lunedì 20 febbraio 2012

Il 20 settembre e la breccia di Porta Pia

Il Papa
Il giorno 10 settembre 1870, ricevuto l'immotivato ed esilarante ultimatum del Savoia di
abbandonare Roma, il Papa Pio IX chiamò a se il Ministro della Guerra, Generale Hermann
Kanzler e serenamente gli ordinò: "Ebbene a questo esercito io debbo dare un grande
dolore: esso dovrà cedere" .
Infatti l'ordine fu che le Truppe Pontificie si dovevano via via ritirare senza combattere, effettuando
una semplice, ma non accanita resistenza e ciò solo ed esclusivamente per non avallare l'illegittimità
dell'azione del Savoia e mostrare al mondo quanto la Chiesa di Cristo stava patendo.
Il giorno 19 settembre 1870 il Papa invia al suo generale una nota:
"Signor generale, ora che si va a compiere un gran sacrilegio e la più enorme ingiustizia, e la truppa
di un Re cattolico, senza provocazioni, anzi senza nemmeno l'apparenza di qualunque motivo, cinge
d'assedio la capitale dell'Orbe cattolico, sento in primo luogo il bisogno di ringraziare Lei e tutta la
truppa nostra della generosa condotta finora tenuta, dell'affezione mostrata alla Santa Sede e della
volontà di consacrarsi interamente alla difesa di questa metropoli. Siano queste parole un
documento solenne che certifichi la disciplina, la lealtà, il valore della truppa al servizio di questa
Santa Sede. In quanto poi alla durata della difesa, sono in dovere di ordinare che questa debba
unicamente consistere in una protesta, atta a contrastare la violenza e nulla più, cioè di aprire
trattative della resa ai primi colpi di cannone.
In un momento in cui l'Europa intera deplora le vittime numerosissime, conseguenza di una guerra
fra due grandi nazioni, non si dica mai che il Vicario di Gesù Cristo, qantunque ingiustamente
assalito, abbia ad acconsentire a qualunque spargimento di sangue. La nostra causa è Dio, e noi
rimettiamo nelle sue mani la nostra difesa.
Benedico di cuore Lei, signor generale, e tutte le nostre truppe ".
L'aggressione
Alle 5.10 del 20 settembre 1870, le prime cannonate piemontesi riecheggiano nel cielo di Roma.
Vengono colpiti gli archi ed i merli di Porta Pia e Porta Maggiore; le mura ed i contrafforti del colle
Vaticano e della cinta leonina.
Alle 6.35 aprono il fuoco le batterie del generale Bixio che dirigono il tiro contro Porta San Pancrazio.
I proiettili sfiorano la Cupola di San Pietro e finiscono nel Borgo e nei giardini vaticani. Altri cadono a
Trastevere dove scoppia un furioso incendio.
Il Papa convoca il corpo diplomatico. Si presentano i rappresentanti di 17 nazioni ai quali espone la
sua viva protesta per quanto stava facendo il Governo Italiano identificando nel verso giusto
quell'impresa che aveva un significato più diabolico che politico.
Egli, infatti, tra l'altro affermò: "Bixio, il famoso Bixio, è là coll'esercito italiano. Oggi è generale!
Bixio, fin dal tempo nel quale era repubblicano, aveva formato il progetto di annegare nel Tevere il
papa e i suoi cardinali quando sarebbe entrato in Roma.
Io l'aspetto il liberatore insieme al sue re, novello Attila (...).
Poi, scuro in viso e dopo aver parlamentato con il Colonnello Carpegna dichiara: "Io ho
dato in questo istante l'ordine della resa totale. Non si potrebbe più difendere se non spargendo
molto sangue ed io mi rifiuto di ciò. Io non vi parlo di me: non è per me che io piango, ma per quei
poveri figli che sono venuti a difendermi come loro Padre. Voi vi occuperete per quelli dei vostri
paesi: ve ne sono di tutte le nazioni; pensate anche, io ve ne prego, agli inglesi, ai canadesi, i quali
non hanno qui rappresentanti".
Nello stesso tempo veniva issata sulla Cupola di S. Pietro la bandiera bianca.
Nonostante il chiaro segno di resa, i colpi delle cannonate continuavano a solcare rabbiose il cielo di
Roma. Il reparto comandato dal Generale Bixio, attestato di fronte a Porta San Pancrazio, continuava
un tiro teso ed all'impazzata in direzione di San Pietro. Alcuni ufficiali sabaudi chiesero conto di un
tale comportamento fuori da ogni regola ed in violazione di chiari ordini. Lo stesso generale Cadorna
in seguito dichiarò: " (..) sul compianto generale Bixio diremo bravo, ma impetuoso e teatrale per
natura, mal sofferendo di avere per compito una semplice dimostrazione, qui sotto Roma fece tirare
all'impazzata (..)".
Avendo le truppe papaline di fatto smesso di difendersi per ordine del Papa, i bersaglieri si
accostarono alla cinta muraria più debole, nei pressi di Porta Pia, per sistemare di fianco alcune
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cariche esplosive ad alto potenziale e ciò nonostante la porta fosse ormai libera da militi e da
ostruzioni.
A seguito dell'esplosione si aprì una stretta breccia larga poco più di un paio di metri. Quindi la
spaccatura venne enormemente allargata a colpi di cannone e piccone dagli uomini del genio sabaudo.
Nonostante le bandiere bianche di resa, la fanteria sabauda si dispose su tre colonne di attacco. Uno
schieramento formidabile per assaltare una porta "spalancata".
Alla vista di quanto si stavano preparando a fare i "valorosi" bersaglieri, il capitano zuavo Berger,
avuto anch’egli l'ordine di non combattere, si eresse piangendo sulle rovine delle mura tenendo per la
lama la sua spada ed alzando verso il cielo l'elsa intonò l'inno dei crociati zuavi.
Quando fu suonata la carica, una calca indescrivibile di soldati italiani formata dalle tre colonne in
mezzo ad un gran nuvolone di polvere, si avventò sulle postazioni papaline che già da molto tempo
avevano cessato il fuoco ed avevano issato la bandiera bianca.
Emblematica appare la probabilità in via di verifica che i pochi feriti sabaudi della famosa carica siano
solo il frutto del cosiddetto "fuoco amico casuale" che, oltre ad abbattere i bersaglieri, “(...) li espose
al calpestio dei loro compagni intenti a conquistare Roma di corsa”.
Su questo squallido episodio militare, la mitologia risorgimentale si è sbizzarrita ad imbastire
incredibili episodi di valore, costruendo eroi e vicende su stampe e foto raffiguranti cariche, scontri e
luoghi esistiti solo nell'immaginario di una disonorevole e piratesca conquista.
Una volta dilagate in Roma, le truppe di conquista si preoccuparono di attestarsi nei punti chiave
della città e di occupare i ministeri, le caserme, i tribunali e la zecca.
Puntarono i loro cannoni su S. Pietro dal Gianicolo e da Castel Sant'Angelo e predisposero la
cavalleria e la fanteria pronti ad attaccare il Vaticano. Mancava solo un ordine e la città di Cristo
sarebbe stata ridotta a poco più di un colle di rovine.
Un ordine che tardò ad arrivare e mai arrivò. Ancora una volta “Attila” era stato fermato da un
Sommo Pontefice.
Importante e significativo il resoconto di Ugo Pesci, un giornalista a seguito dei piemontesi: "Noto
prima di ogni altra cosa la mancanza assoluta di qualunque entusiasmo (...) Sette o otto reggimenti
di fanteria traversano le strette vie della città colla musica. Nessun saluto, nessun sorriso, pianti si,
molti".
Ma allora, da dove è stato rilevato l'entusiasmo del popolo romano festoso raccontato dalla
storiografia risorgimentale?
Conclusioni
Significativo appare il fatto che l'ambasciata Inglese fu poi realizzata a pochi metri dalla famosa
"breccia". Un caso? Una necessità? Oppure un segnale importante, se non addirittura un monito,
trasmesso a tutti coloro che ancora dubitano su chi sono stati i veri artefici di un risorgimento
anticattolico e crudele che non fu altro che "una fase importante dell'imperialismo inglese"?
Don Bosco nell’ammonire "Chi ruba alla Chiesa ruba a Dio", coraggiosamente sentenziò a quella
"maledetta dinastia" che aveva comandato l’aggressione alla Chiesa, che non avrebbe visto la 4^
generazione da regnanti. E così fu.
A completamento dell'intera vicenda c'è la curiosa ma significativa decisione del generale Raffele
Cadorna quando, al decimo anniversario della "storica" breccia di Porta Pia, si rifiutò categoricamente
di prender parte ai festeggiamenti in ricordo di una "(...) battaglia disonorevole, inutile e sacrilega ".
Una curiosità molto importante.
Per la massoneria le date sono fondamentali, infatti le truppe sabaude, attestate da una settimana alle
porte di Roma, attesero il 20 settembre 1870 per scatenare l’aggressione che si sarebbe dovuta
concludere il 21, anniversario della fondazione della prima repubblica giacobina.
Con la resa immediata e, quindi, con l’amore verso la sua gente, il Sommo Pontefice ruppe
l’incantesimo dei numeri dell’odio di Satana.
Alessandro Romano
(Rete Regno delle Due Sicilie)
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Bibliografia e fonti di archivio:
De Cesare – Roma e lo Stato del Papa – Dal ritorno di Pio IX al XX settembre 1870 – Forzani – Roma;
Hercule De Sauclières - Il Risorgimento contro la Chiesa e il Sud – Controcorrente – Napoli;
Cesare Bartoletti – Il Risorgimento visto dall’altra sponda – Arturo Berisio – Napoli;
Ivanoe Bonomi – La politica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto – 1870 – 1918 – Einaudi;
Gerlandino Lentini – La bugia risorgimentale – Edizioni il Cerchio – Città di Castello – PG;
Vincenzo Del Giudice e altri – I patti Lateranensi – Quaderno n. 12 – Ed. Aldo Cricca – Tivoli:
Antonmaria Bonetti – La liberazione di Roma del 1870 – Osservazioni critiche – Tip. Arciv. Siena;
Massimo Brandani ed altri – L’Esercito Pontificio da Castelfidardo a Porta Pia – Intergest – Milano;
Gigi Di fiore – I Vinto del Risorgimento – Utet – Torino;
Domenico De Marco – Il Tramonto dello Stato Pontificio – Edizioni Scientifiche Italiane – Napoli.
Archivi di Stato di Roma,
Archivi di Stato di Napoli;
Archivio S.C.V.;
Archivio Borbone Roma;
Ufficio Storico Esercito Italiano.