giovedì 22 dicembre 2016

La notte di Natale alla Corte pontificia

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di don Mauro Tranquillo - Fonte: http://www.radiospada.org/

Nei vari secoli diverse usanze e riti hanno caratterizzato i festeggiamenti della notte di Natale alla Corte pontificia, tutti solenni ed edificanti, fiore di quella civiltà cristiana che aveva il suo centro in Roma. Ne vedremo qualche aspetto, e qualche sviluppo nel corso dei secoli.
Da sempre ovviamente la sera della Vigilia cominciava con il canto solenne dei Primi Vespri, che si teneva in Basilica o a volte nella Cappella Sistina (nella Cappella Paolina quando il Papa stava al Quirinale). In attesa della cena, restando i Cardinali nel Palazzo per assistere a Mattutino, vi era usanza di intrattenerli con una cantata in onore di Gesù Bambino, eseguita dai cantori pontifici con tutti gli strumenti nella sala Borgia, cui seguiva una cena in presenza dello stesso Pontefice a spese della Camera Apostolica. Vi si offrivano vino, e vari cibi e confetterie, e il Papa partecipava in cappa di velluto di seta cremisi e ermellino, quella stessa che avrebbe indossato per il Mattutino, e i Cardinali in cappe scarlatte. Il Papa era poi servito a tavola dai sovrani presenti o dai nobili di più alto rango, dal Maestro di Casa e dai Cardinali preceduti dai mazzieri. Burcardo ricorda che quattro portate erano servite: pasticcerie leggere e frutta candita, mandorle, noci, grani di finocchio, pesche e pere; quattro volte si serviva da bere: tre coppe di vino tagliato con acqua e una coppa di vino misto a miele, cannella e zenzero (hypocras).  All’epoca di Gregorio XIII, verso il 1573, l’uso del banchetto con la cantata fu interrotto perché considerato troppo dispendioso; riprese verso la metà del XVII secolo, fino al 1749. A quest’epoca i Cardinali vi assistevano in mozzetta e ferraiolone, nell’appartamento di Raffaello o nella galleria di Gregorio XIII. Il Papa non assisteva più alla cena, ma solamente benediva le mense, ne osservava l’apparato sempre magnifico, e si ritirava poi a cenare solo. L’origine di tale banchetto ovviamente è molto antica, e nel Medioevo, prima della Cattività avignonese, si teneva (stando agli Ordines romani) in Santa Maria Maggiore, dove il Papa celebrava le funzioni della notte di Natale. Il Cardinale Vescovo di Albano ne sosteneva le spese, mandando alla curia duo optima busta porcorum. Il Papa somministrava di propria mano a ciascuno una tazza di vino, compresi i giovani cantori della Schola.
Prima del Mattutino, il Papa compiva un altro rito a lui proprio, la benedizione dello stocco e del berrettone. Lo stocco è uno spadone finemente lavorato, e il berrettone un cappello ducale di velluto rosso, che il Papa soleva donare a un qualche Principe cristiano che si fosse distinto nella difesa della Chiesa. La più antica testimonianza di tale benedizione risale al XIV secolo, anche se già prima il Papa usava benedire delle spade per i Principi cristiani. L’ultimo stocco con il suo berrettone fu donato da Pio IX al generale Kanzler nel 1877. Lo stocco, con il berrettone posato sulla punta, era sostenuto da un Chierico di Camera mentre il Papa ammoniva con un’allocuzione rituale che quella spada indicava il supremo gladio temporale dato da Dio al Papa con l’Incarnazione del Cristo, che avrebbe dominato su tutta la terra, esattamente come la cappa rossa del Pontefice si stendeva a terra da ogni lato. Nella benedizione il Papa invocava Dio per la difesa della Santa Chiesa Romana e della respublica christiana. Poi consegnava le due insegne al Principe rivestito di cotta e di piviale aperto sulla spalla (non sul petto, come poteva fare solo l’Imperatore, ad imitazione dei Vescovi). Se il destinatario non era presente, il dono si faceva inviare.
Si ordinava allora la processione per andare a cantare il Mattutino in Cappella (nel Medioevo, prima della Cattività avignonese, si cantava in Santa Maria Maggiore). L’altare della Cappella era ornato con un arazzo raffigurante il Presepio, e dal paliotto bianco. Il trono del Papa era ricoperto di seta di lama d’argento con ricami d’oro. A lato dell’altare stavano due grandi candelabri dorati, e presso i banchi dei Cardinali stavano delle torce accese su grandi candelieri. Dodici bussolanti in vesti e cappe rosse sostenevano altrettante torce.
Il Papa faceva il suo ingresso preceduto dal Chierico di Camera con il berrettone sostenuto sulla punta dello stocco, e dalla croce pontificia. Incominciava allora il Mattutino, intonato dal Papa, in canto piano. Tre Cardinali Diaconi, dopo aver chiesto la benedizione al Papa, cantavano le prime tre lezioni, del profeta Isaia, ma senza titolo perché Dio non parla ormai tramite i profeti ma tramite suo Figlio, come dice l’Epistola di san Paolo che si legge alla Messa di Natale.  La quinta lezione era cantata dal nobile che aveva ricevuto il berrettone e lo stocco, se era presente. Egli era preceduto dal Chierico di Camera con le insegne benedette (che stavano posate sull’altare). Il nobile indossava la cotta, il piviale sulla spalla, cingeva la spada e indossava il berrettone. Toltosi il cappello e fatta vibrare virilmente la spada, chiedeva genuflesso la benedizione al Papa e poi cantava la lezione al leggio nel mezzo del coro. Alla fine, si recava a baciare i piedi del Papa.
La settima lezione, che è l’omelia del Vangelo della Prima Messa di Natale, quello che inizia con le parole “Exiit edictum a Caesare Augusto”, era cantata dall’Imperatore, qualora fosse stato presente. Egli indossava la cotta e il piviale al modo dei Vescovi, e accompagnato da due Cardinali Diaconi, faceva riverenza al Papa, vibrava la spada, la riponeva, e al leggio chiedeva inchinato la benedizione al Pontefice. Terminato il canto andava anch’egli a baciare il piede del Papa. Così fece ad esempio Federico III nel 1468, essendo presente a Roma per il Natale.
La nona e ultima lezione invece era cantata dal Papa in persona, che chiedeva la benedizione direttamente a Dio (Iube, Domine, benedicere), assistito dagli accoliti, dai Vescovi assistenti con la candela, e da un Cardinale Prete.
La Messa della notte che segue nel Medioevo era cantata dal Papa in persona a Santa Maria Maggiore ad praesepium; egli stesso cantava poi la seconda Messa a Sant’Anastasia e la terza a San Pietro o di nuovo a Santa Maria Maggiore. Dopo il ritorno da Avignone invece era cantata dal Cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa nella Cappella di Palazzo, subito dopo il Mattutino, mentre il Papa indossato il mantum bianco assisteva al trono. Alla Messa tutti genuflettevano al canto delle parole Et incarnatus est del Credo. All’offertorio i cantori intonavano il mottetto Quem vidistis pastores del Vittoria. Il Papa usciva al termine della Messa sempre preceduto dal Chierico con lo stocco e il berrettone, lasciando i cantori a intonare le Lodi.
In tempi a noi ancor più vicini, Pio IX andava a celebrare la Messa della notte di Natale a Santa Maria Maggiore. Era una Messa letta, e anticipata per terminare in tempo per tornare al Quirinale a prendere una refezione entro mezzanotte, in modo da poter mangiare qualcosa prima che scoccasse il digiuno eucaristico per il giorno seguente.
Così la Santa Chiesa Romana festeggiava, fino a prima della caduta del potere temporale, la Santa Notte dell’Incarnazione del Verbo. Il mattino vi era la stazione dell’Aurora a Sant’Anastasia, e la grande Messa celebrata personalmente dal Papa in Basilica. Che questi santi riti così descritti ci possano edificare e mostrare il vero volto della Sposa di Cristo, per non cadere mai nella tentazione di confonderla con quanto ci viene presentato dal modernismo.