La mano della framassoneria è palese nella Rivoluzione del 1830 "Non istate a credere - disse Dupin il maggiore, alto massone della loggia dei Trinosofi - che siano bastati tre giorni a far tutto. Se la Rivoluzione fu sì pronta ed improvvisa, se l'abbiam compiuta in pochi giorni, si fu perché noi avevamo una chiave di volta, ed abbiamo potuto sostituire immediatamente un nuovo e completo ordine di cose a quello che era stato distrutto". La setta non poteva tollerare più a lungo sul trono il ramo primogenito dei Borboni; d'altra parte erano troppo recenti gli orribili ricordi della prima Repubblica per osar d'affrontare il sentimento pubblico proclamando una nuova Repubblica. Perciò essa prese un mezzo termine e pose "come chiave di vôlta" dell'edificio che da quindici anni andava preparando, "il figlio del regicida".(1) Alla società Aide-toi, le ciel t'aidera (chi s'aiuta, il ciel l'aiuta), presieduta da L. Guizot, era stato affidato l'incarico di preparargli le vie. Lo confessò Didier alla Camera dei deputati, il 18 maggio 1833: "Fu per le cure della nostra società che furono pubblicati e distribuiti gli opuscoli contro la ristaurazione, che furono organizzate le sottoscrizioni in favore dei condannati politici, che fu data la parola d'ordine di lagnarsi dei Gesuiti e di gridare nelle sommosse: Il Viva la Charta!". Bisognava approfittare di tutte le occasioni per iscreditare il potere, per creargli imbarazzi ed accrescere sempre più quelli che l'occasione potesse far nascere".(2) Questa società, propriamente parlando, non era framassonica, ma sotto la direzione della framassoneria. Un'altra che era al di sopra delle Loggie e degli Orienti si travagliava collo stesso intento. Era l'Ordine del Nuovo Tempio, fondato prima della grande Rivoluzione, e uno de' suoi membri, Asved, così ne indicava il carattere: "Un solo odio accende il cuore de' suoi adepti, l'odio ai Borboni ed ai Gesuiti ... Prima della Rivoluzione del 1789, i nuovi Templari non aveano altro scopo dichiarato, che annientare il cattolicismo ... Al tempo in cui le orde straniere vennero ad imporre i Borboni, i Templari si limitarono a sollecitare l'espulsione della razza asservita, e noi ci tenemmo fedeli, fino al 3 agosto, a questo patriottico dovere ... L'odio si calmava col disprezzo e sonnecchiò parecchi anni; ma il giorno in cui ci sentimmo oppressi, scoppiò come folgore ... L'irritazione calmata ha ceduto il posto al bisogno di lavorare con perseveranza all'intento propostosi da tutte le frazioni del Tempio: l'emancipazione assoluta della specie umana; il trionfo dei diritti popolari, dell'autorità legale; la distruzione di tutti i privilegi senza eccezione, ed una guerra a morte contro il dispotismo religioso o politico di qualsiasi colore. Un'immensa propaganda è ora organizzata a questo scopo generale". Il Nuovo Tempio, come l'Alta Vendita che gli succedette, era una di quelle società più profondamente misteriose, che il Consiglio supremo crea secondo i bisogni del momento, con elementi scelti, ai quali rivela per quanto è necessario, il segreto delle sue ultime intenzioni. Noi le troviamo espresse in questi termini: "Guerra a morte all'autorità civile e religiosa; annullamento di tutti i privilegi (leggi private) specie di quelli che regolano il corpo ecclesiastico e dì quelli che fanno della Chiesa cattolica una società distinta, autonoma; diritti da concedere alla cieca moltitudine onde farcela docile strumento di guerra contro le due autorità e le due società; arrivare infine all'emancipazione assoluta della specie umana", anche e soprattutto rispetto a Dio. Come mezzo ad ottener tutto questo: "La più estesa propaganda" d'idee rivoluzionarie ... Tale fu lo scopo della Rivoluzione del 1830. Essa fu un punto di partenza e servì di punto d'appoggio a tutto il movimento antisociale ed anticattolico che da Parigi si estese a tutta l'Europa. Il Governo di Luglio lo favorì in Italia coll'occupazione di Ancona, nella Spagna e nel Portogallo collo stabilimento di regimi consimili e soprattutto negli Stati del Papa colMemorandum. All'interno, uno dei primi atti del Governo di Luglio fu di far fare un nuovo e gran passo alla libertà dei culti e all'indifferenza religiosa. La perfidia giudaica fu messa alla pari delle comunioni cristiane. L'articolo VII della Charta del 1830 diceva: "I ministri della religione cattolica, apostolica e romana, professata dalla maggioranza dei Francesi, e quelli degli altri culticristiani, ricevono assegni dal Tesoro pubblico". Con una derogazione espressa a questo articolo, i rabbini furono inscritti nel bilancio del prossimo anno.(3) "Al giorno d'oggi - dice a questo proposito il rabbino Astruc nel suo libro Entretiens sur le judaïsme, son dogme et sa morale - nei nostri paesi l'eguaglianza è completa: il nostro culto cammina accanto agli altri. I nostri templi non sono più nascosti; ma si adergono agli occhi di tutti, costrutti dagli Stati e dai comuni come da noi medesimi. Altro più non desideriamo che di adorare liberamente il Dio della libertà universale". Il Governo di Luigi Filippo non si accontentava più di misconoscere, come quello di Napoleone I, l'origine divina della Chiesa cattolica, ma dichiarava di misconoscere la divinità di N. S. Gesù Cristo, accordando favori del tutto indebiti a quelli che fanno professione di negarla e di bestemmiarla. In pari tempo una guerra sorda fu diretta contro il cattolicismo. Non era più colla pena dell'esiglio e del patibolo, ma col disprezzo pubblico provocato con tutti i mezzi. La religione veniva insultata sopra quasi tutti i teatri, il clero vi era rappresentato sotto gli aspetti più odiosi; l'orgia, l'assassinio, l'incendio gli erano attribuiti come azioni ordinarie. In pari tempo l'amministrazione d'ogni grado si accaniva a maltrattarlo in ogni maniera come può rilevarsi dall'Ami de la Religionche registra le vessazioni che gli si facevano giornalmente soffrire. In quell'epoca nacque la questione operaia che dovea ben presto, sotto il nome di questione sociale, preoccupare così vivamente operai e padroni, governati e governanti, e persino il Sommo Pontefice. Ne rivelò l'esistenza e ne fu il primo atto la formidabile insurrezione di Lione. La Ristaurazione aveva inaugurato il grande movimento industriale che doveva svilupparsi sotto i regimi successivi. Durante quei quindici anni non vi fu uno sciopero di qualche importanza; dappertutto regnava l'accordo tra padroni ed operai. "Nell'inverno del 1829 al 1830 - dice Le Play - ho constatato nella maggior parte delle officine di Parigi, tra il padrone e gli operai, un'armonia pari a quella che avea testé ammirata nelle miniere, nelle officine e nelle masserie dell'Annover".(4) Ma, nel 1830, uno spirito nuovo si fe' sentire nel campo industriale. Gli economisti ufficiali accreditarono la teoria secondo la quale il lavoro non è che una mercanzia come un'altra. Molti padroni l'adottarono con premura, non pensarono più che a far fortuna, e sfruttarono i loro operai invece di studiarsi a renderli migliori colle loro istruzioni e coi loro esempi. Era la conseguenza necessaria del diminuito spirito di fede e del progresso delle dottrine naturalistiche che non veggono altro fine per l'uomo che il godimento e l'agiatezza. Dal canto loro gli operai prestavano orecchio a quelli che loro predicavano il progresso, dopo che glielo aveano fatto vedere nella facilità e moltiplicazione dei godimenti, a quelli che li eccitavano al disprezzo del clero e li mettevano in sospetto contro la dottrina che solleva gli animi mettendo dinanzi, come fine supremo dei loro sforzi, le ricompense eterne. Quello che noi oggi vediamo non è che lo svolgimento di quanto si fece allora. Intanto i cattolici non se ne stavano, come oggi, inerti e passivi, ma reagivano con tutti i mezzi. Incominciarono col fondarel'Agenzia generale per la difesa della libertà religiosa, poi le Conferenze di San Vincenzo de' Paoli; si stabilirono in quasi tutte le grandi città di Francia delle Accademie religiose; si inaugurarono le Conferenze di Notre-Dame; ed infine e sopratutto il Partito cattolico bandì la crociata per la libertà d'insegnamento.
La Charta del 1830 avea consacrato come principio la libertà d'insegnamento, introdottovi non si sa come. Il primo a rivendicarne l'applicazione, ad impegnarvi con lettera pubblica la lotta che dovea divenire sì ardente, fu il vecchio vescovo di Chartres, seguito quindi dai grandi campioni, Mons. Parisis, il C. di Montalembert e L. Veuillot. Questa rivendicazione della libertà d'insegnamento sollevò altre questioni: il diritto pel clero di manifestare il proprio parere sulle grandi questioni sociali, e quello dei vescovi di potersela intendere e concertarsi insieme per la difesa degli interessi religiosi; l'uso della stampa nella discussione di questi interessi, e il concorso che i laici possono e devono recare al clero nella difesa o nella conquista delle libertà della Chiesa; l'iniquità degli attacchi contro la vita religiosa ed in particolare contro l'Istituto dei Gesuiti. In questa grande lotta, vediamo il Governo francese cercare un punto d'appoggio a Roma. Vi mandò il conte Rossi, nato in Italia, venuto in Francia dopo la rivoluzione del 1830, nominato successivamente decano della Facoltà di diritto in Parigi, membro dell' Istituto Pari di Francia. È la fortuna ordinaria che incontrano coloro sui quali le società segrete hanno gettato gli occhi per farli strumenti di particolari missioni; come pure la morte del Rossi sotto il pugnale d'un assassino è la fine ordinaria di quelli che non obbediscono sino al termine alla consegna loro affidata. Inviato straordinario presso la Corte pontificia, ricevette, malgrado le ripugnanze manifeste di Gregorio XVI, il titolo e l'ufficio di ambasciatore. Era suo mandato di ottenere, per mezzo del segretario di Stato, le concessioni di cui aveva bisogno il Governo per giungere a' suoi fini. Si può vedere nel libro di Follioley, Montalembert et Mons. Parisis, con qual arte seppe condurre i negoziati e il successo che ne ottenne. L. Veuillot ne espresse il carattere, e ne fece la difesa con queste parole: "Vi furono tra noi dei cuori timidi per cui il Papa credette prudente di pregare e di aspettare".
Ritratto di Luigi Filippo d'Orleans Re inlegittimo dei Francesi dal 1830 al 1848