giovedì 9 giugno 2016

GUERRA PREVENTIVA CONTRO L'ITALIA

Arciduca Alberto d'Asburgo-Teschen
Fonte: Vota Franz Josef.

Nel 1877 il traditore napoletano e massone Imbriani, fondò la società "In pro dell'Italia irredenta". Con lui davanti alla bara del padre, il socio generale (sempre traditore) napoletano Avezzana, naturalmente massone. Tra gli altri fondatori della sceneggiata c'erano i traditori:

- Giovanni Bovio, pugliese napoletanizzato, repubblicano e padre dell'autore di «O Paese d' 'o sole, Tu ca nun chiagne , Reginella, Guapperia, Canzone Garibaldina, T'ammuriata d'autunno» eccetera.
- Luigi Zuppetta nato in un paese del foggiano, napoletanizzato, massone e giurista.
- Roberto Mirabelli nato sulle montagne di Cosenza, nobile, proprietario terriero e massone, compagno di studi di Salandra.

Dall'anno precedente usciva la rivista irredentista "L'Italia degli italiani", non è mai stato indagato di chi fossero i fondi.
La "Società Irredenta" ebbe subito l'appoggio esterno di Garibaldi, Carducci, Saffi, Campanella, Cavallotti, Missori, Canzio, Bertani. Costoro erano tutti massoni, Carducci era il famoso autore di un'ode satanista ed il quinto di essi avrebbe scritto nel 1898: "Non è vero che i massoni sono tutti delinquenti ma è anche vero che non ho mai conosciuto un delinquente che non fosse massone".
L'organizzazione criminale e terrorista avrebbe realizzato entro pochi anni l'attentato di Oberdank ed avrebbe cambiato nome alla loro rivista chiamandola "Pro Patria". Le pretese della Società Irredenta erano di conquistare il Canton Ticino, il Cantone dei Grigioni, la Corsica, Malta, il Tirolo, il Litorale Austriaco, Fiume e la Dalmazia. Furono loro ad alimentare per primi i miti neoclassici dell'antica roma ed introdurre nella retorica patriottica Dante Alighieri, spacciato per profeta dell'Italia quando tutti sappiamo che era ghibellino ed anti italiano.
Ma non divaghiamo e non saltiamo in avanti... questo era il preambolo per definire chi furono gli organizzatori dei moti irredentisti del 1878, senza dimenticare che anche se De Pretis ed in seguito altri "premier" italiani contrastarono l'irredentismo lo fecero solo sulla carta perchè lo statuto della società terrorista era esattamente in linea con i principi risorgimentali del loro Stato.
Altresì è evidente che l'irredentismo fu finanziato più o meno occultamente dallo Stato, come risultò nel 1915 dalle ingenti cifre ritrovate nelle contabilità segrete delle sedi triestine e fiumane della Lega Nazionale, braccio didattico dell'irredentismo che aveva condotto l'opera di italianizzazione di croati ma anche di sloveni, tramite l'aggressiva politica di apertura di scuole italiane in territori slavofoni, contrastata senza altrettanta efficacia dalla concorrente Cirillo e Metodio che riuscì a ridurre l'assimilazione di una parte degli slavi istriani e dalmati, ma non si sognò mai di portare istruzione slava in territori a maggioranza neo romanza.
Prima di proseguire è utile ricondurre la politica alla sua essenza: cosa ci guadagnavano gli irredentisti, dal loro imperialismo? Potere... sarebbe stata la loro Intelligencija massonica a comandare nelle nuove terre conquistate e le loro caste professionali avrebbero avuto nuovi territori dove espandersi.
Inoltre, c'era almeno 1 milione di contadini da assogettare, classe sociale ed economica storicamente difesa dall'Austria ma sfruttata e ridotta in ultra miseria negli stati massonici, a beneficio dei loro borghesi che compravano i terreni espropriati per un pezzo di pane e che avrebbero goduto di manovalanza disperata a bassissimo costo, senza protezioni sociali o sindacali.
Probabilmente Imbriani non arrivava a tanto ed era un semplice esaltato, ma i gradi massonici più alti di lui erano perfettamente consci di tali scopi ultimi. I gradi più bassi si accontentavano di sapere che avrebbero preso il posto dei funzionari asburgici e che gli odiati slavi sarebbero stati perseguitati.
Siamo nel 1878, Congresso di Berlino. Esso era sorto in conseguenza delle recenti guerre balcaniche con le due più importanti che videro gli ottomani battere i serbi e con la successiva rivolta con invasione russa che si fermò alle porte di Costantinopoli dopo aver lungamente lottato in Bulgaria. All'uopo c'era stata un'alleanza tra Russia ed Austria Ungheria, la prima si era impegnata a non creare una "Grande Serbia" e la seconda si era fatta promettere la Bosnia Erzegovina, territorio strategico per subentrare alla Porta d'Oriente e fermare l'espansionismo slavo e/o lo sbocco zarista al mare adriatico, che unito alle follie italiane avrebbe potuto tagliare il cordone ombelicale marittimo che univa l'Austria al mondo.
Nel prosieguo di quella guerra, la Russia rinnegò la "convenzione di Budapest" ed il "protocollo di Vienna" tra le due potenze. L'Austria offesa ed ora assediata (dall'iniziativa russa sarebbero scaturiti i Regni di Bulgaria e di Romania) studiò delle contromisure ma la mobilitazione in Transilvania fu scartata perché non era sostenibile una guerra solitaria contro la Russia, che poteva schierare un esercito doppio se non triplo.
La ricerca di alleanze non andò a buon fine: la Gran Bretagna spingeva l'Austria Ungheria verso una mobilitazione generale in cambio di non precisati aiuti economici e la vaga promessa di impegnare un irrisorio contingente militare; l'invio della ancora potente Mediterranean Fleet nel Bosforo, era poco più che dimostrativa.
Bismark promise assistenza sul fronte occidentale della Galizia, la Germania teneva ancora il piede nella scarpa russa ma vasti strati dell'opinione pubblica erano riconoscenti all'Austria Ungheria che non aveva approfittato della guerra franco-prussiana del 1871 per riprendersi la Slesia. Anche questa fu una decisione di Franz Joseph ormai pacifista, nonostante l'AU fosse in grado di mobilitare 600 mila soldati.
Tuttavia le promesse germaniche erano inconsistenti e gli alti gradi militari non si fidavano di Bismark. L'Arciduca Alberto aveva detto: "Il mio sogno prima di morire, è di impugnare nuovamente la spada contro i perfidi traditori prussiani".
Nell'Austria Ungheria era forte la fazione anti russa, rappresentata dall'opinione pubblica ungherese e rappresentata dal ministro degli esteri AU Andràssy. Sembra che l'Ungheria volesse vendicarsi dell'intervento russo del '48. Un'altra corrente anti russa era rappresentata dai liberali tedeschi. Tra di essi era prevalente il sentimento pangermanico e solo con esso si spiega la loro costante alleanza con l'Ungheria, per limitare le spese per le forze armate, che vedeva l'Austria Ungheria all'ultimo posto delle potenze europee dall'Ausgleich in poi. Non volevano la sopravvivenza dell'AU, volevano entrare in uno Stato tedesco senza slavi.
Gli ungheresi osteggiavano le spese per l'esercito e la marina comuni KK (dal 1882 KuK in seguito ad una iniziativa di Andràssy) perchè pretendevano di rafforzare la loro Honvedszèg. Posero anche il veto alle iniziative autonomiste per la Boemia ed erano ferocemente anti slavi. La loro cecità portò l'Austria Ungheria nella 1° GM con delle forze armate scarne e male armate, ma con una buona Marina perchè quella era in comune e portava commesse ad industrie e cantieri nazionali.
Però l'Ungheria tirò la corda ma mollò sempre quando l'Austria indebolita mostrava i muscoli, come con la mobilitazione contro l'Ungheria del 1905 ed in varie altre occasioni. Attenzione, quando diciamo "gli ungheresi" generalizziamo moltissimo, la loro rappresentatività popolare al parlamento di Budapest era ridotta al 6%. Ma il Paese era in mano ad una certa elite, quella dei "Magnati" esentasse.
Torniamo al Congresso di Berlino, nel quale gli italiani riponevano assurde speranze territoriali dal ribaltamento balcanico. La stampa nazionalista pompò i piagnistei ed ottenne delle aggressive manifestazioni irredentiste. Il 28 giugno a Congresso in corso, i quotidiani italiani pubblicavano, insieme alle polemiche sulla tassa sul macinato ancora vigente, che a Venezia era stata impedita una manifestazione ad Imbriani e che la conseguenza fu un tumulto durante il quale la banda cittadina suonava la Marcia Reale, mentre i dimostranti rompevano le finestre del Consolato Austro Ungherese ferendone alcuni dipendenti.
Nel corso del Congresso, i rappresentanti italiani appoggiarono tutte le istanze che avrebbero potuto indebolire l'Austria Ungheria, come ad esempio quella espansionista greca.
I giornali italiani scrivevano letteralmente in quei giorni: "La città di Parenzo sebbene politicamente disgiunta dalla nazione italiana offre lire 600 per il monumento che sarà eretto a Roma per il Re Vittorio Emanuele" (5 luglio). Pubblicavano la notizia che nella seconda domenica di giugno ci furono manifestazioni irredentiste a Parenzo e Rovigno.
Il 14 luglio al Politeama di Ravenna si inscenò una manifestazione irredentista, condotta dal nazionalista Corradini. I manifestanti uscirono dal teatro e si recano a manifestare sotto le finestre del vice consolato austro ungarico. Nella notte i muri furono riempiti di scritte "Abbasso l'Austria, viva Trento e Trieste", le autorità fecero cancellare solo la prima frase e lasciarono intatta la seconda. Idem a Firenze, i tumulti iniziarono lo stesso giorno al teatro "Arena Goldoni".
Al teatro Sannazzaro di Napoli le cose avvennero più in grande con la partecipazione del gen. Avezzana e di Imbriani in persona. Si manifestò contro il Congresso di Berlino, si inveì contro l'Austria e si gridarono farneticazioni su Trento e Trieste. Il 19 il conte Corti rientrò da Berlino e riferì al Re, altre agitazioni irredentiste a Bologna. Il 21 manifestazione al Politeama di Roma con discorso di Menotti Garibaldi, che inveì contro il Congresso di Berlino ed invitò i romani a mandare una "parola di conforto" a Trento e Trieste. Parlarono Imbriani, Fratti e Parboni con violentissimi accenni al Congresso di Berlino. Più tardi, dimostrazione in Piazza Colonna.
22 luglio: la "Republique Francaise" scrisse che molti Stati erano rimasti scontenti dal Congresso di Berlino ma che si manifestava solo in Italia. Altri giornali internazionali scrissero che le pretese su Trento e Trieste erano folli, non essendo all'ordine del giorno e non essendo l'Italia coinvolta nel riassetto dei Balcani, se non in modo molto marginale.
24 luglio: dimostrazione all'Aquila, interrotta e sedata dalla forza pubblica; il giorno prima si pubblicava che l'Austria avrebbe inviato una nota diplomatica all'Italia. Si pubblicarono attestazioni di solidarietà all'Italia da parte di alcuni giornali francesi massoni ed anti germanici.
25 luglio: l'Associazione del Progresso annunciò grandiose manifestazioni a Venezia per Trento e Trieste. il 26 luglio la Neue Freie Presse pubblicò un articolo dove si denunciavano come completamente pretestuose le manifestazioni italiane contro il Congresso di Berlino. Si disse che essa fu offesa dalla Gran Bretagna con l'occupazione di Cipro che limitava gli interessi commerciali italiani, non dall'Austria che non levò un dito contro l'Italia. Concluse dicendo che se gli italiani cercavano il pretesto per rivendicare Trento e Trieste, avrebbero dovuto sconfiggere l'Austria in almeno 20 battaglie di fila e tutte vittoriose. In realtà si sarebbero limitati ad 11.
28 luglio: manifestazione irredentista nel teatro Vittorio Emanuele di Ancona, condotta da Imbriani.
1 agosto: lancio di volantini color "rosso Solferino" dal Duomo di Milano sulla folla che accoglieva la visita del Re d'Italia; la scritta a caratteri molto grandi era "Trento e Trieste". 4 agosto: comizio irredentista a Cesena di Aurelio Saffi e dimostrazioni. 5 agosto: Garibaldi pubblicò una amorevole lettera di ringraziamento "agli studenti di Trento e Trieste" che gli avrebbero inviato un album fotografico.
11 agosto: manifestazione irredentista al teatro Brunetti di Bologna, con la partecipazione di Saffi, Carducci, Golinelli; gli argomenti erano i soliti del Congresso di Berlino e le pretese su Trento e Trieste. 19 agosto: i giornali italiani pubblicarono la notizia che un certo Piero Bressani avrebbe affisso in Gorizia, dei manifesti anti austriaci in occasione del genetliaco dell'Imperatore.
22 agosto: dimostrazione irredentista a Catanzaro. 24 agosto: affissione notturna di manifesti irredentisti a Firenze inneggianti alla conquista di Trento e Trieste. A Genova un soldato fu condannato alla fucilazione al petto per insubordinazione contro un superiore (OT ma troppo forte). 23 agosto: dimostrazione irredentista a Russi (Romagna).
Settembre: le manifestazioni irredentiste si affievolirono, non così la propaganda mediatica. Il giorno 20 fu pubblicata la notizia che a Trieste era stato arrestato Pietro Bressan, "vilmente tradito" da Giovanni Miseri. Si corredava la notizia con l'informazione ed una copia di puerili informazioni militari e schizzi inviati a Canzio con scopi insurrezionali, da parte dell'unico garibaldino della Contea di Gorizia: il decrepito Marziano Ciotti, sempre a piede libero e diventato una macchietta inoffensiva.
Le minacce irredentiste avevano portato l'Austria a rafforzare i confini tra luglio ed agosto, con 18 battaglioni di guardie confinarie. A questo punto i vertici militari austriaci, allontanati i rischi di guerra con la Russia grazie al Congresso di Berlino, ripresero in mano la proposta dell'Arciduca Alberto di due anni prima: la guerra preventiva contro l'Italia.
Lo scopo non era la conquista territoriale ma la difesa dei confini. Qualsiasi guerra avesse dovuto affrontare l'Austria Ungheria sia a nord ovest contro la Germania che a nord est e ad est contro la Russia che a sud e sud est nei Balcani; avrebbe dovuto lasciare cospicue forze a difesa dei confini italiani, certi che gli italiani avrebbero attaccato alla prima occasione.
Inoltre, le esigue risorse belliche austro ungariche costringevano l'Austria Ungheria a guerre brevi, non potendo essa sostenere scontri prolungati contro potenze meglio armate e più numerose come la Germania, o straordinariamente più numerose e favorite dal territorio come la Russia. Non poter sostenere una guerra prolungata rendeva deleterie le guerre difensive e poneva in primo piano le guerre di attacco, che non potevano essere altro che "preventive".
Attaccare l'Italia era diventata quindi un'esigenza di sopravvivenza primaria per l'Austria Ungheria. La minaccia irredentista del 1878 aveva riproposto la questione, che fu rimandata. Naturalmente gli stati maggiori non si muovevano solo per le folkloristiche manifestazioni italiane; le informazioni dell'Evidenzbüro presentavano i piani di guerra italiani contro l'Austria, la costruzione di ferrovie militari, di foritificazioni e dell'ingente sforzo belllico che superava come spesa totale, quello della più grande Austria Ungheria.
Nel luglio del 1879 fu presentato all'Imperatore un piano dettagliato di mobilitazione e di guerra preventiva contro l'Italia: l'esercito KuK meglio armato avrebbe invaso l'Italia del nord cercando una specie di "Blitzkrieg", la Landwher e la Honved avrebbero dato il cambio nell'occupazione, mentre le forze KuK sarebbero rientrate velocemente per schierarsi contro il nemico principale che era la Russia, da fiaccare con un'avanzata dalla Galizia verso nord e conseguente aggiramento, sia con l'aiuto germanico che con la sua assenza. Si contava sui tempi di mobilitazione russi che erano molto lunghi.
I piani di guerra preventiva furono tutti rifiutati dall'Imperatore. I loro fautori erano stati l'Arciduca Alberto "ispettore generale dell'esercito", cosmopolita; il "vize Kaiser" Beck del Baden Württemberg, il capo di stato maggiore e feldmaresciallo Anton Schönfeld, praghese.
Questi tre grandi "vecchi austriaci" (Alberto odiava più di tutti il nazionalismo tedesco) vedevano nel futuro. A prescindere da un'eventuale guerra con la Russia, l'attacco all'Italia avrebbe non solo liberato le terre da essa ingiustamente conquistate con tradimenti, alleanze ed aggressioni. Ma avrebbe privato il mondo del piacere di vedere la Mafia ed il Fascismo, nascere e diffondersi nel Mondo.
Il quasi milione di persone sterminate tra Libia, Yugoslavia, Grecia, Eritrea, Somalia ed Etiopia, avrebbe avuto salva la vita. Idem per i nostri 450 mila caduti sul fronte italiano della 1 GM, idem per i nostri parenti che non abbiamo mai potuto conoscere perchè deceduti e/o espulsi prima della nostra nascita. Idem per buona parte dei nostri parenti deceduti a causa della "malasanità italiana" e di quelli mai nati a causa della miseria italiana.
Ci avrebbero guadagnato anche gli italiani che si sarebbero risparmiati gli immensi lutti di tutte le loro guerre. Non si sarebbero presentati al Congresso di Versailles con le pezze al sedere ed indebitati per la vita dopo un secolare sfruttamento ma avrebbero avuto uno o più Stati ricchi o per lo meno benestanti.
Non farebbero parte di uno Stato mafioso e corrotto, non avrebbero mai conosciuto le "stragi di Stato", non sarebbero stati tenuti deliberatamente in uno stato di ignavia e di ignoranza, non avrebbero 38 mila euro di debito pubblico procapite, potrebbero sperare nelle loro pensioni ed in un futuro tranquillo di lavoro, cultura, amore, matrimoni e formazione di famiglie.

Ma non lo possono capire, in fin dei conti sono solo italiani.