lunedì 4 febbraio 2013

La caratterizzazione monarchica della gerarchia naturale (seconda ed ultima parte)

Austrian-Crown-Jewels-kings-and-queens-2581063-1024-768
 
 
Lo stato può essere concepito come insieme di famiglie e di fatto è come una famiglia allargata. Uno stato si basa sul diritto, similmente alla materia che trova consistenza nella forma, come abbiamo detto all’inizio. Allo stesso modo una famiglia trova il suo senso nell’autorità del padre.
Il corpo dello stato, come ogni corpo, non può essere mosso che in una sola direzione, allo stesso modo in cui ogni persona non è governata che da un’unica intelligenza. Per di più, come il padre vuole il bene dei figli e affinché esso venga promosso impone loro delle regole, controlla la loro educazione, stabilisce per loro dei principi di condotta, così lo stato si adopera per il bene comune mediante lo strumento della legge.
Questa forte analogia tra lo stato e la persona (o il corpo), non è il solo strumento di cui disponiamo per provare la verità che stiamo sostenendo.
Vediamo meglio cosa accade nella realtà politica: il diritto viene formulato dai membri della comunità, a seconda del grado di coinvolgimento che essi hanno nei processi decisionali che ivi si svolgono. Nella differenza di grado di coinvolgimento vediamo già la disparità esistente tra i cittadini.
Tale disparità può essere a buon grado considerata naturale, poiché coloro che hanno più cultura o più denaro o una maggiore inclinazione verso le questioni politiche avranno o conquisteranno per sé un maggior peso. Del resto, anche volendo accogliere (e non si dovrebbe) la critica egualitarista secondo cui tutti sarebbero capaci allo stesso modo se si desse ad ognuno la possibilità di studiare ed esprimersi, soprattutto rimuovendo a tal fine gli ostacoli di carattere economico, si può constatare come anche in una società in cui (specie ora grazie ad Internet) esiste ampia possibilità di informarsi, riflettere, partecipare a dibattiti pubblici, confrontarsi sulle tematiche più disparate, solo pochi acquisiscono la capacità di apportare un contributo costruttivo in un confronto dialettico o anche soltanto hanno effettivamente l’interesse di farlo. Persino dove, come nella Post-modernità, si tenta costantemente di violentare la natura in nome dell’utopia, la natura ha preso sempre la sua rivincita, risorgendo come l’araba fenice.
Osserviamo che coloro che si impegnano per l’edificazione della città a livello politico, fanno parte di fazioni politiche. Le stesse persone spesso si impegnano in vario modo per il bene comune in differenti contesti non strettamente politici. A loro volta hanno ricevuto un’istruzione politica e in generale umana, filosofica, religiosa da parte di determinate istituzioni. Tutti questi ambiti in cui si manifesta propriamente la socialità umana possono essere chiamati associazioni o corpi intermedi. Essi esprimono la vitalità della società civile o anche l’intraprendenza umana, la quale si manifesta soprattutto nei contesti aggregativi, al contrario di quanto una vulgata “liberista” e individualista (che purtroppo ha fatto molta scuola) vorrebbe far credere.
Il che ci porta a notare questo: l’élite della comunità è stata educata in diverse famiglie, ma è cresciuta anche all’interno delle associazioni. Le associazioni dispongono di educatori, maestri, leader. Ognuna di queste realtà funziona esattamente come una famiglia, poiché trova nella propria guida una specie di padre.
 
Insomma, tutta in tutta la compagine sociale è impressa la figura del padre, che è unica.
“Monarchia”, monos e archè, “un’unica origine” e non semplicemente “potere di uno solo”: tutta la realtà viene ricondotta al suo principio e dunque al suo fine ultimo, secondo la sua più intima natura.
Era naturale che l’istituzione monarchica facesse tanta fortuna nel corso della storia. Il re reca impressa l’immagine del cosmo, come della essenza umana più profonda. Per questo motivo la monarchia ha anche caratterizzazione sacrale, mentre altre forme di governo di un solo uomo no. La monarchia si distingue bene dalla tirannia e dalla dittatura, perché in essa vige il diritto, mentre le altre due consistono in una sospensione dello stesso. Non un qualsiasi diritto, ma il diritto divino, naturalmente entro i limiti nei quali ogni società nella storia è riuscita a conoscerlo. Se la monarchia si fonda sul diritto divino, essa trova nel diritto umano, nella consuetudine, nella tradizione, la sua base d’azione, proprio in quanto è nella tradizione di un popolo che il senso del divino si esplica e si perpetua trasmettendosi di generazione in generazione. Allora diritto umano come diritto delle genti più genuino, non pensato a tavolino da studiosi chiusi nel loro eremo di sogni utopici. La persona del sovrano è come il centro irradiatore del divino sulla terra: in cielo vi è il sole che brilla di luce propria, qui vi è un luogotenente pastore e protettore della Religione, avente come scopo il bene di tutto il popolo, bene umano autentico, che è essenzialmente bene spirituale.
Il cristianesimo ha introdotto il principio di laicità all’interno del pensiero politico, per cui l’ordine naturale e l’ordine spirituale si compenetrano sì vicendevolmente, ma sono distinti. L’autorità mondana si ispira all’ordine soprannaturale, ma ha competenza solo su quanto concerne l’ordine naturale. Invece all’ordine soprannaturale ogni individuo ha accesso e partecipa tramite la Chiesa, che ha dunque l’esclusiva sulla sua “amministrazione”: i chierici sono l’autorità spirituale. Cosicché il potere temporale non può chiedere un’obbedienza assoluta ai suoi sudditi, in quanto ontologicamente e moralmente inferiore a quello spirituale. Naturalmente qui prendiamo in esame solo il principio cristiano di laicità e non quello inquadrabile all’interno di un pensiero di stampo o di derivazione illuminista.
Il regime monarchico riflette l’affidamento spontaneo del popolo alla figura naturale che meglio può rappresentare l’autorità politica, quella del padre: il re è (in un certo senso) padrone di tutto, non ha bisogno di nulla, i suoi sudditi gli appartengono come i figli appartengono a un padre ed egli a sua volta ha consacrato totalmente la sua vita per loro.
Proprio come i padri diventano una pallida ombra di quel che dovrebbero essere quando si dimostrano degli inetti, i re sono stati sostituiti – e con loro a volte anche l’istituzione stessa della monarchia – con altri re e capi quando la loro autorità si era gradatamente annichilita a seguito della dimostrazione della loro incompetenza o cattiva volontà. Non vi è stato bisogno di agenti sovvertitori, dei facinorosi, gente che si sente sempre migliore di chi ricopre ruoli di responsabilità, gente che vuole moralizzare tutti, dimenticandosi però di occuparsi innanzitutto di compiere adeguatamente i doveri del proprio stato di vita. Gli esempi storici da portare sarebbero tanti. Due molto vicini alla nostra storia europea sono quello della deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente Romolo Augusto da parte di Odoacre e quello della deposizione dell’ultimo re merovingio Childerico III (soprannominato molto eloquentemente “re fantasma”) per opera di Pipino il Breve. Per quanto riguarda invece gli esempi di rivolte o rivoluzioni che hanno portato al potere governanti onesti e che hanno avuto cura del bene comune, lascio a voi lettori il compito di trovarne.
 
Vi sono tante altre implicazioni di questo discorso su cui riflettere. Molte questioni possono essere aperte a partire dalle parole usate in questo breve articolo e a partire dagli elementi presentati. A Dio piacendo, cercheremo di indagarli nelle prossime occasioni.
Lasciamoci con una domanda: laddove oggi si vuole concepire la famiglia come legame tra persone dello stesso sesso o legame instabile tra persone eterosessuali; laddove oggi l’uomo viene mortificato nel suo ruolo naturale di capofamiglia e ridotto a fare il “vice-mammo”; laddove oggi si vuole fare e disfare tutto a seconda del proprio gusto momentaneo e del proprio sentore, senza chiedersi qual è l’Ordine che dobbiamo rispettare; laddove oggi insomma la droga (in senso lato) si sostituisce al bene, allo scopo di assicurare un benessere effimero e vacuo; possiamo dire che siamo sulla strada giusta per comprendere la natura dell’uomo e promuoverne dunque autenticamente la dignità?
Invece noi abbiamo cercato di dimostrare che la natura umana è oggettiva, che i rapporti umani si basano sull’amore – che è altrettanto oggettivo – e in ispecie i rapporti di gerarchia, la quale è allora essenzialmente per il bene, per lo sviluppo ordinato della persona e non strumento di oppressione.
Mi piace chiude con un detto che mi sta molto a cuore: “Prima di comandare, impara ad obbedire” (Solone, VII-VI sec. a.C.).
 
Vincenzo Sasso
 
Fonte: