martedì 4 marzo 2014

L’ultimo granduca di Toscana, ritratto di un sovrano mancato

di DANIEL MOSCARDI
Anche tra gli appassionati di storia pochi sanno chi è il  Granduca di Toscana  Ferdinando IV (1835-1908). Primogenito e quindi erede al trono di Leopoldo II, Ferdinando assunse il titolo granducale nell’esilio d’Austria, dopo che il padre era stato costretto ad abdicare dall’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, nel Luglio del 1859.
Costretto alla fuga da Firenze, assieme al resto della famiglia Granducale, il 27 Aprile del 1859, Ferdinando visse quella data sostanzialmente da vittima inerme, succube delle fatali indecisioni del padre, che anche nelle ore decisive che precedettero la partenza lo tenne in disparte.
Carattere tutt’altro che remissivo, il futuro Granduca lasciò nelle pagine del suo diario tutta la sua frustrazione e delusione per non poter prendere decisione alcuna in quei momenti decisivi per i destini della Toscana e della famiglia granducale, rispettoso fino all’ultimo dell’autorità paterna.

Il diario di Ferdinando fu scoperto dallo storico Arnaldo Salvestrini  a Praga, negli anni ’60 del Novecento, assieme al resto dell’Archivio di famiglia degli Asburgo Lorena. Questo archivio, che dopo la prima guerra mondiale fu incamerato dal nuovo stato Cecoslovacco, ora costituisce il Fond Toskana dell’Archivio di Stato di Praga, e rappresenta di fatto un pezzo di storia Toscana all’estero, tuttora in gran parte inesplorato dagli storici.
Ferdinando cercò con tutti i mezzi di rientrare in possesso del Granducato, ponendosi come guida del movimento antiunitario in Toscana, ma i suoi sforzi risultarono vani, nonostante gli entusiasmi iniziali dovuti all’esito della pace di Zurigo del Novembre 1859 tra Francia ed Austria, che prevedeva, (sia pure in forma alquanto vaga sia nei modi che nei tempi), il ripristino dello status quo ante dei sovrani di Modena, Parma e Toscana.
I suoi sforzi per tornare in Toscana cessarono di fatto nel 1866 con il riconoscimento del nuovo Regno d’Italia da parte dell’Austria, e Ferdinando rivolse da allora i suoi interessi alla sua sfera privata. Rimasto vedovo a soli 24 anni dell’amata prima moglie Anna Maria di Sassonia, Ferdinando si sposa per la seconda volta nel 1868 con Alice Maria Carolina di Parma, dalla quale avrà ben dieci figli e si dedica a tempo pieno, delegato anche dagli altri fratelli, alla cura dei beni di famiglia.
La sua figura meriterebbe ben altra attenzione, se non altro come imprenditore agricolo. Infatti gli Asburgo Lorena, anche dopo la partenza del 27 Aprile 1859, rimasero in possesso di vasti possedimenti terrieri in varie zone della Toscana, dei quali Ferdinando IV assunse la carica di amministratore unico attraverso un ufficio centrale a Firenze.
L’elenco dei beni immobili rimasti in Toscana di proprietà privata degli Asburgo Lorena era notevole, e tra le principali tenute figuravano quelle della Maremma (Badiola e Alberese) e quelle delle foreste Casentinesi, che assieme superavano i 15.000 ettari di estensione, senza contare tutta una serie di possedimenti minori, tra i quali la villa medicea di Pratolino, che fu venduta nel 1872 alla ricca famiglia russa dei Demidoff.
Va detto, ad onor del vero, che il governo provvisorio Toscano insediatosi al momento della partenza della famiglia granducale fu rispettoso delle proprietà private della famiglia stessa, anche se poi il Regno d’Italia confiscò ciò che ancora rimaneva delle tenute Lorenesi nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, come “beni appartenenti a sudditi nemici”, anche se questo causò lo smembramento e la fine delle “aziende modello” quali erano state sotto la direzione di Ferdinando.
Le capacità di Ferdinando come amministratore e imprenditore agricolo riuscirono infatti a trasformare le sue tenute in aziende che si distinsero per l’altissima qualità e varietà dei suoi prodotti agricoli, con varietà andate oggi purtroppo perdute, o comunque quasi del tutto sconosciute.
Le tenute maremmane in particolare arrivarono quasi sempre ad ottenere i primi premi ai vari concorsi nazionali ed internazionali alle quali parteciparono, soprattutto per l’altissima qualità del patrimonio zootecnico.
Tutto questo veniva raggiunto perché Ferdinando non lesinava tutti i mezzi necessari sia al progresso tecnologico delle aziende, sia quelli destinati al benessere dei suoi dipendenti, che godevano di un trattamento economico e previdenziale veramente all’avanguardia per i tempi, così che lo si può definire senza dubbio imprenditore esigente e severo, (che imponeva ai propri dipendenti anche un giuramento di fedeltà) ma alla fine molto generoso.
Sussidi, elargizioni, contributi e pensioni, oltre all’assistenza medica e religiosa, con un cappellano ed un medico residente per ogni tenuta erano garantiti, così che un posto di lavoro come dipendente delle  “II. e RR. Tenute”  era considerato privilegio molto ambito.
Ferdinando morì a Salisburgo, dove viveva ormai da molti anni, nel 1908.
E’ sepolto a Vienna, nella Cripta dei Cappuccini, vicino al padre Leopoldo, che morì a Roma, dove soggiornava per far visita al papa, nel 1870.
Nel suo testamento, oltre a tutta una serie di elargizioni a favore dei suoi dipendenti, dei poveri di Firenze ed altri, Ferdinando espresse il desiderio di essere riportato nella Basilica di San Lorenzo, accanto alla prima moglie Anna Maria, nella sua amata Firenze, della quale sempre ebbe il doloroso ricordo, dopo l’ultimo sguardo dalla carrozza sulla via per Bologna, quel tardo pomeriggio del 27 Aprile 1859.