lunedì 28 luglio 2014

Le vere radici dell’antisemitismo, della caccia alle streghe e delle persecuzioni anticattoliche

- di Francesco Agnoli -

Nel 1347-1350, come è noto, l’Europa fu devastata dalla peste nera. Si trattò di una ecatombe senza precedenti, tanto che alcuni storici sostengono che quella epidemia pose fine a un’epoca, il Medioevo cristiano, per aprirne una nuova, quella dell’umanesimo. La mortalità oscillava tra i 40 e il 70% a seconda della forza degli individui colpiti e delle loro condizioni. Fu effettivamente una tragedia travolgente, che portò da una parte a grandi interrogativi sull’uomo e su Dio, dall’altra a splendide opere di carità e di dedizione ai fratelli, e, infine, a paure inenarrabili, a fobie e incubi ben comprensibili.

Dove avvennero i primi massacri di ebrei
Più di un terzo degli abitanti dell’Europa morì. Ebbene, fu in questa occasione che le comunità ebraiche conobbero un’aggressione senza precedenti: molti ebrei furono accusati di avvelenare i pozzi, di essere in qualche modo la causa di questo disastro. Il meccanismo psicologico è semplice: di fronte a un disastro, rintracciare un colpevole, un capro espiatorio, non cambia le cose ma almeno serve a fornire una “spiegazione” all’accaduto.
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In verità il capro espiatorio variava da paese a paese, da epoca a epoca. In Spagna si diffuse la voce che gli avvelenatori erano, per lo più, i musulmani; in Francia gli inglesi; altrove e in altre occasioni, gli avvelenatori erano i lebbrosi, oppure gli “stranieri poveri”, considerati potenziali portatori di malattie, oppure ancora coloro che si occupavano di mestieri “in cui si producevano cattivi odori o rifiuti” … Nella Atene del V secolo, anch’essa colpita dalla peste, era accaduto lo stesso, dal momento che Tucidide ci racconta che molti ateniesi accusavano i loro nemici spartani di… avvelenare i pozzi.
Se torniamo agli avvenimenti del Trecento, e in particolare alla persecuzione degli ebrei, il luogo dove costoro furono identificati maggiormente come colpevoli, o comunque dove subirono le angherie peggiori, furono alcune aree germaniche. Scrive Rodney Stark nel suo Un unico vero Dio, che «i massacri iniziarono nella regione intorno al lago di Ginevra» e poi «l’ondata dei massacri si abbatté lungo il Reno, attraverso le città ormai familiari a questi eccidi: Spira, Magonza, Worms, Colonia. E almeno in altre sette città gli ebrei si suicidarono in massa».
Nota dunque Stark che la regione lungo il fiume Reno fu la più colpita. E aggiunge che ciò è connesso con un fatto: «la prevalente debolezza sia della Chiesa che dello Stato in quella regione». Infatti proprio in queste zone sia i vertici laici che quelli religiosi con insistenza tentarono di frenare e impedire che «le folle uccidessero gli ebrei», ma se i princìpi, in quei luoghi, erano deboli, anche la Chiesa lo era, vista la «concentrazione di movimenti eretici cristiani nelle stesse comunità renane».

Dove avvenne la caccia alla streghe
Per comprendere meglio questo concetto, si deve pensare che più avanti, durante la caccia alle streghe di età moderna, fu ancora una volta la zona del Reno la più colpita dalle fobie popolari, e quindi la più segnata dai roghi. Ebbene, anche in questo caso, la spiegazione principale sembra questa: spesso laddove il potere statale era più forte, i panici di massa erano tenuti sotto controllo. Ancora più efficace era l’Inquisizione, dal momento che le terre in cui essa operava realmente, furono le meno colpite dalla caccia alle streghe (e agli stregoni, visto che gli uomini bruciati sul rogo furono una discreta percentuale). È opinione ormai diffusa tra gli storici, infatti, che l’Inquisizione abbia sostituito «la violenza della folla», irrazionale e incontrollabile, «con il principio di legalità», frenando così gli imbestialimenti popolari.
Durante le peste del 1347, dunque, autorità religiose e civili – molto deboli – delle zone germaniche, non riuscirono nel loro intento di spegnere gli eccessi popolari. In altre zone invece, il loro intervento ebbe maggior successo. Scrive il Darras nella sua Storia generale della Chiesa: «Alcuni ebrei vinti dal dolore confessarono questo delitto sotto tortura e in un pozzo fu trovato realmente veleno; tanto bastò perché i sospetti assumessero tosto l’indole di fatto vero, e allora in Svizzera, in Alsazia e in tutte le contrade in riva al Reno cominciò un eccidio generale di ebrei».

Chi difese gli ebrei dai massacri
Nella Francia meridionale, invece, Clemente VI «interpose a loro difesa [degli ebrei, ndrla sua autorità pontificia, e con bolla del 4 luglio 1348 vietò di ascrivere agli ebrei delitti immaginari o toccarne vita o sostanze prima di sentenza del legittimo giudice». Il papa dovette nuovamente intervenire il 26 settembre con un’altra bolla, in cui spiegava che gli ebrei morivano di peste esattamente come gli altri, e che la peste si era diffusa anche laddove non vi erano comunità ebraiche. Inoltre «ordinava a tutti i vescovi di pubblicare nelle chiese una sentenza di scomunica contro coloro che li molestassero, in qualunque modo ciò fosse».
Gli storici William Naphy e Andrew Spicer, nel loro La peste in Europa, aggiungono che «molti eminenti uomini di chiesa condannarono questi attacchi ispirandosi agli insegnamenti di sant’Agostino di Ippona, per il quale gli ebrei dovevano essere tollerati in quanto parte essenziale della storia cosmica del cristianesimo». Ma se in alcuni posti ebbero ascolto, in altri, soprattutto nelle regioni del Reno, non fu così. Non è un caso che le autorità civili e religiose fallirono laddove pullulavano i movimenti ereticali, portatori di una specifica visione non solo religiosa, ma anche politica e sociale.


 

Chi erano i massacratori
«Era a Magonza – scrive ancora Stark – che Teuda aveva riunito un seguito e aveva proclamato la data della Seconda Venuta. Solo in Renania, e soprattutto a Magonza e Colonia, i catari avevano creato delle congregazioni nel XII secolo, ed era principalmente in Renania che i valdesi tedeschi avevano trovato sostegno nel XIII secolo, in particolare a Magonza, Spira, Worms e Wurzburg. Nel XIII e nel XIV secolo fu in queste stesse città renane che fiorì l’eresia del Libero Spirito…Nel XV secolo fu qui che gli ussiti trovarono un seguito tedesco, e città come Norimberga, Magonza, Worms, Spira e Ratisbona furono nuovamente teatro di scontri. E, ovviamente, fu a Spira che per la prima volta venne usato il termine “protestante” per definire coloro che seguivano Martin Lutero, e a Worms che lo stesso Lutero disse alla Dieta: “Non posso fare altrimenti. Che Dio mi aiuti”».
Chiosiamo queste considerazioni. Contro chi se la prendevano i catari, i fratelli del Libero Spirito, i flagellanti (l’eresia più diffusa e più violentemente antisemita in Germania), gli Hussiti?
Contro gli ebrei, si è detto; ma anche contro i sacerdoti cattolici e la Chiesa. Scrive G. Fourquin nel suo Le sommosse popolari nel Medioevo: «Il movimento dei flagellanti dei paesi germanici si scontrò violentemente contro la Chiesa e si impadronì dei suoi beni temporali, trattò brutalmente gli ecclesiastici che osarono contraddirlo, cosa considerata inammissibile dagli inviati di Dio. Ma i demoni non erano soltanto i preti, erano anche gli ebrei. Il grande massacro di israeliti dell’Occidente, che incrudelì in occasione della grande peste, fu responsabilità, in buona parte, dei flagellanti…».
A confermare questa ricostruzione, due studi imprescindibili sulla violenza anti-cattolica degli eretici medievali: quello di Igor Safarevic, Il socialismo come fenomeno storico mondiale e quello, più celebre, di Norman Cohn, I fanatici dell’Apocalisse.
Ricorda Cohn che gli eretici tedeschi, per lo più millenaristi fanatici, erano «nemici intransigenti della Chiesa, decisi non solo a condannare il clero, ma anche a respingere completamente la sua pretesa di autorità soprannaturale». Per questo non di rado tiravano giù dal pulpito ecclesiastici e predicatori, per bruciarli sul rogo o per lapidarli. Cohn ricorda che il Papa Clemente VI scriveva che la maggioranza degli eretici «o dei loro seguaci, sotto un’apparenza di pietà, pongono mano a imprese crudeli ed empie, spargendo il sangue di ebrei che la pietà cristiana accoglie e sostiene»; aggiunge che in Germania «dovunque le autorità avevano protetto gli ebrei», sia i principi che i tribunali inquisitorali, ma spesso senza alcun successo.
«Gli ebrei - scrive ancora Cohn – non erano comunque i soli a venire uccisi: molti membri del clero perirono per mano delle orde escatologicamente ispirate» che credevano di eliminare l’Anticristo stesso, visto spesso come un ebreo, ma anche come il figlio di un vescovo e di una monaca cattolici. Non fu dunque Lutero «il primo a battere sull’idea dell’Anticristo» ma ereditò un luogo comune tra i movimenti ereticali tedeschi del periodo a lui precedente.

Da Lutero al nazionalsocialismo
Non solo. Benché solitamente si ignori, o si preferisca nasconderlo, Lutero, proprio come gli eretici renani, in un terreno dunque già ben arato, affiancò alla polemica contro la Chiesa Cattolica, quella contro gli ebrei. Nel 1543, per esempio, pubblicò un testo, Degli ebrei e delle loro menzogne, in cui, insieme ad un duro attacco alla Chiesa romana e agli italiani, definiva gli ebrei «disperati, cattivi, velenosi e diabolici (…) velenose, aspre, vendicative, perfide serpi, assassini e figli del demonio» e invitava, tra le altre gentilezze, a «dar fuoco alle loro sinagoghe o scuole», a «distruggere e smantellare anche le loro case», a cacciarli come «cani rabbiosi». Senza neppure prendere in considerazione, ad esempio, la conversione.
Possiamo quindi fare un’altra considerazione: le regioni in cui, nel Novecento, il nazionalsocialismo antisemita e anticristiano avrebbe prosperato, raggiungendo la maggioranza dei voti, furono quelle storicamente protestanti, quelle un tempo più eretiche, e non quelle a maggioranza cattolica. Vari storici, parlando delle eresie millenariste medievali, hanno infatti notato la somiglianza con ideologie moderne, anch’esse millenariste, come il nazismo ed il comunismo.
In conclusione dunque il filo rosso che abbiamo dipanato, che va dagli eretici medievali, a quelli di età moderna, sino ai nazisti, può dunque essere un modo suggestivo per guardare alle origini dell’antisemitismo tedesco del XX secolo. Ma non ne è certo la spiegazione completa.
È infatti vero che i nazisti dichiararono in più occasioni la loro ammirazione per gli eretici medievali, per i flagellanti tedeschi, per il “Rivoluzionario dell’Alto Reno” (l’anabattista Thomas Muntzer), e che condivisero con costoro la mentalità millenarista, e quindi immanentista. È anche vero che alcuni di loro, come Julius Streicher, si rifecero esplicitamente a Martin Lutero, mentre non mancarono i pastori protestanti che si compiacquero che la notte dei cristalli era caduta nell’anniversario della nascita del fondatore del protestantesimo.

Gli altri “padri ispiratori” dei massacratori di uomini
Ma è ancora più vero che i teorici nazionalsocialisti erano figli, più ancora che del loro lontano passato, del passato più recente: dell’illuminismo materialista, del darwinismo sociale, del razzismo “scientifico” creato dagli antropologi, dai seguaci delle pseudoscienze atee ottocentesche (frenologia, antropometria, criminologia lombrosiana…), dai biologi darwiniani; erano figli del superomismo nietzschiano, della statolatria hegeliana, del nazionalismo ateo; della secolarizzazione e della “morte di Dio” che aveva sganciato il concetto di uomo da quello di creatura, eliminando così, come notava Leon Poliakov, l’idea biblica secondo cui l’uomo, ogni uomo, è «creato a immagine e somiglianza di Dio».

Fonte: Il Giudizio Cattolico