domenica 14 dicembre 2014

Cenni biografici del Barone Ludovico Von Pastor, grande storico della Chiesa (Prima parte)

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La presente breve biografia è tratta dall’introduzione del XI volume della munifica opera Storia dei Papi, dello stesso Von Pastor, edito in italiano nel 1929, un anno dopo la morte del grande storico cattolico. La stesura della biografia si avvalse delle memorie curate dal dr. Kaufmann, che curò in Germania l’opera del barone, e del dr. I. F. Dengel, che fu successore alla cattedra del barone in Innsbruck.
 
Ludovico von Pastor era nato in Aquisgrana il 31 gennaio 1854 da una famiglia patrizia di quella città. Suo padre era protestante, sua madre cattolica. Fanciullo, fu educato nella confessione di suo padre, uomo di fede sincera, come del resto se ne trovano molti anche in mezzo al protestantesimo.
Tutto faceva sembrare quindi che egli dovesse crescere protestante e che di più dovesse dedicarsi alla vita commerciale, al pari di suo padre, il quale sperava con l’aiuto del suo Ludovico di potere un giorno dare più largo sviluppo all’industria dei colori che egli conduceva. Ed appunto per ragioni commerciali la famiglia si trasferiva da Aquisgrana a Francoforte sul Meno; ma quando il bambino raggiungeva appena il secondo lustro, suo padre veniva a morte.
    La giovane madre, che era fervente cattolica, volle che Ludovico e la sua sorellina fossero educati nella sua religione, nel che fu vivamente coadiuvata dal parroco della città, Thissen, sacerdote colto e pio.    Mentre Ludovico assecondava prontamente il desiderio di sua madre seguendo con affetto ed entusiasmo l’insegnamento cattolico, mostrava ben poca disposizione a voler diventare un grande industriale come suo padre. Egli si divertiva a raccogliere monete romane, e i pochi denari che risparmiava finivano generalmente dal libraio. Avendo egli nel 1868 assieme al suo precettore, Emilio Siering, fatto un viaggio di diporto nel Reno inferiore e nell’Olanda, si intese maggiormente inclinato agli studi storici, che erano allora fiorentissimi in Francoforte. La madre era tuttora avversa a fare di questo suo figlio, così incapricciatosi, un « antiquario o un dotto ». Ma il vivace giovanetto era animato da ben altri sentimenti che quelli di sua madre. Le grandiose tradizioni della vecchia città imperiale, Aquisgrana, avevano lasciato nel suo animo un’impressione indelebile. Il vetusto Duomo Carolingio con i meravigliosi mosaici della sua cupola e delle sue pareti, i ricordi dell’Impero d’Occidente ivi risorto per volontà dei papi, avevano preparato in quell’animo, così sensibile alle grandiosità del passato, un terreno ove la storia e l’arte avrebbero dovuto incontrarsi in un accordo meraviglioso. Ed egli, proprio in Francoforte, finì per trovare chi avrebbe acceso in lui la scintilla di quest’ardente passione.    Giovanni Janssen, professore di storia al ginnasio superiore di quella città, stava allora preparando la sua Storia del popolo tedesco. Nel contatto della scuola egli intuì in questo giovane la predisposizione del dotto, e dopo che ebbe ottenuto per lui il consenso materno alla vita degli studi, ne divenne il maestro, la guida e l’amico che, sia come sacerdote, sia come dotto, avrebbe indirizzato quella vivace natura negli ardui compiti del sapere.    Il futuro storico dei papi, però, ben tardi cominciò a studiare. Aveva già 16 anni compiuti quando nella Pasqua del 1870 prese a frequentare il ginnasio di Francoforte. Ma in soli cinque anni egli espletava il corso ginnasiale (ginnasio-liceo). Direttore e maestro di lingue classiche in quel ginnasio era allora Tycho Mommsen, un fratello del grande storico, ed insegnava la sua materia con un rigore pedante: ma tale esagerata severità servì a Ludovico per rendersi padrone di quelle lingue così indispensabili ai cultori di storia. Lo stesso Janssen che insegnava nel ginnasio superiore (liceo) era di molta esigenza con i suoi discepoli e più che la semplice narrazione, soleva curare la bibliografia, lo studio delle fonti e la discussione critica, dando così al suo insegnamento più l’apparenza di lezioni universitarie che quella di un arido svolgimento di un semplice programma ginnasiale. Questo metodo preparava fin d’allora il giovane Pastor a quella conoscenza della letteratura e delle fonti storiche, che un giorno avrebbero dovuto tanto distinguerlo.    In quegli anni di primo contatto con il mondo scientifico e storico, Pastor ebbe occasione di leggere le storie di Mommsen, di Ranke, nonché di altri importanti storici che fiorivano in quel tempo. In un fascicolo di miscellanee raccolto dal Pastor nel 1873 trovasi registrata questa letteratura storica con note critiche intorno al valore di ciascuna opera. Da queste poche note rilevasi come fin d’allora il giovane Ludovico dirigesse la sua attenzione, sotto l’influenza del suo maestro Janssen, alla grande rinnovazione della Chiesa cattolica avvenuta nei secoli xvi e xvii, e come dall’occuparsi sempre più intensamente di questo periodo storico, venisse evolvendosi nella sua mente chiaro il programma della sua grande opera, la Storia dei Papi.    Prezioso è il giudizio che egli dava fin d’allora della celebre opera di Ranke, I Papi di Roma negli ultimi quattro secoli. Pastor riconosce che Ranke era stato il primo che scientificamente aveva dato un quadro complesso della grande restaurazione cattolica avvenuta al principio dell’evo moderno, e il primo che l’aveva apprezzata nel suo giusto valore, cosicché poteva dirsi essere questa la migliore sua opera.     Ma allo stesso tempo ne rilevava i difetti, dei quali il principale sta nel fatto che i protestanti non possono raggiungere una profonda conoscenza della intima operosità della Chiesa cattolica. Per loro la Contro-riforma non fu che una reazione esterna, mentre in realtà essa non fu altro che una più ampia manifestazione di quella vita interna che si nasconde nel suo spirito. E così, prosegue a notare il giovane Pastor, avviene che gli storici protestanti nelle loro storie dell’età moderna trascurano interamente questa grande manifestazione di vita della Chiesa cattolica, o, se ne parlano, lo fanno solo per additare gli avvenimenti della Controriforma in Boemia, non comprendendo che essa non fu un fenomeno storico a sè, ma una piccola parte del grande rinnovamento spirituale di tutto il cattolicismo, iniziato e promosso da Roma.    E, a questa « terra incognita » del mondo protestante, lamentata fin d’allora dal giovane Pastor, rispondeva una dimenticanza assoluta anche nel campo cattolico, i cui storici non si eran curati, nè si curavano, di completare questa deficienza della letteratura storica protestante; nè avevano cercato in alcun modo di porla nella sua giusta luce, onde fin da quel tempo Pastor ideava di dedicarsi a questo nobile studio, «giacché io trovo che la Chiesa appunto ivi si rivela grande e potente, dove combatte contro il male e contro la corruzione che si è infiltrata nell’intimo dei suoi propri attributi».    In questa frase è compreso tutto il preciso programma cui Pastor avrebbe in avvenire dedicato le sue grandi e ardenti qualità. Non aveva ancor finito il ginnasio, che già Janssen trovava in questo suo discepolo un aiuto e un consigliere che gli agevolava l’elaborazione della sua Storia del popolo tedesco.    Nel 1875 Pastor lasciava Francoforte per recarsi a Lovanio onde iniziare il corso universitario. Anche qui fu il suo paterno amico Janssen che lo diresse: egli gli aveva consigliato Lovanio onde meglio apprendere il francese, ed anche perchè là aveva un ottimo amico capace di approfondire il solco che egli aveva tracciato su quel fertile terreno. Fu questi lo storico Alberdingk Thijm, un discepolo di Gfroerer, un vero cattolico ed un vero studioso, che doveva poi legarsi a Pastor con una sincera amicizia e restare con lui in relazione epistolare per lunghi anni.    Pastor in quel periodo aveva già a sua disposizione dei buoni quattrini, ma egli non ne usava, come di consueto fa la gioventù studiosa, in divertimenti e spassi, ma nell’acquisto di libri per la sua diletta biblioteca.    Nell’autunno 1875 Pastor si trasferiva all’Università di Bonn, ove passò « il tempo più tranquillo e allo stesso tempo più felice della sua vita ». Ivi fece parte dell’associazione universitaria « Arminia » col nome di Tilly, e i suoi compagni godevano scherzare con lui per quelle « orribili zampe di gallina » cui assomigliava la sua scrittura, che Janssen aveva già definito « zampe di gatto ». Ma il vivace giovane non se ne dava per inteso per cose così piccole, e invece quando nel 1876 l’associazione celebrò in una solenne adunanza il 30° anno di pontificato di Pio IX, fu invitato proprio Pastor a tenere il discorso sul papa. Egli disse in quell’occasione che, in quel momento, il papa più che per l’opera sua era grande per i suoi dolori, che « il triregno era diventato per lui la corona di spine, che però il tempo della prova e della croce era allo stesso tempo quello del maggior trionfo morale. Tutti gli attacchi, tutte le oppressioni hanno accresciuto la sua potenza su tutti i cuori anziché diminuirla. Oggi il papato privo di mezzi umani più che in ogni altro secolo ha guadagnato senza fine nella forza morale».    In quegli anni giovanili Pastor attese con uguale passione al risveglio degli studi storici, come pure al trionfo del programma cattolico. Di fronte al Kulturkampf, che imperversava allora furente, egli non restò mai indietro con il suo credo intrepido e sereno, cosicché il celebre vescovo von Ketteler disse un giorno alla zia di Pastor: « Venti di questi giovani cambierebbero un’intera nazione e la salverebbero dall’incredulità ».    Nè intanto egli trascurava la sua preparazione scientifica; anzi un lavoro da lui presentato sul convegno di Bayonne per il Seminario storico, fu giudicato dal suo professore Eitter modello per la ricchezza delle ricerche archivistiche e per la grande conoscenza della letteratura.    Nella Pasqua del 1876, in compagnia del suo antico precettore, Pastor intraprese il suo primo viaggio a Roma.    Già vi si era preparato con la lettura della Descrizione di Roma di Platner: ma nessuna descrizione poteva esser così eloquente per lui come la realtà. Quando finalmente si intese in questa città che « era stata la mèta delle sue aspirazioni fino dalla primissima gioventù », quando potè gustare gli insegnamenti di questa « Università di tutto il mondo » egli provò l’impressione più profonda e ne riportò una memoria indelebile. Egli ebbe udienza presso Pio IX ed a lui umiliò un indirizzo a nome della società universitaria « Arminia ».
I grandi monumenti dell’Eterna Città visitati ancora una volta richiamarono sui suoi occhi le lacrime.    Fu quindi a Napoli e poi nell’Alta Italia, riportando ovunque una impressione che doveva esercitare la più benefica influenza sul programma della sua vita.     Nel semestre d’inverno 1876-77 Pastor fu a Berlino. In quell’Università egli fu discepolo di celebri dotti: Ermanno Grauert, Guglielmo Nitzsch, prese parte al celebre Seminario storico di Giorgio Waitz, e frequentò le lezioni di Leopoldo von Ranke.    II giovane studente pensava però già alla sua Storia dei Papi e con una premura diligente cominciò lo spoglio dei ricchi manoscritti della Regia Biblioteca. Nelle feste di Natale fu a Fulda per studiarvi bene il codice così importante per la storia della Controriforma, in cui sono le note scritte dai Gesuiti dal 1570 al 1650.    Mentre Roma con la grandiosa meraviglia dei suoi monumenti e con l’imponente grandezza delle sue memorie lo aveva commosso sino alle lacrime, Berlino, la metropoli dell’intelligenza, non incontrò affatto il suo gusto. Quelle lunghe vie uniformi e moderne, quei luoghi aridi di memorie, eran per lui tediosi e monotoni; soleva dire: « Tu non puoi cercare qua alcun monumento; nulla parla del passato, nè vi è cosa che incorpori in sè o un’epoca o un periodo dell’arte. Monaco, Francoforte, Dresda e magari una piccola città italiana sono “ capitali „ cento volte meglio di Berlino ». Ma il suo spirito trovò là pure grandi conforti. Frequentò ivi l’associazione universitaria «Ascania», dove trovò dei compagni dello stesso pensiero, e potè conoscere Windthorst ed altre illustri personalità del Centro.     E proprio il contatto con tante illustri personalità della vita religiosa, intellettuale e politica della Germania cattolica, fu uno dei favori speciali che Pastor riconosceva dalla Provvidenza. Furono questi uomini che indirizzarono il giovane e appassionato studente sulla retta via, furono essi che basarono su di un fondamento sicuro la vasta cultura della mente e del cuore di questo giovane storico e che impressero al suo carattere profonda e seria fermezza. I nomi di questi grandi maestri del Pastor sono per sè ognuno una storia.    Oltre al menzionato Janssen, che restò sempre l’amico paterno di Ludovico, va ricordato il grande vescovo di Magonza von Ketteler, Hertling, Ermanno Hüffer, Alfredo von Reumont, Paolo Leopoldo Hoffner, più tardi vescovo di Magonza, il decano della cattedrale di questa città e professore di dommatica Giovanni Battista Heinrich, il quale dette nel 1874 il primo impulso alla fondazione della celebre Gòrres-Gesellschaft (società destinata a promuovere nella Germania la scienza cattolica). « Fu questi, dice il Pastor, che dopo Janssen esercitò su me il maggiore influsso ».     A questa classe di uomini che formò il suo spirito nelle profonde convinzioni della fede e negli alti ideali della lotta per lei, va aggiunta una seconda classe: quella degli storici e particolarmente degli storici dell’arte, delle più diverse tendenze. Fu in Francoforte stessa che egli imparò ad apprezzare l’arte italiana per opera di Steinle, nonostante che Münzenberger, e più ancora Augusto Reichensperger, « uno degli uomini più versatili caratteristici ed interessanti » con il quale aveva più volte visitato i musei berlinesi, lo portassero ad apprezzare « l’arte gotica » come l’apice dell’arte cristiana, e la « straniera arte della Rinascenza » come un rifiorire dell’arte pagana. Ma per fortuna del Pastor, altri storici, illustri e più equanimi, come Francesco Saverio Kraus, che egli conobbe a Francoforte, e Federico Schneider, conosciuto a Magonza, esercitarono sul suo animo un giusto contrappeso, inducendolo ad un più equo apprezzamento dell’arte della Rinascenza. E così conobbe pure a mezzo del suo suocero, Leopoldo Kaufmann, un fine interprete dell’arte di Dürer, lo storico dell’arte Justi. In Basilea fu a contatto con Giacomo Burckhardt, uno dei più illustri conoscitori della Rinascenza, il cui ricordo egli rammenta con gioia nelle sue memorie.     Circondato da uomini così distinti sia nel campo scientifico che artistico e religioso, Pastor si sentì sempre più confortato nel suo proposito di scrivere la storia dei papi non nella forma apologetica, ma secondo lo    stile di Ranke, nella pura forma oggettiva, su la base dei documenti.     « Lo storico cattolico, ha lasciato scritto Pastor in un suo diario, non deve voler essere un apologeta : è questo un pericolo in cui è facile incorrere nei nostri tempi così agitati. Naturalmente uno storico che mira ad una rigorosa oggettività non verrà apprezzato mentre egli vive come l’apologeta storico, l’uomo del momento. Ma più tardi le condizioni saranno invertite. Quello non muore con la sua vita, mentre questo, che è ancora compreso dai fratelli d’idea, per le generazioni future al contrario non è più altro che uno scrittore di libercoli. Lo storico deve assolutamente tenersi lungi da ogni passione politica. Un’opera storica cattolica deve assomigliare a quelle solenni cattedrali romaniche, che respingono tutte le affettazioni e tutte le leziosaggini, e che nella loro grandezza e perfezione non abbisognano di alcun velo ».    E le prime lance spezzate dal futuro storico dei papi ebbero un carattere battagliero, non però nella forma apologetica, da lui sopra riprovata, ma in quella rigorosamente scientifica della critica.    Va premesso che il Kulturlcampf, nel campo intellettuale, come già in quello politico, aveva per mèta di involgere nell’oblio tutto quello che la scienza cattolica potesse produrre di pregevole. Noi in Italia abbiam veduto fare altrettanto per insinuazione della scimmiottante massoneria. In seguito a ciò, come fra noi, così là, gli scienziati cattolici eran costretti o a restare nell’oscurità o aprirsi il varco sacrificando le proprie idee. Uno di questi, Giorgio Waitz, seguì per un tempo questa via, e in una nuova edizione da lui curata delle Quellenkunde der deutschen Geschichte di Dahlmann, cercò escludere dalla propria consorteria gli storici cattolici. Contro tale partigianeria insorse fiero il Pastor con un suo articolo pubblicato nel Der Katholik, dal titolo Giorgio Waitz monopolista prussiano della storia. Il giovane, ancora ventunenne dimostrò con una vasta cultura letteraria come il Waitz, non tenendo conto degli errori scientifici, nella terza e quarta edizione di detta opera sotto l’influsso del Kulturkampf abbia taciuto o rimpiccolito opere magistrali cattoliche e scritti di autori cattolici, e come quest’opera tanto consultata sia stata penetrata dello spirito dei creatori della storia protestante prussiana, cosicché le opere di Klopp, di Weiss, di Hefele, di Gfrörer, di Janssen, di Hergenröther, di Philipps e di tanti altri, non vi avessero trovato posto o fossero state indicate a piccoli caratteri come poco utili per la consultazione. « È proprio vero, scrive il Pastor, che la celebre frase di De Maistre, che da 300 anni la storia non è altro che una grande congiura contro la verità, trova il suo pieno avveramento nel nuovo andazzo di scriver la storia in Germania, dopo che anche ivi ha preceduto un periodo, nel quale anche i protestanti giudicano con la più grande sfacciataggine la Chiesa, la sua azione e i suoi ministri ».   E così Pastor proseguì nel menzionato periodico a mettere in luce, con somma franchezza e con capacità non comune, l’opera storico-letteraria della Germania protestante. Allo stesso tempo scrisse recensioni di opere di dotti cattolici quali Janssen, Carlo de Smedt, Alberdingk Thijm e di Castelar, (Der Katholik an. 1876-77) delle quali fece rilevare il valore, non mancando di correggere, completare, ove occorresse, il loro pensiero. Così, quando lo spagnuolo Castelar esaltò l’opera di Ranke sui papi, come un lavoro che sarebbe letto anche dai cattolici più zelanti, Pastor non mancò di osservare che non andava dimenticata la parzialità e tendenziosità dell’autore, mentre « una revisione dell’opera di Ranke da parte dei cattolici era senza dubbio uno dei più pressanti bisogni della storiografia cattolica».    A compiere i suoi studi universitari Pastor si recava nel 1877 a Vienna. Ivi si trovò assai meglio che a Berlino, ma i grandi professori di quell’Universitá (fra questi il celebre Teodoro von Sickel) non ebbero accoglienza amichevole per questo giovane storico. Del resto non gli mancarono ottimi amici, fra i quali il grande storico Onno Klopp, che Janssen gli aveva raccomandato, come «uomo di nobilissimi sentimenti, di profonda pietà, veramente pio, di grandi pregi, ancora di una vivacità un po’ giovanile ».    In quel tempo Pastor prese a scrivere per la Revue des Questions historiques di Parigi la recensione delle pubblicazioni storiche della Germania, còmpito che egli ha proseguito per ben 20 anni (1877-1897), dando a quella recensione bibliografica il carattere di una specie di universalismo. Bellissima recensione, distribuita in una serie di articoli editi negli Historisch-Politischen Blätter (1877-1880), egli dedicò all’opera di Klopp, Fall des Hauses Stuart. Dalle sue Memorie risulta che in quel tempo aveva ideato di scrivere un volume dal titolo Lo storico moderno nel quale avrebbe dovuto precedere come prefazione una critica contro « gli oltraggi lanciati alla casa imperiale d’Austria dai costruttori di storia prussiana » i quali denigravano gli Asburgo perchè non ne conoscevan la storia, ma anche più perchè cattolici.    In Vienna il Pastor trascorse i tre semestri 1877-78: utilizzando il suo tempo non solo per lo studio ma, come già a Berlino, nel fare lo spoglio della Biblioteca imperiale e dell’Archivio di Stato. Preparò pure la sua tesi, a lui suggerita dal prof. Klopp, dal titolo Tentativi di unione religiosa durante il regno di Carlo V, lavoro la cui sola prima parte abbraccia 400 fogli in quarto, densamente scritti.    Finito il terzo semestre, per invito di Giovanni Weiss, Pastor lasciò Vienna e si recò a Gratz dove conseguì la laurea in filosofia il 18 luglio 1878. In poco più di otto anni egli aveva espletato nella maniera più brillante il corso dei suoi studi, dalla prima ginnasiale alla laurea universitaria. 
A cura di Gaetano Masciullo (clicca qui per altri articoli e studi).  - http://radiospada.org/