martedì 6 gennaio 2015

«Il Medioevo valorizzò la donna, l’illuminismo la chiuse in casa»

 
Hildegard von Bingen
 
 
Certamente il Medioevo fu il periodo storico in cui la Chiesa poté esercitare la sua massima influenza sulla società ed è da questa evidenza che si giustifica la leggenda nera dei “secoli bui”, creata dai sedicenti “illuministi” dell’800. Ancora oggi resiste l’esclamazione del “torniamo al medioevo” quando qualcosa non gira per il verso giusto.

Eppure, fior di storici hanno dedicato la loro vita a smontare questo antistorico pregiudizio, primo fra tutti l’agnostico Jacques Le Goff, secondo il quale addirittura non è mai esistito il Rinascimento, poiché si è trattato semplicemente di un lungo Medioevo, dal VI al XVII secolo. Nessun “uomo nuovo”, il progresso è il Medioevo stesso, disse: «Il Medio Evo è stato sempre considerato come un periodo di passaggio tra l’Antichità e la Modernità, ma passaggio significa soprattutto sviluppo e progresso. Nel Medio Evo progressi straordinari ci sono stati in tutti i campi, con i mulini a vento e ad acqua, l’aratro di ferro, la rotazione delle culture da biennale a triennale. Ma non c’è nessuna rottura fondamentale tra Medioevo e Rinascimento, tra il 14esimo e il 17esimo secolo». Nel Medioevo nascono la scienza, gli ospedali moderni, le università, l’anatomia, la notazione musicale (pentagramma) ecc.: in nessun periodo storico si è assistita ad una tale accelerazione del progresso. Tanto che il prestigioso storico della scienza francese Jean Gimpel ha scritto: «La prima rivoluzione industriale risale al Medioevo. I secoli XI, XII, XIII hanno creato una tecnologia sulla quale la rivoluzione industriale del secolo XVIII si è appoggiata per il suo sviluppo. Le scoperte del Rinascimento hanno avuto solamente un ruolo limitato nell’espansione dell’industria» (J. Gimpel, “La révolution industrielle du Moyen Age”, Éditions du Seuil 1975, pp. 256). Interessante a questo proposito anche l’articolo intitolato “Le radici medioevali della Rivoluzione industriale“, scritto dal prof. Terry S. Reynolds, professore emerito di Storia presso la Michigan Technological University.

Anche quando si parla del ruolo della donna nella società, spesso si contrappone la libertà femminile di oggi alla presunta ghettizzazione presente nel Medioevo. Proprio Le Goff invece ha spiegato: «l’idea che la donna sia uguale all’uomo ha determinato la concezione cristiana della donna e ha influenzato la visione e l’atteggiamento della Chiesa medievale nei suoi confronti» (J. Le Goffe, “Un lungo Medioevo”, Dedalo 2006, p. 92). Anzi, ribadì in un’intervista per “Avvenire”, «credo che tale rispetto della donna sia una delle grandi innovazioni del cristianesimo; pensiamo alla riflessione che la chiesa ha condotto sulla coppia e sul matrimonio, fino a giungere alla creazione di tale istituzione, ora tipicamente cristiana, formalizzata dal quarto concilio Lateranense nel 1215, che ne fa un atto pubblico (da cui la pubblicazione dei bandi) e, cosa fondamentale, un atto che non può realizzarsi se non con il pieno accordo dei due adulti coinvolti».

Recentemente lo ha riconosciuto anche lo storico Angelo Varni, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Bologna e Direttore della Scuola Superiore di Giornalismo. Recensendo il saggio “Donna Domina. Potere al femminile da Cleopatra a Margaret Thatcher”, a cura di collega Donatella Campus, ha riflettuto sulla dimensione politico-culturale del ruolo svolto dalla donna nelle epoche passate. «Ancora sovrane, principesse e nobildonne a dar sostanza ad un ruolo di potere politico ricoperto da donne nel Medioevo. Ce lo dimostrano i due persuasivi ritratti di Matilde di Canossa e di Ildegarda di Bingen», disegnati nell’intervento nel saggio di Francesca Roversi Monaco, docente di Storia medioevale all’Università di Bologna. «Dove si descrive un’epoca che, ad onta dei luoghi comuni sulle sue chiusure, apriva spazi di presenza femminile ai vertici più alti della gestione della cosa pubblica finanche internazionale, irradiantesi dalle corti e dai monasteri affidati per vicende ereditarie e nobiltà di lignaggio alle loro cure».

Come abbiamo spiegato nel nostro apposito dossier, la storia del cristianesimo è infatti costellata di donne sante, donne imperatrici, donne leader, sopratutto nel Medioevo. Il prof. Varni ha inoltre osservato che «fu la Rivoluzione francese a rimettere in discussione simili opportunità tutte derivate dall’appartenenza di casta: nella società borghese dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri non parve affatto naturale riconoscere alle donne una loro paritaria presenza nella dimensione pubblica, mentre il positivismo ottocentesco si sforzava di trovare ragioni oggettive per relegarle nei limiti del privato».

Ecco dunque che ancora una volta la verità ribalta la leggenda: si scopre che il Medioevo era il luogo di apertura per la presenza femminile nella società, l’illuminismo, invece, di chiusura e di relegazione nelle case. Chi vuole tornare ai secoli bui dell’illuminismo?