venerdì 6 marzo 2015

Un ricordo di Pio XI e Pio XII (seconda e ultima parte)

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di Roberto Marcante - http://radiospada.org/
A Pio XI successe come 260° Pontefice della Chiesa Cattolica il suo fedelissimo Segretario di Stato e collaboratore, Cardinal Eugenio Pacelli.
Egli venne eletto in un brevissimo Conclave di due sole votazioni, raccogliendo ben 61 preferenze su 62 Cardinali votanti, il 2 marzo 1939 (giorno del suo compleanno), e per gratitudine verso il predecessore decise di chiamarsi Pio XII.

Papa Pacelli era nato il 2 marzo 1876 a Roma ed era stato battezzato due giorni dopo con i nomi di Eugenio Maria Giuseppe Giovanni.
La famiglia Pacelli aveva ottenuto i titoli nobiliari alla fine della seconda Repubblica Romana (1848-49) grazie al nonno di Eugenio, ricompensato dallo stesso Papa Pio IX per la sua fedeltà e l’efficace contrapposizione, quale sostituto del ministro dell’interno, ai liberali che si opponevano al governo del Papa.
Uomo di grande cultura (tra l’altro parlava correttamente 12 lingue), anche da giovane Eugenio era stato uno studente modello, tanto da essere esonerato dall’esame finale della licenza liceale, concessagli ad honorem, per l’alta media riportata in tutte le materie. Tutto comunque nella più grande umiltà, mitezza e bontà.
Fin da piccolo aveva sentito di avere la vocazione: infatti pare che uno dei suoi giochi preferiti fosse far finta di celebrare la Messa.
Ebbe anche una fidanzatina da ragazzino, ma la lasciò per seguire la chiamata di Cristo.

Frequentò il Collegio Capranica, la Pontificia Università Gregoriana, l’Ateneo Pontificio di Sant’Apollinare, l’Università Statale e si laureò in teologia e in diritto “utroque iure”, specializzandosi in Diritto Canonico, Sacra Scrittura, Patrologia, Vita della Chiesa e Storia Ecclesiastica.

Amava gli sport e la natura: quasi come un novello San Francesco, anche da Papa si circondava di canarini, che allietavano i suoi pasti cinguettando e posandosi sulle sue spalle.

Fu ordinato sacerdote il 2 aprile 1899 per mano dell’amico di famiglia Mons. Cassetta, Patriarca di Antiochia.
Nel 1901 Leone XIII lo inviò a Londra dal re Edoardo VII con una lettera di condoglianze per la morte della regina Vittoria.
Lo stesso anno il Cardinale Vicario di Roma, apprezzandolo per le sue doti, lo introdusse nella Curia Romana. Lavorò quindi in diverse Congregazioni e commissioni ecclesiastiche, collaborando anche col Cardinal Gasparri alla preparazione del Codice di Diritto Canonico.
Fu direttore spirituale di diverse associazioni, rappresentante della Santa Sede in varie missioni all’estero, lavorò per i Papi Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI.

Il 13 maggio 1917 (giorno della prima apparizione della Madonna a Fatima, alla quale sarebbe poi stato sempre molto devoto) venne consacrato Vescovo da Papa Benedetto XV e contemporaneamente da lui nominato Arcivescovo titolare di Sardi (in Anatolia) e Nunzio Apostolico in Baviera.
In Germania fu l’artefice, fino al ’29, di un’intensa attività diplomatica passando dalla Baviera alla Prussica, a Berlino presso il Kaiser Guglielmo II e poi con la nuova Repubblica Tedesca.
Proprio grazie a questa sua attività, si poté giungere ai Concordati stipulati dalla Santa Sede con la Baviera e la Prussica.

Da Nunzio si adoperò anche per portare aiuti e sollievo alla popolazione tedesca, stremata dopo la fine della prima guerra mondiale, e dovette pure affrontare gli assalti di bande di spartachisti comunisti che non sopportavano la sua opera caritatevole.
Un giorno una di queste bande attaccò la Nunziatura e il capo dei comunisti puntò il fucile contro Mons. Pacelli, il quale però toccò la croce che portava sul petto e il fucile si inceppò.

I risultati raggiunti da Pacelli gli valsero da parte di Pio XI la porpora cardinalizia nel 1929 e l’anno seguente la carica di Segretario di Stato, così come quella di arciprete della Basilica Vaticana.
Il suo nuovo compito di capo della diplomazia vaticana non sarebbe stato affatto dei più semplici, a causa della gravissima situazione mondiale che si sarebbe venuta a creare di lì a poco e che era già in fermento da tempo: ci riferiamo alle già citate persecuzioni anticattoliche in Messico e Spagna, con la rivolta dei Cristeros repressa nel sangue dal regime nel primo caso e la guerra civile nel secondo, e ai trionfi dei regimi nazi-fascisti in Italia e Germania e di quello comunista e materialista in Unione Sovietica.
La politica del futuro Pio XII fu quella di evitare fratture senza però venir meno ai valori cristiani e ai diritti della Chiesa, tant’è che ad esempio inviò a Berlino 60 note diplomatiche di richiamo. Tuttavia ciò non lo ostacolò nella ricerca di un accordo col Reich per la firma di un Concordato. Concordato che ottenne ed egli stesso firmò nel 1933.
Inoltre la sua collaborazione alla stesura della “Mit brennender Sorge” e della “Divini Redemptoris” fu davvero preziosa. 

Appena eletto Papa, Pio XII cercò in ogni modo di evitare la guerra, invitando le cinque potenze Francia, Germania, Inghilterra, Italia e Polonia ad una Conferenza di pace, ma rimanendo purtroppo inascoltato.

Impossibilitato a fermare il conflitto, si adoperò per alleviare le terribili conseguenze sui popoli.
Istituì la P.O.A. (Pontificia Opera Assistenza) e l’Ufficio Informazioni Vaticane, che aveva il compito di cercare informazioni sulla sorte di 11 milioni di persone coinvolte nella guerra, lanciò celebri messaggi radiofonici alle nazioni impegnate nel conflitto invitandole alla pace.
Segretamente operò attraverso le sue organizzazioni per aiutare e SALVARE i perseguitati dalle leggi razziali, in particolare gli ebrei: bisogna ricordare gli aiuti finanziari, i falsi certificati di battesimo distribuiti per proteggerli, il rifugio offerto da conventi e monasteri in tutta Europa (compresi Vaticano e Castelgandolfo), l’arruolamento nelle Guardie Svizzere, i visti ottenuti per salvare gli ebrei nei paesi lontani.
La necessità di evitare rappresaglie impedì a Papa Pacelli di agire e parlare apertamente contro i nazisti. Questo suo apparente silenzio gli viene ancor oggi contestato da chi vuole denigrare il suo operato, in particolar modo gli eredi di quegli ebrei che egli salvò e che, per molti anni nel dopoguerra, ripetutamente lo ringraziarono.
Cercò invano di far dichiarare Roma “città aperta” per evitare i bombardamenti che poi gli Alleati le inflissero. Proprio in conseguenza di questi bombardamenti, Pio XII si recò di persona nel luglio e nell’agosto del ’43 nei quartieri di San Lorenzo e di San Giovanni a confortare la popolazione sofferente.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la fuga dei Savoia, il Papa rimase l’unica autorità religiosa, morale e politica presente ancora in Roma: perciò fu chiamato dai cittadini dell’Urbe “Defensor civitatis”.

Nel dopoguerra si distinse per la forte opposizione e condanna del comunismo.
Ciò si evinse in particolare quando in Ungheria, alla fine del 1948, venne arrestato con l’accusa di tradimento e complotto contro la repubblica il Primate, Cardinale Mindszenty.
Dopo la sua condanna all’ergastolo, il Papa si profuse senza sosta, con varie encicliche ed epistole, fino alla scomunica del comunismo del luglio 1949, per la sua liberazione. Infine ebbe la meglio nel 1956, quando le autorità ungheresi decisero, a causa dell’enorme mobilitazione mondiale provocata dal Pontefice, di concedere al Primate la libertà.

Il Papa cercò anche, purtroppo senza successo, di SALVARE i cattolici dell’Europa orientale dalle deportazioni nei gulag sovietici e definì la gerarchia della Chiesa in Cina, anch’essa perseguitata dal regime comunista di quel paese.

Per quanto riguarda il suo apostolato, Pio XII diede tutto se stesso per svolgere al meglio il suo ruolo di Vicario di Cristo e pastore delle anime: da ricordare a tal proposito l’enorme mole di lavoro da lui prodotta in diciannove anni di Pontificato con 41 encicliche, quasi 200 radiomessaggi, più numerose altre epistole, bolle, motu proprio, brevi.
Tra le encicliche, le più importanti furono sicuramente la “Mystici Corporis Christi” (la Chiesa Cattolica, e solamente quella, è il Corpo mistico di Cristo), la “Mediator Dei” e soprattutto la“Humani generis”, con la quale condannò la nuova teologia e quelle dottrine che si affermarono in seguito col Concilio Vaticano II.

Per la sua infinita carità e per l’affetto e la benevolenza che rivolgeva verso tutte le persone con le quali veniva in contatto, Pio XII si meritò l’appellativo di “Pastor Angelicus”.

Sui problemi morali il Pontefice ebbe a cuore la tutela del matrimonio come sacramento e della santità della vita familiare, anche se scrisse addirittura un’enciclica, la “Sacra Virginitas”, per affermare la grandezza del celibato e della castità.
Ribadì inoltre l’opposizione della Chiesa all’aborto e alla contraccezione.

La sua carità e santità di vita conquistavano a sé e al Signore le anime di fedeli e non, proprio come successe al rabbino capo di Roma Israel Anton Zolli.
Nascosto con la famiglia in Vaticano per sfuggire ai nazisti, dopo la guerra si convertì al cattolicesimo e il 13 febbraio 1945 venne battezzato prendendo il nome Eugenio per riconoscenza verso Papa Pacelli. L’anno dopo si convertirono anche la moglie e la figlia.
Il Sommo Pontefice nel 1939 proclamò patroni d’Italia San Francesco e Santa Caterina da Siena e nel 1940 riconobbe definitivamente le apparizioni della Santa Vergine a Fatima, consacrando nel 1942 il mondo al Cuore Immacolato di Maria.
Durante l’Anno Santo del 1950 Pio XII proclamò il Dogma dell’Assunzione della Madonna in cielo e nel ’54 promulgò l’Anno Mariano e stabilì la regalità di Maria Regina. Nel 1951 canonizzò il predecessore Pio X.

Sempre a Pio XII si devono gli importantissimi lavori archeologici sotto l’altare maggiore della Basilica di San Pietro che riportarono alla LUCE le reliquie del primo Pontefice e che egli volle fortemente per provare definitivamente la venuta a Roma dello stesso San Pietro, dimostrando anche così che solo i Vescovi di Roma sono i veri e legittimi successori del capo degli apostoli e che quindi solo la Chiesa Cattolica, che ha per guida il Papa, è l’unica vera Chiesa fondata da Gesù Cristo.

Resse la Chiesa con polso fermo.
Dopo la morte del suo Segretario di Stato nel 1944, Pio XII non lo sostituì, ma si fece carico in prima persona di quest’incombenza fino alla morte.

Prove della sua santità furono anche le visioni che ebbe.
Un giorno dell’Anno Santo del 1950, mentre camminava nei giardini del Vaticano, assistette ad un miracolo del sole identico a quello che era avvenuto a Fatima durante le apparizioni della Santa Vergine ai tre pastorelli e nel ’58, poco tempo prima di morire, Pacelli riferì ai suoi più stretti collaboratori che il Signore Gesù gli era apparso alcune volte (la più famosa quando gli apparve alla fine del 1954, mentre il Papa stava recitando la preghiera “Anima Christi” di Sant’Ignazio di Loyola, e lo guarì da una grave malattia).

Pio XII morì il 9 ottobre 1958 nella residenza di Castelgandolfo, lasciando i fedeli in pianto.
E’ sepolto nelle Grotte Vaticane di fronte alla tomba di San Pietro ritrovata grazie a lui.