lunedì 4 giugno 2012

Carlo Magno . Commissione di studio ispirata al pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

I successori di Clodoveo.
I Re merovingi, successori di Clodoveo, regnarono fino al 752. Purtroppo molto spesso caddero nel disonore a causa delle loro crudeltà, della loro immoralità e delle loro ruberie. I beni stessi della Chiesa e i suoi ministri non sempre furono al riparo delle loro violenze. Più di una volta i vescovi, come Germano di Parigi e Gregorio di Tours, protestarono contro l'indegna condotta dei Prìncipi. Tuttavia l'alleanza fra la monarchia e la Chiesa, stabilita dai tempi di Clodoveo, restava in vigore. In questo mondo ancora barbaro, la Chiesa esercitava tutta la sua influenza al servizio dei deboli, degli oppressi e della costruzione della Cristianità.

A partire da un certo momento i sovrani che succedettero a Clodoveo caddero in una tale decadenza che non esercitavano più il loro potere. Tutta la funzione di governo era nelle mani di loro funzionari, detti prefetti di palazzo.

Carlo Martello sconfigge i saraceni a Poitiers (732 d.C.).


Uno di questi prefetti di palazzo fu Carlo Martello, che affrontò i saraceni a Poitiers. Costoro avevano già invaso la Spagna, dove il bravo Pelagio aveva appena cominciato la "Reconquista", e tentavano ora di invadere la Francia, quando si trovarono di fronte alle truppe di Carlo Martello. Dopo alcuni giorni di scaramucce, si combatté a Poitiers una battaglia generale. I popoli la ricordarono come la più terribile del medioevo: lo scontro fu tremendo ed ebbe termine con una clamorosa sconfitta inflitta ai mussulmani, dei quali, secondo i cronisti, oltre 300.000 morirono di spada.

Toccò a Pipino il Breve, figlio di Carlo Martello e prefetto di palazzo come suo padre, il cominciare una nuova dinastia, che fu detta carolingia dal nome della sua figura di maggior rilievo: Carlo Magno. I Re merovingi, infatti, erano da molto tempo semplici comparse, sempre più decadenti ed incapaci di governare e difendere la Francia. La loro inerzia pregiudicava gravemente l'ordine civile e comprometteva assai gli interessi della civiltà cristiana.

Il prefetto di palazzo Carlo Martello aveva salvato i popoli lasciati indifesi dall'incuria dei merovingi e dopo di lui era apparso Pipino il Breve, che mostrava avere gli stessi talenti e lo stesso potere di suo padre. La monarchia era allora elettiva: Pipino il Breve poteva ambire ad essa grazie al solo gioco delle circostanze politiche, ma l'influenza della Chiesa e del Papato era già tale sulla grande famiglia cristiana, che un cambiamento di tal genere non poteva essere fatto senza il suo intervento.

Papa San Zaccaria arbitro della monarchia francese.

Pipino, col consiglio ed il consenso dei grandi signori del regno e dei vescovi, inviò al Papa una ambasciata per consultarlo in merito ai Re che erano in Francia, che di Re avevano solo il nome senza averne il corrispondente potere. Il Papa, S. Zaccaria, rispose che era meglio che fosse Re colui che di fatto esercitava il potere reale. Con ciò il Papa prendeva atto della decadenza di una dinastia e dell'ascesa di quella di Pipino.

Tale comportamento del Papa nell'ordine temporale fa parte del cosiddetto potere indiretto della Chiesa sulle cose temporali, a seconda che interessino in misura maggiore o minore la salvezza delle anime.

Il ricorso di Pipino, potente prefetto di palazzo, e dei suoi nobili al parere del Papa, é un fatto notevole in quanto segna in modo straordinario il nuovo diritto pubblico che doveva reggere la società cristiana e colloca spontaneamente l'autorità pontificia ad arbitra dell'edificio sociale.


Pipino divenne dunque Re dei franchi. Non si può omettere di sottolineare in ciò l'opera della Divina Provvidenza: l'innalzare la famiglia carolingia, in quest'epoca la più potente d'Europa, l'unica capace di respingere i pericoli che minacciavano ovunque il futuro della giovane civiltà cristiana e l'unica che si offriva di difendere la Chiesa nei suoi incalzanti bisogni, fu davvero un fatto provvidenziale.

Nell'anno successivo, il 752, Pipino fu consacrato Re da S. Bonifacio. Divenuto Re dei franchi, Pipino dimostrò di essere degno di occupare il trono finendo di cacciare i saraceni dalla Septimagna e dal sud della Gallia. Inoltre i sassoni, popolo pagano assai violento, avevano cacciato dalle loro regioni i missionari e bruciato un gran numero di chiese. Pipino diresse allora una spedizione contro essi, distrusse le loro fortezze e pose tra le condizioni per la pace che i predicatori del Vangelo, ispirati a lavorare in Sassonia, potessero avere la completa libertà di pregare e battezzare.

Contemporaneamente il nuovo Papa, Stefano III, correva dei grandi rischi altrove. I longobardi, che più di una volta avevano cercato di conquistare i territori che cominciavano a costituire il dominio temporale dei Papi, si lanciarono con rinnovato furore su quelle terre, accerchiarono Roma e la ridussero alla disperazione. Stefano III, che già in precedenza era ricorso a Pipino, gli lanciò un nuovo, lacerante appello. L'appello emozionò ed elettrizzò tanto la nazione franca, che essa attraversò le Alpi come un torrente e si precipitò sui longobardi debellando la loro potenza e i loro progetti.

Pipino fece dono per sempre alla Chiesa Romana e ai Papi di tutte le città riconquistate. L'atto di donazione fu consegnato a Stefano III ed é conservato a Roma. Il nuovo Re dei franchi ebbe pertanto la gloria di costituire definitivamente il potere temporale dei Papi, la cui origine risale a tempi ben più lontani ma che i tragici avvenimenti costituiti dalle invasioni barbariche avevano reso meno solida.

Sale al trono Carlo Magno.

A Pipino il Breve succedette Carlo Magno, uno degli uomini più eminenti della storia: la sua grandezza si manifestò persino nel nome. Egli fu grande per le conquiste intraprese per estendere il Vangelo, per le leggi concepite secondo concezioni cristiane e per la sua opera culturale. Ebbe il merito e la gloria di inaugurare l'Impero Cristiano d'Occidente e fu il prototipo dell'eroe cristiano e del Prìncipe, esercitando il suo potere secondo il volere di Dio. Egli regnò dal 768 all'814, quasi mezzo secolo, ed ebbe il tempo di portare a compimento i suoi progetti; essi consistevano da un lato nell'unificazione in un solo Impero di tutto il mondo germanico e dall'altro nell'organizzarlo internamente sotto l'egida della vera religione, per dargli, con l'aiuto della Chiesa, un carattere regolare, intelligente e civilizzato.


La monarchia francese diventava sempre più una potente alleata del papato. Infatti il nuovo Papa, Adriano I, si trovò in pericoli analoghi a quelli del suo predecessore poiché il nuovo Re dei longobardi, Desiderio, lanciò le sue truppe alla devastazione dei territori di Roma. Carlo Magno, dopo aver inutilmente tentato di dissuaderlo dai suoi cattivi progetti, attraversò le Alpi, batté il nemico e occupò tutta la Lombardia, dove solo le città di Verona e Pavia gli resistettero, e, in quest'ultima città, strinse d'assedio Desiderio.

Carlo Magno, convinto della vittoria, nel periodo dell'assedio che durava già da alcuni mesi, ebbe la buona ispirazione di andare a visitare nella festività di Pasqua il sepolcro dei Santi Apostoli. Si mise in viaggio con una parte delle truppe, accompagnato da vescovi, abati (che egli come al solito aveva portato dalle sue terre) e da alti signori. Il Papa, venuto con gioia a conoscenza di questa notizia, fece al Re dei franchi una solenne accoglienza. In questa circostanza fu siglata una nuova e potente alleanza fra il papato e la monarchia francese.

Carlo Magno, che era un guerriero straordinario, durante il suo lungo regno, organizzò 53 spedizioni, guidando di persona la maggior parte di esse. Nel corso di tutte le campagne, che portò vittoriosamente a termine, il suo potere si estese in ogni ambito. Tutta la razza germanica, fatta eccezione per gli anglo-sassoni e i normanni, venne riunita sotto il suo nome. La Chiesa riconobbe di dovergli una riconoscenza straordinaria. La cultura ricevette un incremento portentoso: il palazzo di Carlo Magno divenne l'asilo e il santuario del sapere. Per restaurare le lettere, decadute nel corso di tante guerre, non tornava mai dalle sue spedizioni in Italia senza portare con sé dei grammatici ed altri uomini fra i più istruiti; attirò così i saggi di altri paesi e li tenne accanto a sé grazie ai suoi benefici. Di tutti questi saggi il più celebre per le sue conoscenze e l'estensione del suo genio é il monaco anglo-sassone Alcuino.

All'interno del suo vasto regno il suo sguardo abbracciava tutto; la sua parola, il suo pensiero, la sua volontà, davano vita e movimento a tutto; egli era l'anima di un corpo immenso: le istituzioni mutavano ed egli le vivificava con la sua potente azione.


L'Impero era diviso allora in contadi. I Conti, agenti abituali residenti dell'amministrazione generale, riunivano i poteri civili, giudiziari e militari. Istituendoli nel loro incarico, il Re diceva loro tra le altre cose: "Avendo sperimentato la vostra fede e i vostri servizi, noi vi diamo il potere di Conte in questo territorio. Serbateci la fede promessa; che tutti i popoli che abitano nel vostro paese siano trattati con moderazione. Siate difensori delle vedove e degli orfani. Punite severamente i ladri e i malfattori in modo che i popoli vivano in prosperità sotto il vostro governo e rimangano nell'allegria e nella pace".

L'amministrazione dei conti era rigorosamente controllata per mezzo di inviati reali, i "missi dominici", che percorrevano 4 volte all'anno i contadi sottomessi alla loro supervisione al fine di tenere l'Imperatore al corrente dei desideri della popolazione. Essi ascoltavano le richieste dei sudditi, correggevano gli abusi, ricevevano appelli alle sentenze dei Conti, e al loro ritorno rendevano conto a Carlo della loro missione. Gli inviati erano sempre due: un vescovo ed un conte, ed il vescovo aveva la funzione principale.

Carlo Magno ebbe molta cura delle assemblee generali della nazione, utilizzandole come uno dei più attivi servizi della sua amministrazione, al fine di mantenere con esse il necessario contatto con i suoi popoli. Esse erano composte da conti, da signori e da altri uomini liberi, dagli abati e dai vescovi. Mentre i signori temporali discutevano da una parte e i vescovi e gli abati dall'altra, Carlo Magno riceveva familiarmente tutti coloro che avevano da esporgli delle questioni o da esprimergli dei desideri.

Nelle assemblee venivano anche promulgati i capitolari, che costituivano la legislazione di Carlo Magno. Essi venivano di volta in volta promulgati a seconda delle circostanze e delle necessità. Nel loro insieme formano una legislazione eminentemente cristiana. Tutti i modi di vivere propri della società romana e pagana, furono trasformati non solo da una ispirazione, ma anche da una forma che portava il segno del Vangelo e ne riproduceva in tutti i momenti lo spirito e il linguaggio. Il principale dei Capitolari fu pubblicato in Aix-la-Chapelle, nel 789, undici anni prima dell'incoronazione di Carlo a Imperatore; cominciava con le seguenti parole: "Nostro Signore Gesù Cristo regnando per sempre, io, Carlo, per grazia e misericordia di Dio, Re e reggente del regno dei franchi, devoto difensore e umile ausiliare della Chiesa di Dio, di tutti i tipi di pietà ecclesiastica e di tutte le dignità del potere temporale, auguro salute, pace perpetua e prosperità in Cristo Nostro Signore Dio Eterno".

Carlo Magno, Imperatore d'Occidente.

Alla fine dell'800 tutte le guerre intraprese da Carlo erano quasi finite, e la sua incoronazione a Imperatore d'Occidente consacrò la sua grandissima opera. Egli meritava davvero questo onore e questa ricompensa: non solo aveva fondato un grande Impero Germanico, ma ne aveva fatto un grande Impero Cristiano; aveva vinto i longobardi nemici della S. Sede, gli avari pagani, gli arabi musulmani e i sassoni idolatri, aveva assicurato il trionfo del cattolicesimo e della propria causa per ogni dove.

Carlo si diresse a Roma verso la fine dell'anno 800, per difendere ancora una volta la Santa Sede; regnava allora Papa S. Leone III, contro il quale era esplosa a Roma una sedizione nel corso della quale era stato gettato in un carcere dopo aver subito brutali maltrattamenti: Roma era stata sconvolta dai tumulti e dagli orrori. Il Papa, riuscito a liberarsi e potendo sperare nel solo appoggio efficace del Re dei franchi, andò ad implorarlo personalmente. Ma Carlo avanzò fino a Padernborn e ricevette il Pontefice con i maggiori onori; con la sua protezione S. Leone III poté trionfalmente rientrare a Roma dove fu accolto dal canto dei bambini.


I nemici di S. Leone III non si erano però dati per vinti e lo accusavano di diversi crimini. Carlo Magno decise di recarsi personalmente a Roma e vi ristabilì l'ordine. Il giorno di Natale, dopo aver assistito alla Messa solenne nella basilica di S. Pietro, si mise in preghiera al sepolcro del principe degli apostoli. Al termine Leone III gli mise sul capo la corona imperiale esclamando la celebre frase, ripetuta con giubilo tre volte dal popolo: "A Carlo Augusto, incoronato dalla mano di Dio grande e pacifico Imperatore dei romani, vita e vittoria!". Dopo queste acclamazioni il Papa consacrò il nuovo Imperatore ed il Re Pipino, suo figlio.

In questo modo aveva inizio il grande Impero Cristiano d'Occidente che non fu però una pura e semplice restaurazione dell'Impero Romano d'Occidente distrutto dalle invasioni barbariche. Il primo, benché avesse come compito anche la missione suprema di difendere la Chiesa, era anzitutto un Impero politico e burocratico. Il nuovo Impero era fondato su basi e con elementi di un ordine più elevato. Era, in una parola, l'Impero Cristiano.

La nuova funzione assunta da Carlo Magno gli dava, in quanto Imperatore, una preminenza su tutti i sovrani cristiani. Non era la sovranità propriamente detta ma una specie di primato nell'ordine temporale in virtù del quale egli presiedeva le assemblee dei principi cristiani ed aveva l'alta sovraintendenza su tutti gli interessi della Cristianità.

Nell'ordine spirituale il titolo di Imperatore conferiva a chi lo possedeva la missione di difensore della Santa Chiesa e, perciò, di tutti gli interessi cristiani. Nella confederazione dei popoli cristiani, dei quali l'Imperatore é il capo politico, il Papa é il legame, la vita e diventa come l'arbitro naturale delle nazioni, dei popoli cristiani e dei suoi principi. In questo suo primo meraviglioso splendore, l’ Impero Cristiano realizzava in modo ammirabile l'ideale della Cristianità. Il Papa e l'Imperatore erano al culmine della gerarchia sociale. Il Papa incoronava l'Imperatore, lo consacrava e lo associava alla sua opera. Il Papa e i Concili stabilivano la dottrina; ad essa l'Imperatore adattava le leggi dell'Impero: questo accordo fra il potere spirituale e il potere temporale dava alle leggi una incalcolabile autorità.

La morte di Carlo Magno.


Al termine del glorioso periodo di regno si avvicinò l'ora della morte. Fu preparata una solenne cerimonia nella chiesa di Aix-la-Chapelle e l'Imperatore vi si diresse rivestito dei suoi abiti regali, la corona sul capo, appoggiandosi al figlio Luigi. Dopo essere rimasto a lungo in preghiera, egli diresse una commovente esortazione al figlio, in presenza della corte e del popolo. Avendo avuto da lui la promessa di fedeltà a tutti i suoi consigli, Carlo Magno prese la corona d'oro da sopra l'altare e gliela pose sul capo, mentre tutti i presenti acclamavano: "Viva l'Imperatore Luigi!".

Carlo Magno rimase ad Aix-la-Chapelle non occupandosi d'altro che di preghiera, elemosine e studi pii. Verso la fine di gennaio dell'814, si ammalò, aggravandosi rapidamente. Il settimo giorno di malattia chiese l'estrema unzione, che gli fu data dal suo arcicappellano, e ricevette il Corpo ed il Sangue di Nostro Signore. In seguito entrò in una lunga agonia durante la quale perse l'uso della ragione. Alla fine, riunendo le proprie forze, si fece il segno della Croce sulla fronte, sul petto e su tutto il corpo; stese la sue braccia lungo il corpo e dicendo le parole: "In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum", morì. La magnifica chiesa che egli aveva fatto costruire ad Aix-la-Chapelle, in onore della Madre di Dio, fu scelta come luogo per la sua sepoltura. Il suo corpo imbalsamato fu dapprima rivestito del cilicio che egli portava segretamente, poi delle sue vesti regali. Successivamente il corpo fu adagiato seduto su un trono d'oro, e a lato gli fu cinta la sua spada d'oro. Sulla sua testa fu posta la corona d'oro che conteneva una reliquia della vera croce, mentre tra le mani poste sulle gambe fu collocato un libro dei Vangeli pure ricoperto d'oro. Davanti a lui furono disposti il suo scettro ed il suo scudo che erano stati benedetti da Papa S. Leone III. Era un vero monumento funebre, che si chiudeva su uno dei maggiori uomini di tutti i secoli.