mercoledì 15 aprile 2015

Legittimità di origine e di esercizio nella monarchia cattolica


La Legittimità è un principio fondamentale nella Monarchia Cattolica (tradizionale), e nella Politica Cattolica più in generale, ed è quindi fondamentale delimitarne e concretizzarne bene il significato e la seguente applicazione.
Molti, in specie nell'ultimo secolo, hanno frainteso tale principio confondendolo con quello  di legalità decretata da istituzioni che di legittimità ne erano e ne sono prive.  Altri invece sono arrivati a negare la naturale e imprescindibile coesione che la Legittimità ha con la Tradizione di una terra e del popolo che la abita.  Infatti, l’incompatibilità della Tradizione con la Legittimità è un tipico sofisma lontano dalla realtà: bisogna comprendere che non c’è  Tradizione senza Legittimità in quanto, l’applicazione dei principi tradizionali necessita del rispetto della Legittimità affinché essi non trovino ostacoli; si può giustamente affermare che la  Tradizione è il “contenitore” mentre la Legittimità è una parte fondamentale del “contenuto” o, più precisamente, la “chiave di volta”.
La Legittimità è considerata meno importante, per esempio, della Religione o della continuità storica di un popolo; però è inseparabile da queste e garantisce  il loro rispetto, conducendo alla Religione, alla coscienza storica e a tutti gli altri principi tradizionali, divenendo la chiave di tutto l’edificio dottrinale.
Jacques-Bénigne Bossuet 
In Italia il Legittimismo è oggi un fondamento pressoché dimenticato, oscurato dalle ideologie figlie della Rivoluzione che trovano origine in epoca napoleonica passando poi per il periodo così detto “risorgimentale” arrivando infine ai giorni nostri. E’ proprio in Italia, però, che la prestigiosa continuità Monarchico-Legittimista ha subito una grave onta, con ripetute usurpazioni territoriali (1859-1861) e con l’attacco al Potere Temporale del Pontefice (1870). Nulla è tanto deprecabile nella storia della Penisola quanto le azioni perpetrate dai rivoluzionari, e da chi ad essi si affiancò, nel periodo che va dal 1859 al 1870, senza contare il 1918, e dallo stato di cose venutosi di conseguenza a creare.  A ragione de Bossuet affermava “Non c’è diritto contro il diritto”.
Nella storia recente d’Italia possiamo benissimo osservare un principio oggettivamente riconosciuto il quale mostra come il potere illegittimo governi male mentre, al contrario,  il Potere Legittimo sia garante di buon governo.
Detto ciò, ora andiamo ad analizzare  la Legittimità nella Monarchia  e in modo concreto le due caratteristiche essenziali  che la determinano.
Affinché un  Re sia Legittimo deve possedere la legittimità di Origine e quella di Esercizio. La terminologia può sembrare nuova ma  il concetto non lo è. Infatti, nella denominazione classica di San Tommaso d’Aquino la Legittimità viene divisa in Legittimità di acquisizione e Legittimità di amministrazione.
Possiede la Legittimità di Origine il Principe che discende da un ramo legittimo; vale a dire, sempre fedele al  Re, e in special modo mentre si verifica o persiste una usurpazione o una disputa dinastica; e lo stesso Principe del medesimo ramo del Re, sempre fedele ad esso e alla sua discendenza, a condizione che mantenga la sua fedeltà.  Questo si riferisce ai principi della Casa Reale non chiamati immediatamente alla successione , ma successivamente, o eventualmente, e non al Re o al suo erede immediato nel quale la Legittimità di Origine consiste nella sua attuale pretesa al Trono e alla successione immediata, rispettivamente, in virtù della Legge Successoria.
Vázquez de Mella
La Legittimità di Esercizio è quella che si dimostra  governando o procedendo in conformità con i principi tradizionali di un popolo. Nel Re , la Legittimità di Esercizio viene avvalorata attraverso il suo governo ed i suoi principi; i principi dai quali traggono beneficio i sudditi , il rispetto dottrinale delle Leggi Fondamentali e dello spirito della Monarchia.
Il più grande definitore dei principi tradizionalisti,   Vázquez de Mella , determina la presenza della Legittimità di Origine “se il potere viene acquisito in conformità al diritto scritto o consuetudinario stabilito da un popolo” , e l’assenza di quella di Esercizio “Se il potere non si conforma con il diritto naturale, il  divino  positivo  e le  leggi e tradizioni fondamentali del popolo che governa” (Mella, Obras, XI, 113).
La Legittimità di Origine comporta la presenza di quella di Esercizio.
Chi possiede il titolo per esercitare il Potere governerà bene, mentre governerà male chi ne è sprovvisto. Riguardo a questo vi è molta confusione, perché molti che parlano costantemente di Legittimità di Origine e di Esercizio, ne conoscono l’espressione, però ignorano totalmente i concetti.  Tra questi vi sono alcuni che considerano, ad esempio, l’usurpazione del Trono di Spagna avvenuta nel 1833, e reiterata fino ad oggi, solamente come una illegittimità di Esercizio (temporanea) affermando che i discendenti isabellini posseggano la Legittimità di Origine.
Ebbene: l’usurpazione fa decadere la Legittimità di Origine , privando dei diritti successori gli usurpatori e la loro discendenza.  La  Legittimità di Origine può essere recuperata solamente se avviene un riconoscimento solenne e sincero del Re legittimo e, in questo specifico caso, con la cessazione immediata dell’usurpazione. In breve, è possibile definire la  Legittimità di Origine come l’attuale o eventuale pretesa alla successione secondo le leggi che la regolano.  In altre parole, l’atto di usurpazione implica l’illegittimità di Origine, indipendentemente dai principi politici che l’usurpatore sostiene; in ogni caso l’illegittimità di Origine presuppone anche l’illegittimità di Esercizio.
La Legittimità di Origine è sovrapersonale e dinastica. La Legittimità di Esercizio è personale e politica.
Da questo si deduce che la perdita della  Legittimità di Esercizio da parte di un Principe , non elimina irrimediabilmente la  Legittimità di Origine del suo ramo.
Invece, come abbiamo già accennato, l’illegittimità di Origine presuppone un nesso legale all’illegittimità di  Esercizio.

Per maggiore chiarezza espongo alcuni esempi:

S.M.C. Giovanni III di Spagna
1) Un Principe legittimo di Origine che non utilizza il suo Potere e reiteratamente va contro le condizioni essenziali per determinare la  Legittimità di Esercizio (Giovanni III di Spagna, legittimo fino al 1864) incorre nella sua privazione; tuttavia, la sua discendenza è perfettamente in possesso della   Legittimità di Origine, e presumibilmente di Esercizio, se non aderisce apertamente all'atteggiamento del suo autore.
In realtà, il Re che perde la  Legittimità di Esercizio non perde la dignità reale, ma la sua situazione è quella del sovrano che non può governare. Pertanto, Carlo VII, figlio di Giovanni III, non si considerò Re fino al 1868, anno in cui Giovanni III abdicò; tuttavia, prima di questa data, continuò a seguire la politica legittimista. Se Carlo VII, quando Principe delle Asturie, non avesse riconosciuto la regalità di suo padre, avrebbe commesso contro la legittimità un attacco molto grave, più grave rispetto a quello commesso da Giovanni III, e cioè la ribellione e il tradimento le quali privano della Legittimità di Origine.
S.M.C. Carlo VII di Spagna
Come il Re non può usurpare il Trono a se stesso, è chiaro che non può perdere più che la  Legittimità di Esercizio; quella di Origine mai, anche per le empietà, e per quanto abominevoli possano essere gli atti che il monarca commette, solo potrà perdere ciò che appartiene alla sua persona, ma non ciò che appartiene alla sua dinastia, che è superiore alla sua persona. Invece, i principi usurpatori, e loro successori, perdono la  Legittimità di Origine, anche se non definitivamente, fin tanto che persiste la ribellione, aggiungendo il tempo necessario per verificare le sanzioni della pena per i reati di ribellione, alto tradimento e lesa maestà; tenendo ben presente che l’usurpatore è incapacitato personalmente per tutta la vita , e la riabilitazione è possibile solamente per uno dei suoi discendenti in possesso, e nel rispetto , dei requisiti necessari.
Questo è quello che si intende per  Legittimità di Origine nel “modo tradizionale” , come affermato nella lettera scritta da Don Alfonso Carlo nel 1936; altrimenti, qualsiasi parvenu, con una dichiarazione di principi che verrebbero dimenticati in una stagione o poco più, potrebbe accedere al Trono. Viene respinta, quindi , l’idea  secondo la quale la  Legittimità di Origine consiste semplicemente nella discendenza genealogica di un Re; idea che possiede come sua unica difesa la distorsione e la sostituzione totale dei concetti che risiedono in certi termini per poterli utilizzare a capriccio,  cosa non  possibile con il vero significato di certi termini.
La Regina vedova Doña Maria Teresa
Essendo la  Legittimità di Origine essenziale, in caso in cui un Re che la possegga perda quella di Esercizio, segue la Reggenza, tacita o espressa, di suo figlio, o in caso di minore età di questi, di altra persona reale.  La Regina vedova Doña Maria Teresa, matrigna di Giovanni III, la  esercitò in questo caso, invece di riconoscere come Re il Principe delle Asturie Don Carlo; espresse con il suo atteggiamento, al tempo stesso fermo e rispettoso, la vera e squisita interpretazione legittimista di una situazione di tale particolarità.






2) Un Principe illegittimo di Origine, ma che governa secondo la coscienza storico-politica del suo popolo, acquisisce la Legittimità di Origine? La trasmette ai suoi discendenti? No, perché un Principe che governa contro il diritto cercando di acquisire  la Legittimità di Esercizio pur attenendosi al diritto naturale, al divino positivo  e alle leggi e tradizioni fondamentali del paese, non è Re legittimo e non lo possono essere nemmeno i suoi discendenti, a meno che non avvenga una totale estinzione del ramo possessore della Legittimità di Origine, e nel qual caso, e di fronte al consenso generale, con periodo non precisato, acquisirebbe la legittimità a partire dal momento dell’estinzione senza successori  abili del ramo legittimo.
James FitzJames, I Duca di Berwick; figlio
illegittimo del Re Giacomo II d'Inghilterra e
di Arabella Churchill. I suoi discendenti, provenienti da una unione illecita, non 
poterono avanzare nessuna legittima pretesa
al Trono dopo l'estinzione del ramo degli Stuart
Ora: essendo eredi legittimi, anche se per un periodo equivalente al necessario per verificare le prescrizioni occorrenti, non si produrrà legittimazione  se gli eredi legittimi sosterranno costantemente il loro diritto, anche quando il governo del parvenu fosse buono, la ragione andrebbe sempre ai principi legittimi. Citando nuovamente la frase del Bossuet “Non c’è diritto contro il diritto”. Però  se gli eredi legittimi si disinteressassero a tutti i reclami e desistessero nel mantenimento dei loro diritti in modo continuato e sicuro, allora, compiuto il periodo necessario per  la prescrizione, la possessione diverrebbe proprietà,  anche quando il governo non fosse immemorabile, a patto che non sfoci in esplicita tirannia o apostasia .
In Inghilterra, anche se gli Stuart mantennero valorosamente i loro diritti, al momento della loro estinzione con il Cardinale Enrico (Enrico IX d’Inghilterra) , si verificò la legittimazione di Origine della Casa di Hannover; senza che i Duchi di Berwick potessero perorare alcun diritto perché provenienti da una unione illecita.



Luigi Filippo Alberto  d'Orleans, Conte di Parigi
(1838-1894) ; fu l'artefice della riabilitazione
degli Orleans. 



3) I Duchi e Principi d’Orleans che perdettero la Legittimità  di Origine a causa dell’usurpazione e quella di Esercizio  per il  loro liberalismo, recuperarono la prima al riconoscimento del Re Enrico V di Francia (morto Luigi Filippo, che non avrebbe potuto recuperarla) e l’ultima, abbandonando il liberalismo e convertendosi nei difensori della Tradizione francese.






Carlo Alberto di Sardegna
4) Casa Savoia, fin dalla netta presa di posizione di Carlo Alberto di Sardegna a favore del liberalismo (e quindi della Rivoluzione), perse la legittimità di Esercizio: tale posizione venne anche osteggiata dal cattolicissimo Ministro Clemente Solaro della Margherita, il quale per tredici anni deplorava che il Sovrano si fosse buttato ad una guerra di espansione territoriale, anziché concedere, per esempio, l’aiuto economico chiesto dai Cantoni Cattolici svizzeri, in lotta con quelli liberal-protestanti, per la famosa guerra dello Sonderbund, terminata a favore dei laicisti. Ma ancora più grave fu l’atteggiamento preso dal Carlo Alberto riguardo al progetto di Lega Italiana, appoggiato da tutti i principi d’Italia  e dal Sommo Pontefice. Fin dai primi anni 40′ del secolo XIX, dal Principe ereditario di Modena (futuro Francesco V) al Re delle Due Sicilie Ferdinando II, si levava a gran voce il desiderio di costituire una Confederazione Italiana  tra i legittimi stati della penisola; con diverse idee di presidenza (c’era chi volgeva il proprio consenso ad una presidenza pontificia e chi, come Francesco V di Modena,  propendeva per una presidenza (o supervisione) dell’Imperatore d’Austria) tale progetto era all’unanimità auspicato e trovò l’unica opposizione in Italia nel Piemonte di Carlo Alberto. Egli continuò ad esercitare il Potere in opposizione alle condizioni essenziali per determinare la  Legittimità di Esercizio con  la “Fusione Perfetta” del 1847  con la quale , decretando l’unione politica e amministrativa di tutti i territori del Regno di Sardegna (cioè la parte insulare composta dall’isola di Sardegna, e gli Stati di Terraferma del Piemonte, della Savoia, di Nizza e del Ducato di Genova e dei feudi imperiali dell’Appennino Ligure (che comprendevano la Liguria, Capraia, il Novese e l’Ovadese), in modo simile a quanto la corona inglese aveva fatto cinquant’anni prima con il Regno d’Irlanda per mezzo dell’Atto di Unione), centralizzava a modello giacobino lo Stato cancellando l’assetto amministrativo tradizionale di quelle terre e dei suoi popoli. Nel 1848 , sbandierando lo Statuto che da esso prendeva il nome, corrompendo la bandiera del Regno con i colori della Rivoluzione, con inganni e sotterfugi, mosse guerra all’Austria facendosi scudo con l’appoggio dei principi italiani e dei loro eserciti, ingannando il popolino con falso volto cristiano, facendo credere di aderir alla tanto agognata Lega Italiana. Ma al cadere della maschera egli venne lasciato alla sua smania di espansionismo fiancheggiato soltanto dalla cricca rivoluzionaria, pagandola a caro prezzo.
Vittorio Emanuele II di Sardegna
Sconfitto ed esiliato il “tentenna”, il figlio si dimostrò più infimo del padre: salito sul Trono di Sardegna, Vittorio Emanuele II recitò la sua parte con teatrale maestria già il 24 marzo 1849 al cospetto del  Radetzky , riuscendo ad ottenere delle clausole più vantaggiose rispetto a quelle decise in un primo momento dal vincitore; falsamente sconfessava  pienamente l’operato del padre  definendo i Ministri un “branco di imbecilli” dimostrandosi  all'apparenza  amico degli austriaci e rimproverando al padre la debolezza di non aver saputo opporsi ai liberal-democratici promettendo una dura politica nei loro confronti con l’abolizione dello statuto.
Primo atto del giovane Re fu ordinare di far cannoneggiare la città di Genova, rea di essere insorta contro il mal governo e la miseria da esso scaturito , massacrando cinquecento persone e facendone arrestare altre. Dopo aver concesso Genova al sacco della soldataglia, Vittorio Emanuele II scrisse una lettera in francese al generale Alfonso La Marmora nella quale si congratulava con lui definendo i sudditi genovesi  “vile e infetta razza di canaglie”.
Fin dai primi anni di regno,  Vittorio Emanuele II dimostrò la falsità delle sue parole raccogliendo sovversivi e foraggiando un governo liberale e apertamente anticristiano. L’espansionismo bellicista e anticristiano – diciamo meglio: antiumano – divenne , sotto il regno del “galantuomo”, mania di un Aristocratico piemontese , il conte di Cavour , osteggiato dal popolo, che ridusse alla miseria più nera, e dalla Chiesa Cattolica. In dieci anni , promulgate leggi contro la Chiesa Cattolica (Leggi Siccardi: la legge 9 aprile 1850 n. 1013 e 5 giugno 1850 n. 1037, che abolirono i privilegi goduti fino ad allora dal clero cattolico; e  la cosiddetta legge Rattazzi n. 878 del 29 maggio 1855) , presi indegni accordi con il settario Napoleone III , ed abilmente provocata l’Austria a dichiarare guerra  , cominciava la serie di usurpazioni territoriali che videro nel solo 1859 l’occupazione sabauda (senza alcuna legittimità) della Lombardia Austriaca , dei ducati di Parma e Modena , del Granducato di Toscana e delle Romagne Pontificie: a proposito dell’ultima usurpazione menzionata, essa condusse alla scomunica di Vittorio Emanuele II da parte di Papa Pio IX . La criminale estensione della sovranità sabauda portò sovversione, immoralità e irreligione in tutta la penisola occupata.
La soldataglia unitarista-sabauda invade Roma attraverso
"la breccia di Porta Pia"
 (20 settembre 1870)
Nel 1860, i plebisciti farsa nei territori già occupati l’anno precedente, la piratesca spedizione di Garibaldi (pensata e appoggiata dal governo sabaudo del Cavour e di Vittorio Emanuele) e la seguente occupazione del Regno delle Due Sicilie (alleato dello stesso Regno di Sardegna il quale lo invase senza dichiarazione di guerra), l’invasione degli Stati della Chiesa sempre senza dichiarazione di guerra  e l’annessione (sempre tramite plebisciti farsa) delle Legazioni dell’Umbria e delle Marche  e di tutto il territorio duo-siciliano, segnarono l’inizio della sovversione totale d’Italia.  Con atti di assoluta meschinità , nel 1866, senza vincere nemmeno una battaglia , venendo sconfitti sia per terra (Custoza) che per mare (Lissa), senza attendere nemmeno lo svolgersi della farsa plebiscitaria, il Savoia issava la sua bandiera in Piazza San Marco. Nel 1867, il governo unitario del Savoia tentava di strappare gli ultimi lembi di territorio alla Chiesa mandando avanti la soldataglia guidata da Garibaldi (sconfitto a Mentana dai Pontifici il 3 novembre di quell’anno). E nel 1870, il Savoia si macchiò dell’usurpazione peggiore di quelle delle quali già si macchiò nei dieci anni precedenti: l’occupazione di Roma del 20 Settembre 1870.
Firma dei Patti Lateranensi
(11 febbraio 1929)
Lo Stato italiano unitario sabaudo (chiamato Regno d’Italia), fin dall’inizio, fu l’antitesi stessa dell’Italia, dei suoi popoli e delle sue tradizioni. L’artificioso  Regno fu retto da regime liberale e apertamente anticristiano (anticattolico); si ricordano tra le altre le leggi eversive n. 3036 del 7 luglio 1866 e n. 3848 del 15 agosto 1867. Dal 1870 al 1919 il Potere Politico fu totalmente in mano all’Anticristianesimo liberalmassonico, e sempre con consenso del Savoia. Da Vittorio Emanuele II a Vittorio Emanuele III la politica di questa casata reiteratamente illegittimata tanto nell’Origine quanto nell’Esercizio, mantenne le sue posizioni  fino all’avvento del Fascismo il quale, scavalcando il piccolo re di Sardegna che si faceva chiamare “d’Italia”, cercò, per puro arrivismo politico, di riallacciare i rapporti tra Stato e Chiesa (prigioniera di quest’ultimo dal 20 settembre 1870). Vennero quindi i Patti Lateranensi del’11 febbraio 1929, firmati da Mussolini, per l’Italia, e dal Cardinale Pietro Gasparri, per la Santa Sede, che, de jure, ponevano fine alle temperie più evidenti dello Stato risorgimentale ma non legittimavano de facto ne il Regno d’Italia ne il titolo assunto illegittimamente da Casa Savoia. Infatti, nonostante il tentativo quasi “napoleonico” di legittimazione, Casa Savoia non rispettava (rispetta) i requisiti necessari per avere Legittimità di Origine e di Esercizio in Italia; caratteristiche ottenibili solo nel rispetto delle leggi e tradizioni storico-politiche dei popoli d’Italia e nel rispetto dei diritti dei principi spodestati.Aggiungo in oltre che, alla luce dei fatti già precedentemente esposti, Casa Savoia si mantiene illegittima  nell’Esercizio anche per quanto riguarda il Regno di Sardegna (e la Corona annessa), del quale però mantiene quella di Origine.


Dopo questi esempi, qualcuno si chiederà quale autorità nella Monarchia (tradizionalmente intesa) decreti l’illegittimità di Esercizio del Re quando questa si verifica. Eccezion fatta, in materia religiosa, della Chiesa, nessuno. A meno di attaccare dalle sue basi i principi della Monarchia, non può esistere nessuna istituzione per concetto  superiore al Re, ne una specie di Tribunale o Comitato di Salute Pubblica. Il Re è responsabile delle sue azioni davanti a Dio e alla Storia, e solo indirettamente dinanzi ai parlamenti, che in un regime tradizionale posseggono mille ricorsi per mantenere il Principe nella retta direzione politica – quando mostrerà intenzione di abbandonarla, senza necessità di incorrere nella blasfemia liberale – anche se composti da vassalli. E’ una concezione organica che garantisce la legittimità nell'esercizio del Potere Reale nella Monarchia, e che assicura l’impotenza pratica del Re se esso va contro il diritto naturale,   divino positivo e alle leggi fondamentali e dello spirito delle tradizioni , senza negare  il suo titolo né la sua dignità.
E’ giusto sottolineare che, l’unica causa di privazione di tutte le prerogative sovrane, incluso il titolo e la dignità reale, è l’apostasia religiosa del Re. E’ ovvio che un eretico, un infedele o un empio non può essere un Re cattolico. Ma anche in questo caso, i suoi successori cattolici non hanno perso la Legittimità di Origine.

In conclusione, come si è potuto vedere, la Monarchia Cattolica è soggetta a severi principi di legittimazione perfettamente delineati, dai quali nessuna casata o Principe può sottrarsi; pena la delegittimazione del Potere tanto de jure quanto de facto.

Presidente e fondatore A.L.T.A. Amedeo Bellizzi

Fonti:
¿QUIÉN ES EL REY? La actual sucesión dinástica en la Monarquía española
di FERNANDO POLO SEVILLA 1968; CAPITULO VII, pag 69-75.
¿QUE ES EL CARLISMO? EDICION CUIDADA POR FRANCISCO ELIAS DE TEJADA Y SPINOLA,RAFAEL GAMBRA CIUDAD Y FRANCISCO PUY MUÑOZ ESCELICER Madrid – 1971 , Pag 15-17.