la sua “battaglia”.
Si apriva a quel punto il giudizio della Storia e la gestione della sua immagine. Per gli interventisti, i militaristi e gli ultranazionalisti la sua vicenda diventava la pietra angolare della futura “Italia imperiale”.
A settant’anni da quei fatti, lontani dalle passioni e dalle influenze del tempo, si può affermare che Cesare Battisti fu politico mediocre e poco perspicace, militare ingenuo e scarsamente fortunato. In definitiva, un altro mito verso il tramonto.
 
Bibliografia

Il Corriere della sera 22 settembre 1915
Il risveglio Austriaco, 23 giugno 2015