martedì 5 febbraio 2013

La Roccia e le sabbie mobili

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Nota introduttiva: con questo breve saggio dedicato ad un tema dibattuto con passione nel mondo cattolico “tradizionalista”, inizia la sua collaborazione a Radio Spada, Antonio Polazzo. Data la delicatezza e l’attualità del tema, non escludiamo in futuro ulteriori approfondimenti di altri redattori di RS sul medesimo argomento. 
“Sicché la fermezza di fondamento direttamente fu  data a Pietro e indirettamente alla Chiesa, essendo vero che il fondamento sostiene la casa, non la casa sostiene il fondamento. (Sant’Alfonso Maria de Liguori,Verità di Fede) [1]
Il Magistero del Concilio Vaticano I professa, tra le numerose altre fondamentali verità, due verità che ci sono di grande aiuto per orientarci santamente nel disordine che  dell’attuale crisi della Chiesa. Due profonde verità.
La prima, particolarmente odiata dai cattolici detti liberali (conservatori o progressisti poco importa), è che il Papa è infallibile anche senza il consenso della Chiesa[2].  La seconda, negata dalla maggior parte dei cattolici detti tradizionalisti, è che il Papa gode della stessa infallibilità della Chiesa[3].
Cattolici liberali, da un lato, e gran parte dei cattolici tradizionalisti, dall’altro, sono accomunati dall’attitudine di ridurre al minimo queste importanti prerogative del Papato. I primi faticano a tollerare il fatto che l’autorità magisteriale del Papa sia stata posta essenzialmente al di sopra di quella di tutti gli altri vescovi, anche unanimemente considerati. La convinzione che li muove affonda le proprie radici nelle tesi conciliariste, che conobbero una certa diffusione in secoli passati, secondo le quali l’autorità del concilio ecumenico è superiore a quella del Papa. I secondi, forse anche al fine di non ammettere la cruda e desolante realtà della Sede vacante, tentano invece di illudersi pensando che il Papa, a seconda delle modalità di esercizio del Magistero pontificio o del tipo di espressioni in esso adoperate, a volte sia infallibile e vada quindi obbedito, altre volte al contrario non sia infallibile e possa essere anche contestato. In particolare, secondo questo orientamento di pensiero, salvo il caso in cui il Papa utilizzi modalità espressive particolarmente solenni, il Vicario di Cristo non sarebbe mai infallibile a meno che non ripeta ciò che è stato tradizionalmente insegnato dal corpo docente della Chiesa.
Sembrerebbe quasi che per i cattolici liberali il Magistero infallibile del Papa sia vincolato al resto della Chiesa nello spazio, ossia all’insegnamento dell’episcopato sparso per il mondo (inutile dire che i liberali più consequenziali ed ecumenisti vorrebbero sopprimere ogni forma di riconoscimento della superiorità dell’autorità papale su quella episcopale), e che per tanti cattolici tradizionalisti il Magistero infallibile del Papa sia invece vincolato al resto della Chiesa nel tempo, ossia all’insegnamento costante dei Papi e dei vescovi del passato.
Va da sé che entrambe queste opinioni poggiano sopra un grande disprezzo del Papato (consapevole o inconsapevole a seconda dei casi) e favoriscono una certa diffidenza, molto poco cattolica, nei confronti del Vicario di Cristo.  Da una parte, infatti, l’autorità magisteriale del Papa viene fortemente diminuita ed equiparata a quella del resto dell’episcopato complessivamente considerato, il quale non sarebbe più – sotto questo profilo – gerarchicamente subordinato al Romano Pontefice. Dall’altra, l’autorità infallibile che il Papa possiede nell’insegnare in materia di fede e di morale viene circoscritta ad ipotesi di rarissima, e sempre discutibile, attuazione.
Soffermiamoci ora per un secondo a ragionare sull’importanza del fatto che il Papa gode della stessa infallibilità della Chiesa.
In primo luogo: di che infallibilità gode la Chiesa? Lo dice, ancora una volta, il Concilio Vaticano I:
“Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale”[4].
Se la Chiesa è infallibile nel suo Magistero ordinario, vuol dire che anche il Papa da solo, godendo della stessa infallibilità di cui gode la Chiesa, è infallibile nel suo Magistero ordinario[5].
In materia di fede e morale, bisogna credere non solo alle verità che il Papa professa solennemente, ma anche a quelle che egli insegna quotidianamente, cioè ordinariamente, se le insegna a tutta la Chiesa in qualità di Romano Pontefice, perché il carattere infallibile e vincolante di una dottrina non dipende dalle modalità espressive utilizzate per professarla, ma dal fatto che è il Vicario di Cristo che parla, facendolo nell’esercizio della sua funzione di Supremo Maestro di tutti i cristiani.
Così, Mons. Bartolomeo D’Avanzo, teologo della Deputazione della Fede ed eminentissimo difensore dell’infallibilità pontificia durante il Vaticano I, in un discorso davanti ai Padri conciliari, il giorno 20 Giugno 1870 ebbe a ricordare a tutti che: “Perciò così come lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità, rimane tutti i giorni nella Chiesa, allo stesso modo la Chiesa insegna tutti i giorni le verità della fede con l’assistenza dello Spirito Santo. Essa insegna tutte le verità sia già definite, sia esplicitamente contenute nel deposito della rivelazione, ma non ancora definite, sia infine quelle che sono implicitamente credute: queste verità la Chiesa le insegna quotidianamente, tanto principalmente per il Papa, quanto per ciascuno dei vescovi in comunione con il Papa. Tutti, e il Papa e i vescovi, in questo magistero ordinario sono infallibili della stessa infallibilità della Chiesa: differiscono solamente in ciò: i vescovi non sono infallibili per se stessi, ma hanno bisogno della comunione con il Papa, dal quale sono confermati;  il Papa invece non ha bisogno di nient’altro che dell’assistenza dello Spirito Santo a lui promessa; per questo motivo egli ammaestra e non è ammaestrato, conferma e non è confermato”[6].
 
In secondo luogo, chiediamoci: perché il Papa gode della stessa infallibilità della Chiesa? Perché la Chiesa gode della stessa infallibilità del Papa. È il Papa, infatti, che conferma i vescovi nella Fede, non sono i vescovi a confermare il Papa. È il Papa il Pastore dei pastori. “È soltanto il Papa – diceva San Giovanni Bosco – che colla sua conferma comunica al concilio nelle cose di fede e di morale l’infallibilità e gli fa godere nella Chiesa un’autorità suprema”[7]. E spiegava ancora il grande Santo: “… le promesse della divina assistenza e dell’infallibilità sono fatte agli altri apostoli solo in quanto che essi sono uniti a Pietro, già prima nominato capo e pastore universale. Difatto Gesù Cristo assicurò questa infallibilità prima al solo Pietro, e perchè? perchè si conoscesse che il Papa era il mezzo col quale comunicavasi l’infallibilità alla Chiesa tutta”[8].
La ragione per cui è stata posta la Roccia a fondamento della Chiesa, è farla stare ferma nella Fede. Se il Papa potesse somministrare veleno ai fedeli[9], causandone la morte, il Papato non avrebbe alcun senso e così la Chiesa e tutta la nostra religione perderebbero la loro fondamentale ragion d’essere. È necessario, perciò, diffidare di chi insegna a relativizzare o a storicizzare il Magistero pontificio (o quello di un concilio ecumenico), le dottrine della fede o connesse alla fede in esso contenute, ed in generale ogni attestazione del Papa fatta in materia di fede o di morale e indirizzata a tutta la Chiesa. 
Gli errori, i mutamenti sostanziali, le deviazioni possono venire solo da uomini che, non essendo Papi, non godono della speciale assistenza che lo Spirito Santo assicura ai successori di Pietro nell’ammaestrare il gregge di Cristo. Qualora quindi sentissimo professare errori e storture[10] nelle suddette materie da chi ci appare come il Papa, di una cosa possiamo star certi: colui che parla non può essere il Vicario di Cristo, non può essere Papa.
Antonio Polazzo

[1] Opere del Beato Alfonso Maria De Liguori, classe terza, Opere Dogmatiche, volume secondo, Verità della Fede, volume primo, 1826, p. 145.
[2] Costituzione Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I: “… ideoque eiusmodi Romani Pontificis definitiones ex sese, non autem ex consensu Ecclesiae, irreformabiles esse“.
[3] Costituzione Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I: “Romanum Pontificem … ea infallibilitate pollere, qua divinus Redemptor Ecclesiam suam in definienda doctrina de fide vel moribus instructam esse voluit …”.
[4] Costituzione Dei Filius del Concilio Vaticano I: “Porro fide divina et catholica ea omnia credenda sunt quae in verbo dei scripto vel tradito continentur et ab ecclesia sive solemni iudicio sive ordinario et universali magisterio tamquam divinitus revelata credenda proponuntur”. Cf. anche Enciclica Casti connubii, 1930, dove Pio XI afferma che: “È infatti disdicevole, per un cristiano degno di tal nome … il non prestarle [alla Chiesa] assenso ed obbedienza se non in ciò che essa impone per via di definizioni più solenni, quasi che le altre sue decisioni si potessero presumere o false, o non fornite di sufficienti motivi di verità e di onestà. È proprio invece di tutti i veri seguaci di Cristo, sia dotti, sia ignoranti, lasciarsi reggere e guidare dalla santa Chiesa di Dio in tutte le cose spettanti alla fede e ai costumi, per mezzo del suo Supremo Pastore, il Pontefice Romano, il quale è retto a sua volta da Gesù Cristo Signor Nostro”.
[5]Suo Magistero ordinario” nel senso di “esercitato da lui”. Il Magistero infallibile, infatti, è uno. Due, invece, sono i soggetti che hanno il diritto di esercitarlo: il Papa da solo (Magistero pontificio), il Papa assieme all’episcopato in comunione con lui (Magistero della Chiesa).
[6] Testo originale latino: “Itaque sicut Spiritus sanctus, spiritus veritas, manet in ecclesia omnibus diebus; ita omnibus diebus ecclesia veritates fidei docet assistente Spiritu sancto. Docet autem ea omnia, quae sive iam definita sunt, sive in thesauro revelationis explicite continetur sed nondum sunt definita, sive tandem, quae implicite creduntur: ista docet quotidie ecclesia tum per papam principaliter tum per singulos episcopos papae adhaerentes. Omnes et papa et episcopi in isto ordinario magisterio sunt infallibiles ex ipsius ecclesiae infallibilitate: in hoc tantummodo differunt, quod episcopi per se non sunt infallibiles, sed indigent communione cum papa, a quo confirmerentur; papa vero non indigeat nisi assistentia sancti Spiritus illi promissa;ideo docet et non docetur, confirmat et non confirmatur” (Mansi. 52, 764).
[7] San Giovanni Bosco, I concili generali e la Chiesa Cattolica, 1869.
[8] ibidem
[9] Cioè una Fede diversa.
[10] Non dev’essere il fedele a stabilire ciò che è ortodosso e ciò che non lo è. Il fedele sa che una data dottrina è erronea o eretica quando già un Romano Pontefice l’ha condannata o ha insegnato una dottrina direttamente incompatibile con quella che gli viene proposta da chi non è Papa. 
 
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